Visualizzazione post con etichetta Trump. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Trump. Mostra tutti i post

sabato 9 gennaio 2021

Trumpusconi. - Marco Travaglio

 

Vedendo Trump che gridava ai brogli e non riconosceva la vittoria di Biden, a B. è venuto in mente qualcuno, ma senza ricordare chi. E, nel dubbio, ha inviato un articolo al Giornale di famiglia per dire che certe cose non si fanno: “È la fine peggiore. Noi liberali siamo un’altra cosa. Il voto va rispettato. Trump ha minato la democrazia Usa” per “non aver riconosciuto la vittoria di Biden”. Figurarsi la delusione di Trump, che ha copiato tutto da lui. Il quale, in 27 anni di malavita politica, non ha mai riconosciuto una sola vittoria avversaria, gridando regolarmente ai brogli. Se i suoi fan più pittoreschi non hanno mai invaso il Parlamento, è solo perché li stipendia lui nei suoi giornali e tv. Invece il resto della stampa se la prende con Salvini&Meloni (che hanno tanti difetti, ma non hanno mai negato la legittimità delle vittorie altrui). Nel 1994 B. vince: quindi elezioni regolari. Ma un anno dopo perde le Amministrative, ergo non vale: “La gente si è sbagliata, erano giusti gli exit-poll che mi davano vincente” (26.4.95). Nel ’96 stravince l’Ulivo di Prodi e lui strilla allo scippo: “Nel ’96 ci hanno tolto 1 milione e 705 mila schede” (6.4.2000). Anzi “1 milione e 171 mila schede” (14.4.2001).

Nel 2001 rivince lui: nessun broglio. Ma a fine legislatura è sotto nei sondaggi: cambia la legge elettorale col Porcellum per ottenere almeno il pareggio e riattacca la guerra preventiva. “A sinistra ci sono dei professionisti dei brogli. Ci hanno sottratto 1 milione e 750 mila voti” (18.2.06). E invoca “gli osservatori dell’Onu per difenderci da questi signori esperti di brogli” (6.4.06). Il 10 aprile si vota: una notte di drammatica incertezza. Anziché presidiare il Viminale dove affluiscono i dati, il ministro forzista dell’Interno Beppe Pisanu fa la spola con Palazzo Grazioli, mentre Marco Minniti e altri Ds vanno e vengono dal Viminale per capire che accade. Su quella notte, si racconterà di tutto. Di certo c’è che Pisanu dice un no di troppo e rompe per sempre con B. L’11, finalmente, i risultati: l’Unione di Prodi ha vinto d’un soffio. B. chiama la piazza, poi la stampa: “Tanti brogli unidirezionali ai miei danni in tutta Italia. Ne ho parlato con Ciampi, cambieranno il risultato: schede non conformi, somme sbagliate, dati riportati male, schede trovate in giro evidentemente messe da parte. Ricontrollare i verbali di 60 mila sezioni”. Le stesse parole che 15 anni dopo userà Trump. E, come le sue, senza uno straccio di prova. Per un mese B. rimane asserragliato a Palazzo Chigi, senza sloggiare né riconoscere la sconfitta, per impedire a Ciampi di incaricare Prodi prima della scadenza del mandato e rinviare la nomina del nuovo premier al suo successore.

Eogni giorno spara cifre a caso: “1 milione di schede contestate”, “1 milione e 100 mila nulle”, “un calo del 60% nelle bianche” … Il Viminale parla di 43.028 schede contestate alla Camera e 39.822 al Senato. Cioè 82 mila schede in bilico, in grado di rovesciare la nuova maggioranza. Poi Pisanu ammette un piccolo “errore materiale”: i cervelloni del Viminale hanno sbadatamente “sommato le schede contestate alle nulle e alle bianche”. Le contestate alla Camera non erano 43 mila, ma 2.131; e al Senato non 39 mila, ma 3.135. La “svista” ha ventuplicato le contestazioni per Montecitorio e decuplicato quelle per Palazzo Madama. B. però continua imperterrito a non riconoscere la sconfitta. Nemmeno quando il 19 aprile la Cassazione mette fine alla querelle e divide le schede contestate fifty fifty tra Cdl e Unione e Prodi va al governo. B. grida all’“esecutivo illegittimo per le elezioni taroccate” e compra senatori per rovesciarlo. E per due anni invoca il “riconteggio delle schede” anche se è già stato fatto e gli ha dato torto (“ci han fregato almeno un voto per ognuno dei 60 mila seggi”).
Tira anche in ballo Pisanu: “Nel 2006 fu una notte di spogli e di brogli, i nostri tecnici ci hanno dato le prove. A mezzanotte il ministro dell’Interno venne da me e mi garantì la nostra vittoria con 100 mila voti in più alla Camera e 250 mila al Senato. Poi è successo qualcosa: l’appello di Fassino ai suoi rappresentanti nei seggi e la difficoltà nel ricevere i voti da Campania e Calabria, che dopo tre ore erano diversi, la Campania segnò la vittoria della sinistra” (10.4.07). “Ci hanno fregato un milione di voti” (30.8.07). Nel 2008 cade Prodi, si rivota e B. ricomincia: “Temiamo brogli ovunque: ci giunge notizia di 150.000 schede stampate in più in Argentina” (1.4.2008). Organizza “lezioni anti-brogli” ai suoi e distribuisce milioni di “normografi anti-brogli” agli elettori. Poi vince lui, dunque tutto regolare. Ma nel 2013 riecco la pippa del 2006. Stavolta Pisanu perde la pazienza: “Non è la prima volta che il presidente Berlusconi fornisce versioni fantasiose della notte elettorale del 2006. Ora basta. Nel 2006 nessuno delle migliaia di scrutatori e rappresentanti di lista berlusconiani sollevò un solo reclamo od obiezione in tutta Italia. Quello scrutinio fu assolutamente regolare, come poi confermò con voto unanime la giunta per le elezioni del Senato” (8.1.13). Stavolta per FI è una débâcle, ma il perchè è semplice: “I brogli della sinistra ci han portato via 1,6 milioni di voti” (17.12.13), per l’esattezza “23 voti a sezione” (3.5.15). E lo ripete a ogni pie’ sospinto nel 2016 e nel ‘17. Come si permette Trump di gridare ai brogli e di non riconoscere la vittoria dell’avversario? Non è liberale né democratico, suvvia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/09/trumpusconi/6059965/

venerdì 8 gennaio 2021

Occhio a tutti i Trump: pure a quelli d’Italia. - Antonio Padellaro

 

Non sfotterò Matteo Salvini, quello delle photo opportunity con Donald Trump (che domandava: ma questo chi è?), quello che indossava la mascherina con il logo Trump (fino a quando non è stato battuto da Joe Biden), quello che oggi scarica l’ex amico eversore (come è sempre stato) dicendo “è una follia”. Né rinfaccerò a Giorgia Meloni la sbandata per il guru sovranista Steve Bannon, uno poi accusato di frode e diventato impresentabile perfino per l’inquilino della Casa Bianca (che infatti lo cacciò). E neppure infierirò sulle vedove del presidente “sciagura” (Paul Auster), come Maria Giovanna Maglie in gramaglie, come il mesto Daniele Capezzone, perché la coerenza richiede di sbagliare oggi come si sbagliava quattro anni fa. E mi auguro che adesso non venga in mente a qualcuno di moderare Rete 4, forse l’ultima emittente orgogliosamente trumpiana. Questi sono i miei sentimenti dopo aver visto l’altra notte le sembianze dei sovversivi di Capitol Hill, una massa di esaltati certo, ma anche gli avamposti di un’America la cui disperazione è stata vigliaccamente usata e abusata da quel signore con la chioma arancione. Fu proprio Bannon a ricostruire la genealogia della crisi che ha spinto masse di operai bianchi tra le braccia di Trump. Quando hanno mandato Lehman Brothers in bancarotta, la corruzione della finanza e poi “le banche che hanno guardato da un’altra parte, gli studi legali che hanno guardato da un’altra parte, le società di revisione che hanno guardato da un’altra parte, i media finanziari che hanno distolto lo sguardo”. Questo ha acceso un fiammifero, e Trump è stato l’esplosione. Tutti hanno guardato da un’altra parte e probabilmente starebbero (staremmo) ancora guardando da un’altra parte se non fosse emersa dagli scantinati della società quella moltitudine di facce qualunque, guidate da uno sciamano a torso nudo con un peloso copricapo vichingo, con al seguito un tizio abbigliato da Batman. Tra uno sventolio di bandiere a stelle e strisce ornate con i simboli complottisti di QAnon. Agricoltori senza terra, meccanici senza officine, famiglie senza sussidi, biker con armi automatiche, che per una volta nella vita si sono presi la loro rivincita violando lo studio di Nancy Pelosi, mettendo i piedi sulla scrivania. Sapendo che, prima o poi, verranno a prenderli, uno per uno. Ecco, vorrei che Salvini, Meloni, la Maglie, insieme allo show permanente del Covid governo ladro continuassero a funzionare come promemoria. A ricordarci che i sovversivi se ne sono andati, ma che continuando a guardare da un’altra parte quel Trump, o un altro Trump, potrebbe presto ritornare e sarebbe molto, molto peggio

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/08/occhio-a-tutti-i-trump-pure-a-quelli-ditalia/6058768/

giovedì 12 novembre 2020

Coronavirus, Capua: “Trump guarito dal Covid? La sua cura costata un milione di euro, non è per tutti”. -

 

La virologa, direttrice dell’One Health Center dell’università della Florida, ha spiegato su Radio Uno che la cura ricevuta dal presidente uscente degli Stati Uniti è tutt'altro che applicabile ai pazienti malati di Covid.

Ha parlato con spavalderia del Covid e dopo avere trascorso solo tre giorni ricoverato al Walter Reed Medical Center ha ripreso i comizi e definito addirittura “una benedizione” il Sars-Cov-2. Ma quello che ha ricevuto Donald Trump per guarire è stato “un trattamento da superman, tipo criptonite”. La virologa Ilaria Capua, direttrice dell’One Health Center dell’università della Florida, ospite su Radio Uno a Un giorno da pecora, ha spiegato che la cura ricevuta dal presidente uscente degli Stati Uniti è tutt’altro che applicabile ai pazienti malati di Covid. In pratica, ha detto la scienziata, “gli hanno fatto una dose sostanziosa di anticorpo monoclonale, che è un missile terra-aria. Blocca il virus quando sta entrando nel sangue e quindi non riesce a provocare malattia. Solo che questa medicina non è per tutti. È costosissima. La cura di Trump sarà costata forse un milione di euro. È una cura da presidente”.

