Mentre Bloomberg ci comunica che la Russia sbanca con le entrate derivanti dalla vendita di gas e petrolio e piazza un +21% rispetto all'anno scorso, l'Unione Europea commissiona al discepolo Mario Draghi un "rapporto sulla competitività".
Lui si presenta con un piano di guerra che sembra scritto al Pentagono: intanto dice che bisogna semplificare la vita all’industria delle armi, poi chiede che vengano rimossi i divieti per le aziende per spalancare le porte dei finanziamenti UE compresi quelli della banca centrale europea e infine mette nero su bianco che le politiche green tutto sommato vanno bene, però per le armi bisogna chiudere non solo un occhio, bensì tutti e due.
Stiamo parlando di quel personaggio che è stato l'ideatore delle sanzioni che hanno affossato l'Europa e fatto il solletico alla Russia. Nonostante tutto ce lo ritroviamo di nuovo che gironzola per le stanze di Bruxelles ovviamente senza aver mai preso mezzo voto per presentare piani di sviluppo economici. O forse istanze di fallimento dell'UE visto che tutto ciò che tocca alla fine diventa un dramma per i cittadini.
Uno come lui, e non mi stancherò mai di dirlo, dovrebbe essere preso a pesci in faccia e accusato di alto tradimento. Altro che piani e cazzate varie! A proposito, ve lo ricordate il famoso Price Cap? Ci hanno rotto le balle per oltre un anno con questa super idea del discepolo. Adesso che la Russia, grazie a una grande economista, tale Elvira Nabiullina che vale mille mila Draghi è riuscita a vanificare sanzioni e Price Cap, miracolosamente non se ne parla più.
Però in compenso abbiamo abbiamo l'argomento del mese che ha trasformato il dibattito pubblico in un programma di Barbara D'Urso...
T.me/GiuseppeSalamone
Giuseppe Salamone
Giuseppe Salamone
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 5 settembre 2024
Il grande ritorno del guerrafondaio. - Giuseppe Salamone
domenica 18 agosto 2024
“Sta facendo una mossa suicida” L’attacco alla Russia voluto dal burattino spiegato come sempre alla perfezione dal professor Alessandro Orsini .
Kiev ha perso ovunque: a Kursk può finire male
Di Alessandro Orsini per Il Fatto quotidiano
Kursk non sta funzionando. L’idea di invadere la Russia per costringere Putin a spostare truppe dal Donbass, almeno finora, non ha dato i risultati sperati. Da quando gli ucraini sono entrati a Kursk, il 6 agosto scorso, i russi non hanno fatto altro che conquistare nuovi territori in Donbass. Mentre scrivo, Zelensky ordina l’evacuazione a Pokrovsk.
La strategia di Putin a Kursk si basa su tre mosse:
1) arrestare l’avanzata degli ucraini;
2) lasciare che si accomodino;
3) falcidiarli con gli aerei. Le probabilità che la sortita di Zelensky a Kursk si concluda in un nuovo disastro sono alte giacché il record negativo del presidente ucraino è strabiliante.
Dall’inizio della controffensiva, il 5 giugno 2023, fino alla sua conclusione agli inizi di ottobre, tutto ciò che Zelensky ha ideato contro i russi è stato un fallimento.
Tant’è vero che, terminata la controffensiva, l’esercito ucraino si è ritrovato dissanguato mentre quello russo ha addirittura invaso Kharkiv.
La controffensiva ucraina, concepita da Zelensky per conquistare nuovi territori, si è conclusa con la perdita di molti altri territori e la richiesta immediata di arruolare un numero enorme di civili, 500 mila, sufficienti a costruire un nuovo esercito.
Il tutto accompagnato da un urlo disperato: “Ho terminato armi e munizioni!”. Zelensky ha avviato l’amministrazione militare dei territori occupati. La domanda sorge spontanea: come crede di poterli mantenere senza la superiorità aerea?
I cieli sono russi. Zelensky chiede agli alleati di autorizzarlo a usare i missili a lunga gittata. Per averla vinta, ricorre alla nota strategia di metterli davanti al fatto compiuto piegando la loro riluttanza con il consueto: “Non vedete che i russi stanno uccidendo tutti gli ucraini a Kursk? Autorizzatemi, altrimenti siete corresponsabili”. Oggi chiede l’autorizzazione per distruggere la Russia; domani la invocherà per non essere distrutto.
Zelensky si è giocato il tutto per tutto.
