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martedì 13 ottobre 2020

Lega, il commercialista e le srl “ritrovate” in Lussemburgo. - Davide Milosa

 

Film Commission - Ricostruita la rete di Scillieri, che porta a 4 nuove società oltreconfine.

Michele Scillieri commercialista lo è dagli anni Novanta. Vita agiata e casa in una delle vie più note di Milano. Poi il terremoto del caso Lombardia Film Commission (Lfc), i domiciliari, il legame con Di Rubba e Manzoni. Nel suo studio la Lega di Salvini ha eletto domicilio. Da qui tutto frana. E oggi, dopo gli arresti, la Procura indaga sui suoi rapporti con società in Lussemburgo. Il dato inedito emerge da una annotazione della Finanza agli atti del fascicolo coordinato dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Stefano Civardi.

Nella rete societaria tra i vecchi soci compaiono soggetti con “precedenti penali o di polizia” per reati finanziari e riciclaggio. Molti di loro risultano coinvolti nelle inchieste sull’ex costruttore romano Danilo Coppola. Sono tre le srl amministrate da Scillieri e tutte portano a 4 società anonime in Lussemburgo con sede in Rue de la Boucherie 4-6. Le tre italiane hanno il domicilio in via Angelo May 24 a Bergamo, indirizzo, scrive la Gdf, “coincidente con i luoghi di esercizio delle società riferibili a Manzoni e Di Rubba”. La prima società è la Dacop. Qui Scillieri diventa amministratore dall’aprile 2018. Dacop nasce nel 2002. Nel luglio 2009 il 99% delle quote passa a Danilo Coppola. Due mesi dopo, il pacchetto va alla lussemburghese Europeenne d’Investissement Sa per finire oggi alla 68 Galtier Prima Sa. La seconda società è la Seasi, che come Dacop è una immobiliare. Scillieri entra nell’aprile 2018, trasferendo la sede in via Angelo May 24. Socio di Seasi è la Taurus Prima Sa. La società è destinataria di una segnalazione di Bankitalia per “comportamento sospetto”. La terza srl è la Programmi immobiliari con sede in via May 24. Scillieri è stato amministratore dal marzo 2019 fino al 19 settembre, nove giorni prima del suo arresto. La Programmi immobiliari è partecipata al 100% da Si.Pa. immobiliare con un pegno di banca Arner. Socio unico di Si.Pa, che in Italia ha sede in via May 24, è la Sunrise 14 Sa, quarta lussemburghese. Queste società a gennaio 2018 – pochi mesi prima dell’ingresso di Scillieri – le ritroviamo nella costituzione di un pegno a garanzia di un prestito di 20 milioni dalla Swiss Merchant Corporation Sa. A redigere l’atto è il notaio Angelo Busani (non indagato), che secondo Bankitalia nel 2018 bonificherà 18 milioni al notaio Mauro Grandi (non indagato) che si è occupato del caso Lfc.

Denaro che ripartirà verso l’estero. A Busani è riferibile la Credit Swiss servizi fiduciari che ha fatto da trustee al trust Diva di Andrea Dini, cognato di Attilio Fontana coinvolto nell’inchiesta sui camici. Per la costituzione del pegno le lussemburghesi sono rappresentate da Andrea Giovanni Carini, avvocato di origine libica. Carini risulta con un “precedente di polizia” per riciclaggio. Sia Dacop sia Seasi hanno l’indirizzo in Rue de la Boucherie “presso la Guarnieri & Partners Cabinet d’Avocats Luxembourg Sa, il cui comitato è formato anche da Carini”. Al pegno partecipano anche società italiane. Tra queste la Partecipazioni immobiliari (fallita nel 2019) riferibile a Manuel Rossetto che, non indagato, compare tra gli ex dirigenti delle società amministrate da Scillieri. C’è poi la Si.Pa già riconducibile indirettamente a Scillieri e altre 4 società di Rossetto, alcune in liquidazione, e con sede in via May 24. Nell’atto è scritto che i 20 milioni andavano restituiti in 7 anni. Ma già il 30 maggio 2018 il pegno è cancellato.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/13/lega-il-commercialista-e-le-srl-ritrovate-in-lussemburgo/5963933/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-10-13

venerdì 2 ottobre 2020

Caso Becciu, intrighi e dossier: lo scandalo finanziario è una resa dei conti tra prelati. E spuntano 700mila euro finiti in Australia. - Francesco Antonio Grana

 

Accuse di dossieraggi fabbricati ad arte con lo scopo di mettere alla gogna mediatica i propri nemici: in Vaticano è iniziata una stagione di veleni. A parlare è uno degli indagati, monsignor Alberto Perlasca, coinvolto nell’inchiesta sull’acquisto del palazzo di Sloane Avenue: ha deciso di collaborare coi magistrati vaticani puntando il dito contro il cardinale Angelo Becciu, al tempo degli avvenimenti contestati sostituto della Segreteria di Stato, ovvero suo diretto superiore.

Dagli intrighi finanziari alla stagione dei veleni. L’inchiesta sugli scandali economici della Segreteria di Stato si infittisce e appare sempre più come una vera e propria resa dei conti all’interno del Palazzo Apostolico Vaticano. Accuse di dossieraggi fabbricati ad arte con lo scopo di mettere alla gogna mediatica i propri nemici. A parlare è uno degli indagati, monsignor Alberto Perlasca, coinvolto nell’inchiesta sull’acquisto del palazzo di Sloane Avenueall’epoca dei fatti capo ufficio amministrativo della prima sezione della Segreteria di Stato. Licenziato e cacciato via dal servizio diplomatico della Santa Sede, il prelato, però, non è tornato nella sua diocesi di Como e ha deciso di collaborare coi magistrati vaticani puntando il dito contro il cardinale Angelo Becciu, ex prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ma al tempo degli avvenimenti contestati sostituto della Segreteria di Stato, ovvero diretto superiore di Perlasca.

