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giovedì 22 dicembre 2022

Colpo di mano di Forza Italia, stop alla microspia Trojan per i reati di corruzione. - Liana Milella

 

Al Senato, il capogruppo forzista Pierantonio Zanettin presenta il disegno di legge per bloccare l'uso del captatore informatico contro i reati della pubblica amministrazione. In collera l'ex procuratore antimafia Cafiero De Raho di M5S, "così s'indebolisce la lotta alle mafie".

ROMA - Stanno smantellando le norme anticorruzione. Via la legge Spazzacorrotti. Prima via i reati contro la pubblica amministrazione dall'ergastolo ostativo. Adesso via anche l'uso del Trojan. E la protagonista continua a essere Forza Italia. Per mano dell'avvocato e senatore Pierantonio Zanettin. Che ha già conquistato la cancellazione dei reati del ceppo della corruzione da quelli "ostativi", che cioè non possono ottenere alcun beneficio, né tantomeno la liberazione condizionale. Adesso un suo nuovo disegno di legge, presentato a palazzo Madama, chiede di eliminare l'uso della microspia Trojan per gli stessi reati contro la pubblica amministrazione. 

A stretto giro s'arrabbia l'ex procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho, oggi deputato di M5S e vice presidente della commissione Giustizia che dice: "La maggioranza e il governo stanno indebolendo la forza dello Stato contro le mafie. Il dovere del legislatore invece è quello di proteggere i cittadini, farli sentire tutelati rispetto a ogni forma di malaffare".

Ma al Senato Zanettin cerca di mettere a segno il secondo colpo dopo quello sull'ergastolo ostativo visto che, proprio grazie a un suo emendamento da capogruppo di Forza Italia, tutti i reati che la legge Spazzacorrotti aveva introdotto tra quelli "ostativi" sonno stati eliminati. Corrotti e corruttori potranno di conseguenza ottenere benefici penitenziari più ampi. 

Adesso siamo al secondo round. Sfruttando anche l'onda dell'indagine conoscitiva sulle intercettazioni lanciata in commissione Giustizia dalla presidente, la senatrice leghista Giulia Bongiorno. Contro il Trojan, la microspia inserita nel cellulare che funziona non solo come un registratore, ma anche come una telecamera in grado di registrare e videoregistrare tutto quello che avviene nel suo arco di copertura. 

Zanettin la vede come il diavolo e scrive nella relazione al suo disegno di legge: "È lo strumento che più vìola la sfera di intimità dell'intercettato, con l'evidente rischio di una diversa destinazione d'uso atto a violare la privacy degli individui". E ancora: "I reati contro la pubblica amministrazione vengono di fatto equiparati ai reati per criminalità organizzata e terrorismo, ammettendo l'uso di tale invasivo mezzo di ricerca della prova anche per quanto concerne tali tipologie di reati". Zanettin cita il caso dell'inchiesta sull'ex pm Luca Palamara in cui "chat penalmente irrilevanti, disciplinarmente irrilevanti, hanno comunque penalizzano le carriere di alcuni magistrati". 

La sua idea è chiara, se dovesse passare la sua proposta, e vista la sua maggioranza ciò è ampiamente ipotizzabile, in un'indagine come quella su Palamara l'uso del Trojan non sarebbe più consentito. 

https://www.repubblica.it/politica/2022/12/21/news/colpo_di_mano_di_forza_italia_stop_alla_microspia_trojan_per_i_reati_di_corruzione-380111554/

domenica 11 dicembre 2022

Rimozione forzata. - Marco Travaglio

 

Mezzo milione cash nella cassaforte di casa, sacchi di contanti nel soggiorno, un padre che tenta la fuga con valigioni pieni di banconote, ferie da favola a sbafo, carte di credito intestate a prestanome. Le scene svelate dall’inchiesta sugli eurodeputati a libro paga del Qatar non sono che l’antipasto di uno scandalo gigantesco. Salvo pensare che per comprarsi il Mondiale più scandaloso della storia i munifici emiri si siano accontentati di ungere i papaveri della Fifa, un sindacalista italiano, un ex eurodeputato italiano, il suo portaborse e la fidanzata greca di quest’ultimo, vicepresidente del Parlamento europeo, più alcuni socialisti belgi. La destra esulta con la consolazione dei dannati (“Evviva, ruba pure la sinistra!”). E la sinistra, mentre tuona contro il cash libero e le altre salva-evasori meloniane, tace o balbetta. Come sui 24 mila euro nella cuccia del cane di Cirinnà & Montino a Capalbio: nulla di penalmente rilevante, ma eticamente forse sì. Come su Nicola Oddati, membro della direzione nazionale del Pd e responsabile delle “Agorà” di Letta, beccato a gennaio alla stazione Termini dalla Polizia con 14 mila euro in tasca: indagato per associazione per delinquere e corruzione su vari appalti fra la Campania e la Puglia (era pure commissario a Taranto), si dimise dagli incarichi e non se ne parlò più.

Appena evochi la “questione morale” di Berlinguer, salta sempre su qualcuno a irridere la sua “diversità” da Craxi (che lui chiamava “il gangster”) e a parlare dei rubli da Mosca (paralleli ai dollari da Washington a Dc&C). Un modo per buttare la palla in tribuna, perché Berlinguer e i berlingueriani erano davvero “diversi”. Nel 1983 Diego Novelli, sindaco di Torino, appena seppe da un imprenditore che pagava mazzette e mignotte ai suoi assessori socialisti, lo fece scortare in Procura a denunciarli. Scattarono gli arresti, la giunta rossa cadde e Novelli fu cazziato da Giuliano Amato per non aver “risolto politicamente la questione”. “Moralista” e “manettaro” (“giustizialista” ancora non si usava). Fra la linea Berlinguer-Novelli e la linea Amato, a sinistra molto prima che a destra, vinse la seconda. Centinaia di scandali, mai un dibattito serio e autocritico. Tanto, dall’altra parte, c’era B., il grande alibi e parafulmine che oscurava tutti gli scandali della sinistra. La pacchia, per i figli illegittimi di Berlinguer, finì con l’arrivo dei 5Stelle, che la legalità, oltre a predicarla, finora l’hanno praticata nelle leggi e nelle condotte personali; e con il declino del Caimano, che lascia la sinistra affarista e furbastra nuda come mamma l’ha fatta. Chissà se, di qui al congresso, almeno uno dei candidati o degli 87 saggi spenderà due parole o due righe su un dettagliuccio rimosso da oltre 40 anni: la questione morale.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/12/11/rimozione-forzata/6901598/

giovedì 24 novembre 2022

CORRUZIONE E EVASIONE: ECCO COSA PESA SULLE CASSE DELLO STATO. - Giorgio Fede

 

