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giovedì 28 giugno 2018

Scandalo Aias, nuovi guai per lady De Mita. - Pierluigi Melillo

Risultati immagini per de mita e la moglie

La moglie dell'ex premier, Annamaria Scarinzi, raggiunta dalla misura dell'obbligo di firma. Arresti domiciliari per l'ex consigliere comunale Bilotta. La Procura ipotizza irregolarità nella gestione dei fondi pubblici destinati all'assistenza ai disabili.

Nuovi sviluppi nello scandalo Aias ad Avellino. E stavolta l'inchiesta ha colpito direttamente lady De Mita, Annamaria Scarinzi. Alla moglie dell'ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita, oggi novantenne sindaco di Nusco, la Guardia di Finanza ha notificato stamane la misura dell'obbligo di firma. Nelle stesse ore l'ex consigliere comunale Gerardo Bilotta, è stato colpito dalla misura cautelare degli arresti domiciliari.

Sono in tutto sei le misure restrittive della libertà personale (due arresti domiciliari e quattro obblighi di presentazione giornaliera alla pg) disposte dalla Procura della Repubblica di Avellino ed eseguite dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Avellino tra Roma e l'Irpinia. L'inchiesta si riferisce alle irregolarità nella gestione delle onlus irpine Aias e Noi con Loro specializzate nell'assistenza ai disabili. La svolta nelle indagini è arrivata dopo i sequestri delle sedi delle onlus in provincia di Avellino e dei conti correnti riferiti alla signora De Mita e alle sue due figlie, Floriana e Simona. La moglie dell'ex premier il mese scorso era stata interrogata in Procura ad Avellino e si era difesa: “Ho solo fatto del bene”, disse lasciando gli uffici giudiziari.

Sono dieci in tutto gli indagati accusati di riciclaggio, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, peculato e malversazione ai danni dello Stato. Gli inquirenti ipotizzano un sistema architettato per ottenere in maniera fraudolenta fondi pubblici destinati alle onlus per la cura e la riabilitazione dei portatori di handicap per poi trasferirli in altre società. I finanzieri hanno concentrato la loro attenzione su alcuni flussi finanziari. In particolare alcune operazioni bancarie sospette hanno fatto scoprire ai finanzieri che i fondi dai conti correnti delle due onlus venivano dirottati verso due società avellinesi – una operante nel settore informatico e un'altra impegnata nella gestione di un bar.

I pagamenti venivano alla fine smistati dai rappresentanti legali delle due società, tra cui l'ex consigliere comunale Gerardo Bilotta, un passato nella Dc, su conti correnti e carte prepagate intestati a loro stessi oppure a familiari provvedendo poi attraverso poi operazioni di prelevamento presso sportelli bancomat a far disperdere i contanti. Le somme distratte dal 2013 al 2017 ammonterebbero a un milione e 645mila euro. L'inchiesta è stata coordinata dal Procuratore della Repubblica di Avellino Rosario Cantelmo, affiancato dal pm, Vincenzo D'Onofrio, ed è nata a maggio del 2017 quando le prime operazioni sospette delle due onlus finirono nel mirino del nucleo speciale di Polizia Valutaria di Roma.


http://napoli.repubblica.it/cronaca/2018/06/22/news/inchiesta_truffa_moglie_de_mita-199689874/

lunedì 4 dicembre 2017

Truffa, false fatture, riciclaggio: l’onlus della moglie di De Mita sotto inchiesta: quella pioggia di milioni pubblici dove sono finiti? - Marco Staglianò