Se Putin arresta l’avanzata in Donbass per spostare i soldati a Kursk, è fatta. Se non li sposta, gli ucraini a Kursk dovranno parare le Fab-3000 con le mani.
I Patriot e i Samp-T in quella terra avrebbero vita breve. Gli ucraini controllano pochi chilometri quadrati che i russi conoscono come le loro tasche. Il primo missile lanciato da un Samp-T sarebbe quasi certamente l’ultimo.
Ricorriamo all’immaginazione e immaginiamo che Kursk finisca nell’ennesimo disastro. Che cosa accadrebbe a Zelensky? Secondo alcuni analisti, rischierebbe di essere rovesciato.
Ma i golpisti dovrebbero prima assicurarsi il consenso della Casa Bianca, senza i cui soldi cadrebbero in poco tempo.
Biden difenderebbe Zelensky con tutte le sue forze.
Gli ucraini devono resistere a Kursk fino al voto di novembre per la Casa Bianca. Trump è pronto ad attribuire a Kamala Harris le colpe di tutte le disfatte.
Quella di Kursk sarebbe la più grande perché costruita sui 75,1 miliardi di dollari sborsati da Biden, cui bisogna aggiungere 23,3 miliardi di dollari recentemente deliberati dal Congresso.
Dall’inizio della guerra a oggi, l’Ue e altri Paesi europei hanno dato a Zelensky 110,2 miliardi di euro.
All’ultimo vertice sul bilancio comunitario sono stati promessi ulteriori 77 miliardi. Sommando i dollari americani agli euro dell’Europa, la cifra è esorbitante. Questa cifra da capogiro rischia di essere bruciata in una mano a poker.
Il grande giocatore di poker vince senza carte in mano contro avversari carichi di punti. Ma il bluff richiede che le carte siano ignote ai giocatori. In questo caso, tutti conoscono le carte di Putin e di Zelensky.
La Russia ha i soldati per aprire nuovi fronti e l’Ucraina no. L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
L’Ucraina sta finendo i soldati e molti Paesi dell’Unione Europea stanno finendo i soldi con la Germania in recessione. Tra non molto, le carte potrebbe darle Trump.
venerdì 16 agosto 2024
Guerra Ucraina. - Giuseppe Salamone
giovedì 15 agosto 2024
Gli atlantonti di Marco Travaglio.
Per capire in quale trappola diabolica s’è cacciata l’Europa, basta unire i puntini delle ultime notizie, che sembrano fatte apposta per gli atlantonti che non vogliono vedere.
1) La Germania, mentre imbottisce l’Ucraina di armi e miliardi, spicca un mandato di cattura per l’incursore ucraino che due anni fa fece esplodere, su mandato di Kiev e con la copertura Nato, i gasdotti Nord Stream 1 e 2, costati 21 miliardi, che portavano il gas russo in Germania e di lì in tutta Europa e che Biden aveva già minacciato di distruggere. Risultato: ora compriamo più gas liquido e scadente dagli Usa, che ce lo vendono a prezzi quadrupli e ci tocca pure rigassificarlo; la Germania in recessione trascina nel baratro l’intera Ue, mentre l’economia americana (come quella russa) va come un treno.
2) Ora che Biden sta per diventare ex presidente, vengono desecretati gli atti sul figlio criminale Hunter che nel 2016, sotto il governo Renzi, chiese aiuto all’ambasciatore a Roma per procacciare affari nella Toscana pidina al colosso energetico ucraino Burisma, di cui era amministratore. Insomma, quello dei Biden per Kiev è un amore disinteressato: platonico.
3) Il più fanatico fra i consiglieri di Zelensky, Podolyak, spiega che l’invasione ucraina della regione russa di Kursk serve a ricattare i Paesi più prudenti della Nato per avere mano libera sull’uso delle nostre armi in Russia. Paesi tipo l’Italia, che ripudia la guerra per Costituzione, come ricorda financo Crosetto (subito linciato dai pretoriani Nato Mieli&Sallusti, che chiamano la Costituzione “ipocrisia” e “odio per l’Occidente”).
Il copione è fisso: il regime ucraino e i retrostanti Usa ricattano l’Europa con menzogne sempre più spudorate, ma i nostri sgovernanti sono ben felici di bersele mettendo mano al (nostro) portafogli e scavalcando le linee rosse che avevano tracciato.
Ora Kiev, dopo aver finto di voler negoziare con Mosca per paura di Trump, scatena un blitz militarmente inutile, anzi suicida, che la priva dei reparti migliori condannati allo sterminio, sguarnisce il Donbass dove i russi avanzano vieppiù, al solo scopo di bruciare il tavolo dell’eventuale trattativa. E pretende di farlo coi nostri missili e il nostro permesso.