Immediata la replica del porporato che, attraverso il suo legale, ha fatto sapere che “esprime estremo stupore e dolore, denunciandone la plateale falsità. Pur compatendolo, umanamente e cristianamente, per il difficile momento personale che sta attraversando a causa dell’indagine che lo vede coinvolto ed in relazione alla quale con tali presunte dichiarazioni si starebbe difendendo, Sua Eminenza respinge decisamente ogni tipo di allusione su fantomatici rapporti privilegiati con la stampa, che si vorrebbero utilizzati a fini diffamatori nei confronti di alti prelati. Trattandosi di fatti scopertamente falsi, – ha aggiunto il legale di Becciu – ho ricevuto espresso mandato di denunciarne la diffamatorietà da qualunque fonte provengano, a tutela del suo onore e della sua reputazione, innanzi alle competenti sedi giurisdizionali”. Il segnale eloquente che ormai la guerra, anche fra gli indagati, ha raggiunto l’apice.

Ma non è tutto. Ai magistrati del Papa, infatti, Perlasca ha parlato anche di un bonifico di 700mila euro su un conto australiano effettuato proprio mentre il cardinale George Pell, ex prefetto della Segreteria per l’economia, veniva processato per pedofiliaAccusa dalla quale l’Alta Corte del suo Paese lo ha assolto all’unanimità. Ad ammettere, però, che qualcosa, nella gestione delle finanze vaticane, non è andata è proprio il successore di Pell, l’attuale prefetto della Segreteria per l’economia, padre Juan Antonio Guerrero Alves. “È possibile – ha spiegato il sacerdote gesuita – che, in alcuni casi, la Santa Sede sia stata, oltre che mal consigliata, anche truffata. Credo che stiamo imparando da errori o imprudenze del passato. Ora si tratta di accelerare, su impulso deciso e insistente del Papa, il processo di conoscenza, trasparenza interna ed esterna, controllo e collaborazione tra i diversi dicasteri. Abbiamo inserito nei nostri team professionisti di altissimo livello. Oggi esiste comunicazione e collaborazione fra i dicasteri di contenuto economico per affrontare queste questioni. La collaborazione è un grande passo in avanti. Segreteria di Stato, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e Segreteria per l’economia collaborano di buon grado. Possiamo certamente commettere errori, sbagliare o essere truffati, ma mi sembra più difficile che questo accada quando collaboriamo e agiamo con competenza, trasparenza e fiducia fra noi”.

Il riferimento, nemmeno tanto velato, è alla rete di finanzieri che hanno lucrato sugli investimenti della Segreteria di Stato. Un giro di affari di milioni di euro tra consulenze fittizie, società aperte per far lievitare i costi, soldi portati in Svizzera, truffe, ricatti e corruzioni. Per i pm della Santa Sede, un personaggio chiave è sicuramente Fabrizio Tirabassi, all’epoca dei fatti minutante dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e poi licenziato durante l’inchiesta. Per l’accusa, è lui che “ha fornito il suo contributo alla realizzazione dell’operazione Gutt Sa che si è conclusa con un esborso di 15 milioni di euro senza alcuna plausibile giustificazione economica”. È lui ad aver seguito in prima persona le manovre della società lussemburghese posseduta da Gianluigi Torzi e i magistrati non gli credono quando sostiene di essere stato raggirato.

Perché Tirabassi, da 30 anni al servizio del Vaticano, è un commercialista competente, oltre a essere “molto attivo nel proporre investimenti con i fondi della Segreteria di Stato ai vari gestori patrimoniali, stabilendo con essi attività anche a titolo personale”. Un funzionario con tanto di conto allo “Ior (saldo pari a 700mila euro) alimentato esclusivamente dagli emolumenti a lui liquidati dalla Santa Sede ma che egli non ha mai movimentato”. Disponibilità patrimoniali che, per i magistrati, “non solo appaiono sproporzionate rispetto alla retribuzione a lui erogata dalla Segreteria di Stato, ma che, alla luce delle investigazioni, rendono plausibile l’ipotesi che Tirabassi abbia commesso il reato di corruzione o concorso in appropriazioni indebite”. A cui si aggiunge quello di peculato, perché “sono evidenti le collusioni con Enrico Crasso, con il quale era certamente d’accordo per utilizzare i fondi per finalità diverse da quelle istituzionali”. Ed è proprio Crasso a introdurre, nel 2012, il finanziere Raffaele Mincione in Vaticano. Secondo i pm, “nonostante la Segreteria di Stato sia stata messa in guardia nell’ultimo anno circa l’attività di Crasso, continua a dargli fiducia e a non togliergli la delega a operare sui propri conti correnti”.

