Visualizzazione post con etichetta ucraina. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ucraina. Mostra tutti i post

giovedì 5 settembre 2024

Il grande ritorno del guerrafondaio. - Giuseppe Salamone

 

Mentre Bloomberg ci comunica che la Russia sbanca con le entrate derivanti dalla vendita di gas e petrolio e piazza un +21% rispetto all'anno scorso, l'Unione Europea commissiona al discepolo Mario Draghi un "rapporto sulla competitività".

Lui si presenta con un piano di guerra che sembra scritto al Pentagono: intanto dice che bisogna semplificare la vita all’industria delle armi, poi chiede che vengano rimossi i divieti per le aziende per spalancare le porte dei finanziamenti UE compresi quelli della banca centrale europea e infine mette nero su bianco che le politiche green tutto sommato vanno bene, però per le armi bisogna chiudere non solo un occhio, bensì tutti e due.

Stiamo parlando di quel personaggio che è stato l'ideatore delle sanzioni che hanno affossato l'Europa e fatto il solletico alla Russia. Nonostante tutto ce lo ritroviamo di nuovo che gironzola per le stanze di Bruxelles ovviamente senza aver mai preso mezzo voto per presentare piani di sviluppo economici. O forse istanze di fallimento dell'UE visto che tutto ciò che tocca alla fine diventa un dramma per i cittadini.

Uno come lui, e non mi stancherò mai di dirlo, dovrebbe essere preso a pesci in faccia e accusato di alto tradimento. Altro che piani e cazzate varie! A proposito, ve lo ricordate il famoso Price Cap? Ci hanno rotto le balle per oltre un anno con questa super idea del discepolo. Adesso che la Russia, grazie a una grande economista, tale Elvira Nabiullina che vale mille mila Draghi è riuscita a vanificare sanzioni e Price Cap, miracolosamente non se ne parla più.

Però in compenso abbiamo abbiamo l'argomento del mese che ha trasformato il dibattito pubblico in un programma di Barbara D'Urso...

T.me/GiuseppeSalamone
Giuseppe Salamone
Giuseppe Salamone 

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=527773789933249&set=a.165837202793578&type=3&comment_id=826102626175529&notif_id=1725531791703582&notif_t=feedback_reaction_generic&ref=notif

domenica 18 agosto 2024

“Sta facendo una mossa suicida” L’attacco alla Russia voluto dal burattino spiegato come sempre alla perfezione dal professor Alessandro Orsini .

 

Kiev ha perso ovunque: a Kursk può finire male

Di Alessandro Orsini per Il Fatto quotidiano

Kursk non sta funzionando. L’idea di invadere la Russia per costringere Putin a spostare truppe dal Donbass, almeno finora, non ha dato i risultati sperati. Da quando gli ucraini sono entrati a Kursk, il 6 agosto scorso, i russi non hanno fatto altro che conquistare nuovi territori in Donbass. Mentre scrivo, Zelensky ordina l’evacuazione a Pokrovsk.

La strategia di Putin a Kursk si basa su tre mosse:
1) arrestare l’avanzata degli ucraini;
2) lasciare che si accomodino;
3) falcidiarli con gli aerei. Le probabilità che la sortita di Zelensky a Kursk si concluda in un nuovo disastro sono alte giacché il record negativo del presidente ucraino è strabiliante.
Dall’inizio della controffensiva, il 5 giugno 2023, fino alla sua conclusione agli inizi di ottobre, tutto ciò che Zelensky ha ideato contro i russi è stato un fallimento.
Tant’è vero che, terminata la controffensiva, l’esercito ucraino si è ritrovato dissanguato mentre quello russo ha addirittura invaso Kharkiv.
La controffensiva ucraina, concepita da Zelensky per conquistare nuovi territori, si è conclusa con la perdita di molti altri territori e la richiesta immediata di arruolare un numero enorme di civili, 500 mila, sufficienti a costruire un nuovo esercito.
Il tutto accompagnato da un urlo disperato: “Ho terminato armi e munizioni!”. Zelensky ha avviato l’amministrazione militare dei territori occupati. La domanda sorge spontanea: come crede di poterli mantenere senza la superiorità aerea?
I cieli sono russi. Zelensky chiede agli alleati di autorizzarlo a usare i missili a lunga gittata. Per averla vinta, ricorre alla nota strategia di metterli davanti al fatto compiuto piegando la loro riluttanza con il consueto: “Non vedete che i russi stanno uccidendo tutti gli ucraini a Kursk? Autorizzatemi, altrimenti siete corresponsabili”. Oggi chiede l’autorizzazione per distruggere la Russia; domani la invocherà per non essere distrutto.
Zelensky si è giocato il tutto per tutto.
Se Putin arresta l’avanzata in Donbass per spostare i soldati a Kursk, è fatta. Se non li sposta, gli ucraini a Kursk dovranno parare le Fab-3000 con le mani.
I Patriot e i Samp-T in quella terra avrebbero vita breve. Gli ucraini controllano pochi chilometri quadrati che i russi conoscono come le loro tasche. Il primo missile lanciato da un Samp-T sarebbe quasi certamente l’ultimo.

Ricorriamo all’immaginazione e immaginiamo che Kursk finisca nell’ennesimo disastro. Che cosa accadrebbe a Zelensky? Secondo alcuni analisti, rischierebbe di essere rovesciato.
Ma i golpisti dovrebbero prima assicurarsi il consenso della Casa Bianca, senza i cui soldi cadrebbero in poco tempo.
Biden difenderebbe Zelensky con tutte le sue forze.
Gli ucraini devono resistere a Kursk fino al voto di novembre per la Casa Bianca. Trump è pronto ad attribuire a Kamala Harris le colpe di tutte le disfatte.
Quella di Kursk sarebbe la più grande perché costruita sui 75,1 miliardi di dollari sborsati da Biden, cui bisogna aggiungere 23,3 miliardi di dollari recentemente deliberati dal Congresso.
Dall’inizio della guerra a oggi, l’Ue e altri Paesi europei hanno dato a Zelensky 110,2 miliardi di euro.
All’ultimo vertice sul bilancio comunitario sono stati promessi ulteriori 77 miliardi. Sommando i dollari americani agli euro dell’Europa, la cifra è esorbitante. Questa cifra da capogiro rischia di essere bruciata in una mano a poker.
Il grande giocatore di poker vince senza carte in mano contro avversari carichi di punti. Ma il bluff richiede che le carte siano ignote ai giocatori. In questo caso, tutti conoscono le carte di Putin e di Zelensky.
La Russia ha i soldati per aprire nuovi fronti e l’Ucraina no. L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
L’Ucraina sta finendo i soldati e molti Paesi dell’Unione Europea stanno finendo i soldi con la Germania in recessione. Tra non molto, le carte potrebbe darle Trump.

https://www.dcnews.it/2024/08/18/sta-facendo-una-mossa-suicida-lattacco-alla-russia-voluto-dal-burattino-spiegato-come-sempre-alla-perfezione-dal-professor-alessandro-orsini/?fbclid=IwY2xjawEujm1leHRuA2FlbQIxMAABHSwwYRassQJBCQigAYtS0sveoIdwkuRRsNIJJ-IrnkmT0dIY0pPRzTFHUg_aem_ZvQ1xY3BGQibHmHyWKL3bQ

giovedì 15 agosto 2024

Gli atlantonti di Marco Travaglio.

