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martedì 22 dicembre 2020

Padre videochiama la figlia di 6 anni e s’uccide. Era stato denunciato per maltrattamenti, moglie e figli allontanati grazie al codice rosso.

 

"Mi voleva ammazzare" aveva fatto mettere a verbale la donna al momento della denuncia per maltrattamenti. Lei con i suoi tre figli era stata trasferita in una comunità per vittime di violenza. L'uomo, che aveva diverse armi, si è suicidato con una pistola detenuta illegalmente. Ha lasciato un biglietto di offese contro la ex compagna.

Ha videochiamato la figlia di 6 anni e, quando la bambina ha risposto, si è portato la pistola alla testa e ha sparato, suicidandosi davanti a lei. È successo nella serata di domenica 20 dicembre a Ivrea in provincia di Torino. L’uomo di 53 anni, che era stato denunciato per maltrattamenti in famiglia, si è tolto la vita con una pistola detenuta illegalmente, dopo aver lasciato un biglietto sul tavolo in cui spiegava la ragione del suo gesto: vendicarsi della sua ex compagna, madre dei suoi tre figli. La donna, con i bambini, era stata trasferita in una comunità per vittime di violenza, dopo che circa un anno fa aveva denunciato l’uomo.

“Mi vuole ammazzare“, aveva fatto mettere a verbale la donna quando il 9 gennaio 2020 si era recata dai carabinieri per denunciarlo. Durante la perquisizione dell’abitazione, i militari avevano trovato delle armi, detenute legalmente dall’uomo: una pistola e un fucile ad aria compressa. Era scattato il “Codice rosso” e la donna e i figli erano stati allontanati da lui per proteggerli. Si erano trasferiti all’inizio dell’estate in una comunità.

Ma l’allontanamento non ha fermato le violenze: non più fisiche, data la lontananza, ma verbali e psicologiche, con minacce e insulti che il 53enne ha continuato a rivolgere alla donna. L’uomo aveva perso il lavoro e faceva il bibliotecario nella libreria del paese, impiego dal quale ricavava un piccolo sussidio. Domenica sera il gesto estremo, la decisione di colpire la figlia più piccola per colpire la donna, il biglietto pieno di accuse e insulti alla madre dei bambini. A dare l’allarme è stata una vicina che ha sentito il colpo, ma a nulla sono serviti i soccorsi. I carabinieri hanno sequestrato il biglietto e la pistola con cui si è tolto la vita, che, a differenza delle altre armi in suo possesso, non era registrata.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/22/videochiama-la-figlia-di-6-anni-e-si-suicida-era-stato-denunciato-per-maltrattamenti-moglie-e-figli-allontanati-grazie-al-codice-rosso/6044888/

domenica 24 febbraio 2019

Reggio Emilia, 18 dirigenti indagati per “violazioni nell’assegnazione di incarichi esterni”. C’è la moglie del sindaco Pd. - Paolo Bonacini

Reggio Emilia, 18 dirigenti indagati per “violazioni nell’assegnazione di incarichi esterni”. C’è la moglie del sindaco Pd

I dipendenti erano in servizio nel 2013, quando il primo cittadino era l'attuale deputato Graziano Delrio. La Procura della Repubblica contesta a loro i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio. Nel 2016 i 5 stelle presentarono una serie di esposti alla Corte dei Conti e si rivolsero all'Anac per segnalare le presunte anomalie.

