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martedì 1 febbraio 2022

Palermo, banche truffate: tra gli arrestati 2 dipendenti pubblici. - Riccardo Lo Verso

 

Provvedimento per cinque, tra cui un impiegato comunale e un ex funzionario regionale. Prestiti a persone fantasma.

PALERMO – La truffa ai danni di banche e finanziarie correva lungo la linea telefonica della Regione siciliana. C’è, infatti, un ex funzionario del Dipartimento regionale Sviluppo rurale e territoriale fra i cinque arrestati nel blitz di carabinieri della compagnia di Bagheria. Assieme a lui finiscono in carcere altre quattro persone, tra cui un impiegato dell’ufficio anagrafe del Comune di Palermo. I due dipendenti pubblici in cambio di soldi avrebbero dato una mano all’organizzazione per creare false identità e ottenere prestiti per oltre mezzo milione di euro. Ecco i nomi degli arrestati: Lorenzo Motisi, 44 anni, funzionario regionale; Salvatore Randazzo, 58 anni, dipendente comunale dell’ufficio anagrafe di Palermo; Rosario Di Fatta, 56 anni; Stefano Ganci, 53 anni; Saverio Giunta, 66 anni. Ci sono altre sette persone indagate: avrebbero fornito le fotografie per taroccare le carte d’identità.

I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alle truffe e sostituzione di persona, fabbricazione di documenti falsi, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio ed accesso abusivo ad un sistema informatico. Il dipendente comunale forniva i dati anagrafici (stato civile e numero dei documenti di riconoscimento) di facoltosi professionisti in pensione. Quindi venivano falsificate le carte d’identità per avviare le pratiche di finanziamento con importi compresi tra 12.000 e 80.000 euro. In altri casi grazie alle false identità venivano comprate macchine che poi sarebbero state subito rivendute a terze persone.

Il piano non sarebbe potuto andare a buon fine se non ci fosse stato l’aiuto dell’altro impiegato pubblico. Una volta confezionata la falsa identità nella domanda per il prestito veniva indicato che la persona che chiedeva i soldi era dipendente della Regione siciliana. Per rendere più credibile il tutto si aggiungeva il numero di telefono dell’ufficio a cui chiedere informazioni.

Dall’altro capo della cornetta l’impiegato della Regione, già indagato per truffa e sospeso, rispondeva e confermava che sì, era tutto vero, a chiedere il prestito era un dipendente pubblico. Il tutto ripetuto per decine di volte, fino a raggiungere la cifra di mezzo milione di euro. Almeno per i casi fin qui scoperti. Ce ne potrebbero essere, infatti, molti di più. Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Chiara Capoluongo e Andrea Fusco vanno avanti.

https://livesicilia.it/palermo-banche-truffate-5-arresti-ci-sono-due-dipendenti-pubblici/

giovedì 18 novembre 2021

Lavoro sottopagato – Ecco cosa offre il mercato: stipendi da fame con la promessa di “inquadramento” e stage-truffa con il requisito di due anni di esperienza. - Charlotte Matteini

 

Per farsi un'idea delle storture basta un giro sui portali dedicati. Full time a 500 euro al mese e condizioni al limite della legalità non sono un'eccezione. E quando si chiedono chiarimenti sulle offerte fuorilegge le aziende parlano di errori durante la pubblicazione dell'annuncio. Un quadro che aiuta a mettere nella giusta prospettiva il dibattito sul salario minimo e gli strali di ristoratori o imprenditori che raccontano di non trovare dipendenti “perché i giovani non hanno voglia di lavorare” o "per colpa del reddito di cittadinanza". 

“Si tratta di un refuso: non serve esperienza pregressa”. “È stata una svista, lo modificheremo”. Sono le risposte fotocopia arrivate a ilfattoquotidiano.it da datori di lavoro che attraverso annunci online cercavano “tirocinanti” ma con uno o più anni di esperienza. Ovvero lavoratori a tutti gli effetti che queste società volevano però inquadrare con il contratto di tirocinio, che per legge è un periodo di formazione e prevede compensi molto bassi. E’ solo un esempio delle storture di un mercato in cui offerte di lavoro full time a 500 euro al mese e condizioni al limite della legalità non sono un’eccezione. Per farsi un’idea della situazione basta un giro tra gli annunci pubblicati sui portali dedicati. Il risultato aiuta a mettere nella giusta prospettiva sia il dibattito sulla necessità di fissare per legge un salario minimo sia gli strali di ristoratori o imprenditori che (smentiti dai numeri, ma molto ascoltati da alcuni partiti) raccontano di non trovare dipendenti “perché i giovani non hanno voglia di lavorare” o “per colpa del reddito di cittadinanza“.

L’agenzia per il lavoro Gesfor, con sede a Salerno, cercava attraverso Indeed un manutentore che avesse almeno un anno di esperienza alle spalle per un’azienda operante nel settore della produzione e commercializzazione di prodotti dolciari, offrendo un tirocinio. Contattata, si è difesa sostenendo che l’annuncio fosse stato pubblicato per errore e che su LinkedIn si poteva trovare il testo corretto. In realtà, anche su LinkedIn la richiesta era identica. E’ stata cancellata e sostituita da altre – senza la richiesta di esperienza pregressa – solo dopo la segnalazione de ilfattoquotidiano.it. Idem con l’associazione Consaf di Torino, che era alla ricerca di un barista con pregressa esperienza per un tirocinio full time dal lunedì al sabato in orario pomeridiano e serale. Anche in questo caso, contattata telefonicamente, l’agenzia formativa ha dichiarato di aver pubblicato l’annuncio per sbaglio, promettendo che avrebbe provveduto a modificare il testo dell’offerta.