 

Per capire in quale trappola diabolica s’è cacciata l’Europa, basta unire i puntini delle ultime notizie, che sembrano fatte apposta per gli atlantonti che non vogliono vedere.

1) La Germania, mentre imbottisce l’Ucraina di armi e miliardi, spicca un mandato di cattura per l’incursore ucraino che due anni fa fece esplodere, su mandato di Kiev e con la copertura Nato, i gasdotti Nord Stream 1 e 2, costati 21 miliardi, che portavano il gas russo in Germania e di lì in tutta Europa e che Biden aveva già minacciato di distruggere. Risultato: ora compriamo più gas liquido e scadente dagli Usa, che ce lo vendono a prezzi quadrupli e ci tocca pure rigassificarlo; la Germania in recessione trascina nel baratro l’intera Ue, mentre l’economia americana (come quella russa) va come un treno.

2) Ora che Biden sta per diventare ex presidente, vengono desecretati gli atti sul figlio criminale Hunter che nel 2016, sotto il governo Renzi, chiese aiuto all’ambasciatore a Roma per procacciare affari nella Toscana pidina al colosso energetico ucraino Burisma, di cui era amministratore. Insomma, quello dei Biden per Kiev è un amore disinteressato: platonico.

3) Il più fanatico fra i consiglieri di Zelensky, Podolyak, spiega che l’invasione ucraina della regione russa di Kursk serve a ricattare i Paesi più prudenti della Nato per avere mano libera sull’uso delle nostre armi in Russia. Paesi tipo l’Italia, che ripudia la guerra per Costituzione, come ricorda financo Crosetto (subito linciato dai pretoriani Nato Mieli&Sallusti, che chiamano la Costituzione “ipocrisia” e “odio per l’Occidente”).

Il copione è fisso: il regime ucraino e i retrostanti Usa ricattano l’Europa con menzogne sempre più spudorate, ma i nostri sgovernanti sono ben felici di bersele mettendo mano al (nostro) portafogli e scavalcando le linee rosse che avevano tracciato.
Ora Kiev, dopo aver finto di voler negoziare con Mosca per paura di Trump, scatena un blitz militarmente inutile, anzi suicida, che la priva dei reparti migliori condannati allo sterminio, sguarnisce il Donbass dove i russi avanzano vieppiù, al solo scopo di bruciare il tavolo dell’eventuale trattativa. E pretende di farlo coi nostri missili e il nostro permesso.
Ma, siccome l’ultima linea rossa è sempre la penultima, dobbiamo prepararci alla prossima: quando i russi completeranno la conquista del Donbass e annienteranno i reparti ucraini a Kursk, Zelensky piagnucolerà che ha finito i soldati e vuole i nostri. I giovani ucraini fuggono all’estero, affogano nel Dnepr, si spaccano le tibie a martellate pur di non arruolarsi. Ma Repubblica canta l’epopea dei “soldati ucraini ‘felici di guidare un tank in Russia’”. È così che si precipita nella Terza guerra mondiale senza neppure accorgersene.

https://www.dcnews.it/2024/08/15/se-unisci-i-puntini-ci-arrivi-anche-tu-ucraina-un-impeccabile-marco-travaglio-demolisce-definitivamente-la-stucchevole-narrazione-che-politicanti-e-pennivendoli-ci-propinano-da-due-anni/

mercoledì 14 agosto 2024

Ucraina, la sanguinosa dichiarazione di sconfitta. - Alberto Capece Minutolo

 

Ci sono molti modi di palesare la sconfitta, ma quello storicamente più utilizzato è di organizzare un’ultima offensiva per poter arrivare al tavolo della pace con qualcosa in mano. Naturalmente è una tattica che raramente riesce proprio perché non ci sono più forze sufficienti per poter ottenere un vantaggio decisivo. È stato il caso della fallita offensiva delle Ardenne alla fine del 1944 o di quella di Ludendorff sul fronte occidentale nel 1918 con l’obiettivo di arrivare a Parigi e della successiva, ma collegata battaglia del Solstizio, ovvero seconda battaglia del Piave sul fronte italiano che segnò la sconfitta definitiva dell’imperial regio esercito austroungarico oltre ad essere stata la prima battaglia terrestre della storia che vide un massiccio impiego dell’aviazione. Uno dei massimi comandanti austroungarici, il feldmaresciallo Borojević era favorevole a non impegnare l’ancora considerevole forza militare dell’impero per conservarne il più possibile l’integrità territoriale, ma i tedeschi già delusi di non essere riusciti a sfondare il fronte francese, imposero l’offensiva perché una vittoria sul fronte italiano avrebbe comunque pesato all’inevitabile tavolo della pace. Era tuttavia un sogno perché le forze che si contrapponevano erano praticamente alla pari, (però gli italiani avevano riserve maggiori) una condizione nella quale un attacco è destinato a fallire.

Mi sono dilungato su questo perché oggi ci troviamo esattamente in questa fase della guerra ucraina con l’aggravante che l’esercito di Kiev è inferiore in tutto: si è messo in piedi l’assalto suicida contro Kursk raggranellando le ultime truppe davvero valide, le ultime colonne corazzate e sguarnendo più parti del fronte per dar vita a una battaglia senza speranza che tuttavia non solo testimoniasse dell’esistenza in vita dell’Ucraina, ma che allo stesso tempo, con la conquista di un lembo di terra russa, le desse un qualche peso all’inevitabile tavolo della capitolazione. Almeno questa è la motivazione offerta da Mikhailo Podolyak, il massimo consigliere di Zelensky, vista la pratica impossibilità di successo. Infine l’idea portata avanti da qualche analista di un assalto per raggiungere la centrale nucleare di Kursk è pura idiozia: in un territorio disseminato di paludi, burroni e altri ostacoli che rendono impossibile una rapida avanzata di colonne corazzate (le quali ad ogni buon contro sono già state in gran parte distrutte) per arrivare alla centrale prima che i russi possano organizzare una controffensiva, è semplicemente folle. Così alla fine Kiev ha cercato di colpire la centrale di Zaporizhia, dicendo, con una clamorosa e assurda menzogna, che sono stati i russi a provocare l’esplosione.