Diciotto dirigenti del Comune di Reggio Emilia, in servizio nel 2013, indagati dalla Procura della Repubblica per i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio. Tra gli altri la moglie dell’attuale sindaco Pd Luca VecchiMaria Sergio, dirigente all’urbanistica di allora, quando a vestire la fascia tricolore era l’attuale capogruppo democratico alla Camera Graziano Delrio. La materia del contendere è il regolamento comunale per l’assegnazione degli incarichi esterni, realizzata per anni nella Città del Tricolore, come rilevava la Corte dei Conti già nel 2008, senza la necessaria “procedura comparativa per la valutazione dei curricola con criteri predeterminati, certi e trasparenti, in applicazione dei principi di buona andamento ed imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’art.97 della Costituzione”. Sette anni dopo, nel 2015, la sezione emiliano-romagnola della Corte dei Conti scriveva nuovamente al Consiglio Comunale di Reggio Emilia evidenziando che il regolamento, non modificato dopo la prima contestazione, era da considerarsi “illegittimo”, poiché escludeva la previsione di procedure comparative con avviso pubblico rivolto a tutti i potenziali interessati. Il presidente facente funzioni della Corte, dott. Marco Pieroni, trasmise gli atti anche alla Procura regionale della medesima Corte e, in seguito, la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia, ha sviluppato indagini su quegli anni sfociate negli avvisi di garanzia. Il Comune di Reggio Emilia nel 2015 ha poi modificato le procedure, ma resta da capire perché non lo abbia fatto prima, lasciando inascoltati quei rilievi della Corte dei Conti. Procedendo invece in centinaia di casi, tra il 2008 e il 2015 e per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, ad affidare incarichi senza i necessari criteri di trasparenza e comparazione.
Il primo fronte caldo aperto a Reggio Emilia riguarda dunque gli avvisi di garanzia inviati dal sostituto procuratore Giacomo Forte. Martedì 26 febbraio sono previsti i primi interrogatori da parte della Guardia di Finanza dei 18 dirigenti. Diversi di loro, stando alle prime dichiarazioni dei legali, si avvarranno presumibilmente della facoltà di non rispondere in attesa di conoscere i dettagli delle contestazioni. Perché i reati ipotizzati sono cosa diversa dalla messa in discussione di un regolamento illegittimo la cui stesura è però di competenza del Consiglio Comunale. Il secondo fronte è lo scontro politico che la notizia ha immediatamente aperto in città. Il Movimento 5 stelle attacca la giunta e il sindaco rivendicando di essere stata la prima e unica forza politica, con i propri consiglieri comunali, a segnalare il problema degli incarichi affidati senza adeguate procedure con esposti alla Corte dei Conti nel settembre 2016 e all’Autorità Nazionale anticorruzione nell’ottobre dello stesso anno. La candidata sindaco del movimento, Rossella Ognibene, e la consigliera Alessandra Guatteri che firmò gli esposti alla Corte dei Conti, annunciano una richiesta di accesso agli atti per spulciare tutti gli incarichi affidati fino al 2015.
L’attuale sindaco Vecchi, all’epoca dei fatti, era capogruppo del Pd in quel Consiglio Comunale che deliberava i regolamenti per l’affidamento degli incarichi esterni, e la presenza della moglie nell’elenco degli indagati complica la sua posizione in piena campagna elettorale. La prima voce che si alza dalla coalizione di maggioranza che governa il Comune è quella del vicesindaco Matteo Sassi (Mdp, non si ricandida) che attacca i dirigenti in una intervista alla Gazzetta di Reggio. Sassi sostiene (senza fare nomi) che “hanno tramato per non fare aggiornare il regolamento”, e aggiunge che “qualcuno di loro andrebbe sospeso”. Ma dice anche che serve “una posizione più netta della maggioranza, a tre mesi dal voto, rispetto alle frasi di circostanza pronunciate dal sindaco”. Il riferimento è a Luca Vecchi, che ha commentato la vicenda limitandosi ad esprimere fiducia nell’operato della magistratura e contemporanea fiducia nell’operato dei dirigenti comunali. Difficile tenerle assieme le due fiducie, secondo il vicesindaco Matteo Sassi, ma altrettanto difficile è credere all’idea che fossero i dirigenti a fare il bello e cattivo tempo, senza rendere conto a chi governava. Cioè ai partiti di maggioranza in quel consiglio comunale al quale, fino a prova contraria, toccava il compito di stendere e approvare i regolamenti. Anche di modificarli se avessero voluto, soprattutto per gli incarichi esterni.

martedì 23 ottobre 2018

Chiesto giudizio per la moglie e le figlie di De Mita.




Anna Maria Scarinzi accusata di truffa e malversazione.

La Procura di Avellino ha chiesto il rinvio a giudizio per Anna Maria Scarinzi, moglie dell'ex presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita, e per le sue due figlie, Simona e Floriana, finite insieme ad altre sette persone nell'inchiesta Aias-Noi con Loro, coordinata dal Procuratore aggiunto D'Onofrio, indagate a vario titolo per peculato, riciclaggio, malversazione e truffa aggravata nei confronti dello Stato. L'udienza preliminare è fissata per il 6 marzo del prossimo anno davanti al Gup.In particolare, Anna Maria Scarinzi, nella sua qualità di presidente dell'Associazione "Noi con Loro", è accusata di truffa per una serie di fatture per 817 mila euro che sarebbero state pagate ad un bar e ad una società di informatica, per i cui titolari è stato anche chiesto il rinvio a giudizio, senza che vi fosse alcuna corrispondenza con i servizi offerti. Alle due figlie dei coniugi De Mita, sarebbero state invece liquidate fatture per consulenze ritenute dall'accusa inappropriate e mai portate a termine.