Un giro di finanzieri che, all’ombra del Cupolone, speculava sui soldi della Segreteria di Stato, compresi quelli dell’Obolo di San Pietro destinato alla carità del Papa. Intanto, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ha pagato l’ultima tranche di 45 milioni, su 150, per riscattare il palazzo di Sloane Avenue. Ciò mentre, come ha spiegato padre Guerrero Alves, la Segreteria di Stato “ha portato tutti i suoi fondi allo Ior e all’Apsa e parteciperà al processo di centralizzazione degli investimenti, con una gestione più tecnica e professionale”. Precisando che non è esatto parlare di “perdita del portafoglio” da parte della Segreteria di Stato: “La gestione sarà fatta in altro modo, come accade agli altri dicasteri che hanno un portafoglio. In questi mesi ho visto che in Vaticano, come nel resto della Chiesa, c’è un sacro rispetto per la destinazione dei fondi, per la volontà espressa dai donatori. Quando una donazione è stata accettata per uno scopo specifico, questo viene rispettato. Molti dei fondi gestiti dalla Segreteria di Stato sono stati ricevuti per uno scopo specificato, sempre naturalmente legato alla nostra missione. Se i fondi saranno gestiti da un altro ente, dovranno rimanere associati a quello scopo, con gli stessi beneficiari”.

Twitter: @FrancescoGrana

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/02/caso-becciu-intrighi-e-dossier-lo-scandalo-finanziario-e-una-resa-dei-conti-tra-prelati-e-spuntano-700mila-euro-finiti-in-australia/5951883/

lunedì 28 settembre 2020

Gli squali (buoni) della finanza: “Spenniamo solo i truffatori”. - Nicola Borzi

 












“The big short” - Chi sono e come lavorano i fondi che si arricchiscono scommettendo contro le (tante) nuove Parmalat.

L’americana Nikola Corp da pochi giorni è crollata in Borsa per le accuse di aver barato sui suoi camion elettrici. Dopo anni di denunce, a giugno il colosso tedesco dei pagamenti Wirecard è finito in bancarotta per uno scandalo contabile. A ottobre 2019 i vertici della società bolognese di bioplastiche Bio-On sono stati arrestati e l’impresa è fallita dopo che un’analisi ne ha svelato l’inconsistenza. A maggio 2018 la casa di moda greca Folli Follie è implosa per falso in bilancio. Sono solo alcune tra le vittime più recenti dei fondi ribassisti, la nuova specie di predatori della finanza che smaschera aziende decotte o fraudolente e fa utili grazie al tracollo delle loro azioni. Le praterie dove questi operatori colpiscono si sono allargate grazie alla corsa delle Borse che negli ultimi 11 anni hanno quintuplicato il loro valore, trainando però spesso anche titoli gonfiati. Se in passato i loro gestori analizzavano mercati e imprese e ne attendevano i ribassi, ora invece passano all’attacco e scatenano i crolli pubblicando rapporti su inefficienze o truffe. Ma non sempre tutto fila liscio.

Chi vende allo scoperto ama il rischio: dopo analisi finanziarie e valutazioni legali, prende in prestito le azioni di una società, le vende e poi le fa crollare con un report. A quel punto le riacquista a un valore più basso e le restituisce ai prestatori. Il guadagno sta nella differenza tra il prezzo di vendita dei titoli e quello inferiore di riacquisto. Ma i regolatori temono gli “shortisti” perché scatenano la volatilità e possono danneggiare aziende sane. Perciò gli Usa nel 2005 e l’Unione Europea nel 2012 hanno regolato le vendite allo scoperto vietando quelle “nude” (effettuate senza possedere o aver preso in prestito i titoli) e sanzionando quelle basate su informazioni riservate. Oltre certe soglie di capitale, le posizioni ribassiste vanno poi rese pubbliche e in situazioni particolari possono essere vietate: l’ultimo caso è del 18 marzo quando, per arginare il crollo scatenato dall’epidemia, la Consob ha vietato per tre mesi le vendite allo scoperto su tutto il listino di Borsa.

Ma i predatori aumentano. Un’analisi su 290 campagne ribassiste condotte tra il 1996 e il 2015 mostra che le operazioni sono triplicate dopo la crisi finanziaria del 2008. Secondo la società Activist Insight, dal 2013 sono 198 i fondi shortisti attivi: 105 hanno sede negli Usa, 14 in Asia e 13 nel Regno Unito, mentre di 51 non si conosce la nazionalità. L’attività è esplosa nel biennio 2015-16 con 373 operazioni. Nel 2019 le iniziative sono scese a 119 e quest’anno lo stop deciso per il Covid-19 ha lasciato spazio solo a 67 campagne. I profitti realizzati restano un mistero.

In vetta tra i ribassisti nel 2019, secondo Activist Insight, c’è il fondo americano Muddy Waters specializzato nell’opaco mercato asiatico. L’azienda non deve il nome al padre del blues ma a un proverbio cinese: “È nelle acque fangose che si catturano più pesci”. L’anno scorso la società ha lanciato cinque campagne contro prede che in media capitalizzavano 7,1 miliardi di dollari: a dicembre 2019 ha attaccato la multinazionale ospedaliera emiratina Nmc Health, tra le prime 100 della Borsa di Londra, svelandone debiti fuori bilancio per 2,7 miliardi di dollari. L’8 aprile Nmc è fallita.