Ma, siccome l’ultima linea rossa è sempre la penultima, dobbiamo prepararci alla prossima: quando i russi completeranno la conquista del Donbass e annienteranno i reparti ucraini a Kursk, Zelensky piagnucolerà che ha finito i soldati e vuole i nostri. I giovani ucraini fuggono all’estero, affogano nel Dnepr, si spaccano le tibie a martellate pur di non arruolarsi. Ma Repubblica canta l’epopea dei “soldati ucraini ‘felici di guidare un tank in Russia’”. È così che si precipita nella Terza guerra mondiale senza neppure accorgersene.
mercoledì 14 agosto 2024
L’Ucraina nelle mani di un vero idiota! Il professor Orsini ridicolizza Zelensky e i suoi padroni della Nato dopo l’insensato attacco in territorio russo.
I primi non possono aprire nuovi fronti; i secondi sì.
Per fare chiarezza, sottoporrò al vaglio della ragione tutte le spiegazioni elaborate dagli ambienti di Kiev nel rispetto del progetto illuministico. Con solerzia da etnografo, ne ho appuntate almeno sei.
Tutte hanno in comune una mancanza totale di senso della realtà figlia di una grave forma di megalomania sempre più radicata negli ambienti di Zelensky, Nato e Unione europea.
L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non risulta che tutte queste persone siano braccate dalla paura perché mille ucraini sono entrati a Kursk.
Dal canto suo, Zelensky ha dichiarato che l’invasione serve per costringere Putin a trattare alle condizioni dell’Ucraina.
Il problema è che l’invasione ucraina della Russia non è paragonabile all’invasione russa dell’Ucraina.
La prima è piccolissima; la seconda è grandissima.
Infatti, Putin non ha pensato di trattare, ma di contrattaccare.
La terza spiegazione è che l’invasione ucraina serve a conquistare la centrale nucleare di Kursk per minacciare di farla esplodere nel caso in cui Putin non dichiari la resa senza condizioni.
Se una circostanza del genere si verificasse, la cosa più probabile che accada è che Putin dia 24 ore a Zelensky per dimettersi pena un attacco nucleare ad ampio spettro.
La quarta spiegazione è che l’invasione di Kursk serve a ottenere il crollo del regime di Putin.
Secondo l’ambiente di Kiev – che include anche i principali quotidiani italiani – Putin sarà isolato dai suoi generali e odiato da tutti i russi per la falla a Kursk.
In realtà, l’invasione di Kursk causerà gli stessi effetti della rivolta di Prigozhin: i consensi di Putin aumenteranno giacché i russi odiano la Nato, mica Putin.
La ragione è presto detta: i russi sentono di essere attaccati dalla Nato e difesi da Putin. Soltanto chi abbia assunto dosi massicce di oppio ideologico non riesce a cogliere una verità così elementare.
La quinta spiegazione è che l’invasione di Kursk costringerà Putin a spostare truppe dal Donbass.
In realtà, è accaduto il contrario.
Per condurre l’invasione, Zelensky ha dovuto spolpare il fronte ucraino, dove arretra di continuo; Putin, invece, sta difendendo Kursk con il ricorso a nuovi soldati per le ragioni di cui sopra: ha un esercito enorme.
Infine, e siamo a sei, Zelensky ha dichiarato di avere invaso Kursk per spirito di vendetta affinché i russi capiscano che cosa significhi essere invasi…
Come se non lo sapessero: la megalomania distrugge persino il senso storico. Nel frattempo, i russi continuano a falcidiare gli ucraini in Donbass.
Qualcuno gli spieghi che la terza guerra mondiale vedrebbe Cina, Iran e Corea del Nord schierate con la Russia. Un tale schieramento sovrasterebbe persino gli Stati Uniti. Figuriamoci l’Ucraina.
venerdì 26 luglio 2024
Maestra senza allievi di Marco Travaglio per Il Fatto quotidiano.
domenica 5 maggio 2024
“L’Occidente banchetta sul suo cadavere” Ucraina, l’impietosa analisi del generale Fabio Mini sullo schifo della feccia nostrana e il reale andamento della guerra totalmente a favore di Mosca.