Fonte: ansa del 22/10/2018

lunedì 4 dicembre 2017

Truffa, false fatture, riciclaggio: l’onlus della moglie di De Mita sotto inchiesta: quella pioggia di milioni pubblici dove sono finiti? - Marco Staglianò


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TSUNAMI AIAS: TRUFFA, FALSA FATTURAZIONE, ABUSO D’UFFICIO, ASSOCIAZIONE A DELINQUERE FINALIZZATA AL RICICLAGGIO E ALL’EVASIONE. COINVOLTA LA SIGNORA DE MITA.
Le perquisizioni degli uomini della Guardia di Finanza negli uffici dell’Aias Avellino, di cui vi abbiamo dato notizia ieri, vanno ricondotte, a quanto pare, ad un’inchiesta molto più ampia di quanto si potesse immaginare. Un’inchiesta che per un verso riguarda la gestione fiscale della struttura e per altro verso la questione, denunciata da queste colonne carte alla mano, della non accreditabilità della struttura.
Secondo indiscrezioni attendibili, infatti, le perquisizioni, scattate nelle prime ore della mattina di ieri anche presso le abitazioni di otto dei dieci indagati, oltre che nelle sedi Aias di Avellino, Nusco e Calitri e nelle sedi di quattro società collegate a movimenti bancari sospetti, sono state precedute dalla notifica di ben dieci avvisi di garanzia per ipotesi di reato gravissime che vanno dalla truffa per ottenere l’erogazione di fondi pubblici alla falsa fatturazione per operazioni inesistenti, passando per l’abuso di ufficio in concorso relativo al case accreditabilità, fino all’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione delle imposte.
Convolti a vario titolo due nomi eccellenti: Gerardo Bilotta, rappresentante legale di Aias Avellino, quindi Anna Maria De Mita, moglie di Ciriaco, a capo di “Noi con Loro”, ovvero della Onlus che gestisce da sempre la struttura. Con loro anche Massimo Preziuso, ritenuto dagli inquirenti il vero amministratore di Aias, a cui, secondo gli inquirenti, sarebbero riconducibili diverse società, in particolare due, che nel corso degli anni avrebbero avuto rapporti anomali con “Noi con Loro”, per un giro di diverse centinaia di migliaia di euro.
L’associazione sarebbe contestata solo a Bilotta e Preziuso. Per quel che riguarda l’abuso d’ufficio in concorso, tale contestazione, come detto, va ricondotta alla questione accreditabilità, ovvero al caso dei fondi concessi dalla Regione all’Aias da quattro anni a questa parte, un milione e duecentomila euro all’anno, nonostante una delibera Asl risalente al 2014 che definisce la struttura non accreditabile. Questa ipotesi di reato è contestata alla signora Anna Maria De Mita, così come la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e le false fatturazioni per operazioni inesistenti.
Maggiori dettagli emergeranno nelle prossime ore, a partire dai nomi di tutte le persone coinvolte e dalle relative ipotesi di reato contestate.
2 – SCANDALO AIAS, IL BLITZ IN REGIONE DELLE FIAMME GIALLE E QUEI MILIONI DI EURO PIOVUTI DAL CIELO…
L’inchiesta sul caso Aias è ancora in una fase embrionale. Tuttavia, con il passare delle ore, il quadro comincia ad essere più chiaro.
Cominciamo col dire, ed eccoci alla vera notizia, che le perquisizioni operate dagli uomini della Guardia di Finanza nelle sedi Aias di Avellino, Calitri e Nusco, oltre che nelle sedi delle società – tra cui una che gestisce un bar – che secondo gli inquirenti avrebbero avuto rapporti anomali con la onlus “Noi con Loro” di Anna Maria De Mita, quindi in diverse abitazioni private tra cui quella di Gerardo Bilotta, legale rappresentante di Aias, sono state precedute da un blitz negli uffici di Regione Campania, a cui sarebbe seguita nella giornata di ieri una ulteriore “visita”, che ha consentito agli uomini delle Fiamme Gialle di ricostruire, sin dal principio, i passaggi che hanno garanito all’Aias di Avellino, nel corso degli ultimi quattro anni, fondi dalla Regione per un totale di un milione e due all’anno nonostante la struttura non fosse accreditabile così come stabilito, nel 2013, dall’Asl di Avellino.
Era il 22 ottobre del 2013 quando gli uffici di via Degli Imbimbo completarono l’istruttoria per l’accreditamento dell’Aias deliberando l’assenza dei requisiti necessari e, dunque, la non accreditabilità. A distanza di un anno o poco più, ovvero il 31 ottobre del 2014, la Regione Campania, con decreto numero 133, chiudeva la partita dell’accreditamento pubblicando l’elenco di tutte le strutture accreditate dell’area riabilitativa ambulatoriale. C’era l’Aias di Nusco, c’era l’Aias di Calitri ma non c’era l’Aias di Avellino.
Il punto è che, pochi mesi prima della pubblicazione del decreto regionale 133, il dottor Lucio Podda, Referente Giuridico della Struttura Commissariale per la Sanità Campana, preso atto della delibera Asl che dava parere negativo sull’accreditabilità dell’Aias di Avellino, scrisse immediatamente al Commissario di allora, il dottor Morlacco, segnalando la situazione e chiedendo specifiche indicazioni. Morlacco non si degnò di rispondere e, a distanza di pochi mesi, arrivò il decreto regionale con l’elenco delle strutture accreditate. E se è vero che in quell’elenco l’Aias di Avellino non c’era, è altrettanto vero che nessun formale pronunzia arrivò né dal Commissario né dagli uffici.
In questo vuoto, da allora ad oggi, l’Aias, in ragione di una miracolosa inerzia, ha continuato a beneficiare di quei fondi che, lo ricordiamo, sono stati sottratti ad altre strutture che avrebbero potuto e dovuto fornire prestazioni di riabilitazione. E questo è accaduto nonostante i solleciti formali arrivati sia ai livelli amministrativi che alla giunta regionale, sia quella di Caldoro che quella di De Luca.
In questa verità c’è la genesi del filo rosso che tiene in piedi buona parte dell’inchiesta messa in campo dalla Procura della Repubblica, un’inchiesta che porterà, con ogni probabilità, a nuovi avvisi di garanzia coinvolgendo certamente funzionari pubblici regionali che per adesso sono in corso di individuazione.
Allo stato, restano i dieci avvisi di garanzia per reati gravissimi che vanno, ricordiamo anche questo, dalla truffa per ottenere l’erogazione di fondi pubblici alla falsa fatturazione per operazioni inesistenti, passando per l’abuso di ufficio in concorso, relativo al caso accreditabilità, fino all’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione delle imposte.
L’associazione è contestata solo a Bilotta e Preziuso, mentre l’abuso d’ufficio in concorso è contestato anche ad Anna Maria De Mita. Alla quale gli inquirenti contestano il reato di false fatturazioni per operazioni inesistenti, quindi la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli altri otto indagati a vario titolo sono tutti parenti di Massimo Preziuso riconducibili alle società che secondo gli inquirenti avrebbero intrattenuto rapporti anomali con “Noi con Loro” per un giro di diverse centinaia di migliaia di euro.
Restano tanti nodi ancora da sciogliere, quel che sappiamo è che certamente siamo solo all’inizio, che le attività delle Fiamme Gialle sono continuate anche nella giornata di ieri e continueranno nei giorni a venire, sappiamo che verranno certamente iscritti nuovi nominativi nel registro degli indagati, a partire da funzionari regionali senza escludere, ovviamente, anche il coinvolgimento di personale Asl. Staremo a vedere.