Si tratta di mosse evidentemente consigliate dai sagaci strateghi della Nato, intensamente formatisi sui videogiochi, ai quali tuttavia sfugge completamente la realtà: l’attacco ucraino, senza avere alcuna altra possibilità reale se non la morte di altre migliaia di ucraini, non fa altro che convincere Mosca del fatto che non ci sarà pace senza una completa disfatta dell’Ucraina. Fino a ora la Russia ha esposto i suoi termini per la cessazione delle ostilità. Il primo di questi è la revoca di tutte le sanzioni – illegali secondo il diritto internazionale – da parte degli Stati Uniti, dell’Ue e dei loro alleati, Poi ci sono le garanzie della futura neutralità ucraina, il ritiro di tutte le forze straniere e dei mercenari, la smilitarizzazione e la denazificazione del Paese. Ultimo ma non meno importante, le nuove regioni russe di Crimea, Lugansk, Donetsk, Zaporozhye e Kherson dovranno essere riconosciute a livello internazionale come territorio russo sovrano.

Questo era prima dell’attacco nella regione di Kursk. Adesso le condizioni diventeranno più stringenti e probabilmente la Russia sfrutterà questa follia per concentrare truppe e investire direttamente Kiev. Ma secondo i giornali occidentali ci troviamo di fronte a una “schiacciante” vittoria ucraina mentre l’operazione militare suicida, di fatto già fallita, è palesemente una dichiarazione di sconfitta. Del resto cosa ci si potrebbe aspettare dalla zucca vuota di Zelensky e da quelle pentagonali di Washington? Basti pensare che la comunità di intelligence statunitense sta dicendo ai principali referenti politici che l’Iran teme di dar vita a una rappresaglia per paura di Israele e del possibile coinvolgimento degli Usa mentre è chiaro che Teheran questa volta non vuole agire in fretta, sull’onda dell’emozione: sta pianificando la sua prossima mossa con l’assistenza della Russia e della sua vasta gamma di capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione.

Ma meglio così: se la stupidità paga nel mondo narrativo dell’informazione, è un enorme handicap nella realtà.

https://ilsimplicissimus2.com/2024/08/12/ucraina-la-sanguinosa-dichiarazione-di-sconfitta/

venerdì 26 luglio 2024

Maestra senza allievi di Marco Travaglio per Il Fatto quotidiano.

 

Per carità, rispetto a Biden è un pischello. Ma quando parla di guerre, Sergio Mattarella non pare lucidissimo.
Esprime “grande tristezza nel vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie che andrebbero destinate a fini sociali” (bene, bravo, bis).Poi però, con un arabesco logico da Guinness, ricasca nella solita litania: “L’Italia e i suoi alleati sostenendo l’Ucraina difendono la pace per evitare altre aggressioni a vicini più deboli che porterebbero a una guerra globale”.È la bugia che ci affligge dal 2022, quando Mosca invase l’Ucraina e si disse che la guerra era scoppiata quel giorno perché Putin, impazzito, voleva conquistare l’Europa partendo dal Donbass. Invece è scoppiata nel 2014, col golpe bianco di Euromaidan (fomentato dagli Usa, come confessò Victoria Nuland) per cacciare il legittimo presidente Janukovich e far eleggere il fantoccio Poroshenko che cambiò la Costituzione per aderire alla Nato e prese a bombardare il Donbass russofono. Mattarella, così triste per il riarmo, domanda: “Colpa di chi difende la propria libertà e chi lo aiuta o di chi aggredisce la libertà altrui?”.Ma dimentica le responsabilità occidentali: anche nella Serbia filorussa che, quando lui era vicepremier nel 1999, fu bombardata dalla Nato per 78 giorni e smembrata con l’indipendenza del Kosovo (il diritto all’autodeterminazione vale solo per i nemici di Mosca, quindi non per il Donbass).Poi scomoda l’“historia magistra vitae” (ma priva di allievi) per un ardito paragone con la II guerra mondiale: “Hitler pretendeva di annettere i Sudeti, la parte di Cecoslovacchia con una minoranza tedesca che Hitler pretendeva di annettere. Gran Bretagna, Francia e Italia, anziché difendere il diritto internazionale, gli diedero via libera. Lui poi occupò l’intera Cecoslovacchia e quando, non incontrando ostacoli, provò con la Polonia scoppiò la guerra mondiale”.Fra le tante cose che la storia non gli ha insegnato – oltre al fatto che Putin non è Hitler, non ha la Wehrmacht ma un esercito al confronto modestissimo e, se provasse a invadere l’Europa, si ritroverebbe contro l’intera Nato – c’è che contro Hitler si mossero Usa, Uk e Russia.Contro Putin c’è il fu esercito ucraino, che ha perso la guerra.E ora Zelensky e Kuleba invocano negoziati coi russi. Ma, come già nel 2022, dopo aver ripetuto per due anni e mezzo che la pace la decide l’Ucraina, l’Europa sabota i negoziati incitandola a farsi massacrare ancora. Ecco il generale Roly Walker, capo di stato maggiore britannico, in stereo con Mattarella e con l’Ue: “Dobbiamo prepararci a combattere con la Russia entro tre anni”. Quindi o ha saputo che Putin prepara lo sbarco oltre la Manica, o anche a lui servono ripetizioni di storia.

Il Fatto Quotidiano del 25.7.2024

domenica 5 maggio 2024

“L’Occidente banchetta sul suo cadavere” Ucraina, l’impietosa analisi del generale Fabio Mini sullo schifo della feccia nostrana e il reale andamento della guerra totalmente a favore di Mosca.

 