“Gli anticorpi monoclonali – spiega la virologa, secondo cui Trump per la gestione della pandemia ha dato “il peggior esempio possibile” – sono dei missili che, però, si producono in piccolissime quantità. E per funzionare devono essere super concentrati. A Trump hanno fatto una dose ‘da pecora’, per non dire da cavallo. Quindi è riuscito a fare l’ultima parte della campagna elettorale ridicolizzando il virus. Le persone che gli credono, e sono tante, hanno visto il loro presidente così spavaldo. Ma non vale! Perché a lui hanno fatto la criptonite“, ironizza Capua. Che ricorda come gli anticorpi monoclonali “sono terapie super speciali. È illusorio pensare che questa cura possa arrivare a tutte le persone in pochi mesi”, conclude.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/12/coronavirus-capua-trump-guarito-dal-covid-la-sua-cura-costata-un-milione-di-euro-non-e-per-tutti/6001276/

martedì 10 novembre 2020

The Donald non è matto, ma un uomo pericoloso. - Gad Lerner

 

L’esercizio di diagnosi psichiatriche a distanza è ripreso a pieno ritmo dacché Donald Trump, a urne ancora aperte, si è messo a twittare: “Ho vinto queste elezioni, e di molto”. Dichiarandosi vittima di una macchinazione pianificata addirittura con milioni di schede false, senza riscontro alcuno.

Anche in Italia non sono mancate interpretazioni di autorevoli esperti sul delirio di onnipotenza da cui sarebbe afflitto l’inquilino che si rifiuta di sloggiare dalla Casa Bianca. Lo scrittore Gianrico Carofiglio, sul Domani, chiama in causa gli specialisti di salute mentale per sostenere che Trump crederebbe sul serio di avere vinto, in quanto affetto da una sindrome che lo induce a adattare la realtà a una visione grandiosa di sé. Lo psicanalista Massimo Recalcati, su La Stampa, ricorre alla categoria classica della ferita narcisistica: Trump rincorrerebbe affannosamente l’immagine ideale di se stesso nello specchio del suo narcisismo. Ammetto di non avere competenze in merito, ma ci andrei piano. La campagna di delegittimazione del voto americano è scattata con perfetto tempismo in base a un calcolo assolutamente razionale. Trump si accinge a fronteggiare una mole tale di indagini giudiziarie e fiscali che gravano su di lui, una volta spossessato dell’immunità che la carica istituzionale gli ha garantito, da obbligarlo a predisporre una forza d’urto sufficiente a proteggerlo in futuro. La sopravvivenza del trumpismo come movimento antipolitico organizzato è l’unico salvacondotto su cui potrà contare, per non uscire stritolato dall’avventura presidenziale.

Ricordate quando Berlusconi impose ai suoi centurioni di coprirsi di ridicolo votando che la minorenne Ruby fosse nipote di Mubarak? Se avesse ammesso la propria sconfitta, Trump sarebbe politicamente già morto. Sbaglierò, ma a me pare tutt’altro che scemo. Ciò lo rende ancor più pericoloso.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/10/the-donald-non-e-matto-ma-un-uomo-pericoloso/5997899/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-11-10

“È falso”: ora cominciamo a dirlo forte. - Antonio Padellaro

 

“Non esiste nessuna contea degli Stati Uniti nelle quali ci siano stati più voti che votanti. L’informazione fornita da Matteo Salvini venerdì scorso, in chiusura di questa trasmissione, era una notizia falsa. Punto e basta”. Questa puntuale rettifica di Simone Spetia, conduttore di 24 Mattino su Radio 24, rappresenta una difesa efficace del diritto vitale dei cittadini alla corretta informazione, ora più che mai minacciata dalla bomba atomica delle fake news. Non è difficile immaginare, infatti, cosa potrebbe diventare avanti di questo passo la sala ovale della Casa Bianca nei settanta giorni che separano l’America e il mondo dall’ingresso di Joe Biden: una centrale di contaminazione permanente e ossessiva della realtà dei fatti. A meno che, come molti si augurano (ma pochi ci sperano) Donald Trump non ascolti chi, nel Partito Repubblicano e perfino nelle stanze accanto, starebbe cercando di convincerlo ad accettare il verdetto delle urne e a ritirarsi in buon ordine senza gettare altra benzina sul fuoco. Perché la strategia presidenziale della menzogna, oltre a fomentare le milizie dei pazzoidi che si aggirano per l’America muniti di armi automatiche, può motivare i numerosi avvelenatori di pozzi che prosperano dappertutto sul negazionismo complottista. Non desta infatti grande sorpresa che il cosiddetto leader italiano impegnato a spargere disinformazione sulla legittimità del voto negli Stati Uniti, sia il medesimo che sulla pericolosità del Covid ha detto tutto e il contrario di tutto, togliendosi e mettendosi la mascherina. Giorgia Meloni ha ragione quando sostiene che il populismo non è affatto finito, come dimostra l’accresciuto consenso ottenuto da Trump. E che la sinistra, oltre a esultare per la vittoria di Biden farebbe bene a non descrivere l’avversario come “un mostro pericoloso”, accettando invece di “confrontarsi sulle proposte” con partiti e movimenti che al di qua e al di là dell’oceano continuano a raccogliere un vasto consenso popolare. Altro discorso però è l’intossicazione delle false notizie di cui gli stregoni del populismo sovranista (e certi apprendisti nostrani) si servono per i loro scopi, e i loro spot. Si può fare un tifo sfegatato per Trump senza per questo negare la realtà, come Edward Luttwak che su La Verità dice: “Veri e propri brogli non ne vedo, al massimo qualche irregolarità qua e là”. Anche per i dottor Stranamore c’è un limite all’indecenza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/10/e-falso-ora-cominciamo-a-dirlo-forte/5997898/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-11-10

domenica 8 novembre 2020

Cosa resta dell’America dopo la caduta di Trump. - Furio Colombo

 

Donald Trump, un uomo ricco e senza reputazione, nelle elezioni presidenziali del 2016 si è messo alla testa dei repubblicani, con un linguaggio folle e un comportamento talmente volgare da attrarre di colpo una forte attenzione. Da allora quei repubblicani si sono rapidamente trasformati, come in una strana fiaba, da conservatori rigorosi, preoccupati della protezione della ricchezza e dunque duri con i nemici ma aperti ai buoni accordi col mondo, in un vasto corteo di gente in cerca di decisioni assolute, qui, adesso, in America, senza perdere tempo a cercare amici, portando in dono ossessioni e false credenze.

Primi sono arrivati i portatori di ossessioni che sembrano religiose (aborto, gay, gender). Ma è gente che, se necessario, uccide. Molti medici sono stati uccisi perché ginecologi laici. Arrivano subito i fondamentalisti di diversi cristianesimi che vogliono scuole senza Storia e senza Scienza, fondate su una loro interpretazione della Bibbia. Si arruolano frammenti di un oscuro e sommerso pensiero americano, come i QAnon, dediti alla invenzione di complotti, i Wolverine Watchmen, che secondo l’Fbi stavano preparando il rapimento della governatrice del Michigan, i ProudBoys, che Trump stesso ha citato, raccomandando loro di “tenersi pronti e restare in attesa” durante il primo dibattito con Biden. Intanto erano già entrate nel corteo di Trump due grandi forze delle rivolte popolari apparentemente improvvisate: il negazionismo – che è un rigetto violento della cultura e dell’informazione e adesso ha come nemico la pandemia che “non esiste” – e il vasto schieramento del razzismo.

Il ginocchio del poliziotto sul collo del cittadino George Floyd, condannato a morte perché nero su un marciapiede di Minneapolis, resterà il simbolo delle elezioni americane del 2020. Mossa atroce e ben calcolata. I neri infatti si sono ribellati (Black Lives Matter) e la televisione poteva filmare afroamericani armati nelle strade d’America. Ci sono certo state persone prudenti che hanno deciso di non votare contro Trump, che, in circostanze difficili, è uno forte e sa intervenire. Nonostante ciò i democratici forse hanno vinto, contro la violenza aggressiva e la misteriosa malattia del presidente, curato solo da medici militari e salvato da una guarigione istantanea, come se il Walter Reed Hospital di Washington fosse Lourdes. Certo, nel progressivo affermarsi del partito democratico nel corso dello spoglio elettorale, la folla di Trump ha cominciato a sentire un odore per lei disgustoso di normalità: le frontiere con il Messico non erano più per gli Usa un pericolo così grave da rendere necessario l’invio di truppe e la crudeltà di strappare i bambini alle madri che tentavano di passare il confine. Certo, fuori della bottega di Trump piena di atomiche, c’era il resto del mondo, e la possibilità di tentare di ristabilire rispettosi legami.

Pensate come cambiano i rapporti se nel grande Paese che ha sconfitto il fascismo – il Paese di Roosevelt, di Kennedy, di Martin Luther King, di Barack Obama – viene rimossa la targa “Make America great again”, che identifica un Paese avaro, isolato, circondato di dazi, amico di Putin, con il debito nelle mani dei cinesi e neppure un sospetto che esistano l’Africa e l’America Latina. O anche solo l’Unione europea.