giovedì 10 aprile 2014

Associazione per delinquere, Mastella e la moglie rinviati a giudizio.

Clemente Mastella con la moglie Sandra Lonardo (foto: ANSA )


Processo a giugno anche per la moglie Sandra.

Il leader dell'Udeur Clemente Mastella, la moglie Sandra Lonardo e altre 17 persone sono state rinviate a giudizio per associazione a delinquere. Lo ha stabilito il gup del Tribunale di Napoli Maurizio Conte. Il processo comincerà il prossimo 18 giugno davanti alla nona sezione del Tribunale.
Secondo l'accusa, l'attività dei vertici dell'Udeur in Campania era finalizzata "alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione, e soprattutto all'acquisizione del controllo delle attività pubbliche di concorso per il reclutamento di personale e gare pubbliche per appalti ed acquisizioni di beni e servizi bandite da Enti territoriali campani, Aziende sanitarie e Agenzie regionali, attraverso la realizzazione di numerosi reati".
In un primo momento l'accusa di associazione a delinquere era caduta e Mastella e i suoi coimputati erano stati rinviati a giudizio solo per altri reati. Tuttavia la Procura aveva fatto ricorso per Cassazione che, condividendone le valutazioni, avevano annullato quella parte della sentenza, disponendo una nuova udienza preliminare.
"Dopo essere stato già prosciolto da un primo giudice del Tribunale di Napoli per lo stesso identico supposto reato, vengo rinviato a giudizio perché sarei stato 'il capo di un'associazione per delinquere chiamata Udeur' ovvero capo di un partito politico. Rinviato a giudizio ma non mi viene addebitato nessun fatto specifico. Mai nella storia repubblicana italiana si era verificata una tale circostanza. E dire che l'Udeur ha contribuito ad eleggere presidenti della Repubblica e primi ministri". Così Clemente Mastella.