Kiev spolpata da nemici e amici per trarre profitto dal cadavere
DÉBÂCLE SUL CAMPO – È scoccata l’ora della verità. Nonostante promesse e aiuti, la situazione sul terreno ormai è compromessa, ma i gialloblù continuano a essere illusi
di Fabio Mini per Il Fatto Quotidiano
In questo periodo di guerra ciò che si percepisce sul campo di battaglia è meno rilevante di quanto ci viene mostrato da tutte le fonti occidentali alimentate dall’Ucraina e di quanto avviene a livello strategico-politico. Sul campo gli attacchi russi sono sistematici, ma limitati. La parola è data alle artiglierie terrestri e alle fanterie diluite lungo una linea di contatto di oltre 800 chilometri, ma più concentrate nell’area di Kharkiv ormai ridotta, come tutte le cittadine e i villaggi del fronte, a cumuli di macerie.
A ridosso di tale linea, dalla parte russa sono schierate le forze di riserva, i supporti e i lanciatori di razzi e missili terrestri pronti sia a favorire l’ulteriore avanzata sia a garantire il controllo del territorio. Ancora più arretrate operano le basi di fuoco aereo e missilistico e le basi logistiche. Aerei e missili battono obiettivi in profondità in tutto il territorio ucraino, o quasi, colpendo strutture energetiche, centri di comando e controllo e altri obiettivi d’interesse militare e industriale.
I danni materiali sono ingenti e significativi, mentre quelli alle persone sono largamente sproporzionati rispetto ai primi.
Non si è mai visto un rapporto ucraino sui bombardamenti aerei subiti che abbia fatto più di 4 o 5 morti tra i civili, di cui gli immancabili uno o due bambini.
Per contro, secondo le stesse fonti ucraine, non viene colpito nemmeno un soldato.
Le perdite di combattenti sono un segreto di Stato che come tale va rispettato per la tenuta morale della nazione. Ma non convince nessuno. Da parte ucraina, a ridosso della sottile linea di contatto, peraltro molto discontinua, non c’è niente. Le poche forze disponibili sono concentrate nei punti di maggiore sforzo russo in un testa a testa che contrasterebbe con tutte le regole del combattimento se veramente i russi avessero intenzione e fretta di “sfondare” da qualche parte.
Dietro le linee ucraine più in profondità operano le artiglierie e i lanciarazzi e lanciamissili forniti dai Paesi occidentali completi di munizioni, operatori e sistemi di acquisizione di obiettivi non necessariamente schierati in Ucraina.
La difesa antiaerea russa copre le parti più sensibili, come Crimea, Zhaporizhia, Kherson e Kharkiv oltre alla difesa “di punto” delle basi aeree e logistiche.
Quella ucraina è quasi assente e carente anche nella difesa dello spazio aereo dei maggiori centri come Kiev e Dnipro.
La situazione è quindi di per sé drammatica e non avrebbe bisogno di essere ulteriormente esasperata, come invece Kiev è costretta a fare.
Dopo due anni di combattimenti a singhiozzo, l’Ucraina si è resa conto di non possedere la base né per vincere né per essere aiutata a vincere. Il tentennamento americano sui finanziamenti ha lanciato un segnale pericoloso ai dirigenti di Kiev, ha imbarazzato l’amministrazione Biden e ha costretto i vertici di Nato ed Europa a spendersi in rassicurazioni e finanziamenti oltre ogni realistica capacità di fornirli realmente e in tempo per evitare la catastrofe e di inviarli per un tempo lungo.
Le manifestazioni di appoggio incondizionato e “per tutto il tempo che ci vorrà” garantito da personaggi in perenne pellegrinaggio a Kiev sono al limite tra l’ipocrisia e la goliardia. Gli ucraini l’han notato da tempo e a ogni viaggio alzano la posta.
E neppure questo sarebbe necessario perché già per proprio conto i “ragazzi” e le “ragazze” che giocano alla guerra fanno promesse che non potranno mantenere senza aggravare ancor più la situazione ucraina e la sicurezza dell’Europa e del mondo.
Biden incassa il consenso a fornire altri 60 miliardi di aiuti militari all’Ucraina che mascherano un ingiusto profitto.

La Von der Leyen fa altrettanto per l’Europa e Stoltenberg assicura il supporto Nato pur sapendo di non poter garantire il consenso unanime dei Paesi membri: Ungheria, Turchia, Grecia e Italia già promettono saggiamente di non inviare truppe e di limitare gli aiuti, ma come al solito si dovrà vedere cosa faranno se messi alle strette.

Macron invece si spende in minacce d’intervento militare da parte della Francia, Cameron conferma la “licenza di uccidere” la Russia coi suoi James Bond, incursori e mercenari, i suoi carri e lanciamissili che da tempo operano in Ucraina e nei Paesi baltici, oltre a 3 miliardi di sterline all’anno “per tutto il tempo che ci vorrà”.
Numeri e promesse sono impressionanti, ma non tanto da rassicurare i dirigenti ucraini che hanno perso la fiducia e devono esasperare le percezioni per affrettare l’afflusso di armamenti e gli accrediti di denaro prima di essere costretti a capitolare non tanto nei confronti della Russia, ma dello stesso blocco occidentale sempre a rischio di frantumazione.
Zelensky e i suoi sanno che tali promesse non saranno comunque sufficienti a ribaltare le sorti della guerra.
I miliardi di aiuti, tolti quei tanti per le spese di mantenimento dell’apparato statale e quei pochissimi destinati agli scopi umanitari, vanno in armamenti forniti direttamente dai singoli Paesi.
In pratica, come già evidenziato dalla commissione armamenti del Senato americano, “nemmeno un dollaro di aiuti militari all’Ucraina uscirà dagli Stati Uniti”.
I soldi andranno alle industrie americane come un qualunque aiuto di Stato.
E così è anche per gli altri Paesi generosi sostenitori. Inoltre i materiali che vengono ceduti e tramutati in dollari sono quelli esuberanti le capacità di difesa e deterrenza.

Gli Himars, lanciamissili relativamente moderni, sono stati centellinati e ognuno di tali sistemi richiede più risorse per la propria difesa che per il lavoro che dovrebbe fare.

Abbondano invece le forniture di lanciamissili tattici Atacms con gittata di 300 chilometri, iniziate nell’autunno 2023 anche da parte inglese.
Si tratta di materiali obsoleti già radiati dal servizio o alla fine della vita tecnica per la crescente instabilità dei propulsori. E sono dirette all’esasperazione della guerra le accuse di ricorso alle armi “proibite” che periodicamente tornano alla ribalta fin dai primi giorni dell’invasione con la “scoperta” in Ucraina di siti medici dove si testavano agenti di guerra biologica.
Ora la situazione dei combattimenti non è in stallo, come qualcuno afferma, ma sta peggiorando ogni giorno per l’Ucraina.
Russia e Ucraina non hanno mostrato alcuna intenzione di negoziare ed entrambe fanno credere di poter vincere sul campo: l’Ucraina non da sola, ma con il sostegno armato di Usa ed Europa; la Russia con la deterrenza nucleare e il sostegno politico-strategico di Cina e altri Paesi del sud del mondo.
Sono due presunzioni errate, ma proprio per questo ancor più pericolose: entrambe portano direttamente a una guerra continentale con l’impiego di armi nucleari tattiche, reso altamente probabile dalle forniture di armi occidentali all’Ucraina.
In una situazione del genere sembra inutile e ipocrita chiedere ai due Paesi di rinunciare alla lotta mentre il resto del mondo spinge per continuarla, per un motivo o per l’altro, per l’interesse di qualcuno o di qualcun altro.
Pertanto i vari appelli per il negoziato che si stanno moltiplicando più per motivi elettorali che per considerazioni di sicurezza dell’intera Europa dovrebbero essere accompagnati da azioni concrete volte a rimuovere da entrambe le parti le false certezze sul sostegno di cui ancora godono.
L’Ucraina sembra avviata verso una fine ben più grave della neutralità alla quale ha rinunciato volontariamente o forzatamente. È intrisa e circondata da amici e nemici che applicano uno dei Trentasei stratagemmi dei classici cinesi della guerra: “Trarre utile proficuo anche da un cadavere”.

