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mercoledì 23 novembre 2022

Guido Crosetto – Armi, affari e tweet: chi è consigliere fidato di Giorgia Meloni che è finito alla Difesa (con l’ombra del conflitto d’interessi) - Giuseppe Pipitone - 22.ott.2022

 

Cresciuto nella Dc, passato con Forza Italia con quattro legislature alla Camera e tre anni da sottosegretario, il neo ministro della Difesa (che in origine sembrava destinato allo Sviluppo economico) è uno dei pochi fondatori di Fdi che non è cresciuto nell'estrema da destra. Consigliere ascoltato dalla premier, è il volto moderato di Fdi nei salotti buoni. Da quando si è dimesso da deputato, nel 2019, si è dedicato agli affari: ha guidato aziende attive nel mondo delle navi da guerra, ma anche una srl familiare che si occupa di lobbying. Nel giorno della nomina al governo ha annunciato di voler lasciare ogni incarico.

Il primo tweet dopo la nomina doveva servire ad allontanare ogni accusa di conflitto d’interesse. O almeno a provarci. “Per tutti quelli che (non per amore) me lo stanno chiedendo, rispondo: mi sono già dimesso da amministratore, di ogni società privata (non ne ricopro di pubbliche) che (legittimamente) occupavo. Liquiderò ogni mia società (tutte legittime). Rinuncio al 90% del mio attuale reddito”, ha scritto Guido Crosetto, un minuto dopo che Giorgia Meloni ha letto il suo nome come nuovo ministro della Difesa. Non è bastato visto che, nel giorno della nascita del nuovo governo, in tanti ricordano il suo recentissimo passato – praticamente presente – da imprenditore attivo nel ramo Difesa: lo stesso delicatissimo settore che ora gestirà da ministro. Proprio per questo motivo i rumors della vigilia accreditavano Crosetto allo Sviluppo economico. Alla fine, però, al Mise è andato Adolfo Urso, che invece al contrario sembrava certo della nomina alla Difesa. E’ probabile che sul destino dell’ex presidente del Copasir abbia pesato la moglie, che viene dal Lugansk, repubblica russofona inglobata da Vladimir Putin. Dopo le “sparate” di Silvio Berlusconi sull’Ucraina e sull’inquilino del Cremlino, era dunque il caso di metterlo al vertice della Difesa italiana? Chissà, forse gli alleati atlantici non avrebbero gradito. In ogni caso Meloni ha deciso di dirottare Urso allo Sviluppo economico, che ora si chiama ministero delle Imprese e del Made in Italy. E ha preferito rischiare di prendersi le accuse di conflitto d’interessi (avanzate per esempio da Angelo Bonelli dei Verdi), pur di piazzare alla Difesa uno dei suoi consiglieri più fidati. Uno di quelli che sta in Fdi fin dal principio.

Il gigante e la bambina – All’inizio gli appassionati di Lucio Dalla se l’erano cavata senza troppa originalità: il gigante e la bambina li avevano ribattezzati. La bambina era Meloni, il gigante ovviamente era Crosetto, un uomo di quasi due metri che all’Auditorium Conciliazione, a Roma, si era caricato in braccio la piccola aspirante leader, oggi presidente del consiglio. Era il 2012 e stava per nascere Fratelli d’Italia: dal Pdl uscirono Meloni, Ignazio La Russa e tutta una serie di ex An che non avevano seguito Gianfranco Fini nello strappo di Futuro e Libertà. E poi c’era lui, il piemontese col fisico da gigante e il volto buono che veniva da tutt’altra storia: niente fiamme tricolori e botte giovanili, niente braccia tese, il culto di Giorgio Almirante e nostalgici souvenir del ventennio. Se La Russa faceva rissa nel Fuan degli anni di piombo e Meloni ha scalato Azione giovani nei primi Duemila, Crosetto, infatti, è cresciuto sotto la rassicurante ombra dello Scudo crociato. “Io ho la fortuna di essere stato democristiano, altrimenti pelato così chissà cosa mi direbbero…”, rivendicava su La7 con una mezza risata. Una battuta utile a difendere Meloni da chi ciclicamente insiste (o insisteva) chiedendole di prendere le distanze dal fascismo.

Il volto moderato di un partito non moderato – In effetti una delle cose che riesce meglio a Crosetto è proprio questa: offrire il suo corpo per difendere la ragazza della Garbatella che si è scelto come leader, in tempi non sospetti. Anni fa quando tutti parlavano ancora solo di Berlusconi e Matteo Salvini lui faceva notare come nei sondaggi Giorgia fosse avanti, anche se poi Fdi faticava a superare il 5 percento. I fatti gli hanno dato ragione: se oggi Meloni entra a Palazzo Chigi un po’ di merito è anche di Crosetto, il gigante buono che della capa di Fdi è ascoltatissimo consigliere. Da anni è Crosetto il volto moderato di un partito considerato troppo a destra: il profilo rassicurante, il mediatore, quello che ha accesso ai salotti bene e ha strappato alla Lega i voti degli imprenditori del Nord Ovest. La fonte che i giornalisti chiamano semplicemente per nome e il contatto al quale tutti possono sempre rivolgersi. Soprattutto ora che Fdi è la prima forza del Paese e “Guido” al telefono continua a rispondere a tutti. Tranne quando era all’estero e sosteneva di non saperne nulla delle trattative per la formazione del governo.