martedì 30 ottobre 2012

Divieto di sosta, multata lady Bersani E al vigile dice: "Lei non sa chi sono io"


Bersani con la moglie Daniela


Lo rivela "Chi", domani in edicola. La donna, secondo alcuni testimoni, avrebbe discusso con una vigilessa inflessibile e alla fine avrebbe pronunciato la famosa frase. Lo staff del leader Pd bolla come "totalmente falsa" la notizia e preannuncia azioni legali. Sulla vicenda interviene in serata la stessa Daniela Ferrari: "Ho detto che avrei pagato subito la multa.  Vicino alla macchina ho trovato una sorta di claque pronta ad applaudire la vigilessa. Una scena veramente brutta".

PIACENZA - Avrà veramente detto quella famosa, quanto odiata, frase? Si è scatenata una polemica per le indiscrezioni su Daniela Ferrari, moglie del leader Pd Pier Luigi Bersani. Secondo "Chi", domani in edicola, la donna sarebbe stata multata per un parcheggio in divieto di sosta a Ponte dell'Olio, piccolo centro in provincia di Piacenza, mentre faceva acquisti in una profumeria di fiducia, reagendo con un "lei non sa chi sono io" rivolto a una vigilessa. Una notizia smentita categoricamente dall'ufficio stampa del segretario democratico, e bollata come "totalmente falsa". Non solo, lo staff di Bersani ha  preannunciato azioni legali contro il settimanale qualora alle anticipazioni di oggi seguisse la pubblicazione, nonostante la smentita.

Secondo il settimanale diretto da Alfonso Signorini, Daniela Ferrari avrebbe paralizzato il traffico nella centralissima via Veneto e scatenato le proteste degli automobilisti. A "Chi" alcuni testimoni raccontano che all'arrivo di una vigilessa, e di fronte alla sua inflessibilità, la signora Bersani avrebbe pronunciato la fatidica frase: "Lei non sa chi sono io". E che al momento della multa, sarebbe scattato un lungo applauso della piccola folla accorsa sul posto. 

Ma il paese sembra spaccato in due. "E' tutta colpa del mio pos - ha spiegato a "Chi" la titolare della profumeria - perché ha ritardato il pagamento per motivi tecnici, e la signora Bersani, mia cliente, era davvero sulle spine".

"E' totalmente falsa la notizia riportata da "Chi" sulla  moglie di Bersani che si sarebbe rivolta a una vigilessa con un lei non sa chi sono io", ha scritto il portavoce di Bersani Stefano Di Traglia su Twitter. Anche il sindaco di Ponte dell'Olio, Roberto Spinola, smentisce la ricostruzione dei fatti. "Il giorno dopo ho parlato con la vigilessa. Mi ha detto di aver multato quell'auto perché parcheggiata in divieto di sosta, ma quella frase non è mai stata detta. E' una strumentalizzazione" ha puntualizzato ai microfoni di M2O. 

Poche ore dopo è la stessa Daniela Ferrari a smentire l'accaduto, con una dichiarazione rilasciata al quotidiano on line "Piacenzasera.It": "Non ho mai pronunciato la frase che mi attribuisce "Chi", in realtà quando ho visto la vigilessa accanto alla mia auto, che mi faceva notare di essere in divieto di sosta, ho detto 'mi scusi, non lo sapevo'. Ho chiesto di poter ultimare il pagamento dell'acquisto che avevo fatto nella profumeria, ma il bancomat ha ritardato l'operazione. Quando sono uscita di nuovo vicino alla macchina ho trovato un gruppo di persone, richiamate lì da qualcuno, che mi attendeva, una sorta di claque pronta ad applaudire. Una scena veramente brutta. Ho preso la multa e la sono andata a pagare subito dopo all'agenzia della banca di Bettola".

Smentita, secondo quanto riporta sempre "Piacenzasera.It", confermata anche da Elena Mazzocchi, una delle persone presenti in quel momento: "Qualcuno ha chiamato una specie di claque per applaudire la vigilessa che stava sanzionando la vettura in divieto. Da questo è stata infastidita la moglie di Bersani e non certo dalla contravvenzione, anzi ha detto subito che l'avrebbe pagata. A me poi non risulta affatto che sia mai stata pronunciata quella frase".


http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/10/30/news/divieto_di_sosta_multata_moglie_di_bersani_e_al_vigile_dice_lei_non_sa_chi_sono_io-45587174/