Scavalca la censura di regime dei social. Seguici via Telegram, basta un clic qui >https://t.me/capranews

https://www.dcnews.it/2024/05/05/loccidente-banchetta-sul-suo-cadavere-ucraina-limpietosa-analisi-del-generale-fabio-mini-sullo-schifo-della-feccia-nostrana-e-il-reale-andamento-della-guerra-totalmente-a-favore-di-mosca/

mercoledì 4 ottobre 2023

ZELENSKY AVREBBE DOVUTO RIMANERE A CASA. - *Philip Giraldi – The Unz Review – 3 ottobre 2023

 

Il viaggio per partecipare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e incontrare Biden si è rivelato negativo.


La maggior parte degli americani non comprende il funzionamento, o il non funzionamento, delle Nazioni Unite, preferendo pensare che si tratti di una sorta di società di dibattito in cui i 193 Paesi membri che rappresentano la comunità mondiale possono sfogarsi su questioni su cui raramente hanno il controllo. Tuttavia, nonostante il fiume di parole e la mancanza di un vero programma, è sempre interessante guardare e ascoltare la riunione annuale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che si tiene a New York nel mese di settembre. L’incontro di quest’anno è stato particolarmente interessante, in quanto si è svolto in concomitanza con una grande guerra nell’Europa dell’Est, con le turbolenze politiche in Africa e con le crescenti tensioni con la Cina. Inoltre, si sono sentiti i rumori di un nuovo movimento economico globale emergente, il cosiddetto BRICS, che si sta sviluppando come campione di una sfida monetaria mondiale multipolare al sistema monetario e bancario internazionale statunitense ed europeo dominato dal dollaro.

Con l’unione economica si assiste anche a un riallineamento politico, con la Cina che rafforza i suoi legami con il mondo in via di sviluppo e la Russia che stringe accordi di difesa con l’Iran. Il presidente Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin si incontreranno a Pechino alla fine del mese per discutere di problemi comuni. E, come di consueto, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è presentato per sfogare la sua ostilità nei confronti dell’Iran, chiedendo che il presunto “programma nucleare” del Paese venga affrontato militarmente e prima lo si fa meglio è, proprio come sostiene da vent’anni a questa parte.

In effetti, durante l’incontro di quest’anno diversi retroscena lo hanno reso più che normalmente interessante. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky sperava di trasformare l’incontro in una festa dell’odio anti-russo ma, nonostante le numerose lamentele per l’attacco di Mosca all’Ucraina provenienti dagli Stati baltici e da altri Paesi, il terreno continua sfuggire sotto i piedi di Zelensky per le preoccupazioni che la guerra sia diventata un pozzo di denaro senza via d’uscita che potrebbe facilmente degenerare in uno scambio nucleare. Parlando ad una sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Zelensky si è ridotto a criticare aspramente la stessa ONU per non essere riuscita a prevenire o risolvere i conflitti, prima di chiedere che a Mosca venga tolto il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza. Zelensky, con la voce che si alzava per la rabbia, ha lamentato come “sia impossibile fermare la guerra perché tutte le azioni hanno il veto dell’aggressore“. Gli osservatori hanno notato subito che la denuncia di Zelensky non ha aiutato la sua causa. Sebbene in passato siano state avanzate richieste di riforma delle Nazioni Unite, anche per quanto riguarda il potere di veto, l’esistenza del veto per un numero limitato di grandi potenze post- 1945 è stata l’unica ragione che ha reso possibile creare le Nazioni Unite.

Zelensky ha anche danneggiato la sua posizione quando ha affermato che, sebbene i rifugiati ucraini in Europa si siano “comportati bene… e sono grati” a coloro che hanno dato loro rifugio, non sarebbe una “buona storia” per l’Europa se una sconfitta ucraina “spingesse il popolo in un angolo“. I critici hanno ragionevolmente visto la sconfitta come una minaccia di possibili disordini che producono terrorismo interno e una possibile insurrezione interna incontrollabile da qualsiasi governo ucraino sopravviva alla sconfitta. Tali disordini potrebbero coinvolgere i milioni di rifugiati ucraini senza casa e senza lavoro già presenti in altre nazioni europee, se Zelensky non riceverà tutto il sostegno che apparentemente ritiene gli sia dovuto.

Il messaggio effettivo di Zelensky all’Assemblea Generale non è stato così incendiario e impulsivo come le altre sue interazioni durante la visita, ma non ha offerto molto di nuovo. Secondo quanto riferito, ha ricevuto un “caloroso benvenuto” da parte dei presenti, ma “ha tenuto il suo discorso in una sala mezza piena, con molte delegazioni che si sono rifiutate di presentarsi e di ascoltare ciò che aveva da dire“. Ha avvertito i presenti che “l’obiettivo [della Russia] nell’attuale guerra contro l’Ucraina è quello di trasformare la nostra terra, il nostro popolo, le nostre vite, le nostre risorse in un’arma contro di voi, contro l’ordine internazionale basato sulle regole. Dobbiamo fermarlo. Dobbiamo agire uniti per sconfiggere l’aggressore“. Zelensky ha esagerato quando ha definito la Russia e i russi “malvagi” e “terroristi” e li ha accusati di aver compiuto un “genocidio” contro l’Ucraina. Il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha risposto ai commenti del Presidente Joe Biden e di Zelensky ribaltando l’argomento e osservando che sono gli Stati Uniti e i loro “burattini” della NATO che “stanno già facendo la guerra contro di noi“.

Le frustrazioni di Zelensky si sono riversate a Washington il giorno seguente, dove ha incontrato sia Biden che alcuni membri del Congresso, oltre a fare un salto al Pentagono e lasciare dei fiori al Memoriale Nazionale del Pentagono dell’11 settembre ad Arlington, in Virginia. L’incontro alla Casa Bianca con il Presidente è andato relativamente bene, con l’annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti in preparazione che comprende “significative capacità di difesa aerea” e, secondo un rapporto, anche alcuni dei tanto richiesti sistemi missilistici a lungo raggio ATACMS. Tuttavia, con suo evidente disappunto, Zelensky non ha ricevuto un’accoglienza da eroe come l’anno scorso. Ha incontrato privatamente Kevin McCarthy, presidente della Camera, e molti altri falchi del GOP (Great Old Party, il partito repubblicano, N.d.T.) che saranno determinanti per l’approvazione di qualsiasi aiuto, nonché i senatori Mitch McConnell e Chuck Schumer che hanno promesso di essere “dalla sua parte“. McCarthy ha chiesto audacemente di cosa avesse bisogno Zelensky per vincere la guerra e di fornire ai legislatori “una visione di un piano per la vittoria“.