Mentre siamo costretti ad ascoltare menzogne su menzogne da questo governo del presidente Meloni in merito al #Superbonus e al #Redditodicittadinanza, perfettamente in linea col predecessore Mario Draghi, vi propongo ancora una volta la verità.

Le fonti sono la Guardia di Finanza e il Sole 24 Ore.
Negli ultimi 5 anni le frodi contro il bilancio dello Stato ammontano in totale a 34 miliardi di euro: come potete vedere, a gonfiare la cifra sono l'evasione, gli appalti truccati, la corruzione da parte di funzionari pubblici e le tangenti.
34 miliardi, una cifra enorme, l'equivalente di una legge di bilancio.
Soldi dei cittadini, soldi di ciascuno di voi che sta leggendo, che sono stati sottratti all’utilizzo collettivo a beneficio di pochi privati. Il Sole 24 ORE fa molti esempi interessanti.
Qui mi limiterò a ribadire un concetto molto semplice: questi sono i veri dati che dovrebbero allarmare un governo e non misure la cui bontà è stata riconosciuta a livello internazionale. Soprattutto se consideriamo che la capacità di riscossione di questo ammanco da parte dello Stato è di poco più di 2 miliardi in 5 anni.

venerdì 17 dicembre 2021

“Torture sistematiche sulle persone con disabilità”: 17 arresti in una onlus di Palermo. Le intercettazioni: “È un lager nazista”.

 

Le indagini sulla casa di cura Suor Rosina La Grua di Castelbuono. La Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 35 persone accusate, a vario titolo, di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode nelle pubbliche forniture. Il gip ha anche disposto il sequestro della casa di cura e di disponibilità finanziarie per un valore di oltre 6,7 milioni di euro.

“Gli ospiti del centro sono sottoposti ad un regime di vita che non è eccessivo definire contrario al principio di umanità“. E ancora: “Scontano quotidianamente la pena della loro disabilità con il loro essere sottoposti a torture sistematiche che aggravano la loro condizione mentale e ne devastano il corpo”. Sono le parole usate dal gip di Palermo per descrivere i gravissimi episodi di maltrattamenti riservati ai disabili assistiti nella casa di cura Suor Rosina La Grua di Castelbuono, in provincia di Palermo. Il giudice usa quelle parole per commentare gli elementi raccolti dagli investigatori della Guardia di Finanza, che stamani hanno eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 35 persone accusate, a vario titolo, di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzionetruffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode nelle pubbliche forniture. Il gip ha anche disposto il sequestro della casa di cura e di disponibilità finanziarie per un valore di oltre 6,7 milioni di euro. Le indagini degli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo hanno riguardato una onlus che gestisce, in regime di convenzione pubblica “a ciclo continuo”, servizi di riabilitazione per 23 pazienti con disabilità grave. Dieci indagati sono stati portati in carcere, per sette sono scattati gli arresti domiciliari, cinque sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici sono destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno.

“Auto da 40mila euro con soldi pubblici” – I filoni di indagine sono due. Il primo riguarda l’amministratore e i soci della onlus che, nascondendo la natura commerciale dell’attività dell’ente e grazie all’utilizzo di documentazione falsa (planimetrie, relazioni tecniche, rendiconti trimestrali delle prestazioni erogate), sarebbero riusciti ad accreditarsi con la Regione Siciliana e convenzionarsi con l’Asp di Palermo, ottenendo, negli ultimi cinque anni, soldi pubblici per 6,2 milioni. Una parte del denaro, circa 470 mila euro, invece di essere utilizzata per i fabbisogni dei pazienti o reinvestita nell’adeguamento della sede, che avrebbe gravi carenze, veniva distratta e utilizzata per fini privati come la liquidazione di compensi non dovuti, acquisto di auto, pagamento di viaggi e soggiorni in alberghi, acquisto di prodotti enogastronomici, articoli di gioielleria e da regalo. Un funzionario dell’Asp di Palermo è accusato di corruzione. Secondo le indagini, non avrebbe svolto i dovuti controlli e verifiche in cambio dell’assunzione del figlio e della nuora. I militari contestano anche al funzionario il reato di frode nelle pubbliche forniture, poiché sarebbero state fornite prestazioni sanitarie in favore dei pazienti ben lontane dagli standard qualitativi previsti. “Fino a quando si pagavano le vacanze e le facevano, bevevano cocktail, Spritz, bevevano Coca Cola, per 1000, 1500 euro, perché sono come porci”, dice uno degli operatori della onlus, intercettato. “Noi siamo sotto scopa dell’Asp di Palermo, perché il padre del nostro amministrativo è una specie di funzionario dell’Asp di Palermo che ci tiene sotto – proseguiva – Quando tu compri quarantamila euro di autovettura a nome del Centro e il Centro le paga, tu lo sai che non sono soldi soltanto tuoi? Quando tu in quattro anni ti cambi quattro autovetture, racimoli centoventi, centotrentamila euro di autovetture tutte quante pagate dal Centro. A me mi rompe se ci revocano la convenzione perché quella è una gallina dalle uova d’oro“. “Poi abbiamo preparato le ceste per l’Asp, si aggiravano attorno a 300 euro di ceste”, raccontavano i dipendenti.