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TSUNAMI AIAS: TRUFFA, FALSA FATTURAZIONE, ABUSO D’UFFICIO, ASSOCIAZIONE A DELINQUERE FINALIZZATA AL RICICLAGGIO E ALL’EVASIONE. COINVOLTA LA SIGNORA DE MITA.
Le perquisizioni degli uomini della Guardia di Finanza negli uffici dell’Aias Avellino, di cui vi abbiamo dato notizia ieri, vanno ricondotte, a quanto pare, ad un’inchiesta molto più ampia di quanto si potesse immaginare. Un’inchiesta che per un verso riguarda la gestione fiscale della struttura e per altro verso la questione, denunciata da queste colonne carte alla mano, della non accreditabilità della struttura.
Secondo indiscrezioni attendibili, infatti, le perquisizioni, scattate nelle prime ore della mattina di ieri anche presso le abitazioni di otto dei dieci indagati, oltre che nelle sedi Aias di Avellino, Nusco e Calitri e nelle sedi di quattro società collegate a movimenti bancari sospetti, sono state precedute dalla notifica di ben dieci avvisi di garanzia per ipotesi di reato gravissime che vanno dalla truffa per ottenere l’erogazione di fondi pubblici alla falsa fatturazione per operazioni inesistenti, passando per l’abuso di ufficio in concorso relativo al case accreditabilità, fino all’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione delle imposte.
Convolti a vario titolo due nomi eccellenti: Gerardo Bilotta, rappresentante legale di Aias Avellino, quindi Anna Maria De Mita, moglie di Ciriaco, a capo di “Noi con Loro”, ovvero della Onlus che gestisce da sempre la struttura. Con loro anche Massimo Preziuso, ritenuto dagli inquirenti il vero amministratore di Aias, a cui, secondo gli inquirenti, sarebbero riconducibili diverse società, in particolare due, che nel corso degli anni avrebbero avuto rapporti anomali con “Noi con Loro”, per un giro di diverse centinaia di migliaia di euro.
L’associazione sarebbe contestata solo a Bilotta e Preziuso. Per quel che riguarda l’abuso d’ufficio in concorso, tale contestazione, come detto, va ricondotta alla questione accreditabilità, ovvero al caso dei fondi concessi dalla Regione all’Aias da quattro anni a questa parte, un milione e duecentomila euro all’anno, nonostante una delibera Asl risalente al 2014 che definisce la struttura non accreditabile. Questa ipotesi di reato è contestata alla signora Anna Maria De Mita, così come la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e le false fatturazioni per operazioni inesistenti.
Maggiori dettagli emergeranno nelle prossime ore, a partire dai nomi di tutte le persone coinvolte e dalle relative ipotesi di reato contestate.
2 – SCANDALO AIAS, IL BLITZ IN REGIONE DELLE FIAMME GIALLE E QUEI MILIONI DI EURO PIOVUTI DAL CIELO…
L’inchiesta sul caso Aias è ancora in una fase embrionale. Tuttavia, con il passare delle ore, il quadro comincia ad essere più chiaro.
Cominciamo col dire, ed eccoci alla vera notizia, che le perquisizioni operate dagli uomini della Guardia di Finanza nelle sedi Aias di Avellino, Calitri e Nusco, oltre che nelle sedi delle società – tra cui una che gestisce un bar – che secondo gli inquirenti avrebbero avuto rapporti anomali con la onlus “Noi con Loro” di Anna Maria De Mita, quindi in diverse abitazioni private tra cui quella di Gerardo Bilotta, legale rappresentante di Aias, sono state precedute da un blitz negli uffici di Regione Campania, a cui sarebbe seguita nella giornata di ieri una ulteriore “visita”, che ha consentito agli uomini delle Fiamme Gialle di ricostruire, sin dal principio, i passaggi che hanno garanito all’Aias di Avellino, nel corso degli ultimi quattro anni, fondi dalla Regione per un totale di un milione e due all’anno nonostante la struttura non fosse accreditabile così come stabilito, nel 2013, dall’Asl di Avellino.
Era il 22 ottobre del 2013 quando gli uffici di via Degli Imbimbo completarono l’istruttoria per l’accreditamento dell’Aias deliberando l’assenza dei requisiti necessari e, dunque, la non accreditabilità. A distanza di un anno o poco più, ovvero il 31 ottobre del 2014, la Regione Campania, con decreto numero 133, chiudeva la partita dell’accreditamento pubblicando l’elenco di tutte le strutture accreditate dell’area riabilitativa ambulatoriale. C’era l’Aias di Nusco, c’era l’Aias di Calitri ma non c’era l’Aias di Avellino.
Il punto è che, pochi mesi prima della pubblicazione del decreto regionale 133, il dottor Lucio Podda, Referente Giuridico della Struttura Commissariale per la Sanità Campana, preso atto della delibera Asl che dava parere negativo sull’accreditabilità dell’Aias di Avellino, scrisse immediatamente al Commissario di allora, il dottor Morlacco, segnalando la situazione e chiedendo specifiche indicazioni. Morlacco non si degnò di rispondere e, a distanza di pochi mesi, arrivò il decreto regionale con l’elenco delle strutture accreditate. E se è vero che in quell’elenco l’Aias di Avellino non c’era, è altrettanto vero che nessun formale pronunzia arrivò né dal Commissario né dagli uffici.
In questo vuoto, da allora ad oggi, l’Aias, in ragione di una miracolosa inerzia, ha continuato a beneficiare di quei fondi che, lo ricordiamo, sono stati sottratti ad altre strutture che avrebbero potuto e dovuto fornire prestazioni di riabilitazione. E questo è accaduto nonostante i solleciti formali arrivati sia ai livelli amministrativi che alla giunta regionale, sia quella di Caldoro che quella di De Luca.
In questa verità c’è la genesi del filo rosso che tiene in piedi buona parte dell’inchiesta messa in campo dalla Procura della Repubblica, un’inchiesta che porterà, con ogni probabilità, a nuovi avvisi di garanzia coinvolgendo certamente funzionari pubblici regionali che per adesso sono in corso di individuazione.
Allo stato, restano i dieci avvisi di garanzia per reati gravissimi che vanno, ricordiamo anche questo, dalla truffa per ottenere l’erogazione di fondi pubblici alla falsa fatturazione per operazioni inesistenti, passando per l’abuso di ufficio in concorso, relativo al caso accreditabilità, fino all’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione delle imposte.
L’associazione è contestata solo a Bilotta e Preziuso, mentre l’abuso d’ufficio in concorso è contestato anche ad Anna Maria De Mita. Alla quale gli inquirenti contestano il reato di false fatturazioni per operazioni inesistenti, quindi la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli altri otto indagati a vario titolo sono tutti parenti di Massimo Preziuso riconducibili alle società che secondo gli inquirenti avrebbero intrattenuto rapporti anomali con “Noi con Loro” per un giro di diverse centinaia di migliaia di euro.
Restano tanti nodi ancora da sciogliere, quel che sappiamo è che certamente siamo solo all’inizio, che le attività delle Fiamme Gialle sono continuate anche nella giornata di ieri e continueranno nei giorni a venire, sappiamo che verranno certamente iscritti nuovi nominativi nel registro degli indagati, a partire da funzionari regionali senza escludere, ovviamente, anche il coinvolgimento di personale Asl. Staremo a vedere.