Tuttavia, sembra che molti repubblicani conservatori e alcuni democratici progressisti siano stufi della guerra e preoccupati per la mancanza di responsabilità unita al livello fin troppo evidente di corruzione all’interno del governo ucraino. Alcuni esponenti del Partito Repubblicano hanno proposto di separare i fondi per l’Ucraina dagli altri stanziamenti per la difesa, richiedendo un voto separato, e altre proposte della Casa Bianca per garantire i fondi anche in caso di blocco delle attività amministrative del governo. Ci si chiede se qualcuno abbia avuto il coraggio di domandare a Zelensky quante ville possiede in Israele, Europa e Stati Uniti, ma questo è proprio il tipo di storia che si sta scrivendo sempre più spesso sul comico ucraino diventato eroe di guerra, a dimostrazione del fatto che l’opinione pubblica e persino i media si sono stancati della farsa. Un continuo flusso di denaro multimiliardario, visto da Joe Biden come necessario per mantenere la guerra fino alle elezioni del 2024 per rivendicare la sua politica, è ancora probabile, ma non è più una certezza.

Altri due resoconti dei media suggeriscono che l’insoddisfazione nei confronti di Zelensky e della guerra sta facendo breccia nell’autoimposta narrazione accettabile sul conflitto, secondo cui Vladimir Putin è un aggressore senza alcuna reale provocazione da parte di Kiev, un despota e un mostro umano. Uno di questi è arrivato a sorpresa dal New York Times e sembra essere una fuga di notizie dalla Casa Bianca o dal Pentagono sull’attacco missilistico del 6 settembre contro il villaggio ucraino di Kostiantynivka, che ha causato almeno 18 morti. L’attacco è stato subito etichettato da Zelensky come un crimine di guerra compiuto da “terroristi” russi, cui hanno fatto eco i media statunitensi, ma un’indagine, presumibilmente condotta dall’esercito e dall’intelligence degli Stati Uniti con l’ausilio di metodi satellitari e altri metodi tecnici, ha ora stabilito che il missile è stato lanciato dall’Ucraina. Si tratta di un caso simile a quello dell’attacco missilistico che ha colpito la Polonia nel novembre 2022, anch’esso imputato da Zelensky alla Russia, ma che si è rivelato provenire dall’Ucraina; entrambi gli incidenti riflettono quanto Zelensky sia disposto a mentire e imbrogliare per ottenere l’intervento della NATO e degli Stati Uniti in una guerra su larga scala con la Russia, che potrebbe facilmente sfociare nel nucleare.

L’altra notizia emersa è che la Polonia non fornirà più armi all’Ucraina, in parte perché sta costruendo le proprie difese e anche per i tentativi ucraini di inondare il mercato agricolo polacco con grano a basso costo e di bassa qualità che non può vendere altrove. Descrivere l’azione polacca come deludente per Zelensky sarebbe un eufemismo, ma è un’ulteriore indicazione del fatto che molti ex alleati vedono ora l’Ucraina come una causa persa e guardano alla propria sicurezza nazionale e ai propri interessi economici. Entrambe le notizie sono state pubblicate, tra l’altro, mentre Zelensky si trovava negli Stati Uniti con il cappello in mano, e si deve ritenere che la tempistica sia stata deliberata per danneggiare la credibilità del presidente ucraino in concomitanza con la visita all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il viaggio a Washington.

Il viaggio di Zelensky in Nord America si è concluso a Ottawa, dove pare abbia recuperato un po’ della sua spavalderia durante un discorso al governo e al parlamento canadese che ha ottenuto applausi a scena aperta. O almeno così sembrava. I canadesi hanno presentato Yaroslav Hunka, un 98enne veterano ungherese della Seconda Guerra Mondiale che aveva combattuto contro i russi ed era emigrato in Canada dopo la fine della guerra. Anche lui è stato applaudito dai politici canadesi riuniti. L’intenzione era chiaramente quella di presentare la storia di un ucraino coraggioso che ha combattuto valorosamente per liberare il suo Paese dalla dominazione russa, ma non è andata proprio così. Per combattere i russi era necessario far parte delle forze armate della Germania nazista e si è scoperto che Hunka aveva prestato servizio nella 14ª Divisione Granatieri delle Waffen-SS, nota anche come Divisione Galizia, un’unità di volontari composta per la maggior parte da ucraini di etnia tedesca e comandata da ufficiali tedeschi, a cui sono state attribuite, a torto o a ragione, una serie di atrocità belliche contro russi, polacchi ed ebrei. I soldati della divisione giurarono personalmente fedeltà ad Adolf Hitler. Il giudizio erroneo del governo canadese, che ha esibito Hunka senza indagare a fondo sulla sua storia, ha suscitato un enorme clamore in Canada, con le dimissioni del capo del parlamento, le difficoltà politiche del primo ministro Justin Trudeau e la richiesta del governo polacco di estradare Hunka per un processo per crimini di guerra. C’è qualche sospetto che Zelensky possa essere stato determinante nell’organizzare l’affare, nella speranza che avrebbe rafforzato il sostegno canadese alla sua causa. Invece, ha ottenuto il risultato opposto e Zelensky è tornato a casa con poco o nulla di compiuto.

Zelensky deve anche affrontare a casa una guerra che sta perdendo in modo decisivo e un Paese in rovina. Nel suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Joe Biden ha chiarito che i negoziati con la Russia per porre fine ai combattimenti in Ucraina non saranno presi in considerazione. Joe si è anche impegnato a sostenere il conflitto finché non sarà la Russia ad arrendersi: “Gli Stati Uniti, insieme ai nostri alleati e partner in tutto il mondo, continueranno a stare al fianco del coraggioso popolo ucraino che difende la propria sovranità e integrità territoriale e la propria libertà… La Russia è l’unica responsabile della [guerra]. Solo la Russia ha il potere di porre fine a questa guerra immediatamente. Ed è solo la Russia a ostacolare la pace, perché il prezzo della Russia per la pace è la capitolazione dell’Ucraina, del suo territorio e dei suoi figli“. In breve, il discorso è stato molto simile a quello di Joe Biden e della banda di farabutti e truffatori che ha radunato intorno a sé alla Casa Bianca, con una forte dose di bellicosità, ma con una scarsa pianificazione o strategie serie per rendere il mondo e questo Paese un posto migliore. Joe vorrebbe che la guerra continuasse e che la sua fine fosse molto più vicina alle elezioni americane, dove spera di potersi identificare come un leader forte e un “vincitore” che affronta i nemici dell’America. Buona fortuna Joe.