I maltrattamenti sui disabili – Il secondo filone dell’indagine ruota attorno ai maltrattamenti e violenze subiti in questi anni dai 23 pazienti della struttura. Per il gip si tratta di condotte gravissime, tanto che i reati configurati sono tortura, maltrattamenti e sequestro di persona. Le indagini dei militari avrebbero accertato che tutto il personale sanitario e paramedico in servizio presso la Onlus, con la compiacenza della proprietà, sottoponeva i pazienti a maltrattamenti di natura fisica e psicologica che provocavano loro gravi sofferenze ed umiliazioni. Il personale della struttura, che accudiva ospiti affetti da gravi disabilità intellettive e psichiatriche, ricorreva sistematicamente a punizioni come il digiuno, o percosse, strattonamenti, calci, schiaffi, offese. In diversi casi i pazienti venivano rinchiusi in una stanza di pochi metri quadrati chiamata “relax“, sia di giorno che di notte, completamente vuota e senza servizi igienici. Le vittime rimanevano prigioniere, spesso per diverse ore, al buio e senza alcuna assistenza, implorando di uscire, supplicando per avere dell’acqua o del cibo, dovendo espletare i propri bisogni fisiologici sul pavimento.

“I ragazzi sono vestiti come gli zingari visto che non li lavano” – I maltrattamenti sono evidenti dalle intercettazioni. Nella sala “relax” i pazienti venivano portati di peso, rinchiusi dentro e presi a calci e pugni. Poi venivano offesi: “Frocio”, urlava un operatore e dopo l’ennesimo calcio chiudeva la porta. “Devi buttare il veleno dal cuore” diceva un altro inserviente della struttura. “E’ un manicomio, un lager nazista“, commentavano, non sapendo di essere intercettate, alcune operatrici del centro mentre uno dei pazienti urlava: “Dottoressa mi faccia uscire. Avevamo detto cinque minuti, si mantengono i patti, i patti si mantengono”. “Io ne ho certezza al 99% gli alzano le mani ai ragazzi, fin quando non ci sono le telecamere sta cosa; noi non ce la togliamo e vedi che è un reato penale – diceva una donna al telefono – I ragazzi erano vestiti come gli zingari, visto che non li lavavano, visto che il mangiare faceva schifo, visto che la struttura non era pulita”. Un’altra operatrice intercettata, parlando con una delle indagate, le contestava: “20 mila euro, quello di parcelle tra lui e sua moglie, 60 mila euro lui e 70 mila euro l’anno sua moglie, senza che sua moglie a Castelbuono mettesse un piede, più tutti quello che tu hai sciupato che non vi spettavano, rimborsi chilometrici, rimborsi quando tua figlia se ne andava a Catanzaro all’università, i pannolini dei tuoi nipoti, i confetti, le autovetture”. E un’altra: “Tu ce l’hai presente un manicomio? Uguale, identico, ci manca solo, gli ho detto che li legano ai letti e poi siamo a posto, siamo pronti per la D’Urso. Ci sono cose che sono oggettive. I bilanci non sono mai stati presentati, nella contabilità c’è manicomio, la struttura non è adeguata e non è a norma. Lì se campano o se muoiono, non interessa niente a nessuno”. Dalle indagini emerge poi l’arbitraria e massiccia somministrazione di terapie farmacologiche agli ospiti disabili della struttura, non giustificata da ragioni medico-sanitarie, ma dalla volontà degli operatori di mantenere sedati i pazienti riducendo l’impegno e il rischio di potenziali complicazioni nel corso dei loro turni di lavoro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/17/torture-sistematiche-sulle-persone-con-disabilita-17-arresti-in-una-onlus-di-palermo-le-intercettazioni-e-un-lager-nazista-le-urla-dei-pazienti-dottoressa-mi-faccia-uscire/6429283/

sabato 27 novembre 2021

LA POLITICA COME AFFARE. - Nadia Urbinati

 

I togati arrivano quando la corruzione è un fatto e la legge è violata. In una democrazia costituzionale, la corruzione della politica è un’altra cosa. Prima di tutto perché anticipa il fatto e poi perché presuppone l’impurità (che gli esseri umani amino denaro e potere) ed escogita leggi e istituzioni per impedire questa commistione. La politica non ha un’ambizione purificatrice. Qui sta la sua semplicità e difficoltà al tempo stesso.

Le leggi, le costituzioni, sono buone non perché scritte da e per santi, ma perché scritte a partire dall’impurità; da e per persone esposte a passioni (la pleonessia prima di tutto) che, se non limitate, generano il massimo negativo in politica: la violazione della norma dell’eguale libertà, la costruzione di un recinto nascosto agli occhi del pubblico per un gioco di pochi a danno di tutti (Bentham parlava di “sinister interests”).  Una vera e propria curvatura oligarchica. Le costituzioni sono state scritte pensando a questo desiderio di arbitrio.

Il problema è che chi le gestisce può col tempo perdere il senso del loro significato originario. E sviluppa uno spirito di corpo, interpretando la governabilità come riproduzione della stabilità della classe che gestisce le istituzioni.  Le pessime leggi seguono a ruota, e corrompono la politica.  Una di esse consiste nel trattare la politica come un agire economico – la competizione elettorale viene allargata fino ad includere la competizione per il reperimento delle risorse per poter competere per i voti.  La politica come affare scrive le proprie leggi.

In Italia, l’eliminazione del finanziamento pubblico dei partiti è stata la madre della corruzione della politica. Di quel che oggi lamentiamo con il caso dell’oligarca ........ Oligarca non perché ricco di suo, ma perché arricchitosi attraverso la politica. Questa è la peggiore della corruzione politica possibile – è anzi, “la” corruzione.  Che è stata facilitata negli ultimi decenni di erosione graduale delle norme che tenevano i politici al riparto della commistione con il soldo.

Un esempio: negli anni Sessanta vi erano leggi severissime nel determinare l’indennità spettante ai membri del Parlamento; e alcuni partiti, come il Pci, ponevano un tetto all’emolumento dei loro eletti, misurandolo sullo stipendio dei colletti bianchi e stabilendo che l’eccedenza andasse al partito.  La fine dei partiti ha da un lato reso i parlamentari imprenditori di se stessi e dall’altro ha scatenato una corsa al rialzo dei loro emolumenti. Oggi un parlamentare è un privilegiato. Questa è corruzione politica, anche se “secondo la legge”.