Al secondo posto c’è Hindenburg. Il nome rimanda volutamente alla tragedia del dirigibile tedesco bruciato il 6 maggio 1937 nel New Jersey causando decine di morti: “Cerchiamo disastri artificiali simili che fluttuano sul mercato per far luce prima che attirino altre vittime ignare”, spiega la società. Il fondo specializzato in analisi finanziaria svela al Fatto il suo approccio: “Non sempre facciamo screening su molte aziende, piuttosto cerchiamo problemi nella gestione o manager recidivi già passati in altre società discutibili e coinvolti in pratiche da ‘cartellino rosso’. Se sospettiamo una frode, la segnaliamo alla Sec”, l’autorità di vigilanza Usa. Nel 2019 il fondo ha lanciato sei campagne contro target con una capitalizzazione media di 2,1 miliardi, tra le quali la società norvegese di software Opera e lo specialista canadese di realtà aumentata NexTech Ar Solution. A marzo e aprile ha messo nel mirino Predictive Technology e Sc Worx, entrambe sospese in Borsa dopo che il fondo ha rivelato che i loro annunci di nuovi test per il coronavirus erano fasulli. Ma il bersaglio grosso Hindenburg l’ha attaccato il 10 settembre quando ha definito “una frode” Nikola Corp., azienda Usa fondata nel 2014 per sviluppare camion a emissioni zero basati su batterie al litio e fuel cell a idrogeno. Quotata a giugno, la capitalizzazione di Nikola è balzata da 12 miliardi a oltre 30, superando Ford grazie a joint venture con General Motors e Cnh del gruppo Fca, che ne detiene il 7%. Il fondo ha rivelato che il video di un camion “elettrico” in corsa diffuso da Nikola mostrava in realtà un veicolo in discesa in folle: il fondatore e presidente Trevor Milton si è dimesso. L’azienda minaccia cause legali ma Hindenburg ribatte che “non siamo mai finiti sotto indagine e abbiamo sempre vinto in giudizio”.

Tra gli short seller più attivi ci sono Spruce Point Capital, Emerson Analytics e Blue Orca (il nome rimanda volutamente ai mammiferi carnivori che usano il sonar per cacciare in branchi), che a novembre ha fatto precipitare del 91% le azioni del produttore di mobili cinese Kasen Int. dopo aver svelato che i suoi “investimenti” in Cambogia erano illusori, ma anche Gotham City Research, Citron e Quintessential Capital Management (Qcm). Qcm è famosa perché il 19 luglio 2019 fece scoppiare la bolla delle azioni Bio-on, società bolognese di bioplastica quotata all’Aim (la Borsa delle piccole e medie imprese) dove capitalizzava un miliardo. Qcm definì Bio-on “una nuova Parmalat” concepita dai manager per arricchirsi alle spalle degli azionisti, con tecnologie improbabili, fatturato e crediti simulati con irregolarità contabili, nessun impianto in produzione. Un ruolo centrale l’ha avuto Maurizio Salom, commercialista e consulente di Milano, che per conto di Qcm ha analizzato i bilanci di Bio-On: “La mia indagine forensica si è basata su documenti pubblici. La verità è che su Bio-On c’è stato un enorme buco nei controlli e un intrico di conflitti di interesse”, spiega Salom. Gabriel Grego, fondatore di Quintessential, spiega che “su 100 aziende che analizziamo, solo il 2/3% diventa il target di una nostra campagna e in media le loro azioni scendono di oltre l’80%. Dopo i nostri report su American Addiction Centers, Globo Plc, Ability Inc., Folli Follie, Bio-on e Akazoo le loro azioni si sono azzerate. Grazie ai nostri standard legali ed etici non siamo mai stati indagati né citati in giudizio, anche se non è detto che non possa accadere. Quando il fondatore di Bio-On Marco Astorri ci denunciò lo contro-querelammo subito: poche settimane dopo fu arrestato”.

Intanto cresce l’opposizione ai ribassisti. A ottobre la Turchia ha vietato le vendite allo scoperto su sette banche. In Francia i politici chiedono nuove regole di trasparenza. Ma non sempre le critiche sono fondate. In Germania l’autorità di controllo BaFin per anni ha bloccato le vendite allo scoperto su Wirecard accusando ingiustamente di manipolazione due giornalisti del Financial Times che avevano intervistato venditori che avevano pubblicato un report con lo pseudonimo Zatarra. In passato Qcm aveva preparato un report su Wirecard ma non lo pubblicò per l’elevato rischio legale. Alla fine Wirecard è fallita e i fondi ribassisti Ennismore, Slate Path, Tci e Marshall Wace hanno guadagnato centinaia di milioni.

Non sempre però gli shortisti hanno successo. Le scommesse contro il produttore di auto elettriche Tesla da inizio anno sono costate ai ribassisti circa 9 miliardi. Negli annali resta la puntata da un miliardo di dollari lanciata nel 2012 da Bill Ackman sul crollo di Herbalife, società di integratori e dimagranti. Nel 2018 Ackman rinunciò allo short: oggi le azioni Herbalife quotano oltre 47 dollari, il doppio rispetto a prima della campagna.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/28/gli-squali-buoni-della-finanza-spenniamo-solo-i-truffatori/5945857/

martedì 9 giugno 2020

Ucciso a colpi pistola, trovato legato e imbavagliato.

 © ANSA

Un consulente finanziario sessantenne è stato ucciso nel Torinese. Poco prima della mezzanotte i carabinieri lo hanno trovato nella sua auto, una Bmw, imbavagliato e con le mani legate, sulla collina di Moncalieri. Dai primi rilievi dei militari della Sezione Investigazioni Scientifiche del Nucleo investigativo del Comando provinciale, l'uomo è stato ucciso con 5 colpi di arma da fuoco calibro 6.35 alla tempia sinistra.
La vittima, Luciano Ollino, si era allontanata dalla sua abitazione nel pomeriggio di ieri.
La Bmw di colore bianco era parcheggiata lungo una traversa sterrata di strada Comunale da San Vito, a Revigliasco. A dare l'allarme era stata una delle figlie, che non vedendo il padre rientrare a casa ha avvisato i carabinieri. L'uomo era residente a Moncalieri. Le modalità in cui è stato ucciso Ollino fanno pensare ad una esecuzione. Al momento nessuna pista viene esclusa.