giovedì 27 dicembre 2012

TRATTATIVE E SERVIZI - GARGANI CHI? - Andrea Cinquegrani



Un tempo dc doc, tra i piu' attivi nel “clan” degli avellinesi capeggiato da Ciriaco De Mita e Nicola Mancino. Sparito lo scudocrociato, eccolo tra i promotori del Ppi, quindi un balzo fra le truppe berlusconiane, lo scranno al Parlamento europeo, quindi ora tra le fila Udc. E' un identikit flash di Giuseppe Gargani, che parecchi ricordano tra i piu' attivi, insieme al giudice costituzionale Romano Vaccarella e all'ex presidente picconatore Francesco Cossiga (il “pool di saggi” fortemente voluto da Silvio Berlusconi), per dar forma e sostanza al primo lodo Alfano, a base di separazione della carriere tra giudici e pm, riforma del Csm, ripristino dell'immunita' parlamentare e via - e' il caso di dirlo - picconando quel che restava (e resta) del pianeta giustizia.
Defilato al punto giusto, comunque, in questi ultimi anni, Gargani: ben pochi sanno, infatti, che il suo nome figura nel registro degli indagati dei pm palermitani alle prese l'inchiesta sulla famigerata “trattativa” Stato-mafia”, a vent'anni e passa dalle stragi di Capaci e via D'Amelio. Insieme all'ex guardasigilli Giovanni Conso, infatti, e' indagato per false informazioni fornite ai pm, tra cui Antonino Ingroia, nel frattempo volato in Guatemala in attesa dell'incoronazione degli arancioni di Luigi de Magistris e C. Tra gli accusati, in prima fila i vertici - a quei tempi - del Ros, Mario Mori (gia' alle prese con le bollenti vicende della mancata perquisizione del covo di Toto' Riina e della mancata cattura di Bernardo Provenzano), il suo braccio destro Giuseppe De Donno, l'allora numero uno del Ros Antonio Subranni (la cui figlia Danila, oggi, e' portavoce di Angelino Alfano); un manipolo di mafiosi (Provenzano, Riina, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e Nino Cina'), e alcuni politici: Mancino, che deve rispondere di falsa testimonianza e non ha ottenuto il richiesto “processo stralcio”; Marcello Dell'Utri e Calogero Mannino.
Ed e' proprio il rapporto tra Mannino e Gargani al centro dell'attenzione dei pm. In particolare, un incontro tra i due alla vigilia di Natale 2011 (per la precisione il 21 dicembre): tema della discussione, la trattativa e le stesse indagini della procura palermitana. E a verbalizzare su Gargani, sul suo ruolo in quei mesi al calor bianco, sono stati due politici che di quelle vicende sanno sicuramente molto, l'ex ministro degli Interni Vincenzo Scotti (poi sostituito da Mancino dopo la strage di Capaci) e l'allora ministro della Giustizia Claudio Martelli. 