Una volta che i politici si fanno professionisti viene loro spontaneo pensare che la politica sia il loro mercato – e il pubblico viene messo alla porta.  Arriva così la legge che privatizza il finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali. E arriva ........, che non è il solo. Tutto rientra nella norma, che ha generato le condizioni ideali per la corruzione della politica per mezzo della politica.

http://www.libertaegiustizia.it/2021/11/16/la-politica-come-affare/

mercoledì 14 aprile 2021

Cesti di Natale e stage, a Milano arrestati quattro primari e un dirigente. - Raffaella Calandra

 

A volte, era un cesto di Natale particolarmente pesate. Altre, la promessa di uno stage alla figlia. Nella maggior parte dei casi erano borse lussuose, il pagamento di spese per congressi e soprattutto soldi, tanti soldi, per finte consulenze. Al punto che da una società produttrice di dispositivi medici il primario aveva ricevuto in cinque anni più della metà di quanto guadagnava nel suo lavoro in ospedale. Si nascondevano sotto diverse forme le mazzette che, secondo la Procura di Milano, quattro primari di due eccellenze della sanità lombarda avrebbero ricevuto da gruppi riconducibili ad uno stesso imprenditore. Che nel tempo aveva maturato una convinzione: «Il Pini è l'ospedale più facile del mondo, perché non ci sono gare. Se sei amico di un chirurgo - registrano le intercettazioni - usi i prodotti che vuole, cioè è tutto libero».

Sono queste alcune delle conversazione agli atti dell'indagine che, per il giudice delle indagini preliminari di Milano Teresa De Pascale contribuiscono a fare luce «sulle trame occulte dei rapporti tra imprenditori e medici fidelizzati». Tutti ora raggiunti da un'ordinanza di custodia cautelare. Tommaso Brenicci, titolare della società Eon medica di Monza, è finito in carcere per corruzione. Vanno invece ai domiciliari, due primari dell'Ospedale Cto Gaetano Pini - Carmine Cucciniello e Giorgio Maria Calori - la direttrice sanitaria, Paola Navone; insieme a due primari di un'altra struttura, fiore all'occhiello all'ombra del Duomo, il Galeazzi: il chirurgo Carlo Romanò e Lorenzo Drago, responsabile del laboratorio di analisi. Da un lato, medici dei principali ospedali milanesi, dall'altro soci di fatto, per l'accusa, della società che aveva il brevetto di una sorta di medical detector da loro utilizzato.

«Non è un mio amico che conosco da trent'anni. Prende le stecche su quello che fa un altro», dice Brenicci a proposito di Calori e così sintetizza il suo forte legame col primario, che era «abituale percettore di compensi da parte di imprese del settore», scrive il gip che calcola come dal 2011 al 2016 abbia ricevuto dal gruppo di Brenicci «più della metà degli emolumenti percepiti come dipendente pubblico». Emolumenti che potevano contemplare anche borse di lusso. «La Vuitton non ti piace? Stefi è possibile che me la regalino e allora non rompere i c...! », rimproverava alla moglie, negli stessi giorni in cui era in Turchia con lo stesso Brenicci. Nelle 283 pagine dell'ordinanza, il gip si sofferma più volte sulla «cupidigia» e sull’ «approccio interventista» del medico. Che sarebbe arrivato, stando all'accusa, a prospettare ad un facoltoso paziente anche un’infezione che non c’era. Nelle sue comunicazioni, al contrario, se non curata «avrebbe portato all'amputazione di un piede, per manifestare la necessità di procedere ad un'operazione in una clinica di Milano doveva operava privatamente». «Un delinquente vero», dice di lui l'altro collega dello stesso ospedale, raggiunto pure dall'ordinanza di custodia cautelare.

Si tratta della seconda parte di un' inchiesta, divenuta un nuovo terremoto per la sanità lombarda, dopo l'arresto di Norberto Confalonieri, ex primario del Pini, già rinviato a giudizio. Ancora una volta, il nodo è il rapporto tra i camici bianchi e le società produttrici di dispositivi medici: allora erano protesi, stavolta si tratta di vari “materiali ortopedici, commercializzati dal gruppo di Brenicci”. Per convincere ad esempio l'Ospedale Pini ad adottare un particolare dispositivo per la diagnosi di infezioni articolari, l'imprenditore avrebbe invece mandato al direttore sanitario, Navone, un cesto natalizio da mille euro, avrebbe poi pagato le spese per un congresso a Parigi e in Alto Adige, per poi promettere uno stage per la figlia in una delle sue società. Si tratta della stessa manager che dopo il primo scandalo nello stesso ospedale, l'arresto del primario Norberto Confalonieri rinviato a giudizio, raccontava in tv il “piano triennale per la prevenzione della corruzione”.

Poi per dimostrare, ad esempio, la “superiorità” del dispositivo brevettato da Brenicci per la diagnosi di infezioni osteoarticolare, “Micro DTTect” - “brevettato con i primari Drago e Romanò e poi venduto dalla Kubik Medical srl a loro tre riconducibile; si legge nell'ordinanza - “il direttore sanitario, con Calori avrebbero stipulato una convenzione per una ricerca scientifica sulle infezioni osteoarticolari” e proprio, in particolare, con Drago, primario del Galeazzi e brevettatore, ma anche docente di microbiologia”. Sta in questo continuo conflitto d'interessi, per la Procura e per il giudice, il cuore delle accuse
“Presenteremo presto un progetto di legge, per razionalizzare il sistema dei controlli, perché credo che episodi di questo genere - annuncia il Governatore della Lombardia, Attilio Fontana - non possano e non debbano ripetersi”.