Cambiando settore, i problemi restano gli stessi. Dealflower è una testata giornalistica di Milano nata lo scorso giugno che da mesi cerca attraverso LinkedIn uno stagista con almeno due anni di esperienza per un tirocinio formativo in redazione. “Essendo appena nati non abbiamo le risorse per aggiungere un’altra persona con alto livello di seniority e questo spiega l’offerta di stage”, spiega la direttrice Laura Morelli. Comunque l’esperienza “non è assolutamente obbligatoria” e “uno o due anni può significare molte cose, come una piccola o saltuaria collaborazione con qualsiasi realtà editoriale, la frequentazione di una scuola di giornalismo o di qualche stage nell’ambito del percorso di studi. Serve per trovare qualcuno che sa almeno riconoscere come è fatto un comunicato stampa e ha un minimo di infarinatura della professione”. Nessuna risposta è arrivata alle domande sul trattamento economico previsto.

Non sono solo le offerte di stage a presentare le peggiori storture. Nell’ambito della cura della persona, le vette sono spesso inarrivabili. A Nola, per esempio, si ricerca una donna delle pulizie che lavori per 400 euro mensili – 500 euro in caso sia automunita – dalle 6.45 del mattino alle 14.30 dal lunedì al sabato. Il datore di lavoro, non pago dell’offerta, sottolinea: “Astenersi perditempo. Siete pregati di contattarmi solo se avete voglia di lavorare. Siete pregati di non dare fastidio. Evitate di essere mandati a quel Paese”. Chissà se è questo che intendono imprenditori e politici quando parlano della necessità di “soffrire e mettersi in gioco”.

Passiamo alla ristorazione? Nulla cambia. A Napoli, la pizzeria Pizza&Sfizi cerca un cameriere di sala per 8 turni settimanali – suddivisi dalle 10:00 alle 17:00 dal lunedì al sabato e il venerdì e il sabato dalle 18:00 a chiusura – per 120 euro a settimana. “Con possibilità di essere inquadrato”. E avverte: “Attenzione: il lavoro è adatto a un ragazzo con poca esperienza, ma con tanta voglia di lavorare”. Com’è umano, lei, verrebbe da replicare. Ilfattoquotidiano.it ha provato a chiedere conto dell’offerta, ma nessuno ha voluto rispondere alle domande. Sempre a Napoli, la caffetteria l’Oro Nero cerca “una figura femminile per consegne esterne più aiuto all’interno del locale”. La paga? 500 euro mensili più mance per un full time che prevede una settimana alternata di sei giorni lavorativi dalle 7.30 alle 14 o dalle 13.30 alle 20.00. Sempre meglio che stare sul divano, no? Raggiunti al telefono, hanno dapprima tergiversato e poi dichiarato trattarsi di uno stage. Tutto regolare, nessun lavoro nero, sostengono.

Uno spaccato illuminante nei giorni in cui il tema del salario minimo è tornato al centro del dibattito pubblico. Pd e M5s sono favorevoli all’introduzione di una legge che fissi un minimo sotto il quale un datore di lavoro non può scendere. Ma la misura – che attualmente è in vigore in 21 dei 27 Paesi dell’Unione Europea – trova il muro di Confindustria e non solo. In particolare, i sindacati confederali sostengono che il salario minimo depotenzierebbe lo strumento dei CCNL andando a comprimere i diritti dei lavoratori. Attualmente in Italia esistono oltre 900 contratti collettivi nazionali diversi e, nonostante questo, sono milioni i lavoratori che rimangono fuori dalla contrattazione collettiva nazionale, esposti a proposte di sfruttamento illegittime con stipendi bassissimi e zero diritti, come dimostrano le decine di offerte di aziende, commercianti e ristoratori che cercano manodopera al massimo ribasso. Se così tanti datori di lavoro non hanno remore a pubblicare annunci che fanno a pugni con il buon senso e le normative, non è che il problema non sono i giovani che non hanno voglia di mettersi in gioco ma la qualità delle offerte lavorative?

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/10/20/lavoro-sottopagato-ecco-cosa-offre-il-mercato-stipendi-da-fame-con-la-promessa-di-inquadramento-e-stage-truffa-con-il-requisito-di-due-anni-di-esperienza/6338427/

giovedì 7 ottobre 2021

Soldi all'estero, maxi sequestro per frode internazionale.

 

Gdf di Milano, oltre 1.500 raggirati e 21 Mln recuperati.


Oltre 1.500 investitori truffati, convinti di effettuare investimenti in fondi mobiliari costituiti alle Isole Bermuda e in Lichtenstein. E' quanto hanno scoperto la guardia di Finanza e la procura di Milano in un'indagine che ha portato al sequestro preventivo di oltre 21 milioni nei confronti di 11 indagati residenti in Svizzera, in Lombardia, a Roma e in provincia di Pesaro. 

"Bisogna fare attenzione ai guadagni facili, laddove ci sono proposte di trading on line in cui vengono prospettati profitti facili attraverso strumenti finanziari, bisogna essere particolarmente attenti".

Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco in relazione all'inchiesta, coordinata anche dal pm Luigi Furno e condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf milanese, che ha portato oggi al sequestro di oltre 21 milioni di euro per una maxi truffa con oltre 1500 investitori raggirati. "In questi casi di investimenti in fondi chiusi - ha aggiunto - va prestata massima cautela".

ANSA

lunedì 31 maggio 2021

Reddito di cittadinanza a evasi e carcerati: 298 denunciati a Napoli.


A loro carico il reato di truffa ai danni dello Stato. Calcolato un danno alle casse Inps per due milioni e mezzo di euro.

La guardia di finanza di Napoli ha denunciato 298 persone che, tra settembre 2020 e maggio 2021, hanno percepito il reddito di cittadinanza nonostante non ne avessero i requisiti. Tra i casi scoperti, quelli di 8 richiedenti evasi dagli arresti domiciliari per andare a presentare domanda, e di una persona che ha presentato domanda mentre era in carcere a Santa Maria Capua Vetere. Il danno quantificato dall'Inps è di circa 2,5 milioni di euro.