L’invenzione di Trump è stata quella di scatenare e tenere vivo un continuo scontro con il buon senso e la normalità psichica (“Ma lei non è lo zio matto, lei è il presidente degli Stati Uniti”, gli ha gridato una intervistatrice coraggiosa), mantenendo vivo il divertimento della sua folla. L’errore dei democratici è stato di comportarsi come se Trump fosse davvero il presidente degli Stati Uniti e non una persona fuori equilibrio, chiedendo troppo tardi una verifica dello stato mentale dell’uomo che stava recando danni irreversibili all’America. Nonostante la guarigione miracolosa, il Coronavirus è stato la buccia di banana su cui è scivolato il mago asserragliato nella Casa Bianca. Ha fallito nel negare l’epidemia, i suoi malati, le sue terapie intensive, i suoi morti. Ha fallito nel tentare di passare oltre. Lo ha scosso e spaventato la perdita del controllo divertito e assoluto di cui ha goduto. I democratici hanno vinto bene (senza perdere dignità) e hanno vinto male (non erano a fianco dei neri colpiti e non hanno fatto nulla per impedire le squadre armate e ricordare l’insegnamento di Luther King: “La nonviolenza è la strada”). E per questo ci saranno ben pochi neri proprio nel Parlamento per cui hanno rischiato. Biden, quando avrà vinto, governerà un Paese di macerie morali e istituzionali. Ma lascerà un segno per i futuri bambini delle scuole americane: da uomo inerme, con un partito malconcio, con le sue brevi corse al microfono dei “rallies” ha dato lo spintone a Trump.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/08/cosa-resta-dellamerica-dopo-la-caduta-di-trump/5995956/

venerdì 6 novembre 2020

Il prete che minimizza la pedofilia, il martire Verdini e il gigante Proietti: i post di Scanzi. - Andrea Scanzi

 

Irresponsabilità da “sgovernatore”

Che pena, certi sgovernatori. Che faccia tosta. Che mancanza totale di rispetto, morale, senso istituzionale. Di alcuni neanche sarebbe il caso di parlare. Tipo il reggente Spirlì, quello che mesi fa si vantava di usare le parole “negri”, “froci” e “zingari”. O Fontana, uno che già solo immaginarlo governatore della Lombardia viene voglia di invadere la Polonia. Questi fenomeni sono i campioni dello scaricabarile: autonomisti quando fa comodo, statalisti quando c’è da scaricare le colpe sul governo centrale. Ecco: questa gente mi ha brasato i coglioni. Me li ha proprio frantumati, glassati e vivisezionati dalle fondamenta. Il loro atteggiamento – dentro una pandemia mondiale! – è scellerato e inaccettabile. Lombardia zona rossa? È il minimo sindacale. E anzi andava fatto tre settimane fa. Idem la Calabria, quella che giorni fa “sbagliava” i dati in terapia intensiva. Mancano Campania e Liguria? Probabile, ma ciò nulla toglie alle vostre responsabilità.
Sicilia zona arancione? Ex camerata mio Musumeci, abbi pazienza, ma tra i 21 protocolli da seguire non ci sono solo il numero di contagi. C’è per esempio la situazione degli ospedali. E c’è per esempio il tracciamento, e quello della Sicilia è così efficiente che in confronto il tracking di Deliveroo pare Cape Canaveral. Siete stati votati (insensatamente) per governare, non per frignare. In questi mesi avete fatto poco, se non niente. E quel poco spesso lo avete pure sbagliato. Avete davvero rotto le palle. Ed è ora di finirla.

Chi paragona Conte all’isis

“Conte ama colpire col favore delle tenebre, non diversamente dai terroristi islamici che hanno funestato l’ultima notte di libertà di Vienna”.Lo ha scritto davvero, Pietro Senaldi. Okay, lo ha scritto stamani (mercoledì) sulla prima pagina di un “giornale” che incarna da sempre il peggio del “giornalismo”, ma lo ha scritto. Davvero siamo arrivati al punto di accettare parallelismi irricevibili tra un presidente del Consiglio e i terroristi islamici? Denunciate questa deriva terrificante e condividete a più non posso questo post. Sono frasi INACCETTABILI!

Fratelli d’Italia: “La discriminazione rientra nell’ambito delle opinioni”

A eccezione di qualche parlamentare di Forza Italia, quel troiaio di destra che ci ritroviamo ha provato in ogni modo ad affossare il meritorio disegno di legge Zan contro l’omotransfobia, che la maggioranza vorrebbe adottare per rafforzare le tutele contro le discriminazioni e le violenze per orientamento sessuale, genere e identità di genere. Il provvedimento è passato alla Camera.I livelli di orrore morale che hanno raggiunto legaioli e Fratelli dei Quasi Fasci sono stati abominevoli. Ne cito uno per citarne tutti. Lui è tal Edmondo Cirielli di Fratelli dei Quasi Fasci. Ha detto quanto segue: “Potete dire quello che volete, ma l’istigazione alla discriminazione e l’atto della discriminazione, per quanto odiosi e deprecabili, rientrano nell’ambito dell’opinione”. Capito? La discriminazione rientra “nell’ambito dell’opinione”. Siamo ormai oltre l’abominio.

A proposito di negazionisti, c’è anche chi muore. Negazionisti, riduzionisti, no mask e fan di quegli imbecilli che in tivù o in Parlamento non credevano alla seconda ondata, minimizzavano e facevano i selfie in piazze piene con i Kapitoni sognando le discoteche aperte e il “liberi tutti”: leggete queste notizie e poi sputatevi in faccia da soli. Avete colpe indelebili e imperdonabili. Quanto dolore. Quanta rabbia. E quanti deficienti senza speranza, che complicano una situazione di per sé difficilissima. Siamo messi davvero male.

Trump-Biden, sfida con un sistema elettorale delirante.

Le elezioni americane hanno confermato due vecchie certezze; gli americani sono cocciutamente insondabili e gli “esperti” non analizzano, ma tifano. I “politologi”, quasi tutti di sinistra, speravano in Biden sulla base di un’unica considerazione: “Trump è irricevibile”. Verissimo, ma questa non è un’analisi: è una speranza. È il credere che tutti gli umani la pensino come te. Se così fosse, i Pink Floyd sarebbero Imperatori della Galassia, Enrico Berlinguer avrebbe fatto il Presidente del Consiglio per secoli e Salvini sculaccerebbe – col naso – i billi della Val di Chiana. La verità è che, come quattro anni fa, molti “tromboni” non hanno capito nulla delle elezioni americane. Tre giorni fa ho telefonato a uno dei miei migliori amici. Si chiama Massimiliano Bertozzi. Vive a New York da più di dieci anni. Fa il cameraman (anche) per Sky e Mediaset. È bravissimo. Gli ho chiesto se fosse vero, come in tanti ripetevano da noi, che il diversamente carismatico Biden avesse già vinto. Lui: “No. La sua rimonta si è fermata da qualche settimana, Trump sta riconquistando tutti e mi gioco ogni cosa che vincerà l’election Day e poi parlerà di brogli sul voto postale. Non solo: qualora arrivasse la vittoria dei Dem per via del voto postale, non riconoscerà l’eventuale vittoria. E ricorrerà alla Corte Suprema, dove ovviamente c’è tutta gente sua”.Esattamente quello che è accaduto. (Non invento nulla: ho la sua nota vocale e ieri ho pure citato quello che ha detto durante la #ScanziLive). Ora: Massi è sicuramente un genio, e lo sapevo già, ma forse molti “esperti” potevano almeno telefonargli prima di sparare cazzate per mesi sui giornali e in tivù. Le elezioni 2020 hanno peraltro evidenziato l’eterna stortura di un sistema elettorale folle, contorto e un po’ ridicolo. E’ vagamente anacronistica la pantomima dei 535 “Grandi Elettori”, che poi votano di fatto a dicembre il Presidente degli Stati Uniti (quella degli USA è un’elezione indiretta). E’ folle la suddivisione del peso elettorale dei vari Stati. E’ folle il “winner takes all”, ovvero chi vince in uno Stato anche solo per un voto in più prende poi TUTTI i grandi elettori in palio (tranne che in Nebraska e Maine, dove vige il proporzionale). È inaccettabile che un presidente possa divenire tale prendendo meno voti dell’altro (è accaduto anche quattro anni fa). Ed è assai contorto questo sistema tripartito andato in scena nelle ultime settimane: c’è stato il voto di ieri, ma pure il voto per posta e il voto anticipato.Questi ultimi due ritarderanno lo spoglio proprio negli Stati in bilico. Infatti l’esito di Wisconsin, Michigan e Pennsylvania lo sapremo domani e venerdì! A tutto questo, aggiungete il fatto che il voto postale è di per sé un disastro perché la posta negli USA fa schifo e molte schede sono arrivate tardi. O addirittura sono andate perdute. Una roba allucinante: siamo nel 2020, non nel far west! Biden, ennesimo candidato sbagliato dei Democratici, può ancora vincere. Per farlo, però, deve trionfare in Georgia e in uno stato tra Michigan e Pennsylvania. Oppure vincere Michigan e Wisconsin. Ma in tutti questi Stati Trump è per ora in vantaggio, lo spoglio è molto avanti e occorrerebbe che Biden stravincesse nel voto postale. Probabile, perché quel voto privilegia da sempre i democratici, ma a quel punto Trump non abbandonerà la Casa Bianca e non riconoscerà la vittoria. E accadrà di tutto. Come aveva anticipato il mio amico. Da tutto questo, sperando che Trump perda (anche un tombino fa meno danni di lui) si imparano tre cose: 1) Gli Stati Uniti sono un paese straordinario, ma di sicuro non possono insegnare a nessuno la democrazia; 2) Certi “esperti” sono affidabili come Balotelli; 3) Ogni volta che dovrò scommettere su qualcuno e qualcosa, d’ora in poi telefonerò al mio amico.(Se volete vi passo il numero).

Verdini in galera, per i “garantisti” è un martire

In uno dei non pochi casi giudiziari che lo riguardano, quest’uomo è stato condannato in Cassazione per il crac del Credito fiorentino: 6 anni e mezzo. La condanna è quindi ora definitiva. Verdini andrà in galera. Si è già costituito a Rebibbia. Nelle prossime ore i garantisti caricaturali che allignano a destra come a (finta) sinistra lo faranno passare per martire. Sarà il solito coro patetico. Null’altro che folclore moralmente colpevole. Non provo pietà nei confronti di quest’uomo un tempo (?) potentissimo e politicamente “ferocissimo”, casomai rabbia. La rabbia per tutti quei politici che, anche a “sinistra”, lo hanno celebrato per decenni come un grande statista, fino ad elevarlo a “padre costituente” in quello schifoso referendum del 4 dicembre 2016 che stava per affossare per sempre questo paese. Le colpe dei renziani per quel tentativo di distruzione della Costituzione resteranno eterne. Ora ho due curiosità. La prima è quanto ci metteranno a toglierlo di galera – con qualche cavillo – prima della scadenza della condanna. La seconda è chi sarà per primo a portargli le arance. Forse il genero Salvini. Forse la collega “costituente” Boschi. O forse l’allievo Renzi. Sia come sia, la sua “politica” ha già fatto più danni della grandine. Auguri all’uomo, magari in carcere imparerà qualcosa, ma politici come lui anche no. Abbiamo già dato. Basta così.

“Meglio la pedofilia dell’aborto”, l’inaccettabile don.

Lui è tal “don” Andrea Leonesi. Dialettica pietosa e italiano che all’asilo lo parlano meglio. E fin qui i suoi pregi. Durante l’omelia del 27 ottobre presso la chiesa dell’Immacolata di Macerata, questo bel giuggiolone ha avuto il coraggio di sostenere che l’aborto sia più grave della pedofilia. Una roba da vomito. E per me una roba anche moralmente criminale. Già che c’era, il fenomeno dall’italiano tragico ha sparato pure boiate sulle coppie omosessuali, sulle femministe che “se spojano ‘n Chiesa” e sulle mogli sottomesse ai mariti. Guardate questo video e poi vomitate. La Chiesa di Papa Francesco ha tutto il mio rispetto. La Chiesa di “preti” così è quanto di più distante dalla mia idea di vita. E mi fa semplicemente schifo che uno così sia prete.