IlSole24Ore


CHE PAESE MERAVIGLIOSO! - Rino Ingarozza

 

Che Paese meraviglioso, l'Italia!
Sto pensando seriamente di formare una banda. Una banda di persone perbene che cominciano a delinquere. Una banda che comincia a corrompere, ad imbrogliare, ad evadere le tasse. Una banda che voti i malfattori, i condannati, i mafiosi, i ladri, i concussi e i corrotti. Una banda che assicuri i voti a persone che poi ricambia sotto forma di favori. Appalti, leggi particolari, mazzette, regali.
Sto preparando lo statuto. Banda tuttofare, sede all'estero (ovviamente) tanto lo fanno tutti, anzi tutte (le bande). Tasse zero, anche se qualcosa è prevista da pagare, anche se hai la sede all'estero, tipo la spazzatura, l'ICI e altro. Tanto, prima o poi, ci sarà un condono e tu ne esci illibato. Evasore, contento e riverito.
E si dia un finaziamento ai giornali. Non a tutti, solo a quelli che glorifichino le nostre leggi, le nostre richieste.
Uno statuto che preveda anche che quando vai in pensione (e questa deve essere una legge fatta dagli amici parlamentari), obblighi lo Stato a darti un vitalizio. Ma non un vitalizio da miseria. Uno congruo al tuo tenore di vita. Se prima spendevi diecimila euro al mese, ti dovranno dare diecimila euro al mese. Le pensioni di cinquecento euro le lascino pure agli straccioni. Basterà un giorno in una banda, per averne diritto. Anche se sei stato condannato, per esempio, per aver rubato una decina di milioni allo Stato. Anzi, se lo hai fatto vuol dire che sei furbo e quindi lo Stato ti premia. Tanto domani toccherà a chi la legge la vota. Vuoi che non lo faccia?
Nello statuto ci sarà scritto anche che dovrà essere vietato protestare (anche questo sarà legge). Il popolo dovrà accettare in silenzio. Pena la reclusione. Dieci mesi di carcere. Pena raddoppiata se si scende in piazza.
Cosa vogliono protestare questi plebei. Lo Stato sono io e lo gestisco io. Chi ha ferro, faccia chiodi. Chi ha sterco, faccia .....
Ci è bastata l'unica protesta di un certo livello, avvenuta in Italia. Non si potrebbe tollerare un nuovo 68.
Da allora non si è più protestato.
Ci sono state le stragi di Piazza Fontana a Milano, dell'Italicus, dell'areo Itavia al largo della Sicilia, di Piazza della Loggia a Brescia, della stazione di Bologna. Stragi che ancora oggi non hanno un colpevole.
E nessuno che si sia mai incazzato.
Ci sono stati decine di scandali, tangentopoli, scoperte di raccomandazioni, nepotismo, baronaggio nelle università, la certificazione della trattativa Stato/mafia (come se lo Stato fosse una cosa astratta. Vediamo se qualcuno, qualche persona fisica, pagherà) eppure nessuno che abbia protestato, nessuno che abbia detto "'ora basta". Non mi tocca direttamente, mica hanno rubato a casa mia .....
Vuoi che protestino per qualche euro a componenti di una banda ....pardon di un partito.
Non è bello il nostro Paese?
Come si è visto che quattro scappati di casa stavano rompendo il giocattolo, si sono precipitati a farli fuori. Cosa diavolo si erano messi in testa questi dilettanti. Abbiamo costruito il nostro mondo, il nostro castello, una carta dopo l'altra e adesso volevano buttarlo giù. Giu' le mani. Non permettetevi.
Questa è l'Italia che abbiamo costruito. Guai a chi la tocca.
Fb Rino Ingarozza (14/04/2021)

martedì 9 marzo 2021

ARCHIVIO Livorno, arrestato per corruzione il sindaco di San Vincenzo: “Da 2 imprenditori sostegno pari al 2/3% del valore degli appalti pubblici”.

 

Ventitré indagati in totale. Per l'ex segretario comunale, Salvatore De Priamo, è stata richiesta l’interdizione dai pubblici uffici (prima dovrà sostenere interrogatorio di garanzia davanti al gip). Sotto inchiesta anche il vicesindaco Delia Del Carlo e due assessori in carica, Elisa Malfatti e Massimiliano Roventini.

È accusato di aver ricevuto da due imprenditori un “sostegno politico finanziario” pari al 2/3% degli appalti pubblici. Il sindaco di San Vincenzo, Alessandro Bandini, è finito agli arresti. Insieme al primo cittadino del comune in provincia di Livorno sono finiti ai domiciliari anche due imprenditori. L’operazione della Guardia di Finanza, coordinata dalla procura labronica, contesta al sindaco – al secondo mandato, dopo la rielezione del 2019 con una lista di centrosinistra, la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio nell’ambito di gare d’appalto. I due imprenditori edili, invece, vengono considerati “artefici di dazioni illegittime la cui uscita dalla contabilità aziendale è stata dissimulata tramite il pagamento di fatture per operazioni inesistenti”. Per l’ex segretario comunale di San Vincenzo, Salvatore De Priamo, è stata richiesta l’interdizione dai pubblici uffici (prima dovrà sostenere interrogatorio di garanzia davanti al gip). Complessivamente gli indagati sono 23 , tra i quali il vicesindaco Delia Del Carlo e due assessori in carica, Elisa Malfatti e Massimiliano Roventini.

Le indagini sono nate da un esposto di un privato cittadino, a seguito di un permesso a costruire, rilasciato dal comune, che andava a modificare lo sky line sul fronte mare, a causa della sopraelevazione e del cambio d’uso di un ex locale commerciale adibito a ristorante, provvedimento poi annullato per due volte dal Tar del Toscana perché in contrasto con le norme urbanistiche comunali. Le indagini, condotte dalla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Livorno, hanno evidenziato “reiterate condotte di ritenuto abuso edilizio, agevolate da altri comportamenti delittuosi: dal falso in atto pubblico alla corruzione, alla turbata scelta del contraente negli appalti ad opera di imprenditori e funzionari”.