Centinaia le domande irregolari - A realizzare l'attività investigativa, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Napoli nord e in collaborazione con l'Inps, sono stati i finanzieri del gruppo di Frattamaggiore, i quali hanno individuato centinaia di domande irregolari presentate da residenti nell'area nord della provincia del capoluogo.

Denunciati per truffa allo Stato - Per gli evasi e i carcerati che hanno ottenuto il sussidio è scattata subito la revoca del beneficio, con denuncia per truffa ai danni dello Stato. A Frattamaggiore il caso di un'istanza presentata da una persona che, nel momento in cui faceva domanda, risultava detenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). 


TGcom24


Mancano i controlli e tutto, anche ciò che ha una validità, finisce dove non dovrebbe andare a finire.
Il reddito di cittadinanza viene usato alla stregua delle invalidità, concesse a chi non ne ha diritto a discapito di chi ha diritto, per la solita solfa del "do ut des"...
c.

giovedì 24 dicembre 2020

“Aspi, tentata truffa allo Stato da 18 milioni”. M.G.

 

La nuova accusa ha preso campo nelle ultime settimane e ha assunto la forma di una grande tentata truffa: 18,7 milioni di euro che, secondo la Procura e la Guardia di Finanza di Genova, Autostrade per l’Italia intendeva farsi rimborsare dallo Stato per lavori mai fatti. Un “retrofitting”, cioè un miglioramento strutturale delle barriere antirumore, che in realtà non è mai avvenuto, se non nelle pieghe dei documenti contabili. Esisteva invece eccome, ma era stato nascosto, l’antefatto: l’errore commesso dal gruppo concessionario nella progettazione delle barriere che per questa ragione venivano abbattute dal vento e non reggevano ai test anticrash, oltre a essere fissate con una resina non a norma (“sono incollate con il Vinavil”, copyright di uno dei progettisti). La tentata truffa dunque è il nuovo reato che la Procura contesta all’ex ad Giovanni Castellucci e ai suoi collaboratori, Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti (tutti già indagati anche per attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture).

Secondo la procura sapevano che le barriere antirumore erano un obbligo per la concessionaria, previste da un piano sottoscritto con la concessione. Occorreva dunque cambiare tutto, ma sarebbe costato “150 milioni di euro”. Per questo Donferri aveva caldeggiato la soluzione “aziendalista”: abbassare le “ribaltine”, ovvero la parte superiore delle barriere, abbassate così da 5 a 3 metri, dunque meno esposte alle folate di vento. Così piegate “sembrano disegnate da Renzo Piano”, scrive divertito Castellucci in un sms a Berti. Non solo quell’intervento non riduceva il rischio crollo, ma di fatto riproponeva il problema del rumore. Così, quando i residenti si lamentavano, una nuova squadra andava a rimetterle come erano prima. Ciò che emerge ora, è il secondo tempo di quella vicenda. Nelle pieghe dei bilanci è emerso infatti che quell’attività senza meta (le ribaltine abbassate e poi rialzate) era diventata un progetto di “retrofitting”: una ristrutturazione, per cui la concessionaria rivendicava il diritto a detrarne i costi. Il trucco è spiegato in un’informativa della Finanza: “I costi per il ripristino delle barriere sono stati scomputati alla voce F2”. La voce di bilancio che indica i miglioramenti strutturali. “Un po’ come se un inquilino facesse passare spese di manutenzione ordinaria per spese straordinarie e strutturali – semplifica un investigatore – per poi accollarle al proprietario di casa”. Nell’informativa la presunta ristrutturazione viene definita senza mezzi termini “un escamotage”.

Ecco il dettaglio. “Nel novembre del 2017 (per una spesa del 2018), il direttore di tronco di Genova Stefano Marigliani presenta un primo preventivo di 55mila euro per il 2018, e di 5 milioni per gli anni successivi. Un lavoro indicato come potenziamento degli ancoraggi e inserito alla voce F2”. Marigliani viene allontanato dopo l’avvio dell’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi. La questione dei rimborsi attraversa quindi la vecchia e la nuova gestione. Gli ultimi sono infatti stati richiesti dopo l’addio di Castellucci e lo spostamento o il licenziamento dei dirigenti investiti dalle indagini. Dopo aver sentito il nuovo management, i giudici riconoscono ai nuovi dirigenti di essere stati “ragionevolmente all’oscuro” di quanto loro stessi hanno domandato indietro allo Stato. Così dice Mirko Nanni, successore di Marigliani, che per il 2020 firma una richiesta fotocopia a quella precedente: 994mila euro per il 2020, 2 milioni 900mila euro per gli anni successivi. “Ho scoperto che quelle barriere erano difettose dalla Procura”, ha detto a verbale.

E il ministero, come controllava? Sentito a verbale come testimone, Carmine Testa, il responsabile dell’ufficio territoriale del ministero delle Infrastrutture spiega di essere stato ingannato: “Non sono in grado di dire dove si collochi la voce F2”. E ancora: “Nessuno mi aveva riferito di un adeguamento e potenziamento delle barriere”. A sgombrare il campo dai dubbi è il dirigente del Mit, Felice Morisco: “Se la concessionaria commette un errore le conseguenze rimangono a suo carico”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/23/aspi-tentata-truffa-allo-stato-da-18-milioni/6045939/