Proietti, la scomparsa di un vulcano di idee e progetti.

La scomparsa di Gigi Proietti mi ha colpito profondamente. Persino più di quanto credessi. E credo sia accaduto a molti tra voi. Se n’è andato un monumento, un gigante, un fenomeno. E una grande persona. L’ultimo vero mattatore di questo paese. Sono molto triste. E pure un po’ svuotato. Sul FattoMarco Travaglio ha scritto un ricordo bellissimo. È una delle cose migliori che Marco abbia mai scritto. Ha detto (perfettamente) quello che provo anch’io. Per questo desidero pubblicarlo anche qui. Siamo dannatamente soli. Ed è sempre più dura. “Me so’ fatto fa’ ’na piscinetta… ’st’estate ce devi venì! Io me ne sto bono bono in auto-clausura e aspetto… Ci ho pure tre galline che me fanno l’ovetto fresco…”.Quando chiamava Gigi – e capitava spesso, specie durante il lockdown per ridere un po’ dei virologi da divano che dicevano tutto e il contrario di tutto nella stesso programma, spesso nella stessa frase (“Ma come fanno? Boh”) – stentavi a credere che fosse proprio lui: il più grande mattatore vivente. Ora che questo 2020 di merda ci ha portato via anche lui, proprio mentre un inutile cinquantenne twittava sull’inutilità degli ottantenni, si affollano i ricordi di un’amicizia nata grazie al Fatto. Proietti ci leggeva per primi, poi telefonava per commentare, suggerire, soprattutto sghignazzare (“Chi non sa ridere mi insospettisce”). Ogni tanto ci mandava uno stornello, un sonetto in romanesco (“Se pubblichi, non mi firmare: metti ‘Agro Romano’…”).

Una volta, alla nostra festa all’isola Tiberina, doveva essere un’intervista e invece portò il suo pianista Mario e fece uno spettacolo intero col meglio del suo repertorio (“aggràtise”): da Nun me rompe er ca’ a Pietro Ammicca, dal Cavaliere nero a Toto nella saùna (con l’accento sulla u), dal vecchietto delle favole sconce all’addetto culturale pieno di tic al prof che declama La pioggia nel pineto in barese. Il meglio di A me gli occhi please, poi travasato in Cavalli di battaglia, che doveva andare una sera sola all’Auditorium e diventò un tour infinito, sempre sold out. Frammenti di memoria e lampi di genio si mischiano alle lacrime.Il nasone fin sopra la fila di denti bianchi. Gli occhi che roteano. Il vocione cavernoso da fumatore. La risata aperta e la gioia di strapparne agli altri. Sempre in scena, anche per strada e in trattoria. L’opposto del cliché del grande comico, allegro sul palco e sul set, cupo e depresso in privato: a lui ridere piaceva un sacco, almeno quanto far ridere. Lui nel camerino del Globe Theatre a villa Borghese, qualche estate fa, esausto e zuppo di sudore dopo due ore di Edmund Keane con 30 e passa gradi: “Che fate, annate a cena da Dante? Io nun so se me la sento, stasera avrò perso cinque chili…”.Poi si presenta al ristorante e ci ammazza di barzellette e aneddoti su Gassman, Bene, Fabrizi e Stoppa fino alle tre di notte, lui fresco come una rosa, noi tramortiti. “Questa la sapete senz’altro…”. “Questa è troppo feroce… che faccio, la racconto?”. “Marché, famme fa’ ’n tiro de sigaretta, mentre Sagitta nun guarda. E dammene ’n’artra de frodo, che me la fumo quanno tutti dormono…”. Ancora domenica mattina, in rianimazione, con la compagna di sempre Sagitta, le figlie Carlotta e Susanna, il manager Alessandro Fioroni, parlava di lavoro.Del film in uscita su Babbo Natale con Giallini. Della stagione appena chiusa al Globe, unico grande teatro aperto in Italia (“Chissenefrega dei soldi, io i fondi del Fus non me li intasco, facciamo lavorare ’sti ragazzi prima che richiudano tutto”).Dei progetti futuri: rivoleva un teatro tutto per sé, dopo lo scippo del Brancaccio a opera di Costanzo&C., progettava con Renato Zero un nuovo teatro tenda come quello degli anni 70-80 (“Renato fa i concerti e io metto in scena tutto Molière, sto convincendo Corrado Guzzanti e Verdone ad alternarsi con me, tu mi fai il teatro-giornale e magari rimetto su la scuola di teatro che la Regione mi ha chiuso”; seguiva imitazione irresistibile del funzionario dell’assessorato che gli comunica, a gesti e a grugniti, le ragioni dello stop). Un anno fa viene a vedere Ball Fiction e alla fine, in camerino, si accorge di aver perso il portafogli. La nostra Amanda si precipita in sala e lo trova sulla sua poltrona. “Vedi, Gigi, i nostri amici sono tutti onesti!”. “Ma va, penzano che nun ci ho ’na lira!”.All’ultima festa del Fatto, in streaming dal giardino della redazione, doveva venire alla serata di apertura: “Magari chiacchieriamo di come nascono le barzellette, che molti considerano umorismo di serie B perché non le sanno raccontare, non hanno i tempi, la faccia. Il mistero umano di come scocca la scintilla della risata è un tema affascinante. Potrebbe nascerne uno spettacolo, ho letto anche dei saggi molto pensosi…”.Perché era coltissimo, come lo sono quelli che lo dissimulano e si fanno beffe dei colleghi engagé (“Natale in casa Latella”) o “di ricerca (“‘Sospendete immediatamente le ricerche!’, diceva Gassman quando li vedeva”). Ma stava già male (“Famo ’st’altr’anno”). Un paio di mesi fa feci una battuta in un pezzo sugli orrori di stampa: “Se tornasse Il Male con un falso giornalone dal titolo ‘Arrestato Gigi Proietti: è il capo dell’Isis’, tutti commenterebbero: embè?”. Ed ecco puntuale il suo sms: “Salam da Rebibbia! Speravo di passare inosservato, poi invece arriva Travaglio. E scusa: il turbante non lo trovo, acc…”. Lo inseguivamo da due settimane per l’intervista degli 80 anni. Silenzio. Poi, sabato sera, l’sms: “Caro Marco, purtroppo al momento non sono in grande forma e l’intervista temo non si possa fare, poi ti racconterò. Ci sentiamo con calma. Ti abbraccio”.Solo a lui poteva venire in mente di nascere e morire lo stesso giorno, il 2 novembre. Che per un comico non è niente male. Anche Shakespeare ci era riuscito, ma il 23 aprile, non il giorno dei morti.Si dice che far ridere sia impresa molto più difficile che far piangere. E Gigi ne era la prova vivente.Ma ieri, con quell’uscita di scena, è riuscito nelle due imprese insieme”.

Non è un Paese per vecchi, parola di Toti.

“Le parole di Toti sono terrificanti, fanno semplicemente schifo. Conosco un po’ Toti e mi rifiuto di credere che volesse dire quello che scritto. Il problema è che molti, a destra, pensano quello che ha scritto Toti. Basta sentire quel che ha detto il leghista Borghi alla Camera: c’è gente che ha un’idea ipercapitalista, cinica e mercantile della vita. O lavori e produci, o sei sacrificabile. Questo è terrificante. Proietti aveva 80 anni e magari per Toti o Borghi non era “indispensabile alla produttività”, ma era indispensabile alla nostra bellezza culturale, morale e umana molto più di Toti e Borghi”.(a Otto e mezzo)

Il coordinatore anti-covid ai domiciliari.

Otto persone sono finite agli arresti domiciliari tra cui Antonino Candela, 55 anni, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già commissario straordinario e direttore generale dell’Asp di Palermo. L’operazione “Sorella sanità” ha fatto luce su un vasto sistema di mazzette e appalti pilotati nella sanità, portando a 12 misure cautelari personali, sequestri di imprese e disponibilità finanziarie. “Ricordati che la sanità è un condominio e io sempre capo condominio rimango”, diceva Candela, non sapendo di essere intercettato. Il gip sostiene che Candela “si atteggiava a strenuo paladino della legalità”, ma che è ritenuto a capo di uno dei centri di influenza in grado di condizionare e pilotare gli appalti, intascando mazzette per 260 mila euro.Ne usciremo migliori stocaxzo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/06/il-prete-che-minimizza-la-pedofilia-il-martire-verdini-e-il-gigante-proietti-i-post-di-scanzi/5992093/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=scanziquotidiani&utm_term=2020-11-06