*Philip Giraldi (classe 1946) è un editorialista americano, commentatore e consulente di sicurezza. È direttore esecutivo del Council for the National Interest, ruolo che ricopre dal 2010. In precedenza ha lavorato come specialista di intelligence per la CIA, prima di passare alla consulenza privata. Giraldi è stato criticato per il suo presunto antisemitismo e la negazione dell’Olocausto e ha affermato che “gli ebrei americani che non hanno un briciolo di integrità” (sionisti) quando appaiono in televisione dovrebbero essere etichettati “come un’etichetta di avvertimento su una bottiglia di veleno per topi“.

Link: https://www.unz.com/pgiraldi/zelensky-should-have-stayed-home/

Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte

https://comedonchisciotte.org/zelensky-avrebbe-dovuto-rimanere-a-casa/

mercoledì 13 settembre 2023

TUTTI A CASA - Marco Travaglio - 11 settembre 2023

 

L’incontro più sorprendente alla festa del Fatto è stato quello col ministro Crosetto.
Non perché è venuto: non è tipo che fugge dal confronto.
Ma per ciò che ha deciso di dirci, ben oltre ciò che gli avevamo chiesto.
Non solo ha difeso il Papa dalle deliranti accuse di putinismo lanciate da Kiev (“non è filorusso, può mediare e aiutare il percorso di pace”), ma ha anche rivelato impegnativi dettagli di diplomazia segreta:
“I ministri fanno cose anche senza dirle.
La missione di pace di Zuppi chi pensate che l’abbia aiutato a realizzarla, dando supporto per viaggio e sicurezza e premendo su Zelensky perché lo incontrasse?
Il guerrafondaio ministro italiano”.
E questo perché “siamo arrivati a un momento in cui la guerra non sembra avere soluzioni se non a lunghissimo tempo.
Alla politica spetta aprire varchi per cercare la pace”,
prima che la campagna elettorale Usa “già da marzo” cancelli l’Ucraina dall’agenda. Una bella svolta rispetto al mantra meloniano “armiamoli fino alla vittoria”.
Non che il governo abbia deciso di smettere di armarli, anzi continuerà.
Ma ha capito che la vittoria, cioè la sconfitta della Russia con la riconquista delle cinque regioni occupate appartiene al mondo dei sogni (o degli incubi, visto che moltiplicherebbe per mille il rischio nucleare).
Perciò Crosetto ha deciso di dire proprio ora una delle cose che si fanno ma non si dicono.
Poi ci sono quelle che non si dicono, ma si sanno.
Sabato, sempre alla nostra festa, il generale Mini – che dalla Toscana vede ciò che accade in Ucraina meglio di tanti che stanno in Ucraina – aveva citato gli ultimi terrificanti dati comunicati dal colonnello americano Douglas Macgregor, molto addentro al Pentagono:
in 18 mesi e mezzo le forze ucraine hanno perso 400mila uomini fra morti e feriti contro i 125mila di quelle russe, e solo negli ultimi due mesi (quelli della famosa controffensiva), l’esercito ucraino ha avuto 40-50 morti e 40-50mila feriti (di cui almeno 30mila amputati, che non potranno più tornare al fronte).
Più che le armi e le munizioni, stanno finendo gli uomini.
Infatti Macgregor sostiene che non solo gli ucraini non possono vincere neppure se dotati di aerei e missili a lunga gittata, ma non potrebbe riuscirci neanche l’intero Occidente se inviasse truppe sul campo.
Del resto Stoltenberg è ottimista perchè ora la controffensiva avanza al ritmo di “100 metri al giorno”:
dunque, per recuperare territori occupati vasti quasi quanto metà dell’Italia, dovrebbe durare qualche secolo.
Questi sono i dati e i fatti (e le fonti sono Usa e Nato, non la Russia): nessuno può più fingere di non conoscerli.
Chiunque invierà anche solo un fucile a tappo per prolungare la carneficina ne sarà complice.
Non colposo, ma volontario.

martedì 12 settembre 2023

Sul campo (minato). La controffensiva ucraina sta fallendo, ma i falchi negano (di Alessandro Orsini – ilfattoquotidiano.it)

 

La controffensiva ucraina è un fallimento totale. La proposta di trattare con la Russia all’inizio della guerra, avanzata da questa rubrica, era giusta. Sempre più italiani se ne rendono conto. La scelta della guerra a oltranza – propugnata da Corriere della Sera, Repubblica e Stampa – si è dimostrata sbagliata. Con il passare dei mesi, la condizione dell’Ucraina è peggiorata a dismisura. Questa rubrica aveva detto: “Per ogni proiettile della Nato che l’Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l’Ucraina”. Così è stato.
Il numero dei soldati ucraini massacrati è da videogame; il numero di bambini ucraini uccisi è da capogiro. Elencare le devastazioni che l’Ucraina ha subito finora è ormai impossibile: la lista completa richiederebbe un tomo enciclopedico. Le previsioni ottimistiche dei falchi italiani si sono dimostrate false. Il Pil della Russia cresce; l’esercito russo è organizzatissimo e armato fino ai denti; la Cina si è stretta alla Russia; il Brics si è allargato intorno all’asse Mosca-Pechino; Putin attira nella propria orbita governi africani un tempo legati all’Europa; il regime di Putin è più saldo che mai e i suoi consensi interni sono alle stelle. Queste previsioni sbagliate conducono dritto a una conclusione: la classe dirigente italiana è, nel complesso, fallita. Una classe dirigente che sbagli tutte le previsioni contro gli interessi nazionali dell’Italia dovrebbe essere condannata per incapacità manifesta. Il fallimento è anche degli istituti di ricerca di politica internazionale. Si pensi allo Iai. Anziché fare analisi scientifiche, i suoi vertici hanno diffuso propaganda, insulti e infamanti insinuazioni. Il caso Iai fa riflettere sull’intreccio nefasto tra potere politico e ricerca scientifica nelle società libere.
Nel marzo 2022, Zelensky e Putin avevano chiuso un accordo che Biden e Johnson fecero naufragare. Quell’accordo avrebbe salvato l’Ucraina. Perché saltò? Le ragioni sono almeno tre. La prima è che Biden aveva bisogno di tempo per consentire a Svezia e Finlandia di entrare nella Nato. Un accordo all’inizio della guerra avrebbe rischiato di compromettere un simile allargamento al confine della Russia. Gli interessi di Biden richiedevano che la guerra proseguisse scaricando l’allargamento della Nato sui bambini ucraini e i soldati di Kiev. La seconda ragione è che Biden interpreta la guerra in Ucraina come il primo tempo della guerra per Taiwan. Gli accordi con la Russia avrebbero mostrato debolezza, mentre Biden vuole impressionare la Cina con la forza. La terza ragione è che Biden aveva bisogno di tempo per assicurare la separazione dell’Europa dalla Russia. L’alleanza energetica tra Russia e Germania avrebbe messo a repentaglio l’egemonia degli Stati Uniti sull’Europa. North Stream 2 doveva terminare.
Rimane un’ultima domanda: perché l’Unione europea ha deciso di suicidarsi alimentando una guerra che è la sua tomba? La risposta è legata, in larga parte, ai meccanismi che riproducono il potere in quel consesso. Ursula von der Leyen non diventerà segretario della Nato difendendo gli interessi dell’Europa, bensì degli Stati Uniti. Quell’incarico è stabilito da Biden che decide anche il ministro della Difesa dell’Italia e della Germania, tale era Ursula prima di diventare presidente della Commissione europea. Tuttavia, Biden non decide i ministri della Francia. È per questo che Macron, ridotto a nullità politica internazionale, impressiona. I comportamenti di Ursula sono prevedibili come quelli di un bambino in cerca dell’applauso del papà. Macron è il rompicapo.