In particolare, in una serie di casi l’azione del comune di San Vincenzo sarebbe stata, secondo gli inquirenti, “diretta ad assecondare le richieste provenienti da imprenditori che hanno contribuito, con varie modalità, ad assicurare – per la rielezione del sindaco alle amministrative del maggio 2019 – un sostegno politico e finanziario nella misura del 2/3% delle somme incassate per effetto dell’aggiudicazione di lavori pubblici“. È emersa, spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle, “una resilienza degli indagati alle decisioni della giustizia amministrativa, adita contro i provvedimenti contestati come illegittimi del Comune”. “Onde risolvere i vizi eccepiti, infatti, sarebbero state studiate strategie tendenti ad eludere la sostanza delle norme urbanistiche“, tanto che lo stesso giudice non ha escluso la compatibilità tra l’operazione urbanistica e una possibile condotta corruttiva. In altri casi, gli esponenti politici del Comune hanno tenuto condotte tali da far contestare loro di essere espressione di precisi interessi economici degli impresari assegnatari di lavori pubblici.

Tra gli episodi corruttivi contestati, è emersa la percezione del 2% dell’importo di due appalti del valore di 775.000 e 169.000 euro per la realizzazione di opere pubbliche funzionali a migliorare la viabilità di accesso a un camping; condotte che sono state ritenute connesse al finanziamento della campagna elettorale per la rielezione a sindaco. Contesto nel quale l’ente pubblico ha organizzato, per auto-promozione, lo spettacolo “Miss Livorno 2018 Miss Notte Rosa“, manifestazione pagata dalla società di costruzioni dei due imprenditori ora agli arresti domiciliari. In altri episodi è stato contestato il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente con riferimento all’affidamento in gestione di una spiaggia attrezzata accessibile agli animali domestici e di una baracchina di proprietà comunale.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/09/livorno-arrestato-per-corruzione-il-sindaco-di-san-vincenzo-da-2-imprenditori-sostegno-pari-al-2-3-del-valore-degli-appalti-pubblici/6127176/#newsletter-box-article

Presto sarà ai domiciliari da dove potrà manovrare la sua linea di difesa basata sui ricatti.
Non c'è niente da fare: l'80% dei politici fa politica per scopi prettamente personali e di amministrare la res publica onestamente non ci pensa nemmeno. Nel gergo politico, chi si comporta onestamente è un fesso e viene messo alla gogna dalla stampa nazionale.
Chi ruba lo fa vantandosi e raccoglie l'ammirazione dei pecoroni che continuano a votarlo, conscio del fatto che, nelle maggior parte dei casi, non pagherà nulla sia in termini monetari che morali e legali.
Spesso viene anche osannato e premiato a dismisura, mi pare di aver potuto appurare.
c.

martedì 23 febbraio 2021

“Così Palamara spifferava notizie sulle indagini in corso”. - Antonio Massari

 

Corruzione in atti giudiziari - Si aggrava la posizione dell’ex pm.

Nuove accuse per Luca Palamara: corruzione in atti giudiziari. In questa sorta di elastico – le contestazioni sono già mutate tre volte – nell’inchiesta perugina prende un ruolo centrale Piero Amara, l’eminenza grigia delle maggiori inchieste per corruzione di magistrati degli ultimi anni.

Sentito a Perugia come persona informata sui fatti, Amara ha spiegato che riusciva a ottenere informazioni riservate sulle indagini che lo riguardavano a Roma e Messina. La sua fonte era l’imprenditore Fabrizio Centofanti, il quale prendeva notizie da Palamara che, a sua volta, da un lato le carpiva al pm di Roma, Stefano Fava – che indagava su Amara nella Capitale – e dall’altro attraverso l’attuale procuratore generale di Messina, all’epoca procuratore aggiunto, Vincenzo Barbaro. Quest’ultimo ieri ha precisato: “La rivelazione di notizie è palesemente insussistente, come potrà essere comprovato nelle competenti sedi con inoppugnabile produzione documentale, oltre che con la deposizione di tutti i soggetti che a vario titolo si sono occupati del processo. Preannuncio iniziative giudiziarie nei confronti dei responsabili”.

I pm di Perugia – Gemma Miliani e Mario Formisano, coordinati dal procuratore capo Raffaele Cantone – hanno cercato riscontri alla versione di Amara e sono convinti di averli trovati. Prima di passare ai riscontri, però, riordiniamo la matassa delle accuse e mettiamo a fuoco la figura di Amara e Centofanti. Amara – avvocato ed ex legale esterno di Eni – è da anni al centro di numerose inchieste in tutta Italia. È stato condannato a Messina per aver corrotto l’ex pm di Siracusa, Giancarlo Longo, affinché istruisse un fascicolo farlocco, quello sull’inesistente complotto per far cadere l’ad di Eni Claudio Descalzi e finalizzato a depistare il fascicolo in cui lo stesso Descalzi è accusato, a Milano, di corruzione internazionale per l’acquisto del giacimento nigeriano Opl 245 da parte del colosso petrolifero italiano. Per questo “depistaggio” è indagato a Milano. È stato accusato a Roma di aver corrotto magistrati amministrativi per pilotare sentenze.

Amara e Palamara hanno un amico in comune: l’imprenditore Fabrizio Centofanti. E proprio nell’inchiesta romana i finanzieri del Gico hanno individuato un giro di fatture sospette emesse da Amara e Centofanti. Quest’ultimo, a sua volta, è l’uomo che ha pagato a Palamara viaggi e soggiorni in hotel, nonché la ristrutturazione dell’appartamento di una donna all’epoca a lui vicina. In sostanza, secondo la procura di Perugia, Centofanti avrebbe corrotto Palamara. In cambio di cosa? Nella prospettazione iniziale era indagato a Perugia anche Amara: Palamara – fatto poi ritenuto insussistente dai pm – avrebbe incassato 40mila euro per interessarsi alla nomina di Longo (mai avvenuta) come capo della procura di Gela. Amara viene poi archiviato e i pm derubricano l’accusa, per Palamara, in corruzione per esercizio della funzione. Accusa nuovamente cambiata ieri perché, interrogando Amara il 4 febbraio (e non soltanto lui), emerge un fatto nuovo: Amara sostiene di aver avuto notizie sulle sue indagini da Centofanti – sia su Roma sia su Messina – attraverso Palamara che le carpisce in qualche modo a Fava e Barbaro (non indagati). Un primo riscontro può giungere dagli atti d’indagine: Barbaro, da procuratore aggiunto a Messina, partecipava al coordinamento delle indagini con Roma. Ma c’è di più. Il suo nome compare nelle chat con Palamara – al solito si discute di nomine – e, soprattutto, il 14 ottobre 2017 Barbaro scrive una relazione al procuratore capo di Messina sostenendo che l’ex presidente dell’Anm gli aveva dimostrato di conoscere elementi del fascicolo in cui era indagato un suo amico. L’amico – che nella relazione non è menzionato – potrebbe essere proprio Centofanti sul quale, in quel momento storico, non c’era atti ufficiali: era tutto coperto dal segreto istruttorio.