venerdì 7 febbraio 2020

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo. - Antonio Padellaro

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo

Stanco di soffrire a causa delle molteplici delusioni cagionategli dalla sinistra, l’autore di questo diario prova a lenire le pene ricorrendo all’atarassia che (trascrivo da Wikipedia) è il termine già usato da Democrito che designa “la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione dalle passioni”.
Gli autogol delle Sardine. Soltanto pochi giorni fa avevo (avevamo) gioito all’annuncio della vittoria dell’alleanza sinistra più Sardine in Emilia-Romagna (e goduto come ricci per la sconfitta di Matteo Salvini): oh giornate del nostro riscatto! Ma, tutti assorti nel novo destino, non potevamo presagire che di lì a poco ci saremmo ritrovati con le photo opportunity dai Benetton, con le successive, dolenti prese di distanza (Jasmine Cristallo), con le velenose autoespulsioni (Stephan Ogongo). E, più in generale, con una sindrome troppo banale per essere vera: il successo di quattro ragazzi che dà loro alla testa. Infatti il saggio dice: ci sono soltanto due uomini perfetti, uno è morto e l’altro non è mai nato. E dunque se le imperfezioni dei piccoli leader saranno perdonate, le prossime piazze saranno ancora piene. Altrimenti, resteranno desolatamente vuote. In tal caso ai ragazzi diremo grazie per quanto fatto. Poi, con qualche rimpianto, ce ne faremo una ragione.
Suicidi assistiti. Matteo Renzi che minaccia di affondare lo stop alla prescrizione (un tempo da lui auspicato) insieme al governo Conte è lo scorpione che nella favola di Esopo punge a morte la rana che lo sta portando in salvo (“È la mia natura!”). Pensavamo di averla fatta franca, che fallita la spallata salviniana in Emilia il governo si fosse messo al riparo, almeno per il tempo necessario a programmare qualcosa di utile per il Paese e a salvarci dall’uomo del mojito. Non è così. Ma se la “natura” renziana dovesse provocare un demenziale omicidio-suicidio (stando ai sondaggi alle successive elezioni Italia Viva partorirebbe Italia Morta) cosa mai potremmo farci noi persone di elementare buon senso? Nulla. Infatti il saggio dice: se c’è un rimedio perché te la prendi? E se non c’è un rimedio, perché te la prendi?
Disastro in Iowa. La figuraccia delle primarie dem negli Stati Uniti conferma che grande è la confusione sotto il cielo liberal dove troppi candidati si contendono la nomination, tutti però al momento troppo deboli per spuntarla su Donald Trump. Il quale prospera allegramente sugli errori dei rivali, soprattutto la sconsiderata procedura di impeachment che bocciata dal Senato accresce la fama del presidente invincibile. E amen.
Infatti dice il saggio: non sono le stelle troppo lontane, sono le scale per raggiungerle troppo corte.
E Brexit fu. Il nostro amore per l’Europa unita ci aveva fatto sperare che alla fine un rimedio sarebbe stato trovato per impedire che l’uscita della Gran Bretagna non desse un duro colpo alla solidità dell’Unione. Eravamo convinti che al momento opportuno Jeremy Corbyn avrebbe schierato il Partito laburista armi e bagagli a difesa del Remain. Purtroppo, davanti alla cinica determinazione di Boris “boria” Johnson, quella un tempo gloriosa sinistra ha dato di sé una grigia immagine di latitanza e inconcludenza. Infatti dice il saggio: colui che chiede è sciocco per cinque minuti, ma colui che non chiede rimane sciocco per sempre.
Vergogniamoci per lui. Di Oliviero Toscani abbiamo sempre apprezzato la genialità e la passione con cui ha sposato le cause dei più deboli e dei più discriminati. Ma la sua frase: “A chi interessa se casca un ponte?”, pronunciata a proposito della visita delle Sardine da Benetton, fa ribollire il sangue. Per i 43 morti di Genova e per la disumanità, speriamo involontaria, che esprime. In questo caso un rimedio esiste: chiedere scusa.
Con questi sommari esempi, il diario ha cercato di rendere il senso di inadeguatezza che troppo spesso promana da quella bandiera politica convinta di rappresentare, per definizione, la parte buona e giusta dell’universo mondo. Esauriti, tuttavia, fatalismo e rassegnazione per chi alle virtù della sinistra ci ha creduto e ci crede ancora, non resterebbe che il “metodo Ninetta”. Quella barzelletta cioè dove all’esame di casellante ferroviario si chiede al candidato cosa fare per evitare l’impatto tra due treni lanciati a folle velocità sullo stesso binario. Poiché ogni possibile rimedio viene bocciato dai commissari, il nostro chiama in causa Ninetta. E alla domanda chi sia risponde serafico: è mia moglie, la chiamo e le dico amore vieni a vedere che botto.

martedì 16 aprile 2019

Noam Chomsky : Auguri Professore!