lunedì 28 agosto 2023

IL GIORNO DELLA MARMOTTA. - Marco Travaglio - 28 agosto 2023

 

L’invasione russa dell’Ucraina ha appena compiuto 18 mesi. Un anno e mezzo di guerra (in aggiunta a quella degli otto anni nel Donbass), 500mila fra morti e feriti, una decina di milioni di profughi ucraini in Europa e in Russia, mezzo Paese distrutto che richiederà almeno mille miliardi per la ricostruzione, l’Ue in recessione per le autosanzioni. Dal 24 febbraio 2022 molte cose sono cambiate nel mondo alla velocità della luce. Caduti Johnson, Truss, Marin, Rutte, Sànchez e Draghi, non Putin. L’Italia è passata dalle larghe intese alla destra della Meloni che vi si opponeva solitaria. Ma a Palazzo Chigi è cambiato solo l’inquilino, mentre il mantra resta lo stesso di 550 giorni fa: “C’è un aggressore e un aggredito, con Putin non si tratta, l’unica soluzione è la sua caduta, o la sconfitta della Russia, o il suo ritiro e intanto avanti con invii di armi sempre più micidiali e costose a Zelensky fino alla vittoria”. Mantra che porta malissimo a chi lo ripete e nulla fa pensare che possa diventare realtà.
Le controffensive ucraine sono state l’una modestissima e l’altra fallimentare. La Russia (almeno per ora) controlla la Crimea annessa nel 2014 e le quattro regioni invase nel ‘22. Le sanzioni non l’hanno isolata né mandata in default (anzi, rischiano di mandarci i sanzionatori). Putin appare (almeno finora) più saldo che mai, avendo superato anche la crisi interna più grave dell’ultimo quarto di secolo (il tentato putsch Wagner-Prigozhin). La Germania dissanguata rinvia sine die l’impegno Nato della spesa militare al 2% del Pil, come Conte impose di fare a Draghi 15 mesi fa. La Francia non vede l’ora di sfilarsi. E persino gli atlantisti più oltranzisti vacillano. La Polonia è furente con Kiev per il dumping sul grano. Usa e Uk concordano sul flop dell’offensiva ucraina. Biden (o chi per lui), persa la speranza di vendersi alle elezioni del '24 con una vittoria militare, inizia a virare sull’unico successo possibile: quello diplomatico, anche per non farsi rubare il tempo e la scena dalla Cina. Il n. 2 della Nato ipotizza apertamente che Kiev ceda territori. E il mondo, che 18 mesi fa pareva tornato bipolare come nella guerra fredda, si scopre ancor più multipolare, con la nuova superpotenza Brics che unisce amici vecchi come Cina, Russia, Brasile, India, Sudafrica e nuovi come la strana coppia Iran-Arabia (che fino all’altroieri si sparavano in Yemen), minacciando l’impero del dollaro con una moneta concorrente. Persino nel Pd, con la Schlein, si muove qualcosa. Ma, nel governo italiano, niente. Come nel giorno della marmotta, è sempre il 24 febbraio 2022. Meloni&C., fermi sull’attenti davanti a Biden, non osano neppure domandargli se per caso, nel frattempo, gli ordini non siano cambiati.

venerdì 30 giugno 2023

Tentativi di negoziato: Kiev li rifiuta, la stampa li censura. - Giuseppe Salamone

 

Se la situazione fosse a parti invertite, avremmo stampa, politica e intellettuali da strapazzo indignati a reti unificate. Invece vige un silenzio tombale e la "censura democratica" occidentale continua a fare egregiamente il proprio lavoro.

C'è il cardinale Zuppi che per conto del Papa continua a fare la spola tra Kiev e Mosca. L'intento è quello di portare avanti una mediazione con lo scopo di una risoluzione diplomatica al conflitto. È un evento molto importante perché il Vaticano, non essendosi schierato, potrebbe seriamente avvicinare le due parti per raggiungere un risultato che converrebbe a tutti. La pace!

Evidentemente qualcuno da dietro le quinte continua a lavorare per sabotare ogni iniziativa che non preveda armi, esattamente come fatto per gli accordi di Istanbul stracciati senza pudore da Zelensky su ordini dei "buoni e democratici occidentali". A parte che queste visite da parte di Zuppi non ricevono la giusta attenzione e diffusione da parte della stampa, infatti sono relegate a eventi di second'ordine e nel peggiore dei casi sottoposte a censure, c'è anche da dire che le dichiarazioni delle parti in causa sono nette e non lasciano spazio a interpretazioni.

Andriy Yermak, capo ufficio presidenziale Ucraino è netto, lo dice senza giri di parole e senza un minimo di vergogna: "Non abbiamo bisogno di mediazioni". Questo succede perché si sentono forti del sostegno occidentale e quindi si arrogano il diritto di portare per le lunghe una guerra che sta sventrando l'Ucraina sia in termini materiali, economici che umani. Per loro evidentemente l'importante è che arrivino miliardi, alla fine al fronte ci mandano la carne da cannone, mica ci vanno loro. Dall'altra parte invece, Peskov che è il portavoce del Cremlino, si pronuncia dicendo che la Russia esprime "alto apprezzamento per le iniziative del Papa per la soluzione del conflitto".

Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro anche perché dovrebbe essere assai evidente chi apre al corso diplomatico e chi, nettamente, sbatte la porta. Poi ci vengono a dire che quelli che sbattono la porta vogliono la pace, mentre chi la porta la apre è a prescindere un brutto e cattivo che fa di tutto per non avviare dei seri negoziati. La situazione è abbastanza evidente; chi si ostina a voltarsi dall'altra parte e non vuole capirla o è in malafede, oppure ha veramente bisogno di un bravo medico. Che non sia Atlantista complusivo però...

T.me/GiuseppeSalamone 

www.osservatoriosullalegalita.org

https://www.facebook.com/photo?fbid=637674468393898&set=a.390859653075382