La difesa di Palamara – sostenuta dagli avvocati Benedetto e Mariano Buratti e Roberto Rampioni – ha un’altra tesi. Le interlocuzioni con Barbaro riguardavano un procedimento disciplinare su Longo (che era appunto indagato a Messina): Palamara si informava per avere elementi utili alla decisione finale. Le conversazioni riguardavano anche la nomina da procuratore generale di Barbaro che infatti promette in chat di ringraziarlo con dei torroncini. Secondo Amara, il secondo canale informativo – ammesso che sia riuscito a carpirgli qualcosa, essendo noto il suo rigore – riguarda invece l’inconsapevole pm Fava. L’occasione – emerge da alcune chat con il poliziotto Renato Panvino – era rappresentata da alcuni incontri a tennis tra i due. Panvino ha confermato che, quando nelle chat citava le partite a tennis, intendeva riferirsi a incontri tra Palamara e Fava. Anche Amara ha fornito la stessa versione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/23/cosi-palamara-spifferava-notizie-sulle-indagini-in-corso/6110365/

mercoledì 9 dicembre 2020

Il ministro Bonafede presenta l’Alleanza contro la corruzione per “impedire la dispersione e l’accaparramento criminale” dei fondi. No dei renziani.

 

No da Italia Viva che parla di mania di task force e ricorda come per il contrasto alla corruzione esista già l'Anac creata da Matteo Renzi. Nella squadra anche il governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco, il presidente dell'Autorità anticorruzione Giuseppe Busia e il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho. Firmato questa mattina il decreto che da vita alla struttura per "impedire la dispersione e l’accaparramento criminale" dei fondi per contro la pandemia.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha annunciato questa mattina l’avvio di una grande consultazione pubblica sulle pratiche anticorruzione, anche con lo scopo di “difendere” i quasi duecento miliardi di euro che verranno stanziati per riparare ai danni sociali ed economici causati dalla pandemia. Stando alle prime indicazioni i fondi destinati a sostenere la ripresa economica godranno infatti di una sorta di corsia preferenziale. Atti e provvedimenti emanati delle strutture guidate da sei manager scelti dal ministero dell’economia e dalla presidenza del Consiglio, per l’impiego dei 196 miliardi di euro del Recovery fund, non saranno infatti soggetti a controllo preventivo da parte della Corte dei conti.

“L’emergenza della pandemia sarà accompagnata da un ingente sostegno finanziario” e per “impedire la dispersione e l’accaparramento criminale” di queste risorse ho firmato il decreto costitutivo di un’iniziativa intitolata ‘Alleanza contro la corruzione: una grande consultazione pubblica di esperti di diversa provenienza professionale e di varia estrazione disciplinare, con l’intento di fare il punto sull’assetto messo in campo dal nostro Paese nei settori della prevenzione e del contrasto alla corruzione”. Così il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

Poco dopo l’annuncio arriva però il primo mugugno, da Italia Viva. “La smania da task force si sta diffondendo. Ora anche il ministro Bonafede ne crea una, dimenticando che il compito che dovrebbe assolvere è già svolto dall’Autorità Nazionale anticorruzione creata da Renzi”, hanno dichiarato i parlamentari di Italia Viva Lucia Annibali, capogruppo in Commissione Giustizia alla Camera, e Giuseppe Cucca, vicepresidente dei senatori di Italia Viva

L’’Alleanza contro la corruzione coinvolgerà circa sessanta esperti che – partecipando a titolo gratuito – si confronteranno in vari tavoli sulle prospettive e gli aspetti più importanti della lotta alla corruzione: parteciperanno economisti, studiosi del diritto e del processo penale, esperti del diritto amministrativo, magistrati, avvocati, statistici, operatori della comunicazione e della scuola: tutti chiamati a confrontarsi, in appositi gruppi di lavoro, sui diversi aspetti del fenomeno

Nella squadra Visco, Davigo, Cafiero de Raho, Busia – A comporre il Comitato scientifico costituitosi per l’iniziativa ci sono Giorgio Lattanzi (presidente della Scuola superiore della magistratura e presidente emerito della Corte Costituzionale), David Ermini (vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura), Pietro Curzio (Primo presidente della Corte di Cassazione), Filippo Patroni Griffi (presidente del Consiglio di Stato), Guido Carlino (presidente della Corte dei Conti), Giovanni Salvi (procuratore generale presso la Corte di Cassazione), Ignazio Visco (governatore della Banca D’Italia), Raffaele Piccirillo (capo di gabinetto del Ministero della Giustizia), Giuseppe Busia (presidente Autorità Nazionale Anticorruzione), Federico Cafiero de Raho (procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo), Maria Masi (presidente facente funzioni del Consiglio Nazionale Forense), Paola Severino (vicepresidente dell’Università Luiss ed ex ministro della Giustizia), Piercamillo Davigo (ex presidente di sezione della Suprema Corte di Cassazione), Marco D’Alberti (professore ordinario di diritto amministrativo a La Sapienza di Roma), Francesco Palazzo (professore emerito università di Firenze) e Gabrio Forti (professore ordinario di diritto penale e criminologia e direttore dell’alta scuola sulla Giustizia Penale alla Cattolica)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/08/il-ministro-bonafede-presenta-lalleanza-contro-la-corruzione-per-impedire-la-dispersione-e-laccaparramento-criminale-dei-fondi/6029948/

venerdì 10 luglio 2020

Trani, era associazione a delinquere. Dieci anni all’ex pm Antonio Savasta. - Francesco Casula