domenica 7 giugno 2020

Il broker dei mille magheggi: dagli affari maltesi al Vaticano. - Gianni Barbacetto

Il broker dei mille magheggi: dagli affari maltesi al Vaticano

Gianluigi Torzi - Il molisano di Londra.
Nella storia italiana, il finanziere d’avventura è una figura ricorrente, che attraversa tutte le grandi vicende economico-finanziarie degli ultimi decenni. Chissà se Gianluigi Torzi ambisce a far parte di questa storia a suo modo grandiosa. Per ora, ha avuto il raro privilegio di essere arrestato dalle autorità vaticane, con le accuse di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio: per aver fatto svanire almeno 15 milioni di euro in una complessa operazione iniziata nel 2014 che ruota attorno alla compravendita di un immobile di pregio in Sloane Avenue a Londra. Sarebbero però oltre 400 i milioni dell’Obolo di San Pietro finiti nei magheggi di Torzi e dei suoi compagni d’avventura, il finanziere Raffaele Mincione e due responsabili dell’amministrazione vaticana, monsignor Alberto Perlasca e Fabrizio Tirabassi. “Un malinteso”, secondo gli avvocati di Torzi, Ambra Giovene e Marco Franco.
Intanto Torzi esce dalle pagine finanziarie per entrare in quelle della cronaca. Chi è Torzi? Broker, molisano, basato a Londra. La sua immagine su Twitter è un mojito o comunque un cocktail variopinto. È nato a Guardialfiera, in provincia di Campobasso, dove mantiene le cariche nelle società di famiglia, tra cui la Microspore di Larino, che produce fertilizzanti. Le cronache locali si occuparono di lui per un’inchiesta giudiziaria (poi finita con un’archiviazione) sull’acquisto di una villa sul mare, a Termoli, per l’ex presidente della Regione Paolo Di Laura Frattura (Pd). Poi la sua base è diventata Londra, il suo indirizzo il 33 di Bruton Place, a Mayfair, a due passi da Hyde Park, dove risultano basate molte delle sue società. Comincia come broker, poi passa all’investment banking e alla finanza corporate. Il Fatto quotidiano s’imbatte in lui nel luglio 2019, quando racconta alcune operazioni tentate (invano) dal consigliere delegato della Popolare di Bari, Vincenzo De Bustis, per “rafforzare” la banca. Emissione di un titolo per far entrare 30 milioni di euro. E sottoscrizione di quote di un fondo lussemburghese, Naxos, per far uscire 51 milioni di euro. Il titolo per 30 milioni doveva essere sottoscritto da una società maltese, la Muse Ventures Ltd, controllata da Torzi, nata nell’ottobre 2017 e con un capitale di soli 1.200 euro. L’operazione non si chiude, perché l’istituto di credito coinvolto nell’emissione dei titoli, Bnp Paribas, rileva problemi di trasparenza e di gestione dei rischi finanziari. Anche dentro la Popolare di Bari si nota “la sproporzione tra i mezzi propri del sottoscrittore” (la Muse) “e l’importo della sottoscrizione dei titoli”. Il meccanismo s’inceppa: Muse non sgancia un euro, in compenso Naxos fa causa alla Popolare di Bari per 51 milioni. Si muove il Servizio antiriciclaggio interno alla banca: rileva che “l’anagrafica e l’identificazione della società in discorso”, cioè la maltese Muse di Torzi, “risultano incomplete, essendo carenti le informazioni relative al titolare effettivo e al codice fiscale”. Dopo qualche approfondimento, emerge anche che l’amministratore di Muse, Gianluigi Torzi, insieme al padre Enrico, è nelle liste nere: presente “nelle liste mondiali di bad press (WorldCheck) per diverse indagini a suo carico avviate dalle Procure di Roma e Larino per reati di falsa fatturazione e truffa”. Risulta che anche la Procura di Milano abbia chiesto informazioni e documentazione su di lui. Risultato: l’operazione con questo personaggio è classificata “ad alto rischio” e con “evidenza antiriciclaggio negativa”. Altra storia che lo vede protagonista è quella che ha a che fare con la compagnia assicurativa romana Net Insurance. Sotto osservazione, un ammanco di titoli di Stato scoperto dal nuovo amministratore delegato di Net Insurance, Andrea Battista, relativo all’emissione di obbligazioni realizzata dalla gestione precedente e curata da Torzi.
Il nome del finanziere molisano era spuntato anche a proposito di 14 milioni incamerati nel 2018 da due sue società londinesi (Sunset Enterprice e Odikon Service) come mega-commissione per la cartolarizzazione del credito di 80 milioni vantato dal Fatebenefratelli di Roma nei confronti della Regione Lazio. Ora l’arresto in Vaticano. Se le accuse saranno confermate, Torzi rischia di entrare davvero nella galleria dei personaggi della storia della finanza all’italiana.

venerdì 22 novembre 2019

Roma, 14 imprenditori e funzionari pubblici agli arresti per corruzione. Tra le gare pilotate anche quelle per lavori negli uffici giudiziari. - Giuseppe Pietrobelli

Roma, 14 imprenditori e funzionari pubblici agli arresti per corruzione. Tra le gare pilotate anche quelle per lavori negli uffici giudiziari

Secondo il procuratore aggiunto Paolo Ielo, che ha coordinato l'inchiesta, gli indagati avevano ideato uno schema per aggirare la rotazione degli affidamenti: i lavori erano formalmente assegnati a diverse società, ma in realtà ad eseguirli era sempre lo stesso imprenditore. In cambio denaro, ristrutturazioni gratis e acquisti di case a prezzi scontati. L'intercettazione: "Se i telefoni sono sotto controllo, ci arrestano tutti".