sabato 29 agosto 2020

L’altra truffa a Zingaretti. I camici mai consegnati. - Vincenzo Bisbiglia

L’altra truffa a Zingaretti. I camici mai consegnati
Dopo il caso delle mascherine pagate 11 milioni (3 rientrati) e mai consegnate, alla Regione Lazio c’è quello dei camici e delle tute protettive. Mai arrivati, se non in minima parte e peraltro già sequest0rata dalla Guardia di Finanza. La Regione guidata da Nicola Zingaretti ha revocato l’ordine alla società Internazionale Biolife che quattro mesi fa si impegnò a consegnare “con estrema urgenza per fronteggiare l’emergenza” 850mila camici e 1 milione di tute. Alla fine ne sono arrivati meno di 150 mila, con la Regione ora pronta a chiedere indietro l’anticipo già versato, ossia 2,8 milioni di euro, più altri 1,4 milioni di penale. Guai però a chiamarlo buco (questa volta) perché con la stessa società “l’agenzia di Protezione Civile del Lazio non ha saldato una fornitura di mascherine, autorizzate e conformi, provenienti della stessa società” e quindi pari patta: una valutazione che non trova d’accordo le opposizioni.
Ma procediamo con ordine. In piena pandemia, l’ente assegna commesse per oltre 100 milioni di euro in via diretta a società minuscole, appena costituite o senza alcun know-how nel settore: le conseguenze sono ritardi e mancata consegna del materiale. È il 30 marzo quando la Regione decide di affidare alla Internazionale Biolife, con sede a Taranto e che vende prodotti omeopatici compresi quelli per il benessere sessuale, il corposo ordine da “fornire entro l’8 aprile, presso l’aeroporto di Fiumicino”. Il giorno dopo viene pagato l’acconto, 20% del totale, ma la prima consegna di camici avviene il 3 giugno. A metà del mese arrivano in tutto circa 150mila camici su un totale di 1 milione. E si arriva così al 26 agosto quando la Finanza notifica il sequestro “emesso dalla procura di Taranto nell’ambito di un procedimento penale che vede indagati i responsabili della Internazionale Biolife”. Per la società i ritardi sono dovuti alle procedure di sdoganamento presso le dogane turche e al porto di Bari, a cui si aggiunge la necessità di “rietichettatura delle confezioni” dei camici. La Regione però a questo punto decide per la revoca: “La condotta contrattuale della Biolife è chiaramente caratterizzata da inaffidabilità e inattendibilità dei tempi di esecuzione. Ha omesso di curare con la dovuta diligenza ed il necessario tempismo l’adempimento della propria obbligazione”.
Una versione che fa quasi sorridere l’amministratore delegato, Luciano Giorgetti: “Ai primi di agosto abbiamo chiuso un’altra commessa con gli stessi soggetti che pubblicamente ci accusano di essere inaffidabili, mi sembra un bel paradosso. Sul mio procedimento abbia fatto ricorso al Riesame. Inoltre abbiamo denunciato i fornitori: se non verremmo pagati chiederò il sequestro dei conti correnti”. Una storia che si preannuncia ricca di ulteriori colpi di scena, senza dimenticare il caso iniziale, anticipato dal fattoquotidiano.it, della EcoTech, un’azienda che vende lampadine a Led, ma che ha avuto una commessa da 35 milioni di euro per le mascherine, mai arrivate. “Purtroppo avevamo ragione, la Ecotech non era un caso isolato, sono stati confermati tutti i nostri dubbi anche sulle forniture della Internazionale Biolife. Sorprendente che il Direttore della protezione civile sia ancora al suo posto” incalza Roberta Angelilli di Fratelli d’Italia. Ecotech aveva corrisposto una parte dell’anticipo alla società svizzera Exor, che a sua volta, aveva chiesto l’approvvigionamento sempre alla Biolife, che poi dalla Regione riceverà la commessa dei camici.
Non sembra l’unico problema del Lazio, alle prese con i ritardi nei tamponi per chi rientra dalle vacanze: le Asl fanno attendere per giorni, romani e turisti in coda anche per 4 ore ad alcuni “drive in” per i test e il sindaco di Civitavecchia, snodo centrale degli arrivi dalla Sardegna e non solo, fatica a gestire il traffico e gli assembramenti.

venerdì 13 dicembre 2019

Catanzaro, 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso: finti rimborsi e commissioni inesistenti per avere il gettone. - Lucio Musolino

Catanzaro, 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso: finti rimborsi e commissioni inesistenti per avere il gettone

Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati. Sotto inchiesta è finito praticamente tutto il Consiglio comunale di Catanzaro diventato, stando agli accertamenti della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri, una sorta di “gettonificio”. La Procura della Repubblica, guidata da Nicola Gratteri, ha notificato gli avvisi di garanzia.
Commissioni farlocche per le quali i consiglieri percepivano i gettoni di presenza. Ma anche finte assunzioni in aziende private che poi venivano rimborsate dal Comune per il tempo che i consiglieri comunali, troppo “impegnati” in attività istituzionali, non potevano lavorare: per questo a Catanzaro 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso. Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati che si sono visti recapitare dagli uomini del maggiore Gerardo Lardieri l’avviso di conclusione indagini.
Era tutto finto: dalla presenza dei consiglieri alle riunioni, ai verbali delle commissioni che spesso non venivano nemmeno compilati, ai posti di lavoro. Tutto inesistente tranne le migliaia di euro che il Comune di Catanzaro, guidato dal sindaco Sergio Abramo (non indagato), sborsava ai consiglieri per le riunioni delle cinque commissioni (su cinque istituite) che in realtà non si tenevano. Non c’è un solo partito coinvolto, ma lo sono praticamente tutti: da Forza Italia al Pd, passando per l’Udc e le varie liste civiche di maggioranza e opposizione.
Nel registro degli indagati, infatti, sono finiti i consiglieri comunali di Forza Italia (Roberta Gallo, Luigi Levato, Francesca Carlotta Celi e Giulia Procopi), di “Catanzaro da vivere” (Agazio Praticò, Antonio Angotti, Antonio Mirarchi e Antonio Ursino), di “Catanzaro con Sergio Abramo” (Rosario Mancuso, Demetrio Battaglia, Enrico Consolante, Filippo Mancuso, e Fabio Talarico), di “Officine del sud” (Giuseppe Pisano e Francesco Gironda) e di “Obiettivo Comune” (Andrea Amendola e Manuela Costanzo).
Per l’opposizione sono indagati, invece, i consiglieri del gruppo misto (Eugenio Riccio, Giovanni Merante e Antonio Triffiletti), di “Fare per Catanzaro” (Sergio Costanzo, Fabio Celi e Cristina Rotundo), del Pd (Lorenzo Costa e Libero Notarangelo), di “Catanzaro in Rete” (Rosario Lostumbo), di “Cambiavento” (Nicola Fiorita e Gianmichele Bosco) e dell’Udc (Tommaso Brutto).
Quest’ultimo è indagato anche per truffa assieme Elzibieta Musielak e Carmelo Coluccio, amministratori della “Verdeoro società cooperativa produttori ortofrutticoli”, un’impresa agricola di Simeri Crichi che aveva assunto come direttore amministrativo il consigliere Brutto. Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm Pasquale Mandolfino, in realtà l’esponente dell’Unione di Centro “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa”, ma il Comune di Catanzaro dal febbraio 2015 al giugno 2018 ha erogato alla “Verdeoro” più di 103mila euro “a titolo di rimborso” per i periodi orari “che impegnavano Brutto in attività istituzionali nelle vesti di consigliere comunale”. In sostanza, il Comune pagava all’impresa agricola la parte dello stipendio del suo direttore amministrativo per le ore di lavoro che questo dedicava, invece, alla politica.
Un sistema utilizzato anche dal consigliere comunale Andrea Amendola che, per essere stato assunto (solo formalmente) nelle aziende edili e immobiliari del fratello Antonio Amendola (indagato), è costato al Comune quasi 65mila euro “a titolo di rimborso”. Poco più di 23mila euro, invece, è la cifra che l’Ente locale ha dovuto versare alla società “La Notifica”, amministrata da Sabrina Scarfone (indagata), per pagare lo stipendio al consigliere Enrico Consolante.
Una partita di giro che, secondo i carabinieri guidati dal maggiore Lardieri, veniva utilizzata anche dal consigliere di opposizione Sergio Costanzo, formalmente assunto dal negozio di animali di Salvatore La Rosa (indagato). Piuttosto che vendere acquari e cibo per cani, però, il consigliere comunale “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa” che, tuttavia, ha avuto quasi 79mila euro “a titolo di rimborso” per il “dipendente” impegnato in politica.
Dalle indagini, però, è emerso che i 20 consiglieri comunali non facevano nemmeno quello. Chi più e chi meno, infatti, secondo il pm, avrebbero “partecipato” a riunioni di commissioni in cui non c’erano o che non venivano svolte. Per dimostrare la truffa, il pm ha depositato nel fascicolo dell’inchiesta i filmati registrati grazie alle telecamere nascoste dai carabinieri all’interno del Palazzo comunale.
Tra i consiglieri indagati ci sono anche componenti delle forze dell’ordine prestate alla politica. Anche loro, assieme agli altri, – è scritto nel capo di imputazione – “con artifizi o raggiri, consistiti nelle false verbalizzazioni relative allo svolgimento delle sedute di commissione consiliare”, in due soli mesi (novembre e dicembre 2018) hanno incassato più di 21mila euro dei cosiddetti “gettoni di presenza”.
Con la notifica dell’avviso di conclusione indagini, i politici locali coinvolti nell’inchiesta hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati prima che il pm Mandolfino formuli, nei loro confronti, una richiesta di rinvio a giudizio.

mercoledì 25 settembre 2019

Falsi invalidi, indagata la madre di Arisa: la sedia a rotelle per messinscena.

Falsi invalidi, indagata la madre di Arisa: la sedia a rotelle una messinscena

Dopo gli arresti a Potenza nel blitz "Il canto delle sirene", agli atti di indagine spunta la madre della popolare cantante.

La madre della cantante lucana Arisa è tra gli indagati nell’inchiesta «Il canto delle sirene" sulle percezioni indebite di pensioni di invalidità e assegni di accompagnamento ai danni dell’Inps: la notizia anticipata stamani dalla trasmissione di Canale 5 «Mattino Cinque» ha trovato conferma negli ambienti giudiziari di Potenza.

Assunta Santarsiero, di 62 anni, di Pignola (Potenza) - accusata di truffa in concorso - secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza (che ieri ha portato a cinque arresti domiciliari eseguiti dalla Squadra mobile del capoluogo lucano, e a 40 indagati complessivi), avrebbe ottenuto la condizione di invalidità civile e i benefici dell’indennità di accompagnamento "fingendosi affetta da gravi patologie - ha scritto nell’ordinanza il gip Lucio Setola - tali da renderla incapace di attendere autonomamente agli atti quotidiani della vita senza un’assistenza continuativa».

La donna nel 2017 fu «accompagnata dal marito e trasportata su carrozzina» nel Tribunale di Potenza, «perché non in grado di camminare autonomamente» e «al momento dell’esame clinico si dimostrò impossibilitata a provvedere ai suoi elementari bisogni e a svolgere gli atti quotidiani della vita senza assistenza», "traendo così in inganno» il perito nominato dal giudice del Tribunale civile. Secondo gli investigatori, però, «la visita sulla sedia a rotelle era evidentemente tutta una messinscena": dai pedinamenti degli agenti della Squadra mobile è invece emerso che la donna sarebbe stata «in grado di uscire da casa da sola e di muoversi autonomamente, portandosi persino nel terreno adiacente alla sua abitazione per dedicarsi ai lavori dei campi senza aver bisogno di essere accudita da alcuno e senza documentare difficoltà deambulazione». 