Noam Chomsky  ha compiuto 90 anni. A Boston parla di Oggi, guarda al Futuro e ci ricorda il Passato.
Riportiamo qui di seguito la traduzione della trascrizione di una trasmissione televisiva, andata in onda su Democracy Now, sulla conferenza tenuta a Boston il 12 aprile da Noam Chomsky. Per comodità di esposizione la trascrizione della conferenza è stata suddivisa  in quattro sezioni e presentata  da AMY GOODMAN  in forma di intervista
 Qui il Video
AMY GOODMAN: stiamo trasmettendo da Boston e oggi passeremo la nostra ora con  Noam Chomsky, che questa settimana è tornato nella sua città Boston dove è stato professore al Massachusetts Institute of Technology per più di cinquant’anni, ora insegna alla University of Arizona di  Tucson. Giovedì scorso più di 700 persone si sono affollate nella  Old South Church  per ascoltare il noto linguista e dissidente politico, padre della moderna linguistica  che ha parlato sulle minacce alla democrazia:  ha parlato  della questione Israelo-Palestinese, dell’arresto di Julian Assange, della guerra nucleare e del cambiamento climatico. Dopo aver visto un frammento  di un nuovo film  che parla di lui “Internationalism or Extinction” Noam Chomsky ha parlato degli ultimi due anni e della presidenza  Trump.
Parte 1. Dobbiamo confrontarci con i movimenti  “Ultranazionalisti reazionari”  che stanno crescendo in tutto il mondo
Noam Chomsky ha parlato ricordando le origini del fascismo nel 20º secolo e il  germogliare di movimenti ultranazionalisti dal  Brasile agli  USA, da Isreaele all’ Arabi Saudita.
NOAM CHOMSKY:  Se me lo concedete, avrei piacere a cominciare con una breve reminiscenza di un periodo che è stranamente simile a oggi, sotto molti sgradevoli aspetti. Mi riferisco esattamente a 80 anni fa, ricordo che fu proprio di questi giorni che scrissi il mio primo articolo che parlava di politica. E’ facile ricordare la data, fu subito dopo la caduta di Barcellona nel febbraio 1939.
L’articolo parlava di quella che sembrava essere l’inesorabile avanzata del fascismo in tutto il mondo. Nel 1938, l’Austria era stata annessa alla Germania nazista. Pochi mesi dopo, la Cecoslovacchia fu tradita e abbandonata in mano ai nazisti, dopo la Conferenza di Monaco. In Spagna, una città dopo l’altra stava cadendo in mano ai franchisti. A febbraio 1939 cadde anche Barcellona e quella fu la fine della Repubblica spagnola. Quella che era stata una grande rivoluzione popolare, la rivoluzione anarchica del 1936, ’37, ’38, era già stata annientata con la forza. Sembrava che il fascismo si sarebbe allargato a macchia d’olio.
Non è esattamente quello che sta succedendo oggi, ma, se possiamo prendere in prestito la celebre frase di Mark Twain, “La storia non si ripete ma a volte fa rima“.  Ci sono troppe analogie per non volerle vedere.
Quando cadde Barcellona, ​​ci fu un’enorme ondata di profughi che scapparono dalla Spagna. La maggior parte se ne andò in Messico, circa 40.000. Qualcuno andò a New York e una libreria dove si vendevano libri usati, sulla 4° Avenue, divenne la sede degli anarchici. È lì, girovagando da quelle parti, che io cominciai a sentir parlare di politica. Questo succedeva 80 anni fa.
All’epoca nessuno riusciva a capirlo, ma sembra che anche il governo degli Stati Uniti stesse cominciando a cercare di comprendere come mai questa marcia del fascismo potesse sembrare ormai inarrestabile. Il governo di allora non vedeva questo fenomeno con lo stesso senso di allarme che poteva sentire un bambino di 10 anni. Ora sappiamo che l’atteggiamento del Dipartimento di Stato era piuttosto confuso nel comprendere quale fosse il significato del movimento nazista. In realtà, c’era un console a Berlino, il console statunitense a Berlino, che stava inviando a Washington dei commenti piuttosto contraddittori sui nazisti, suggerendo che forse non erano così male come dicevano tutti. Rimase lì fino al Pearl Harbour Day, quando fu richiamato, era il famoso diplomatico George Kennan. In fondo non era una sbagliato esprimere  lo stato di profonda confusione in cui versava chiunque cercasse di comprendere quegli eventi.
Oggi scopriamo che, anche se all’epoca non potevano saperlo, già nel 1939, lo State Department ed il Council on Foreign Relations cominciarono a pianificare il dopoguerra, cominciarono a pensare come sarebbe stato il mondo del dopoguerra. E subito dopo, nei primissimi anni, cominciarono a ipotizzare che il mondo del dopoguerra sarebbe stato diviso tra un mondo controllato dalla Germania  -un mondo sotto il controllo nazista- composto da buona parte dell’Eurasia e un mondo  sotto il controllo Usa, che avrebbe incluso l’emisfero occidentale, l’ex impero  britannico, che gli Usa avrebbero  preso in consegna. e parte dell’estremo oriente. Quello sarebbe stato il modello del mondo post bellico e questa panoramica, che noi oggi conosciamo, restò valida fino a quando i russi non entrarono in azione e cambiarono il corso della storia. Stalingrado nel 1942, poco dopo,  la grande battaglia fatta con i carri armati a Kursk, che rese ben chiaro che i russi avrebbero potuto sconfiggere i nazisti e fu allora che l’orizzonte americano cambiò: l’immagine del mondo del dopoguerra cambiò e prese le sembianze di quello che noi abbiamo visto negli anni  che sono succeduti a quel momento. Bene questo era ottant’anni fa.
Oggi non è così —noi non ci troviamo di fronte a qualcosa che è il Nazismo, ma siamo di fronte ad un dilagare di quello che a volte viene chiamato reazione internazionale ultranazionalista, sbandierato apertamente dai suoi sostenitori, compreso Steve Bannon, l’ impresario del movimento.  Proprio ieri c’è stata una sua vittoria: Le elezioni di Netanyahu in Israele che hanno reso più solida l’alleanza reazionaria che sta prendendo forma in tutto il mondo, sotto l’egida degli USA, gestita dal triumvirato Trump-Pompeo-Bolton — potrei facilmente prendere in prestito una frase di  George W. Bush per descriverli, ma per delicatezza, preferisco non farlo. L’alleanza del medio oriente è formata dagli Stati più reazionari della regione — Arabia Saudita, Emitati Arabi Uniti, Egitto sotto la più brutale delle dittature di tutta la sua storia e  Israele che si trova nel centro — contro l’Iran. Altre gravi minacce vengono anche dall’America Latina. L’elezione di  Jair Bolsonaro in Brasile ha insediato  al potere il più estremista, il più oltraggioso dei governi ultranazionalisti di destra che ora stanno affliggendo l’intero emisfero. Ieri Lenín Moreno dell’ Ecuador ha compiuto un passo decisivo che lo porta ad aderire a questa alleanza di estrema destra, cacciando Julian Assange dalla ambasciata dellì’Ecuador. Presto gli USA se faranno consegnare quest’uomo che andrà incontro a un brutto periodo a meno che  non si metta in moto una importante protesta popolare. Il Messico è uno dei paesi dell’ America latina che fa eccezione a tutto ciò sta accadendo, come in Europa occidentale, dove i partiti di estrema destra stanno crescendo e alcuni di questi mettono davvero paura.
Ma si intravedono delle controindicazioni. Yanis Varoufakis, ex Ministro delle Finanze della Grecia, una persona molto interessante, insieme a Bernie Sanders, ha cercato di dar vita ad una formazione Progressista Internazionale per contrastare l’internazionale di estrema destra che si sta creando. A livello di Stati,  c’è uno schiacciante sbilanciamento nella direzione sbagliata. Ma gli stati non sono le uniche entità che contano, a livello delle persone è tutta un’altra cosa. E questo potrebbe fare la differenza. Significa che bisogna dare una protezione agli Stati che funzionano democraticamente per migliorarli, per sfruttare le opportunità che questi Stati offrono a quelle tipologie di attivismo che hanno portato nel passato a raggiungere importanti progressi e che potrebbero salvare il nostro futuro. 
Parte 2 :Armi Nucleari, Cambiamenti Climatici & Minacce alla Democrazia nel Futuro del Pianeta
Mentre il Presidente Trump si ritira dagli accordi nucleari con la Russia e si accinge ad ampliare l’arsenale nucleare Usa, Noam Chomsky vede come la minaccia di guerra nucleare resti una delle questioni più importanti per l’umanità. Nel suo discorso alla Old South Church ha parlato anche dei cambiamenti climatici e dei rischi per la democrazia in tutto il mondo.
NOAM CHOMSKY: Vorrei  fare un paio di osservazioni sulle grosse difficoltà per riuscire a mantenere in vita le nostre istituzioni democratiche, sulle poderose forze che si sono da sempre opposte e sui risultati che in qualche modo  devono permettere di tenerle in vita, di valorizzarle e sul significato che tutto ciò costituisce per il futuro. Ma prima, vorrei dire un paio di parole sulle sfide che dobbiamo fronteggiare,  sfide delle quali avete già sentito parlare e che già conoscete. Pertanto una discussione seria sul futuro dell’umanità  deve cominciare riconoscendo un fatto essenziale, un fatto che la specie umana deve affrontare oggi, una domanda che non si era mai presentata finora nella storia dell’umanità, la domanda a cui dobbiamo rispondere e presto è: per quanto tempo riuscirà ancora a sopravvivere la società umana?
Bene, come tutti ben sapete, da 70 anni viviamo sotto l’ombra di una guerra nucleare. Tutti quelli che hanno avuto l’opportunità di comprendere quello che è successo, non possono far altro che esprimere tutto il loro stupore per il fatto che siamo riusciti a sopravvivere fino ad oggi. Ogni minuto che passa l’ora del disastro finale  sembra avvicinarsi sempre più rapidamente. È quasi un miracolo il fatto che siamo sopravvissuti, ma i miracoli non durano per sempre. Questa storia deve essere risolta e presto. La recente Nuclear Posture Review  fatta dall’amministrazione Trump fa aumentare in modo drammatico le minacce di uno scoppio  della conflagrazione, cosa che in effetti porterebbe  alla fine della specie. Potremmo ricordare che questa Nuclear Posture Review è stata sponsorizzata da Jim Mattis, che è considerato troppo acculturato per restare a far parte di questa amministrazione:  questo può darci un’idea di che cosa può essere tollerato nel mondo dei Trump-Pompeo-Bolton.
Bene, c’erano tre importanti trattati sulle armi: il trattato ABM, il trattato sui missili anti-balistici – il trattato INF, Intermediate Nuclear Forces –  il nuovo trattato START.
Gli Stati Uniti si sono ritirati dal Trattato ABM nel 2002. E chiunque creda che i missili anti-balistici siano delle armi di difesa resterebbe deluso dalla natura di questi sistemi. Gli Stati Uniti sono appena usciti dal trattato INF, che fu firmato da Gorbaciov e Reagan nel 1987 e che fece diminuire drasticamente quelle minacce di guerra in Europa, che si sarebbero diffuse in breve tempo. Il background della firma di quel trattato sono le dimostrazioni che avete appena visto nel film che è stato proiettato. Quelle massicce dimostrazioni pubbliche hanno fatto da sfondo a un trattato che ha cambiato le cose in modo significativo. Vale la pena ricordare che sia quello che avete visto che molti altri casi sono stati importanti esempi di una presa di coscienza popolare che fece una enorme differenza. Le lezioni sono troppo ovvie per essere ricordate una ad una. Bene, l’amministrazione Trump si è appena ritirata dal Trattato INF; i russi si sono ritirati subito dopo. Se osservate attentamente, scoprirete che ognuna  delle parti ha trovato una specie di alibi credibile per poter dire che è stato l’avversario a non rispettare il trattato. Per chi volesse farsi un’idea di come potrebbero averla vista i russi, il Bulletin of Atomic Scientists, la principale rivista sui problemi di controllo degli armamenti, aveva pubblicato un  articolo di piombo scritto da Theodore Postol un paio di settimane fa,  articolo che sottolineava quanto fossero pericolose le installazioni anti- missili balistici USA posizionate sul confine russo: quanto siano pericolose queste istallazioni e come possano essere percepite dai russi.  Come un cartello messo sul confine russo e le tensioni stanno aumentando sul quel confine. Tutte e due le parti stanno facendo azioni provocatorie. In un mondo razionale, quello che dovremmo immaginare sono negoziati tra le due parti, con degli esperti indipendenti che  valutino le accuse che ciascuna parte sta facendo contro l’altra, in modo da arrivare  a una risoluzione per mettere fine a  queste accuse e per ripristinare il trattato. Questo accadrebbe in un mondo razionale. Ma sfortunatamente questo non è il mondo in cui stiamo vivendo. Non è stato fatto nessuno sforzo in questa direzione. E non ce ne sarà nessuno, a meno che i governi non  siano messi sotto una fortissima pressione.