Soldi, lavori gratis nelle proprie abitazioni, prezzi scontati per l’acquisto di appartamenti, sponsorizzazioni per cambiare ufficio e far assumere familiari. Persino tartufi e smartphone in regalo. Tutto in cambio di affidamenti diretti che avrebbero dovuto essere a rotazione, ma in realtà finivano sempre agli stessi imprenditori. Che hanno così potuto effettuare lavori di ristrutturazione in uffici pubblici, persino dentro la Corte d’Appello di Roma e negli uffici della Procura in piazzale Clodio.
Con queste accuse la Guardia di finanza ha arrestato 14 persone, quattro delle quali in carcere, e notificato 6 obblighi di presentazione all’autorità giudiziaria nei confronti di imprenditori e dipendenti pubblici che lavorano al Provveditorato interregionale delle Opere pubbliche, il Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria, l’Ater della Provincia di Roma, l’Istituto centrale per la formazione del personale della Giustizia minorile e l’Ufficio per i Servizi tecnico-giuridici del ministro dell’Interno. Tra gli imprenditori colpiti dalle misure cautelari c’è anche Franco De Angelis, nel 2015 coinvolto nell’operazione Vitruvio sull’interporto di Civitavecchia.
“Se abbiamo i telefoni sotto controllo, ci arrestano tutti”, dicevano gli indagati. E in effetti così era. Secondo il procuratore aggiunto Paolo Ielo, che ha coordinato l’inchiesta, gli imprenditori e i funzionari pubblici avevano ideato uno schema per aggirare la mancata applicazione della rotazione degli affidamenti: i lavori erano formalmente assegnati a diverse società, ma in realtà ad eseguirli era sempre lo stesso imprenditore. Tra i lavori assegnati in maniera illecita – stando alla ricostruzione dell’accusa – ci sono stati anche il completamento dell’impianto di climatizzazione e dell’antincendio della Corte d’Appello di Roma, in viale Giulio Cesare, e alcuni lavori edili negli uffici proprio della Procura di Roma.

giovedì 5 settembre 2019

Alan Greenspan: ‘E’ solo questione di tempo, tassi negativi arriveranno anche in Usa’. - Laura Naka Antonelli



Focus su tassi Treasuries a 30 anni, che oscillano all’1,95%, dopo essere scivolati nella sessione del 28 agosto fino a 1,907%, minimo record.

L’ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ne è convinto: è solo questione di tempo prima che i tassi negativi, “fenomeno che avete visto diffondersi quasi ovunque nel mondo, faccia la sua apparizione anche negli Stati Uniti”. Intervistato nel corso della trasmissione “Squawk on the Street” della Cnbc, Greenspan ha consigliato agli investitori di monitorare il trend dei tassi sui Treasuries a 30 anni, che oscillano all’1,95%, dopo essere scivolati nella sessione del 28 agosto fino a 1,907%, minimo record.
Greenspan a parte, c’è da dire inoltre che proprio ieri i tassi sui Treasuries a due anni, che riflettono le aspettative sulle prossime mosse della Federal Reserve, sono scesi i 3 punti base, all’1,436%, capitolando al valore più basso dal settembre del 2017.
I tassi sui Treasuries a 10 anni viaggiano attorno all’1,456% e, secondo diversi analisti, sono destinati a testare il minimo storico pari all’ 1,32% testato alla metà del 2016.
C’è da dire che, rispetto ai bond sovrani con scadenza a 10 anni di Belgio, Germania, Francia e Giapppone, i titoli di stato Usa presentano ancora il segno più di fronte al valore dei rendimenti, confermandosi quasi una eccezione rispetto a quei bond, per un valore di oltre $16 trilioni, che presentano tassi negativi e che sono sparsi in tutto il mondo.
Ma perchè il fenomeno dovrebbe, secondo Alan Greenspan, colpire anche gli Stati Uniti? L’ex timoniere della Fed ha la risposta pronta, facendo notare che è l’invecchiamento della popolazione “il fattore che sta sostenendo la domanda per i bond”.
Ovvero?
“Siamo così abituati all’idea di non avere tassi negativi – ha detto – ma bisogna considerare il cambiamento significativo delle attitudini della popolazione, che conferma l’interesse per i coupon. Il risultato è che c’è una tendenza a snobbare il fatto che c’è un effetto sui tassi di interesse netti percepiti (dai detentori dei bond) “.
L’invecchiamento della popolazione mondiale è anche alla base, secondo il banchiere, del boom delle quotazioni dell’oro, che sono balzate del 21% nel 2019 ai massimi dal 2013. Ciò che vuole questa parte di popolazione è, infatti, un “Hard asset”.
E intanto è il mondo intero che propende per tassi di interesse più bassi. Alla vigilia della riunione della banca centrale russa, 24 su 25 analisti ed economisti intervistati da Reuters, hanno detto di prevedere che l’istituto taglierà i tassi di riferimento di 25 punti base, al 7% , tassi ben superiori a quelli delle economie cosiddette avanzate e, per ora, ancora positivi.
Non è così invece nel caso della Bce, pioniera insieme alla Bank of Japan del fenomeno dei tassi negativi, e che si appresterebbe tra l’altro, nella riunione del prossimo giovedì 12 settembre, a tagliarli ulteriormente, o comunque a dare l’annuncio di un nuovo taglio (tassi sui depositi al momento a -0,40%).
Ad affrontare la questione, nelle ultime ore, è stata Christine Lagarde, in un intervento al Parlamento.L’ex direttrice del Fondo Monetario Internazionale, nominata dai leader europei presidente della Bce, sostituirà l’attuale numero uno della banca centrale, Mario Draghi, il prossimo 1° novembre. Il Parlamento europeo voterà la sua nomina tra il 16 e il 19 settembre, con quella che viene considerata, comunque, una formalità.

mercoledì 12 giugno 2019

Como, arrestato per truffa a una donna disabile il finanziere Alessandro Proto.