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/potenza/1174700/falsi-invalidi-indagata-la-madre-di-arisa-la-sedia-a-rotelle-una-messinscena.html

venerdì 5 luglio 2019

Così i soldi dell’appalto Consip alle “scuole belle” venivano usati per una sporca truffa. - Luigi Gallo



L’appalto Consip rientrava nell’operazione definita pomposamente “Scuole belle” ma il suo obiettivo era quello di garantire soprattutto il servizio di pulizia delle scuole, oltre alla vigilanza e qualche intervento di manutenzione. Ne è scaturita in tutta Italia una selva di subappalti a cooperative che pagavano poco e male il personale. E a Palermo, stando all’inchiesta condotta dalle Fiamme gialle, una cooperativa bolognese vincitrice dell’appalto ha pensato bene di costruirci sopra un gigantesco castello fatto di fatture false e 150 contratti di lavoro fittizi a cittadini extracomunitari, e in qualche caso anche italiani. Per i primi il vantaggio era quello di ottenere così il permesso di soggiorno, mentre i cittadini italiani potevano contare sull’indennità di disoccupazione tra un contratto e l’altro.
Cooperative o presunte tali, business dei permessi di soggiorno, sfruttamento dei lavoratori ed evasione fiscale: un mix micidiale ma purtroppo non nuovo in questo Paese! Il caso di Palermo è la punta avvelenata di un iceberg inquinato, fatto di sfruttamento e subappalti che, come denunciamo da tempo, hanno arricchito per decenni chi controlla queste cooperative mentre a farne le spese sono le tasche e i diritti di lavoratrici e lavoratori. Tanto lavoro per le procure italiane e pochi, pochissimi servizi per gli alunni delle nostre scuole.
Ecco perché abbiamo deciso, lavorandoci fin dai primi giorni di questa legislatura, di smantellare il sistema degli appalti delle cooperative e delle ditte di pulizia nelle scuole italiane, che nel tempo sono finiti anche sotto la lente delle Autorità Anticorruzione e Antitrust. Tutti fatti che abbiamo puntualmente denunciato dentro e fuori dal Parlamento e sui quali ora, da forza di governo, siamo intervenuti ponendo fine a una mangiatoia di Stato paragonabile allo scandalo degli affitti d’oro della Camera.
Che cosa abbiamo fatto nel concreto noi del MoVimento 5 Stelle? Abbiamo presentato e fatto approvare un emendamento che consentirà, dal primo gennaio 2020, a 12.000 lavoratori di queste ditte di pulizia e sorveglianza di entrare a far parte a pieno titolo nel personale Ata delle scuole: queste persone da 20 anni venivano pagate poco e male per svolgere – non si capisce per quale ragione se non per garantire a qualcuno di arricchirsi sulla loro pelle – queste stesse mansioni alle dipendenze di cooperative e ditte private.
A breve partiranno i bandi per selezionare questo nuovo personale e mettere fine anche alle enormi sacche di precariato esistente tra i lavoratori ATA grazie allo sblocco di 12mila posti che nel giro di pochi anni torneranno disponibili per le assunzioni.
I vantaggi di questa operazione sono molteplici: mettiamo fine allo scandalo per cui per vent’anni 12mila posti di lavoro sono stati privatizzati e sottratti all’organico della scuola; eliminiamo l’enorme spreco di risorse prodotto da questa anomalia: l’affidamento ai privati faceva raddoppiare e in alcuni casi triplicare i costi; infine, garantiamo agli alunni e allo stesso personale una scuola più pulita e meglio sorvegliata.
Ancora una volta il MoVimento 5 Stelle fa il suo mestiere e lo fa bene: smantelliamo le lobby, cacciamo via i parassiti e restituiamo ai cittadini diritti e dignità.

venerdì 14 giugno 2019

Falsi malati, truffa da oltre un milione.

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Sequestro per oltre 1 milione di euro emesso dal Tribunale di Palermo nei confronti di 39 indagati per falso e truffa ai danni dell’Inps, tra cui due dipendenti dell'Istituto. Il provvedimento è stato eseguito dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, coordinati dalla Procura della Repubblica del capoluogo siciliano.

Le indagini, delegate dal Dipartimento 'Pubblica Amministrazione' della Procura della Repubblica traggono origine da attività di analisi dei flussi di spesa di enti pubblici risultati anomali, confermate in talune attività di accertamento interne degli ispettori dell’Ente di Previdenza Nazionale. Le investigazioni successivamente svolte hanno consentito di portare alla luce una vera prassi illecita, quasi un fenomeno di 'costume', che vedeva coinvolte decine di persone residenti a Palermo e provincia le quali, utilizzando documentazione medica falsificata, hanno beneficiato di particolari indennità economiche spettanti a pazienti colpiti da gravi patologie del sangue (talassemia major, talassodrepanocitosi e drepanocitosi).

Grazie all’incrocio dei dati in possesso dell’assessorato della Salute della Regione Siciliana e degli ospedali palermitani, è stato possibile individuare i pazienti che non solo non risultavano iscritti nel 'Registro Siciliano delle Talassemie ed Emoglobinopatie' - presso cui vengono registrati coloro che, per la natura delle patologie sofferte, effettuano trasfusioni con cadenza periodica - ma godevano in realtà di ottima salute. "Il meccanismo della truffa era semplice e talvolta grossolano. Bastava infatti un certificato medico a nome di medici, che in realtà non l’avevano mai sottoscritto, e timbri falsi. La documentazione veniva poi presenta all’ufficio Inps territorialmente competente", dicono le Fiamme Gialle.
Ovviamente l’interesse non era quello di beneficiare delle trasfusioni, a cui sono costrette le persone purtroppo realmente malate, ma quello di ottenere l’indennità economica spettante per legge ai lavoratori affetti da talassemia major (morbo di Cooley) e drepanocitosi che, raggiunti i requisiti anagrafici e di contribuzione, hanno diritto a un’indennità annuale pari alla pensione minima erogata dall’Inps.

In una prima fase è stata acquisita, presso l’Istituto di previdenza, la documentazione di tutti i soggetti beneficiari nel territorio provinciale (103) dell’indennità in parola per complessivi euro 1.624.882. Le Fiamme Gialle hanno quindi accertato, nei confronti di 54 persone, indebite percezioni per 1,4 milione di euro mentre - in attività sinergica con la Finanza - l’Inps avviava le procedure di recupero di parte delle somme illecitamente ottenute. Nei confronti di alcuni di loro, la Procura della Repubblica di Palermo, condividendo pienamente le prospettazioni investigative, ha richiesto e ottenuto dal competente Gip presso il Tribunale palermitano, l’emissione del provvedimento di sequestro preventivo, avente ad oggetto disponibilità finanziaria, beni mobili e denaro fino a concorrenza dell’importo da ciascun indagato oggetto di truffa.