Lauree che non lo erano – Piccole bugie bianche. Come quando, meno di un mese fa, negava ogni ipotesi d’ingresso al governo. “Se aspetti me Ministro, muori di vecchiaia alla stazione”, scriveva sul suo seguitissimo profilo twitter (quasi 230mila follower). Dove ha dovuto aggiornare la sua biografia: “Libero da pregiudizi per convinzione, garantista per dna, conservatore per nascita, rispettoso per scelta. Ex tante cose. Ora uomo libero ed imprenditore”, è il modo con cui si presentava sul popolare social network, da quando – nel 2019 – riuscì finalmente a dimettersi dalla Camera al terzo tentativo. Da quel momento, pure senza mai lasciare Fdi, si è dedicato agli affari e ai commenti. Ogni giorno su twitter Crosetto spiega come la pensa su questo o quel fatto di cronaca politica, nera o sportiva: juventino, su twitter non si sottrae a risse e litigi a distanza. “Quando penso che una persona sia una ‘testa di beep‘ glielo dico tranquillamente”, spiegava al Sole 24 ore. Piemontese di Marene, provincia di Cuneo, dove ha fatto il sindaco per dieci anni e dove la sua famiglia produce rimorchi agricoli addirittura dal 1937, il gigante Crosetto comincia a interessarsi alla politica ai tempi dell’Università, leader del movimenti giovanili della Dc. Nel 1987, quando aveva solo 24 anni, Giovanni Goria, presidente del consiglio per nove dimenticabili mesi, lo vuole a Palazzo Chigi come consigliere economico. “Sì. Avevo 24 anni e mi ero appena laureato in Economia…”, raccontò lui a Sette del Corriere della Sera. E in effetti sul sito della Camera gli riconoscevano una laurea in Economia e Commercio che però, alla fine, lui non aveva mai preso. A scoprirlo fu un giornale locale piemontese, lo Spiffero. “Mi spiace. Ma lo ammetto: ho ceduto, sono stato debole… e ho raccontato una piccola, innocente bugia“, ammise Crosetto, che nel frattempo era già sottosegretario alla Difesa nel governo Berlusconi.

Gli affari: soprattutto nel settore armi – Con la fine della Balena Bianca, infatti, Crosetto aveva trovato riparo in Forza Italia: consigliere comunale a Cuneo, coordinatore regionale del partito e infine deputato per tre legislature. La quarta, dopo una pausa di cinque anni, è durata pochi mesi: nel 2018, ottenuto il seggio con Fdi, si dimette quasi subito per dedicarsi agli affari. Che affari? Armi soprattuto, ma anche turismo. Senza mai uscire da Fdi, infatti, dal 2014 Crosetto era senior advisor di Leonardo, l’ex Finmeccanica fiore all’occhiello del Paese. Ma era pure presidente di Orizzonte Sistemi Navali, società statale (controllata sempre da Leonardo e pure da Fincantieri) del settore delle navi da guerra, e al vertice dell’Aiad, la Federazione delle aziende italiane dell’Aerospazio. Incarichi dai quali ha annunciato di essersi dimesso, proprio nel giorno della nomina a ministro della Difesa.

Il conflitto d’interesse – Per provare ad allontanare ogni spettro di conflitto d’interesse, infatti, Crosetto aveva annunciato di volersi disfare anche la Csc & Partners Srl, società di lobbying che possiede in società col figlio Alessandro e la compagna Graziana Saponaro. Dopo un esordio record (fatturato da 272mila euro e utile da 179mila euro), il neo ministro ha fatto recentemente sapere – sempre via twitter – di volerla liquidare: “Sono fatto così male che adesso che una mia amica, che fino a due giorni fa non contava, conterà, ho deciso di liquidarla perché nessuno possa fare illazioni”. Ma con chi ha lavorato la Csc? Chi erano i suoi clienti? A questa domanda, posta dal Fatto Quotidiano, Crosetto non aveva voluto rispondere. E inevasa era rimasta anche la domanda sui suoi redditi. “Sarebbe più veloce chiedermi il 740, visto che sono solo redditi legittimi e corretti”, replicava sempre su Twitter. Adesso la sua dichiarazione dei redditi dovrà pubblicarla sul sito del governo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/22/guido-crosetto-armi-affari-e-tweet-chi-e-consigliere-fidato-di-giorgia-meloni-che-e-finito-alla-difesa-con-lombra-del-conflitto-dinteressi/6846455/

giovedì 29 settembre 2022

SQUALO BIANCO.