Como, arrestato per truffa a una donna disabile il finanziere Alessandro Proto

Il 44enne milanese era già noto per aver millantato "affari immobiliari con personaggi di fama mondiale e tentativi di scalate ad imprese di primo piano".


I militari della Gdf di Como hanno arrestato il finanziere Alessandro Proto, 44 anni, milanese, residente in Svizzera, già gravato da precedenti penali per truffa e violazioni finanziarie. L'accusa è di truffa pluriaggravata ai danni di una donna con gravi problemi fisici e psichici alla quale avrebbe sottratto in più riprese 130mila euro. Il denaro, secondo la Gdf, era stato investito da Proto su siti di gioco online.

Il 44enne era "già noto per aver millantato affari immobiliari con personaggi di fama mondiale e tentativi di scalate ad imprese di primo piano", tra cui Rcs. Nel 2013 era stato indagato dalla Procura di Milano e poi arrestato per manipolazione del mercato ed ostacolo alle attività degli Organi di vigilanza.

martedì 14 maggio 2019

LA FINANZA AL POSTO DELLO STATO NAZIONE ?? - Rosanna Spadini

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Come certificato da un’ampia indagine di Ipsos in quattordici Paesi, sembra che come al solito siamo primi nella «distorsione percettiva» o «più banalmente nell’indice di ignoranza», forse perché i media padronali si preoccupano di distorcere la cruda realtà agli occhi dei poveri teledipendenti, al fine di difendere gli interessi dei loro padroni: potentati d'interesse, banKsters, finanza internazionale. L'intento è proprio quello di superare gli Stati Nazione e inglobarli in quell'organismo sovranazionale antidemocratico che si chiama UE. L’idea è quella che la grande finanza, che già controlla l’industria attraverso le banche, debba prendere il posto delle nazioni. Nella nuova fase del capitalismo finanziario, il neoliberismo intende distruggere lo Stato nazionale, distruggere il concetto di patria e di nazione. Coloro che difendono il concetto di nazione sono definiti fascisti, nazionalisti, guerrafondai, e additati come perversi nostalgici... 

Il progetto neoliberista esige questa internazionalizzazione della storia, pretende di cancellare Ia storia nazionale e farla diventare internazionale, pretende di cancellare Ie frontiere culturali, e mischiarle nel calderone del melting pot contemporaneo. Tutto chiaramente logico, dato che il capitale finanziario possiede solo dei numeri, dei conti bancari, dei tassi d'interesse, crediti, addebiti, etc... quindi di patria, stato, nazione, cultura che se ne fa ?? 


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mercoledì 20 febbraio 2019

I file segreti di Soros: ecco come il miliardario "filantropo" manovra il mondo. - Lorenzi Giarelli

Rivoluzioni, diritti umani, finanza spregiudicata: la fondazione di George Soros è stata hackerata e migliaia di file segreti sono stati pubblicati svelando gli intrighi del ricchissimo imprenditore americano.


Il paradosso del miliardario di sinistra è noto e ritorna spesso nelle campagne elettorali della destra: chi propone progressismo sociale e uguaglianza economica o non è davvero di sinistra o non è davvero ricco. Una terza via, poco lusinghiera, aumenta l'imbarazzo della scelta: il magnate di turno potrebbe avere qualcosa da nascondere, da intendersi come interessi economici o politici in ballo.

Che i miliardari comandino il mondo non è soltanto roba da complottisti: accade da qualche millennio e nessuno se ne meraviglia. Ma vedersi sbattere nero su bianco le manovre di uno di questi magnati fa un certo effetto. Nelle scorse settimane la fondazione di George Soros, la Open Society, è stata hackerata e sono finiti online migliaia di documenti relativi alle attività gestite o finanziate dal miliardario di origini ungheresi. Si tratta di campagne elettorali, fondazioni umanitarie, associazioni per i diritti, società di ricerca che hanno ricevuto fondi per operare o indirizzare il consenso verso temi cari a George, vicino al Partito Democratico americano.

In questi 2.576 file pdf – consultabili su DCLeaks – è scritto che Soros avrebbe cercato di condizionare i risultati in ognuno degli Stati Europei in cui si è votato nel 2014. L'obiettivo di Soros era quello di contrastare i partiti anti-europeisti e favorire le politiche di integrazione interna ed esterna (relative all'ingresso dei migranti).

Si parla anche del coinvolgimento diretto di Soros nella gestione di rivolte sparse per il mondo, tra cui quella Ucraina, e di una pioggia di quattrini data ad associazioni in favore dell'aborto, dell'eutanasia e dei diritti LGBT. Ma c'è anche il sostegno diretto a candidati politici, come quello a Hillary Clinton - circa 8 milioni di euro - per scongiurare il pericolo Trump. Soros ci aveva già provato nel 2004, quando aveva fatto di tutto per non far vincere George W. Bush, arrivando a donare, secondo il Central for Responsive Politics, la bellezza di 23 milioni di dollari a 527 associazioni legate a John Kerry, allora condidato democratico.