Trani, era associazione a delinquere. Dieci anni all’ex pm Antonio Savasta

Il sistema - Dura condanna per l’ormai ex magistrato. quattro anni anche al collega Scimè.
Condanne, multe e confische. È un conto salato quello presentato dai magistrati leccesi agli ormai ex colleghi coinvolti nell’inchiesta sul “Sistema Trani”. È di 10 anni di reclusione la condanna nei confronti dell’ex pm Antonio Savasta, considerato l’organizzatore dell’associazione a delinquere che in cambio di denaro e regali costosi, aggiustava indagini e processi degli imprenditori amici. Nei suoi confronti non sono stati tenuti in considerazione, secondo i suoi difensori, le confessioni e la collaborazione offerta durante le indagini.
I pm Roberta Licci e Giovanni Gallotta, con la supervisione del procuratore Leonardo Leone de Castris, hanno ritenuto che in realtà la collaborazione di Savasta non sia stata piena, ma anzi sia stata fuorviante. Pena a 4 anni di carcere per l’altro magistrato Luigi Scimè che dovrà anche abbandonare la toga: nei suoi confronti, infatti, è stato disposta anche l’estinzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. Stessa pena per l’imprenditore Luigi D’Agostino e infine 4 anni e 4 mesi per Ruggiero Sfrecola e 2 anni e 8 mesi per Giacomo Ragno, i due avvocati che avrebbe fornito un importante contributo al sistema.
Pesanti anche le confische ordinate dal tribunale: dai 75 mila euro per l’ex pm Scimè ai 224 mila per l’avvocato Ragno fino a 2 milioni e 390 mila euro per Savasta. Nell’inchiesta era coinvolto anche l’ex gip di Trani Michele Nardi che il rito ordinario: il processo nei confronti e di altri imputati inizierà il 4 novembre.
Numerosi gli episodi contestati dai magistrati leccesi: false denunce, false testimonianze e una serie di irregolarità consentiva agli ex magistrati di pilotare i procedimenti salvando gli amici o accelerando le accuse nei procedimenti in cui gli stessi amici figuravano come parte lesa. Savasta era accusato di far parte insieme a Nardi e ad altri tre imputati, tra i quali l’ispettore di Polizia Vincenzo Di Chiaro, di un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, falso ideologico, millantato credito, calunnie e falsa testimonianza.
Il gruppo criminale, per la procura leccese, poteva contare su numerosi soggetti “vicini” che pur non essendo organici all’associazione potevano fornire contributi determinanti per permettere al gruppo di raggiungere i propri obiettivi. A capo del gruppo, per l’accusa, c’era proprio Nardi.
È stato l’imprenditore Flavio D’Introno a svelare agli investigatori le ingenti somme versate al gruppo per ottenere la manipolazione delle indagini o dei processi a suo carico. Antonio Savasta era invece indicato come “l’organizzatore” dell’associazione a delinquere con il compito di “attivare e gestire” in modo strumentale all’interesse di D’Introno i procedimenti penali e tributari che lo riguardavano. Non solo. Proprio Savasta avrebbe svelato a D’Introno l’esistenza di indagini che lo riguardavano nella procura di Lecce e lo avrebbe persino invitato a fuggire all’estero dopo che una sentenza era diventata definitiva.
Nel sistema però, avevano un ruolo determinate secondo l’accusa anche gli avvocati. Come Simona Cuomo, anche lei rinviata a giudizio con Nardi: a lei sarebbe spettato il compito di trasformare in atti apparentemente legali le iniziative avviate da magistrati e imprenditori. Oppure come Ruggiero Sfrecola, difensore dell’imprenditore Luigi D’Agostino che, in accordo con Savasta avrebbe versato tangenti nel 2015 e controllato le dichiarazioni di alcuni testimoni in un’indagine sui reati fiscali di società riconducibili a D’agostino affinché non venisse mai fuori il suo nome. E ancora come giacomo Ragno che avrebbe individuato e messo a disposizione del sistema un uomo disposto a fornire false dichiarazioni per salvare D’Introno da una delle vicende che lo coinvolgevano.

martedì 9 giugno 2020

Operazione contro la camorra, arrestati tre fratelli del senatore Cesaro.

Un'operazione dei carabinieri in un'immagine d'archivio ©
Un'operazione dei carabinieri in un'immagine d'archivio.

Colpiti i clan "Puca", "Verde" e "Ranucci", sequestrati beni per 80 milioni di euro.

I carabinieri del Ros stanno hanno eseguito una misura cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura distrettuale, a carico di 59 indagati accusati di numerosi reati, tra i quali associazione mafiosa, concorso esterno, corruzione elettorale, estorsione e turbata libertà degli incanti.
L'operazione colpisce i clan "Puca", "Verde" e "Ranucci" operanti a Sant'antimo (Napoli) e comuni limitrofi, svelando - secondo gli investigatori - una fitta rete di 'cointeressenze' sia in ambito politico sia imprenditoriale.
Il gip di Napoli Maria Luisa Miranda, che ha firmato le misure cautelari, si è riservato di prendere una decisione in relazione alla posizione del senatore Luigi Cesaro, "all'esito - si legge nell'ordinanza - dell'eventuale autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni, ritenute rilevanti, secondo la procedura che verrà attivata da questo ufficio".
Nell'ambito dell'operazione dei Ros sono stati arrestati anche i tre fratelli del senatore di Forza Italia Luigi Cesaro. Nei confronti di Antimo Cesaro il gip di Napoli ha emesso un provvedimento cautelare in carcere. Ai domiciliari invece gli altri due fratelli, Aniello e Raffaele. L'accusa contestata è di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche diversi elementi di spicco della criminalità organizzata.
Contestualmente è in fase di notifica anche un sequestro di beni per un valore di oltre 80 milioni di euro.