 

Il mondo cambia, i pantaloni a zampa d’elefante non si portano più, “The Rythim of the Night” di Corona è ormai un lontano ricordo, ma mamma Dc non muore mai.
Anzi lo scudocrociato è più vivo che mai.
Se prima lo trovavamo sotto un unico cartello, adesso è ovunque. Le correnti della balena bianca,
proprio come la nutella sul pane, si sono spalmate dappertutto.
Il popolo dei moderati, dei cattolici, dei centristi, degli immortali, di quelli che in qualunque partita sono in mezzo, è più forte che mai.
La balena bianca di destra.
Fratelli d’Italia, al primo sguardo, potrebbe sembrare la riproposizione della fiamma. Si tratta, però, di un’illusione ottica. Spulciando le liste, si possono intravedere ex chierichetti sparsi in ogni angolo dello stivale. Un meloniano dell’ultimissima ora, ad esempio, è Gianfranco Rotondi. Colui che fino a ieri si è definito l’ultimo Dc in vita, si riprende il feudo dei basisti campani. La famiglia di un tale Ciriaco De Mita, non uno qualunque, scrive sui social che la gente è libera di votare e che non si riconosce nel Pd. Non si tratta di un endorsement, ma certamente di un indizio. Bisogna, poi, ricordare che il fondatore della prima forza politica del Paese non ha militato certamente tra le file del Msi. Stiamo parlando ovviamente
di Guido Crosetto, quell’omone che appare su tutte le emittenti e oggi è in pole per un ministero chiave.
L’ex basista potrebbe andare al Viminale, alla Difesa, addirittura alla segreteria di Palazzo Chigi. Stiamo parlando dell’uomo di potere per eccellenza, che certamente non viene dalla scuola di Gianfranco Fini. Lo stesso Raffaele Fitto, che oggi si candida a diventare il ponte con i conservatori europei, prima di diventare il governatore della Puglia era il rampollo di Rocco Buttiglione.
L’immortale Tabacci.
L’operazione Tabacci è una vera e propria riproposizione plastica di come il vecchio non muore mai.
Il centrista per eccellenza entra in punta di piedi, avanza mano a mano nelle platee, fino a prendersi il palcoscenico e poi il seggio. Come il miglior cowboy, gira il lazo e si fa portare a cavallo dai vari Spadafora, Castelli e Azzolina. Il buon di Maio dopo lo scatto da Nennella finisce fuori non dal ristorante, ma dal palazzo, mentre il buon nonno di Quistello, in silenzio, blocca la poltrona. Non è fantapolitica pensare che tra qualche mese si dimenticherà dell’amico di Pomigliano, quello che lo ha salvato nel momento più buio del centrosinistra per sposare il nuovo leader della sinistra Giuseppe Conte. Come li manovra il Centro Democratico gli avvocati della politica, non lo fa nessuno.
Stiamo parlando, d’altronde, anche in questo caso, di chi ha imparato a giocare a tressette a Nusco.
Un Casini per ogni ora.
A proposito di Unione di Centro,
anche in questa campagna elettorale, nessuno di quel mondo resta a terra. A parte il buon Antonio Saccone, lasciato a casa prima della presentazione delle liste, ma per lui un ente o una partecipata uscirà sempre, chi proviene da quella storia riesce sempre a ritagliarsi uno spazio.
Il simbolo indiscusso è Pier Ferdinando Casini.
L’uomo delle undici consiliature,
dopo aver tentato di rubare addirittura lo scranno a Mattarella, è l’unico dei centristi del Pd che riesce a salvarsi. Non lo scalfiscono neanche le frecciate giornaliere di Vittorio Sgarbi, che gliene dice di cotte e di crude. Il belloccio della tv ha la faccia di bronzo.
Gli puoi lanciare qualunque cosa contro, lui resta immobile, anzi si fortifica.
Sembra quasi un supereroe della Marvel. Un metodo copiato alla perfezione dai suoi ex gregari.
Lorenzo Cesa aveva già rinnovato l’arredamento del suo studio qualche giorno prima del voto, sicuro di una riconferma, mentre al buon Antonio De Poli basta farsi un giretto per le Marche. Questi signori non sbagliano mai. Lo sa bene Mario Baccini, il re del microcredito nazionale. Nessun amministratore può pensare di ignorare quei corridoi.
Dal sindaco di Montefredane, in provincia di Avellino fino a quello dell’ultimo paese del Friuli, il pellegrinaggio con vino e tipicità, a Natale, è obbligatorio.
Nulla di più, perché i veri cattolici hanno un’etica: non accettano regalie, ma solo piccoli omaggi di madre natura.