I due dipendenti Inps coinvolti sono stati poi deferiti all'autorità giudiziaria con l'aggravante della violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, poiché assegnati all'ufficio che ha gestito le relative pratiche. In pratica, si erano autoassegnati - direttamente o per il tramite del coniuge, ma con le stesse modalità fraudolente - le stesse indennità previste.

https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/06/14/falsi-malati-truffa-oltre-milione_S7WucfhJCFPEtvsnJl1MrN.html

mercoledì 12 giugno 2019

Como, arrestato per truffa a una donna disabile il finanziere Alessandro Proto.

Como, arrestato per truffa a una donna disabile il finanziere Alessandro Proto

Il 44enne milanese era già noto per aver millantato "affari immobiliari con personaggi di fama mondiale e tentativi di scalate ad imprese di primo piano".


I militari della Gdf di Como hanno arrestato il finanziere Alessandro Proto, 44 anni, milanese, residente in Svizzera, già gravato da precedenti penali per truffa e violazioni finanziarie. L'accusa è di truffa pluriaggravata ai danni di una donna con gravi problemi fisici e psichici alla quale avrebbe sottratto in più riprese 130mila euro. Il denaro, secondo la Gdf, era stato investito da Proto su siti di gioco online.

Il 44enne era "già noto per aver millantato affari immobiliari con personaggi di fama mondiale e tentativi di scalate ad imprese di primo piano", tra cui Rcs. Nel 2013 era stato indagato dalla Procura di Milano e poi arrestato per manipolazione del mercato ed ostacolo alle attività degli Organi di vigilanza.

domenica 12 maggio 2019

Truffa da 300 milioni: arrestato monsignor Benvenuti, raggirati 300 anziani.

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Cene di gala in Vaticano e lussuose e antiche ville. Era questa la vita di monsignor Patrizio Benvenuti, alto prelato 64enne di origini argentine, arrestato dalla Guardia di finanza di Bolzano con l'accusa di una truffa da 30 milioni di euro ai danni di quasi 300 persone, prevalentemente anziani e residenti all'estero. Affidavano i propri soldi al sacerdote per investimenti e per la sua fondazione umanitaria Kepha, che finivano però in un articolato meccanismo di riciclaggio tra persone, società estere e italiane.

Con mandato di cattura internazionale è ricercato l'affarista francese, Christian Ventisette, di 54 anni, stretto collaboratore del monsignore. Altre sette persone (italiani, francesi e belgi) risultano invece indagate. Il prelato, da parte sua, nega di avere mai indotto alcuno a versare capitali e di avere promesso profitti. «Contro di me una colluvie di menzogne», dice, e si dichiara raggirato e tradito da Ventisette, che ha assecondato «perchè avevo totale stima e fiducia di lui». L'inchiesta è partita nel settembre 2014 dalla segnalazione di una suora altoatesina, per 20 anni perpetua del prelato. La religiosa aveva, infatti, ricevuto per posta documenti riferiti ad un trust e a una società di capitali, entrambi denominati 'Opus', movimenti di denaro per centinaia di migliaia di euro e delle quali non sapeva darsi una spiegazione. Tempo fa, spinta dalla fiducia che riponeva nell'ecclesiastico, aveva firmato alcuni contratti, divenendo, tra l'altro, rappresentante legale di 'Opus' nella sede in Alto Adige. È rimasta così coinvolta nel procedimento fallimentare della società Kepha Invest in Belgio.

La religiosa, che oggi ha 74 anni ed è tornata a vivere in Alto Adige, avrebbe anche dato in prestito al prelato complessivamente 35.000 euro, mai restituiti. Con questi soldi Benvenuti avrebbe finanziato cene in Vaticano, a Roma e presso Circoli Ufficiali della Marina Militare. Benvenuti in passato ha infatti operato presso vari livelli del Tribunale ecclesiastico alla Santa Sede in Vaticano e come cappellano della Marina Militare a Chiavari. Secondo gli inquirenti, con questi ricevimenti aveva conquistato la fiducia di complessivamente 250 investitori, soprattutto francesi e belgi. All'inizio tutto sembrava funzionare, ma a partire dal 2014 non si vedevano più corrispondere gli interessi sul capitale. Novanta richieste di recesso dai contratti non risultano mantenuti. Mons. Benvenuti è stato arrestato poco prima che partisse per le Canarie, dove stava spostando la sua residenza, e ora si trova ai domiciliari a Genova. La sua dimora in Italia era Villa Vittoria, il prestigioso palazzo quattrocentesco sulla scogliera di Piombino, che è stato posto sotto sequestro preventivo. Leonardo da Vinci progettò le mura della fortezza e ci soggiornò nel 1502. La villa fu anche residenza della principessa Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone.

La Guardia di finanza ha messo i sigilli anche a un grande sito archeologico in Sicilia nel Centro Archeologico Museale di Triscina di Selinunte, a un immobile di Poggio Catino (Rieti) e altri immobili e terreni a Poppi (Arezzo). Nel mandato di arresto europeo è stato richiesto anche il sequestro di una villa in Corsica. «Questa ordinanza del giudice Schonsberg - ha commentato in serata il monsignore in una nota di tredici pagine diffusa da un 'Comitato di sostegno internazionale a don Patrizio Benvenutì in cui ribatte punto per punto alle accuse - è una colluvie di menzogne che, guarda caso, ricadono puntualmente su di me e su Pandolfo (uno degli indagati, ndr); molte verità, ma talmente mischiate a bugie e falsità da far perdere la globale visione della realtà dei fatti». Benvenuti afferma di non aver mai indotto alcuno a versare capitali e di non aver mai promesso profitti. Lui stesso sarebbe stato raggirato e tradito. Dice di aver assecondato il finanziere francese Ventisette, «perchè avevo totale stima e fiducia di lui». Il prelato ammette poi che suor Donata abbia sottoscritto due atti, ma esclusivamente su intervento di Ventisette. Il sacerdote smentisce, infine, di aver mai ricevuto denaro in contanti dalla religiosa.


https://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/truffa_monsignor_patrizio_benvenuti_milioni_anziani-1542371.html

lunedì 15 aprile 2019

La banda dei falsi incidenti: mutilavano gambe e braccia per truffare le assicurazioni, 42 arresti „La banda dei falsi incidenti: mutilavano gambe e braccia per truffare le assicurazioni, 42 arresti“.