La notizia dei file hackerati è di portata mondiale, eppure molti dei più grandi giornali, soprattutto americani, non ne hanno parlato.

Nell'home page del sito contenente i file hackerati si legge un riassunto ben poco lusinghiero: “Soros è l'architetto o il finanziatore di più o meno ogni rivoluzione o colpo di stato nel mondo negli ultimi 25 anni. Spilla sangue a milioni e milioni di persone solo per diventare più ricco lui”.

D'altra parte Soros è sempre stato un uomo controverso. Nato in Ungheria, di famiglia ebrea, è dovuto fuggire alla persecuzione nazista. Astuto, calcolatore, spregiudicato (soprattutto sulla pelle degli altri). Divenne celebre quando, nel 1992, riuscì a mandare sul lastrico la Banca d'Inghilterra e a far uscire dalla SME (il Sistema Monetario Europeo) sia la sterlina, sla lira italiana: il 16 settembre Soros vendette pacchi di sterline allo scoperto, approfittando del tentennamento della Banca inglese nell'aumentare i tassi di interesse e a far fluttuare il tasso di cambio. Mentre nella finanza di due Paesi regnava il caos, Soros andava a dormire con un miliardo netto di guadagno grazie alla sua speculazione.

Come si concilia, allora, questa spregiudicatezza finanziaria con l'animo da filantropo? Si concilia, dice lui, con il fatto che il lavoro da speculatore, se non lo facesse lui, lo farebbe qualcun altro, e che ciò che conta è cercare di cambiare il sistema. Che ci stia provando o meno non si può dire: intanto Soros si arricchisce, tanto che il suo patrimonio personale si aggira, a quanto pare, sui 25 miliardi di dollari.

Niente male, per un ex allievo di Karl Popper che predica una revisione del sistema. Nota a margine: i Soros Leaks hanno smascherato molti degli interessi del miliardario. Per molti sarà stata soltanto la conferma di ciò che si sospettava da anni, ma in ogni caso la notizia è di rilevanza mondiale, eppure in pochi ne hanno parlato. Baluardi del buon giornalismo come il New York Times o il Washington Post non ne hanno fatto menzione, persino il Guardian ne fa soltanto un rapido accenno in un editoriale. Gli interessi in campo, è evidente, pesano. Mentre Soros continua ad arricchirsi, nessuno si meraviglia più che la politica conti meno della finanza. Se credere ai leader politici non serve più, allora dobbiamo adattarci, e sperare che il miliardario di turno non abbia simpatie troppo diverse dalle nostre.

https://www.linkiesta.it/it/article/2016/09/26/i-file-segreti-di-soros-ecco-come-il-miliardario-filantropo-manovra-il/31887/?fbclid=IwAR3zL4wm8gCIH5BKLRmeauM8M1j6ugRe_qTnF22bTOr7SpGx_l7YeReB4OU

Leggi anche: 
https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/17/usa-le-mail-hackerate-a-george-soros-finiscono-online-e-architetto-di-ogni-colpo-di-stato-degli-ultimi-25-anni/2979321/

e anche:
https://www.osservatoriogender.it/attacco-hacker-george-soros-tutti-documenti/

giovedì 31 gennaio 2019

ONG, finanza e migranti. Il caso Jacques Attali. - Ilaria Bifarini




“MA COSA CREDE, LA PLEBAGLIA EUROPEA: CHE L’EURO L’ABBIAMO CREATO PER LA LORO FELICITÀ?”


Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, JacquesAttali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere. A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista : “Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”. Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo: “La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”.
La filantropia, questo vezzo umanitarista che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance. Certo, il nome tradisce un po’ da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza. Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice.

Immagini dal Positive Planet Forum a San Patrignano
Tra i suoi obiettivi ci sono “l’inclusione economica, sociale e ambientale in tutto il mondo in modo sostenibile ed equo.” Come? Rendendo possibile l’accesso ai servizi finanziari da parte dei Paesi più poveri. La sua mission è infatti quella di “combattere la povertà attraverso lo sviluppo della microfinanza.” Per realizzarla si serve di otto unità specializzate, compresa un’agenzia di rating di microfinanza. L’organizzazione è così efficiente da aver ricevuto un premio per l’80a migliore ONG del mondo secondo il Global Journal nel 2013. Nello stesso anno ha realizzato un fatturato (chiffre d’affaires) di 2 251 000,00 €.
Gli organi societari annoverano nomi di grande peso sul piano politico ed economico mondiale. Da Jacques Delors al ministro degli Affari esteri dell’Oman, passando per partner di colossi della consulenza come Ernst & Young e Bain, fino al presidente di Microsoft International.
Dulcis in fundo, il cofondatore di questa ramificatissima Ong è il bengalese Muhammad Yunus, il padre del microcredito moderno. Grazie all’appoggio di illustri sostenitori, come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, nei primi anni Ottanta creò in Bangladesh la Grameen Bank, un istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito. Come già riscontrato in uno studio condotto sulla Cambogia, in cui analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione è emersa una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero, anche qui i prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale. Il Bangladesh è infatti paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017). Ed è proprio qui che è nato il business dei cosiddetti “migration loans”, i prestiti per finanziare i viaggi dei migranti, gestiti dalla BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore e la più grande ONG al mondo, che opera anche in Asia e in Africa.
Una commistione molto fruttuosa quella tra ONG, migranti e finanza, un vaso di Pandora ancora da scoperchiare del tutto e che ci riserverà incredibili sorprese.