VERBALIe#8200;SCOTTANTI
Verbalizza Scotti davanti ai pm Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e Lia Sava (mancava Ingroia) l'8 giugno scorso. Allora - dichiara - «Gargani era membro della commissione giustizia della Camera, e mi consiglio' di non insistere sul rapido iter di ratifica del decreto 8 giugno 1992», ovvero il 41 bis alla base del carcere duro per i mafiosi. «Le perplessita' manifestatemi - aggiunge - riguardavano l'impianto complessivo del decreto. Martelli e io, comunque, decidemmo di tener fermo quel testo e di insistere sulla sua conversione in legge senza attendere l'insediamento del nuovo esecutivo». E cioe' il governo guidato da Giuliano Amato. 
Ecco invece quanto dichiara, sempre a giugno, Martelli. «Gargani si era proposto all'onorevole Bettino Craxi per assumere l'incarico di ministro della giustizia nel governo in formazione. Riteneva che io non fossi sufficientemente determinato a contrastare con forza le indagini di Mani pulite, assicurando invece che lui sarebbe stato in grado di fermarle». Per inciso, ha di recente dichiarato nel corso di un convegno, lo stesso Scotti, a proposito della nomina di Giovanni Falcone all'ufficio affari penali del ministero di via Arenula: «A chiamare Falcone per quell'incarico non fu Martelli, ma il suo nome venne fatto da Giuliano Vassalli».
Torniamo a Gargani. Quale effettivo ruolo avra' dunque avuto in quel periodo? E sul fronte della trattativa? Riuscira' il processo (dopo l'ok del gup di Palermo) a far luce sui tanti, troppi buchi neri di quelle stragi? Per ora Gargani non ha ricevuto alcun avviso di garanzia: il codice penale, infatti, prevede che per il reato di “false informazioni” la posizione dell'indagato rimanga “sospesa” fino a che non sia stata pronunciata la sentenza di primo grado. Un groviglio nel groviglio.
Una mano, forse, potra' dargliela il fratello Angelo Gargani, una vita in magistratura e con posizioni apicali. Caratterizzata, in particolare, da una spola continua fra tribunali e ministero della Giustizia, dove ha ricoperto il delicato ruolo di “capo del controllo interno”, una vera e propria supervisione sulle ispezioni ministeriali (per anni capo degli 007 di via Arenula e' stato un altro campano, Arcibaldo Miller, voluto prima da Romano Prodi, poi confermato dall'esecutivo Berlusconi). Altra strategica poltrona, quella di presidente della commissione che nomina i giudici tributari. Non mancano pero' le nubi, in una carriera tanto folgorante. Come quella dell'inchiesta sulla P3, che vede in pista - oltre al faccendiere Flavio Carboni e all'ex sottosegretario alla giustizia nell'ultimo governo Berlusconi, Giacomo Caliendo - l'ubiquo Pasquale Lombardi, il geometra da Cervinara, in provincia di Avellino, “amico” di tante toghe eccellenti, tra cui Angelo. 
Del resto, Pasqualino per hobby fa il “giudice tributario”. Mentre Franco Antonio Pinardi, figura di vertice della potente sigla paramassonica Parlamento Mondiale, capeggiato dal palermitano Victor Busa' (indagato in svariate procure italiane), da' vita alla Tribuna Finanziaria. Nel cui organigramma fa capolino proprio il nome di Giuseppe Gargani. Tanto per ritrovarsi tra “amici”. 
Ma finiamo con un tocco di gioventu'. Il rampollo di Giuseppe, Alessandro Gargani, a bordo di Sviluppo Campania e della Fondazione Ifel sta dando una mano al presidente della giunta regionale della Campania, Stefano Caldoro, per elaborare il “piano di stabilizzazione finanziaria”. Peccato che a Santa Lucia stiano sull'orlo del baratro, con il fresco crac di EavBus, la societa' pubblica dei trasporti affondata (con la “madre” Eav) in un mare da centinaia di milioni di euro. Cin cin.