A ridosso di tale linea, dalla parte russa sono schierate le forze di riserva, i supporti e i lanciatori di razzi e missili terrestri pronti sia a favorire l’ulteriore avanzata sia a garantire il controllo del territorio. Ancora più arretrate operano le basi di fuoco aereo e missilistico e le basi logistiche. Aerei e missili battono obiettivi in profondità in tutto il territorio ucraino, o quasi, colpendo strutture energetiche, centri di comando e controllo e altri obiettivi d’interesse militare e industriale.
Non si è mai visto un rapporto ucraino sui bombardamenti aerei subiti che abbia fatto più di 4 o 5 morti tra i civili, di cui gli immancabili uno o due bambini.
Per contro, secondo le stesse fonti ucraine, non viene colpito nemmeno un soldato.
Le perdite di combattenti sono un segreto di Stato che come tale va rispettato per la tenuta morale della nazione. Ma non convince nessuno. Da parte ucraina, a ridosso della sottile linea di contatto, peraltro molto discontinua, non c’è niente. Le poche forze disponibili sono concentrate nei punti di maggiore sforzo russo in un testa a testa che contrasterebbe con tutte le regole del combattimento se veramente i russi avessero intenzione e fretta di “sfondare” da qualche parte.
Dietro le linee ucraine più in profondità operano le artiglierie e i lanciarazzi e lanciamissili forniti dai Paesi occidentali completi di munizioni, operatori e sistemi di acquisizione di obiettivi non necessariamente schierati in Ucraina.
La difesa antiaerea russa copre le parti più sensibili, come Crimea, Zhaporizhia, Kherson e Kharkiv oltre alla difesa “di punto” delle basi aeree e logistiche.
Quella ucraina è quasi assente e carente anche nella difesa dello spazio aereo dei maggiori centri come Kiev e Dnipro.
Dopo due anni di combattimenti a singhiozzo, l’Ucraina si è resa conto di non possedere la base né per vincere né per essere aiutata a vincere. Il tentennamento americano sui finanziamenti ha lanciato un segnale pericoloso ai dirigenti di Kiev, ha imbarazzato l’amministrazione Biden e ha costretto i vertici di Nato ed Europa a spendersi in rassicurazioni e finanziamenti oltre ogni realistica capacità di fornirli realmente e in tempo per evitare la catastrofe e di inviarli per un tempo lungo.
Le manifestazioni di appoggio incondizionato e “per tutto il tempo che ci vorrà” garantito da personaggi in perenne pellegrinaggio a Kiev sono al limite tra l’ipocrisia e la goliardia. Gli ucraini l’han notato da tempo e a ogni viaggio alzano la posta.
Zelensky e i suoi sanno che tali promesse non saranno comunque sufficienti a ribaltare le sorti della guerra.
I miliardi di aiuti, tolti quei tanti per le spese di mantenimento dell’apparato statale e quei pochissimi destinati agli scopi umanitari, vanno in armamenti forniti direttamente dai singoli Paesi.
Russia e Ucraina non hanno mostrato alcuna intenzione di negoziare ed entrambe fanno credere di poter vincere sul campo: l’Ucraina non da sola, ma con il sostegno armato di Usa ed Europa; la Russia con la deterrenza nucleare e il sostegno politico-strategico di Cina e altri Paesi del sud del mondo.
Sono due presunzioni errate, ma proprio per questo ancor più pericolose: entrambe portano direttamente a una guerra continentale con l’impiego di armi nucleari tattiche, reso altamente probabile dalle forniture di armi occidentali all’Ucraina.
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mercoledì 13 settembre 2023
TUTTI A CASA - Marco Travaglio - 11 settembre 2023
lunedì 28 agosto 2023
IL GIORNO DELLA MARMOTTA. - Marco Travaglio - 28 agosto 2023
venerdì 30 giugno 2023
Tentativi di negoziato: Kiev li rifiuta, la stampa li censura. - Giuseppe Salamone
Se la situazione fosse a parti invertite, avremmo stampa, politica e intellettuali da strapazzo indignati a reti unificate. Invece vige un silenzio tombale e la "censura democratica" occidentale continua a fare egregiamente il proprio lavoro.
C'è il cardinale Zuppi che per conto del Papa continua a fare la spola tra Kiev e Mosca. L'intento è quello di portare avanti una mediazione con lo scopo di una risoluzione diplomatica al conflitto. È un evento molto importante perché il Vaticano, non essendosi schierato, potrebbe seriamente avvicinare le due parti per raggiungere un risultato che converrebbe a tutti. La pace!