Falsi incidenti per truffare le assicurazioni, l'uscita degli arrestati (5)
La banda dei falsi incidenti: mutilavano gambe e braccia per truffare le assicurazioni, 42 arresti


Doppia operazione di polizia e guardia di finanza: smantellata una pericolosa organizzazione criminale. Tra le persone fermate c'è anche un avvocato palermitano. Centinaia gli indagati. Vittime costrette per lunghi periodi all'uso di stampelle e sedie a rotelle-


La banda dei falsi incidenti: mutilavano gambe e braccia per truffare le assicurazioni, 42 arresti
Mutilavano braccia e gambe per intascare i soldi delle assicurazioni. E' scattato all'alba a Palermo e in provincia un maxi blitz che ha portato a 42 arresti: 34 messi a segno dalla polizia, otto dalla guardia di finanza in un'inchiesta parallela, chiamata "Contra fides".

Spaccavano le ossa nella stanza degli orrori.

L'operazione della Mobile, denominata "Tantalo bis", ha smantellato una pericolosa organizzazione criminale specializzata nelle frodi assicurative realizzate attraverso le mutilazioni di arti di vittime compiacenti. Sono stati scoperti numerosissimi episodi ai danni delle compagnie assicurative.

I boia parlavano così: "Ho trovato 2 fidanzati..."

Tra le 34 persone fermate dalle Squadre Mobili di Palermo e Trapani, c'è anche un avvocato palermitano che curava la parte legale di molti dei falsi incidenti. Centinaia risultano inoltre essere le persone indagate. Si tratta dell'appendice dell'operazione messa a segno la scorsa estate.

Truffavano le assicurazioni, i nomi degli arrestati.

L'associazione criminale disarticolata dalla polizia con le indagini dirette dalla Procura di Palermo ha evidenziato "la particolare cruenza degli adepti che non esitavano a scagliare pesanti dischi di ghisa come quelli utilizzati nelle palestre sugli arti delle vittime, in modo da procurare delle fratture che spesso menomavano le parti coinvolte costringendole anche per lunghi periodi all'uso di stampelle e sedie a rotelle".

Urla, lacrime e svenimenti davanti alla questura.

Falsi incidenti per truffare le assicurazioni, l'uscita degli arrestati (2)

Importanti per il buon esito delle indagini le dichiarazioni rese alla Procura della Repubblica di Palermo da parte di alcuni collaboratori. Si tratta di alcune persone tratte in arresto nell'ambito dell'operazione Tantalo della Squadra Mobile di Palermo dello scorso agosto, che dopo l'arresto hanno deciso di collaborare.
In azione, oltre alla polizia, anche i finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo ed il reparto polizia penitenziaria di Palermo del carcere Pagliarelli. Le accuse emerse nell'operazione della guardia di finanza chiamata "Contra fides" sono: associazione a delinquere, truffa aggravata, lesioni aggravate, usura, estorsione, peculato e reimpiego, emessi dalla Procura della Repubblica di Palermo. Disposto anche un provvedimento di sequestro (nella foto sotto un'auto di lusso sequestrata) emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo, di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di stima di oltre mezzo milione di euro. Effettuate anche numerose perquisizioni in città e provincia.
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La banda dei falsi incidenti: mutilavano gambe e braccia per truffare le assicurazioni, 42 arresti
La banda dei falsi incidenti: mutilavano gambe e braccia per truffare le assicurazioni, 42 arresti

I retroscena.

Se per fratturare una gamba usavano dischi di ghisa o blocchi di cemento, per rompere un braccio anche degli anestetici, seppure di bassissima qualità. Il tutto in cambio di poche centinaia di euro da offrire alle 'vittime' consenzienti di turno, di solito persone poverissime che non avevano neppure i soldi per fare mangiare i propri figli. Sono una sessantina i casi di mutilazioni scoperti dagli inquirenti.
Secondo quanto emerge dall'inchiesta i truffatori avrebbero offerto 300 euro per una gamba da fratturare, e quattrocento euro per un braccio da fratturare. In carcere anche alcuni periti assicurativi. L'inchiesta è coordinata dai procuratori aggiunti Sergio Demontis ed Ennio Petrigni. Le vittime compiacenti venivano reclutate dai membri delle organizzazioni in luoghi frequentati da persone ai margini della società. "Come tossicodipendenti, persone con deficit mentali o affetti da dipendenza da alcool, e con grandi difficoltà economiche, attratti dalle promesse di facili e cospicui guadagni, mai corrisposti dall’organizzazione criminale - dicono dalla polizia -. Oltre 50 le vittime che, con i loro racconti colmi di disperazione hanno consentito di avvalorare il quadro accusatorio nei confronti dei sodali dell’associazione criminale".

Le intercettazioni: "Gli dici se si trova una sedia a rotelle"

Le indagini hanno permesso di ricostruire anche la triste vicenda che ha coinvolto un cittadino tunisino, Hadry Yakoub, trovato morto in via Salemi, nella zona di corso dei Mille, nel gennaio del 2017. La morte, in un primo momento decretata come conseguenza di un incidente stradale, in realtà era stata determinata dalle fratture provocategli da qualcuno della banda per inscenare un finto incidente. Da lì gli accertamenti che hanno portato a scoprire il giro di frodi assicurative. Ad Hadry Yakoub venivano anche procurate dosi di crack per evitare che si potesse sottrarre alle lesioni.



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