http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=574

giovedì 18 ottobre 2012

Il sonno della Regione. - di Marco Travaglio - Il F.Q. 18/10/2012



Gli italiani, si sa, sono nati per soffrire.
Uno su tre chiede aiuto alla Caritas, uno
su cinque non arriva a fine mese, tre giovani

su tre sono disoccupati, 4 milioni sono precari.
E ora devono pure attendere fino a chissà
quando per sapere se il Pd chiederà o no a
Massimo D’Alema, la Volpe del Tavoliere, di
sacrificarsi ancora una volta per noi e abbassarsi
a tornare in Parlamento. Ma si può
vivere così, senza un minimo di certezza? Per
fortuna, in tanta precarietà, qualche punto
fermo rimane. Beppe Pisanu, deputato dal
lontano 1972, annuncia che si ricandida (non
dice con chi, ma qualcuno che lo mette in lista
si trova) perché “una famiglia sarda detiene il
record della longevità in Italia e io, politico
sardo, voglio battere quello della longevità
politica”. A spese nostre, s’intende. La lieta
novella è stata comunicata alla presentazione
del libro di Ciriaco De Mita (che, fra Italia ed
Europa, è parlamentare dal 1963), dal titolo
decisamente minaccioso: La storia non è finita.
E le minacce dilagano, se è vero che Formigoni,
che salta da una poltrona all’altra dal
1984, si ripresenterà alle regionali lombarde
magari con una lista Forza Forchettoni, con
l’aggiunta di una lista Sgarbi, altro nome di
cui si sentiva la mancanza. Un genio. Del resto,
nel 1993, intervistato dal sottoscritto per il
Giornale di Montanelli al Meeting di Rimini, il
capo romano di Cl, monsignor Giacomo Tantardini,
ebbe a definire il Celeste “l’uomo politico
più stupido del mondo” (aveva appena
presentato una nuova corrente Dc in società
con Vittorio Sbardella, in arte Squalo, noto
per i sigari alla Al Capone ma soprattutto per
la collezione di avvisi di garanzia). Infatti, nella
Prima Repubblica, Robertino era solo uno
dei 14 vicepresidenti del Parlamento europeo,
mentre nella Seconda è stato governatore di
Lombardia per 17 anni. Il sonno della Regione
genera mostri. È questa la principale
differenza fra Prima e Seconda Repubblica:
non tanto il livello di corruzione, visto che si
ruba anche più di prima, quanto il livello di
demenza, un’epidemia.
L’on. Antonio Mazzocchi del Pdl, questore
della Camera firmatario dei bilanci della medesima,
patrocina uno stanziamento di
5.656.000 euro per costruire un nuovo parcheggio
per i deputati davanti a Montecitorio
in quanto – dichiara al Messaggero – trovare
un posto auto in piazza del Parlamento “è
davvero un problema”, si rischiano persino le
multe anche se “i vigili della zona sono molto
cortesi e prima di fare la multa ti chiamano e
ti dicono di spostare la macchina” e di prendere
l’autobus o la metro non se ne parla
perché “non prendiamoci in giro: i mezzi
pubblici non funzionano” e lorsignori ne sanno
qualcosa, visto che allo sfascio del Comune
si dedicano con passione da decenni. Ogni
volta che aprono bocca, si nota distintamente
sullo sfondo una transumanza di 50-100 mila
elettori in fuga verso Grillo, o verso l’a s t e nsionismo.
In piena Tangentopoli i politici di
allora, a parte lui e pochi altri del suo livello,
s’arrabattavano come meglio potevano per
recuperare un minimo di credibilità. Abolirono
l’autorizzazione a procedere per indagare
i parlamentari. E alzarono dal 50% più
uno ai due terzi la maggioranza necessaria per
amnistie e indulti, per impedirsi di cancellare
Tangentopoli col solito colpo di spugna. E
assecondarono i referendum per abolire il finanziamento
pubblico dei partiti e cambiare
la legge elettorale. Oggi, in piena Ladropoli,
non riescono nemmeno a cambiare il Porcellum
e bisogna costringerli con la fiducia
per votare una legge anticorruzione notoriamente
finta, inutile, addirittura favorevole ai
concussori. È proprio una questione di principio,
anzi di etichetta: se passa il concetto che
si deve combattere la corruzione, si crea un
pericoloso precedente.




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