Evidentemente qualcuno da dietro le quinte continua a lavorare per sabotare ogni iniziativa che non preveda armi, esattamente come fatto per gli accordi di Istanbul stracciati senza pudore da Zelensky su ordini dei "buoni e democratici occidentali". A parte che queste visite da parte di Zuppi non ricevono la giusta attenzione e diffusione da parte della stampa, infatti sono relegate a eventi di second'ordine e nel peggiore dei casi sottoposte a censure, c'è anche da dire che le dichiarazioni delle parti in causa sono nette e non lasciano spazio a interpretazioni.
Andriy Yermak, capo ufficio presidenziale Ucraino è netto, lo dice senza giri di parole e senza un minimo di vergogna: "Non abbiamo bisogno di mediazioni". Questo succede perché si sentono forti del sostegno occidentale e quindi si arrogano il diritto di portare per le lunghe una guerra che sta sventrando l'Ucraina sia in termini materiali, economici che umani. Per loro evidentemente l'importante è che arrivino miliardi, alla fine al fronte ci mandano la carne da cannone, mica ci vanno loro. Dall'altra parte invece, Peskov che è il portavoce del Cremlino, si pronuncia dicendo che la Russia esprime "alto apprezzamento per le iniziative del Papa per la soluzione del conflitto".
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro anche perché dovrebbe essere assai evidente chi apre al corso diplomatico e chi, nettamente, sbatte la porta. Poi ci vengono a dire che quelli che sbattono la porta vogliono la pace, mentre chi la porta la apre è a prescindere un brutto e cattivo che fa di tutto per non avviare dei seri negoziati. La situazione è abbastanza evidente; chi si ostina a voltarsi dall'altra parte e non vuole capirla o è in malafede, oppure ha veramente bisogno di un bravo medico. Che non sia Atlantista complusivo però...
T.me/GiuseppeSalamone
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sabato 10 giugno 2023
Lucio Caracciolo: “Ucraina nella Nato? Saremmo in guerra”
(DI SALVATORE CANNAVÒ – ilfattoquotidiano.it) – Con Lucio Caracciolo, direttore e fondatore del mensile Limes, uno dei massimi esperti di geopolitica, facciamo il punto sulla situazione in Ucraina dopo l’esplosione della diga di Kakhovka.
LUCIO CARACCIOLO – Strategie “Il nuovo attacco si basa sulla tattica delle ‘cento punture di spillo’. Il crollo della diga può destabilizzare la Crimea”. Con Lucio Caracciolo, direttore e fondatore del mensile Limes, uno dei […]
Pensa che sia in atto, come il presidente ucraino Zelensky ripete da tempo, una vera offensiva ucraina?
L’annuncio che è in corso un’offensiva fa parte dell’offensiva stessa. Non dobbiamo aspettarci un’operazione in senso classico. I rapporti di forza tra Ucraina e Russia in termini numerici sono tali da impedire la concentrazione di una massa di soldati sufficiente a sfondare il fronte russo e soprattutto, successivamente, a controllare i territori riconquistati. Gli ucraini hanno finora dimostrato fantasia e abilità tattica, ma sono consapevoli di questi dati e quindi sembrano orientati ad adottare la tattica delle “cento punture di spillo”, che possono essere anche molto acuminati e velenosi. E preludere a una sorpresa finale, anche molto rischiosa.
Una tattica articolata?
Sì, basata ad esempio su attacchi di commandos nei territori russi, con un effetto destabilizzante sotto il profilo psicologico. L’idea è di mostrare ai russi la possibilità che la guerra si estenda sul loro territorio. Poi la linea del fronte ucraino non corrisponde automaticamente a una linea di possibile offensiva: l’estuario del Dniepr, ad esempio, è fuori dalla possibilità di una grande battaglia dopo la catastrofe della diga. Questo accorcia le linee difensive che i russi devono proteggere e quindi anche lo spazio che gli ucraini possono considerare per la offensiva. L’obiettivo finale di questa tattica articolata, che può durare diversi mesi, a mio avviso è quello di destabilizzare la Crimea.
L’obiettivo strategico?
Il Donbass interessa ormai relativamente poco a Kiev. Parliamo di un territorio devastato da quasi dieci anni di guerra, abitato in gran parte da una popolazione filo-russa, visto che gli ucraini se ne sono quasi tutti andati. La priorità per gli ucraini è la regione che da Zaporizhzhia porta in Crimea. Se riescono a scavalcare i russi metteranno in crisi Mosca. Per puntare a destabilizzarne il gioiello geopolitico: Sebastapoli.
E cosa significa destabilizzare?