Bene, ci resta solo il nuovo trattato START. Il nuovo trattato START è già stato definito dalla figura in carica  — colui che si è modestamente descritto come il più grande presidente della storia americana — con i soliti titoli che dà a  tutto ciò che è stato fatto dai suoi predecessori: il peggior trattato che sia mai stato stipulato in tutta la storia, quindi  dobbiamo sbarazzarcene. Se, come in effetti è, questo contratto dovrà essere rinnovato subito dopo le prossime elezioni, molto è ancora in gioco. Molto sarà ancora in gioco, se questo trattato sarà rinnovato. Questo accordo è riuscito a ridurre in modo molto significativo il numero delle armi nucleari, certo saranno sempre molto più di quante dovrebbero essere, ma comunque  molto al di sotto di quante erano prima. E potrebbe essere prorogato.
Bene, nel frattempo, il riscaldamento globale procede nel suo inesorabile corso. Durante questo millennio, ogni singolo anno, con una unica eccezione,  è stato più caldo del precedente. Ci sono recenti articoli scientifici –  James Hansen e altri – che dicono che il ritmo del riscaldamento globale, che sta aumentando continuamente dal 1980 circa, potrebbe subire delle brusche impennate e passare da una crescita lineare a una crescita esponenziale, il che significa che potrebbe raddoppiare ogni due decenni . Ci stiamo già avvicinando alle condizioni di 125.000 anni fa, quando il livello del mare era di circa 25 piedi più alto di oggi, con lo scioglimento, il rapido scioglimento dell’Antartico, e delle sue enormi distese di ghiaccio. Potremmo arrivare a quel punto. Le conseguenze di quello che sto dicendo sono quasi inimmaginabili. Voglio dire, non cercherò nemmeno di descriverle, ma si potrà  capire presto di cosa sto parlando.
Bene, intanto, mentre stanno succedendo tutte queste cose, leggiamo tutti i giorni sulla stampa articoli euforici di come gli Stati Uniti stanno progredendo nella produzione di combustibili fossili. Ora hanno superato la produzione dell’Arabia Saudita. Siamo in testa nella produzione di combustibili fossili. Le grandi banche, JPMorgan, Chase e altre stanno pompando altro denaro nei nuovi investimenti sui combustibili fossili, compresi i più pericolosi, come le sabbie bituminose del Canada. E tutto questo viene presentato con grande euforia, con una specie di eccitazione. Stiamo raggiungendo l’indipendenza energetica. Possiamo controllare il mondo, possiamo decidere che devono essere usati i combustibili fossili nel mondo.
Devo dire almeno una parola sul significato di queste affermazioni, benché sia abbastanza ovvio. Non è che i giornalisti e i commentatori non lo sappiano, non è che i CEO delle banche non lo sappiano. Certo che lo sanno. Ma sono tutti soggetti a certe pressioni istituzionali dalle quali è estremamente difficile districarsi. Provate a mettervi nei panni di –  per esempio –  il CEO di JPMorgan Chase, o del Ceo di una delle  banche che stanno spendendo cifre enormi  in investimenti sui combustibili fossili. Certamente, anche voi, come CEO, siete a conoscenza di quello che sanno tutti sul riscaldamento globale. Non è un segreto per nessuno: Ma che autonomia di scelta avete? Fondamentalmente avete due scelte. Una scelta sarebbe fare esattamente quello che stanno facendo oggi tutti i CEO. L’altra scelta sarebbe dimettersi ed essere sostituiti da qualcun altro che farebbe esattamente quello che stanno facendo oggi tutti i CEO. Non è un problema individuale. È un problema istituzionale, che può essere affrontato, ma solo se il sistema sarà messo sotto una tremenda pressione pubblica.
E lo abbiamo visto da poco, molto chiaramente, come cio è possibile – come si può raggiungere  un obiettivo. Un gruppo di giovani, il Sunrise Movement, è arrivato al punto di sedersi negli uffici del Congresso, ci sono state nuove figure progressiste che hanno suscitato interesse e che sono riuscite a presentarsi al Congresso. Grazie a una forte pressione popolare, Alexandria Ocasio-Cortez, affiancata da Ed Markey, è riuscita a far inserire il Green New Deal nell’agenda del Congresso. Questo è un risultato importante. Ovviamente, deve fronteggiare attacchi ostili che arrivano da qualsiasi parte, ma non importa. Un paio di anni fa sarebbe stato inimmaginabile che questo sarebbe stato discusso, ma questo è il risultato dell’attivismo di questo gruppo di giovani, è ora un loro punto è al centro dell’agenda. In un modo o nell’altro dovrà essere implementato. È un punto essenziale per la sopravvivenza, forse non è essenziale esattamente nella forma in cui sarà approvato, forse servirà qualche modifica, ma questo è già un enorme cambiamento ottenuto grazie all’impegno di un piccolo gruppo di giovani. Questo deve farci comprendere che tipo di azioni devono essere intraprese.
Nel frattempo, il Doomsday Clock del Bulletin of Atomic Scientists lo scorso gennaio è arrivato a due minuti prima di mezzanotte. Questo è il punto più vicino alla catastrofe finale mi raggiunto dal 1947. Questo annuncio — dei due minuti a mezzanotte  — è dovuto all’esistenza sia delle due minacce maggiori che ci sono familiari: la minaccia della guerra nucleare e la minaccia del riscaldamento globale, che stanno entrambe aumentando sempre di più, ma ora si sta aggiungendo per l prima volta anche  una nuova minaccia: l’indebolimento della democrazia. Con  questa sono tre le minacce. E questo sembra un fatto abbastanza normale, perché una democrazia che funziona bene costituisce l’unica speranza con cui si possono sconfiggere queste minacce. Non si vince con i trattati firmati dalle istituzioni dello Stato, o dalle istituzioni private o muovendosi senza avere alle spalle una massiccia pressione dell’opinione pubblica. Per questo bisogna che i mezzi che garantiscono il funzionamento democratico siano sempre mantenuti in vita e usati come ha fatto il Sunrise Movement, come hanno dimostrato le grandi manifestazioni di massa all’inizio degli anni ’80 e il modo in cui questi ragazzi stanno muovendosi oggi.
Parte 3 : L’Arresto di  Assange è  “Scandaloso”  e spiega lo scioccante Potere Extraterritoriale U.S.A.
Gli avvocati del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange,  promettono di dare battaglia contro la possibile estradizione negli Stati Uniti, dopo l’arresto a Londra, dopo essere stato prelevato con la forza  dall’ambasciata equadoregna, dove era rimasto in asillo per quasi sette anni.  Amy Goodman di Democracy Now ha parlato con Noam Chomsky  sull’ arresto di Assange, su WikiLeaks e sul potere americano.
AMY GOODMAN: Sono Amy Goodman da Boston  e sono seduta accanto a  Noam Chomsky per una conversazione pubblica. Gli ho chiesto dell’arresto di Julian Assange.
NOAM CHOMSKY: L’arresto di Assange è scandaloso sotto molti aspetti. Basta pensare solo allo sforzo dei governi, e non è solo a quello del governo degli Stati Uniti. Gli inglesi stanno collaborando. L’Ecuador, ovviamente, ora sta collaborando. La Svezia, prima, aveva collaborato. Gli sforzi per mettere a tacere un giornalista che produceva materiale che gli uomini del potere non volevano che fosse conosciuto dalla moltitudine del volgo – Capito? – questo è praticamente quanto  è successo. WikiLeaks stava divulgando informazioni che la gente dovrebbe conoscere su chi è al potere, ma questo non piace alle persone al potere  e quindi dobbiamo metterlo a tacere. Capito? Questo è il tipo di cosa, il tipo di scandalo, a cui stiamo assistendo, purtroppo, ancora una volta.
Per fare un altro esempio, andiamo proprio in un paese vicino all’Ecuador, in Brasile, dove quello che è successo è  estremamente sintomatico. Il Brasile è il paese più importante dell’America Latina, uno dei più importanti del mondo. Sotto il governo Lula all’inizio di questo millennio, il Brasile era il paese forse maggiormente rispettato al mondo. Era diventato la voce del Global South sotto la guida di Lula da Silva. Guardate bene cosa è successo. C’è stato un colpo di stato, un colpo di stato-soft, per eliminare gli effetti nefasti del partito laburista, il Partito dei Lavoratori. Questi effetti sono stati descritti dalla Banca Mondiale – non da me, dalla Banca Mondiale – che parla di un “decennio d’oro” nella storia del Brasile, di una radicale riduzione della povertà, di un aumento massiccio dell’inclusione di popolazioni emarginate, di vaste parti della popolazione afro-brasiliana e di indigeni che sono stati fatti entrare nella società, un senso di dignità e di speranza per il popolo. Questo non poteva essere tollerato.
Dopo che Lula ha completato il suo mandato, ha avuto luogo una specie di “colpo di stato”, non entrerò nei dettagli, ma l’ultima mossa è stata lo scorso settembre quando Lula da Silva, il protagonista e figura più popolare del Brasile, che era quasi certo di vincere le prossime elezioni, è stato messo in prigione, in isolamento, come per una condanna a morte, 25 anni di carcere, senza poter più leggere un libro o una rivista e, essenzialmente con il divieto di rilasciare dichiarazioni pubbliche, nemmeno fosse stato un serial killer nel braccio della morte. Questo solo per mettere a tacere la persona che avrebbe probabilmente vinto le elezioni. È il prigioniero politico più importante del mondo. Ne avete sentito parlare?
Bene, Assange è un caso simile: abbiamo dovuto mettere a tacere questa voce. Torniamo a parlare di storia  Qualcuno si ricorderà di quando il governo fascista di Mussolini mise in prigione Antonio Gramsci. Il PM dichiarò: “Dobbiamo mettere a tacere questa voce per 20 anni. Non possiamo lasciarlo parlare“.   E’ quello che è successo a  Assange, a  Lula e ci sono altri casi.  Questo è uno scandalo.
Altro scandalo è la portata extraterritoriale del potere esercitato dagli Stati Uniti che è scioccante. Voglio dire, perché dovrebbero gli Stati Uniti — o meglio, perché dovrebbe qualsiasi stato — poter esercitare questo potere? Perché gli Stati Uniti dovrebbero avere il potere di controllare quello che si sta facendo in un altro posto del mondo?  Voglio dire, è una situazione bizzarra, ma così va avanti così da tempo e ormai non ci facciamo più nemmeno caso e comunque nessuno ne parla.
Per esempio, prendiamo gli accordi commerciali con la Cina. OK? Di cosa parlano gli accordi commerciali? Sono uno sforzo per evitare lo sviluppo economico della Cina. È proprio di questo che si tratta. Ora, la Cina ha un modello di sviluppo che non piace all’amministrazione Trump. Quindi, dobbiamo fare in modo di  indebolire quel modello di sviluppo. Proviamo a chiederci: cosa accadrebbe se la Cina non osservasse le regole che gli Stati Uniti stanno cercando di imporre? Se la Cina, per esempio, quando la Boeing o la Microsoft, o un’altra importante azienda, che investe in Cina, pretendesse di avere un certo controllo sulla natura dell’investimento. Se pretendesse un certo grado di trasferimento tecnologico. Se volesse ottenere qualcosa dalla tecnologia. Ci sarebbe  qualcosa di sbagliato in queste richieste? In fondo è così che si sono sviluppati gli Stati Uniti, rubando – rubando tecnologia come dicono in Inghilterra. È così che si è sviluppata l’Inghilterra, prendendo la tecnologia da altri paesi più avanzati: dall’India, dai Paesi Bassi, persino dall’Irlanda. È così che ogni paese sviluppato ha raggiunto lo stadio di sviluppo avanzato. Se la Boeing e la Microsoft non gradiscono questo tipo di accordi, non devono investire in Cina. Nessuno gli sta  puntando  una pistola alla nuca. Se qualcuno credesse veramente nel capitalismo, dovrebbe essere libero di firmare qualsiasi accordo con la Cina. E se questi accordi prevedono un trasferimento di tecnologia, OK.
Gli Stati Uniti vogliono bloccare questi trasferimenti e quindi la Cina non può svilupparsi.
Prendiamo ad esempio quelli che vengono chiamati diritti di proprietà intellettuale, diritti di brevetto esorbitanti sui farmaci. Oppure la Microsoft che ha il monopolio sui sistemi operativi, grazie all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Supponiamo che la Cina non voglia osservare questi diritti di proprietà intellettuale. Chi ci guadagnerebbe e chi ci perderebbe? Bene, il fatto è che i consumatori negli Stati Uniti ci guadagnerebbero. Significherebbe che le medicine costerebbero di meno. Significherebbe che quando si compra un computer, non si resta bloccati senza Windows. Si potrebbe trovare un sistema operativo migliore. Bill Gates farebbe un po’ di soldi in meno. Le società farmaceutiche non sarebbero tanto ricche, sarebbero solo un po ‘meno ricche. Ma i consumatori ci guadagnerebbero. Che cosa c’è di sbagliato in questo? Qual è il problema?