Destabilizzare vuol dire rendere la vita impossibile ai russi in quell’area e in prospettiva tagliarne i collegamenti con la madre patria. In questo senso l’aspetto strategico del crollo della diga consiste nel tagliare l’acqua dolce alla Crimea. Non sarà per niente facile trovare alternative da parte russa. Già oggi in Crimea arriva acqua inquinata e presto dal bacino del Dniepr potrebbe arrivarne poca o niente.
L’esplosione della diga danneggia quindi la Russia?
La crisi idrica in Crimea è senza dubbio un vantaggio notevole per l’Ucraina. Se poi la Crimea fosse davvero allo stremo, per i russi si aprirebbero due alternative: o una umiliante resa, che forse lascerebbe loro il Donbass ma senza la Crimea; oppure il rilancio di una offensiva più ampia con una mobilitazione generale in Russia. Il passaggio dalla “operazione speciale” alla vera e propria guerra. Rischio esistenziale per Putin.
Ha preso quota nelle ultime settimane l’ipotesi della “pace tedesca” con l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e la concessione di territori alla Russia. Ipotesi che è stata rilanciata anche da Henry Kissinger. Che ne pensa?
Intanto è interessante che festeggiando il suo centesimo compleanno, Kissinger si sia smentito rispetto all’Ucraina nella Nato, cui prima era contrario. Però dobbiamo essere consapevoli che far aderire subito l’Ucraina alla Nato significa che noi oggi saremmo in guerra con la Russia: quel che gli Usa e molti europei non vogliono. Quindi non mi sembra una soluzione, almeno di sconfitta totale della Russia. Non è un caso che gli Stati Uniti segnalino costantemente a Kiev che di Nato oggi non si deve parlare.
Che giudizio dà della missione di pace a opera di monsignor Zuppi?
Non so che cosa abbia prodotto, al di là di quello che si è letto sulla stampa. Certamente il Vaticano si muove da tempo, con alcuni risultati, sulle questioni umanitarie, favorendo lo scambio di prigionieri o il ritorno a casa dei bambini e dei ragazzi rapiti dai russi. Non credo che la Santa Sede possa dire una parola decisiva sulle questioni di fondo. Come può la Chiesa cattolica dirimere il conflitto tra due chiese ortodosse?
Il Vaticano però continua ad agire con molta determinazione, quasi non volesse lasciare nulla di intentato.
Si tratta di una delle missioni della Chiesa cattolica, tentare l’impossibile, e molte volte ha saputo lasciare il segno. Del resto la Santa Sede è stata tra le prime a dire che bisognava ragionare sulla pace.
Chi si frappone maggiormente alla sua missione, gli ucraini o i russi?
Le due posizioni si tengono. Si potrebbe immaginare freddamente a tavolino un compromesso che muova dall’attuale linea del fronte, dichiari un cessate il fuoco indicando una forza internazionale di interposizione e poi avviare un lungo negoziato sugli assetti finali, che potrebbe durare anni. Ma tutto questo è impossibile oggi, perché sia Putin che Zelensky non possono accettare l’attuale situazione sul terreno. Ovvero, non possono venderla come vittoria al proprio pubblico.
Sembra una trappola senza soluzione, come potrebbe finire la guerra?
A oggi sembra poter finire solo per esaurimento di uno o entrambi i contendenti. A soffrire di più è l’Ucraina, basti guardare il dato demografico: da 53 milioni di abitanti l’Ucraina è passata a 30 milioni, con in più una perdita di capitale fisico che, secondo la Banca mondiale, equivale a 400 miliardi. Per questo la ricostruzione ucraina sarà molto importante. Noi dovremmo impegnarci su questo dossier per non lasciare quel Paese in balia della Russia, del caos interno o di entrambe le cose. Urge il cessate-il-fuoco, per quanto provvisorio. Tutto il resto è secondario.
Gli Usa hanno rivelato che dietro l’attentato al Nord Stream c’è forse l’Ucraina. Cosa vuol dire?
La rivelazione sui progetti ucraini per far saltare il Nord Stream, che viene da ambienti del Pentagono, costituisce l’ennesima pressione su Kiev. Gli Stati Uniti vorrebbero che la guerra si concludesse entro la fine dell’anno e spingono perché venga accettato un “compromesso sporco”. Biden ha interesse che il conflitto si concluda prima che la campagna presidenziale entri nel vivo. Possibilmente anche prima di una guerra atomica con la Russia.
https://infosannio.com/2023/06/09/lucio-caracciolo-ucraina-nella-nato-saremmo-in-guerra/