Bene, potreste chiedervi: Ma che cosa c’è nascosto dietro tutte queste discussioni e queste trattative? Questo è il vero problema. Di quasi qualsiasi problema vogliamo cominciare a parlare, la domanda è sempre la stessa: perché viene accettato tutto questo? Quindi, in questo caso, perché troviamo accettabile che gli Stati Uniti abbiano anche solo il potere per cominciare a suggerire una proposta di estradare qualcuno il cui crimine è stato di esporre al pubblico delle informazioni che la gente al potere non vuole che vengano esposte? Fondamentalmente questo è ciò intorno a cui tutto gira.
Parte 4 : Trump ha interferito profondamente sulla rielezione di Netanyahu in Israele       
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta cominciando il suo quinto mandato, dopo aver sconfitto l’ex Capo militare Benny Gantz.  In una discussione con Amy Goodman di Democracy Now!, Noam Chomsky parla di come il presidente Trump abbia interferito direttamente sulle elezioni israeliane aiutando più volte Netanyahu, trasferendo l’ambasciata USA a Gerusalemme e riconoscendo la sovranità di Israele sulle alture del Golan, in spregio al diritto internazionale.
AMY GOODMANNoam, che è successo in Israele, il primo ministro Netanyahu ha conquistato il record di un  quinto mandato. Poco prima delle elezioni ha annunciato che annetterà gli insediamenti illegali israeliani nella West Bank occupata. Il mese scorso, Trump ha ufficialmente riconosciuto la sovranità di Israele sulle alture del Golan.
NOAM CHOMSKYBeh, prima di tutto, se Benny Gantz fosse stato eletto al posto di Netanyahu, non ci sarebbe stata una grande differenza. La differenza tra i due candidati non è sostanziale in termini di politica. Netanyahu: ecco un altro esempio della portata extraterritoriale degli Stati Uniti. Netanyahu è un po’ più estremista. Gli Stati Uniti volevano disperatamente che venisse eletto. E l’amministrazione Trump gli ha fatto un regalo dopo l’altro per fare in modo che fosse rieletto. Bastava farlo arrivare vicino al 50/50, prima delle elezioni.
Uno di questi regali è stato, naturalmente, lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, in violazione non solo della legge internazionale, ma anche delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza a cui gli Stati Uniti avevano partecipato. Uno spostamento molto drammatico.
Un secondo regalo, altrettanto drammatico, è stato quello di autorizzare l’annessione a Israele delle alture del Golan. Le alture del Golan siriano sono, secondo il diritto internazionale, territori occupati da  Israele. Tutte le principali istituzioni, tutte le istituzioni competenti, il Consiglio di Sicurezza, la Corte Internazionale di Giustizia, tutti sono d’accordo su questo punto. Israele si è formalmente annesso le alture del Golan. Ma il Consiglio di Sicurezza, il Consiglio di Sicurezza, dell’ ONU, con la partecipazione degli Stati Uniti, ha dichiarato che questa annessione è nulla. OK?  Trump ha smentito unilateralmente, le istituzioni internazionali,  un altro regalo a Netanyahu, dimostrando, con questo gesto al popolo di Israele che, con il sostegno degli Stati Uniti, può ottenere tutto quello che vuole.
L’ultimo regalo di Trump, poco prima delle elezioni, è stata la dichiarazione di Netanyahu  che se fosse stato eletto, avrebbe annesso  le zone della West Bank, con la tacita autorizzazione degli Stati Uniti.
Queste sono misure forti che sono state prese per interferire decisamente con elezioni straniere. Avete sentito qualcosa su quanto sia considerata una cosa terribile interferire nelle elezioni straniere? Penso che forse ne abbiate già sentito parlare da qualche parte. Qui, è stato fatto con decisione, e sembra  che non ci sia niente di male. Ma quali sono esattamente le conseguenze di questo comportamento in termini di evoluzione della politica? Alla fine dei conti non sono molte.
Quindi, prendiamo l’annessione delle alture del Golan. In effetti, questa decisione è stata dichiarata nulla dal Consiglio di sicurezza. È stata condannata dalla Corte internazionale di giustizia. Ma a parte queste dichiarazioni  c’è qualcuno che abbia fatto qualcosa di concreto? È stata fatta qualche mossa per impedire che Israele prenda possesso delle alture del Golan?  che vengano fatti degli insediamenti, che vengano aperte delle imprese, che si costruiscano  delle stazioni sciistiche sul monte Hermon? Nulla. Nessuno ha alzato un dito. E nessuno ha alzato un dito per una semplice ragione: gli Stati Uniti non lo permettono. Nessuno lo dice, ma questo è il fatto. Bene, ora è formalmente autorizzato, e non è solo un fatto che è accaduto.
Prendiamo questa proposta di Netanyahu di annettere le parti della West Bank. E’ una storia che sta andando avanti da 50 anni, letteralmente. Subito dopo la guerra del ’67, sia i partiti politici, sia i principali raggruppamenti in Israele – l’ex partito laburista, il conglomerato basato sul Likud – hanno politiche leggermente diverse, ma sostanzialmente portano tutti avanti un programma di espansionismo in Cisgiordania orientato verso un obiettivo  molto chiaro:  creare quella che sarà una specie di Grande Israele, in cui Israele prenderà possesso di qualsiasi cosa abbia valore in Cisgiordania, lasciando che le concentrazioni di popolazione palestinese, come a Nablus e Tulkarm. restino isolate. Nel resto della regione ci sono circa 150 enclave palestinesi, più o meno circondate da posti di blocco, e la gente che vive spesso lontano dai campi dove lavora, riesce a malapena a sopravvivere.
Nel frattempo, gli insediamenti ebraici si sono sviluppati. Sono state costruite nuove città – una città importante, Ma’ale Adumim, costruita durante il periodo di Clinton, casualmente, a est di Gerusalemme. La strada che porta a questa città divide in due la West Bank. Poi Gerusalemme stessa si è estesa verso nord  ed ora è forse cinque volte più grande di quanto sia mai stata. Tutte queste nuove infrastrutture sono collegate da progetti altamente sviluppati. Potete fare un viaggio e andare a vedere quanto siano piacevoli i nuovi quartieri che stanno sorgendo attorno a Tel Aviv e a Gerusalemme nella West Bank. Si può  andare da Ma’ale Adumim a Tel Aviv con una grande autostrada— riservata agli israeliani e ai turisti, ma non ai palestinesi — più comoda della strada che va da South Shore a Boston — senza mai vedere un arabo.
Tutto questo è stato fatto costantemente, anno dopo anno, con il tacito supporto degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti forniscono il loro appoggio diplomatico, gran parte del sostegno economico, l’aiuto militare. E nel frattempo, il governo dice “Non ci piace quello che state facendo, fermatevi ” ma continua a fornire i mezzi. Bene, l’unica differenza nella dichiarazione di Netanyahu con il tacito appoggio di Trump è: “Ho intenzione di andare avanti e di annettere i territori, di annettere tutto, non voglio continuare a costruire, aspettando una eventuale annessione”. Queste sono le cose vere che sono successe.
Ora, la vittoria di Netanyahu, come ho detto prima, consolida un’alleanza — che è già in atto — e che in qualche modo, tacitamente va avanti da anni, non formale, ma funzionale, ora sta venendo allo scoperto sotto gli occhi degli stati arabi più reazionari come, in primo luogo, l’Arabia Saudita, uno degli stati più reazionari del mondo,  dell’Egitto di Sisi, il peggior dittatore della storia egiziana, degli Emirati Arabi Uniti. Ora Israele, si trova proprio al centro di tutto ciò. Fa parte del sistema delle alleanze internazionali di destra, del sistema di alleanza reazionario internazionale ultranazionalista che sta prendendo forma con la leadership degli Stati Uniti, una specie di nuovo sistema globale che sta nascendo. L’America del Sud, con Bolsonaro, è un’altro pezzo di questo sistema.
AMY GOODMAN: Eppure, negli Stati Uniti, c’è una crescente consapevolezza. Per esempio, il voto repubblicano-democratico contro la guerra dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti nello Yemen, alimentata dagli Stati Uniti. Questo le dà qualche speranza?
NOAM CHOMSKY: Questo è uno punto molto interessante ed in realtà è Bernie Sanders. Questo è  — guardiamolo bene — uno sviluppo molto importante, ma osserviamo che cosa è successo. La guerra tra Emirati Arabi Uniti e Emirati Arabi Uniti nello Yemen è stata una terribile atrocità. Probabilmente, nessuno lo sa, forse 60.000, 70.000 sono state le persone uccise, metà della popolazione riesce in qualche modo a sopravvivere. L’ONU descrive questa guerra come il peggior disastro umanitario del mondo. È una vera mostruosità. Sta andando avanti anno dopo anno, e l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti stanno impiegando armi statunitensi — e poi armi britanniche — c’è l’appoggio diretto e indiretto dell’intelligence USA che lavora a stretto contatto con i sauditi per colpire e bombardare e così via. Tutto questo sta succedendo senza nessuna protesta.
Poi è arrivata l’uccisione di Khashoggi, l’uccisione brutale di un giornalista del The Washington Post. Omicidio che ha causato indignazione. OK? Questo non dovrebbe essere il motivo per cui all’improvviso si accendono i riflettori sulla guerra in Yemen, non dovrebbe essere così, ma così è stato. Poi è arrivato Bernie Sanders, con un paio di altre persone, e ha dato il  via alla legislazione che ha cominciato a mettere qualche freno sul sostegno diretto degli Stati Uniti per questa guerra. Il che è significativo, ma dovremmo inserirlo meglio in tutto il contesto di quanto è successo realmente. E penso che possiamo essere abbastanza fiduciosi che il triumvirato Trump-Pompeo-Bolton troverà un modo per aggirare quelle regole e continuare questa guerra, a meno che a gente non cominci a protestare seriamente.
Ora, c’è qualche altra cosa a cui  vale la pena prestare attenzione. Il sostegno all’espansionismo di Israele, alla repressione, all’intera alleanza che si sta sviluppando, questo  sostegno negli USA si è spostato dai settori più liberali – grosso modo, il Partito Democratico – all’estrema destra. Non molto tempo fa, il sostegno a Israele contava sulla passione dei settori liberali della popolazione. Era una questione democratica. Ora, in effetti, non è più così se si guarda ai sondaggi, le persone che si identificano come democratiche tendono più a sostenere i diritti dei palestinesi che non quelli di Israele. Questo è un cambiamento drammatico. Il sostegno per Israele ora poggia sulla parte più reazionaria della popolazione: cristiani evangelici, ultranazionalisti. Fondamentalmente, è diventato un problema di estrema destra. Tra i più giovani questo sentimento è ancora più forte.
Voglio dire, posso vederlo sulla mia persona, in base alla mia personale esperienza. Fino a  10 o 15 anni fa, se dovevo tenere un discorso in un’università su Israele-Palestina, anche nella mia stessa università, il MIT, dovevo avere la protezione della polizia, letteralmente. La polizia doveva cercare di impedire che l’evento venisse rotto. Non mi permettevano di tornare verso la mia macchina da solo. Dovevo essere accompagnato dalla polizia. Le conferenze venivano interrotte e nessuno si opponeva a questi fatti che succedevano ogni volta. Ora questo è cambiato totalmente ed è un cambiamento molto importante. Penso che prima o poi, spero prima, questo possa portare a un cambiamento nella politica degli Stati Uniti.
Ci sono alcune mosse molto semplici che potrebbero essere fatte nella politica degli Stati Uniti che farebbero cambiare radicalmente la situazione in Medio Oriente. Quindi, per esempio, una semplice proposta è che il governo degli Stati Uniti dovrebbe rispettare la legge degli Stati Uniti. Non sembra troppo difficile. Gli Stati Uniti hanno delle leggi, come la cosiddetta legge Leahy o la Patrick Leahy Law, che prevedono che nessun aiuto militare possa essere dato a organizzazioni militari coinvolte in sistematiche violazioni dei diritti umani. Bene, l’esercito israeliano è coinvolto in massicce violazioni dei diritti umani. Se gli Stati Uniti dovessero rispettare la legge degli Stati Uniti, taglieremmo gli aiuti alle IDF, le forze di difesa israeliane. Questo passo da solo avrebbe un effetto importante, non solo toglierebbe gli aiuti materiali, ma avrebbe anche un  significato simbolico. Ed è del tutto possibile che con lo spostamento dell’opinione pubblica, specialmente tra i più giovani, potrebbe arrivare un momento in cui ci sarà un appello per chiedere che gli Stati Uniti rispettino le proprie leggi. OK? Ancora una volta, non parliamo di richieste molto drammatiche. E non si dovrebbe pensare troppo.
AMY GOODMAN: Noam Chomsky. Abbiamo parlato  con lui alla Old South Church, giovedì sera, quando è tornato alla sua vecchia casa di Boston. È stato professore al Massachusetts Institute of Technology per oltre 50 anni e alla fine dell’evento, abbiamo festeggiato il suo 90° compleanno.