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martedì 16 giugno 2020

“Da Chávez soldi ai 5S”. I tre buchi del dossier. - Valeria Pacelli

“Da Chávez soldi ai 5S”. I tre buchi del dossier

Il caso - Il giornale spagnolo Abc: nel 2010 una valigia con 3,5 milioni a Casaleggio sr. La replica : “Falso”. L’Ambasciata: “La perizia sul documento: ecco cosa non torna”.
C’è l’intestazione, il timbro e poi qualche dubbio riguarda anche la data. Stando ad alcune indiscrezioni raccolte dal Fatto, sono i primi risultati di una perizia disposta dal ministero degli Esteri del Venezuela sul documento che ieri è diventato un caso politico, specie alla luce delle posizioni tenute dai 5Stelle, che non hanno mai appoggiato il tentativo di Juan Guaidò di rovesciare il governo di Maduro.
Stiamo parlando della notizia pubblicata dal giornale di destra spagnolo Abc che ha annunciato di aver visionato documenti secretati dei servizi di Caracas dai quali si evince che nel 2010 il governo dell’allora presidente Hugo Chavez avrebbe finanziato il Movimento 5 Stelle con una valigetta contenente 3,5 milioni di euro. Il denaro sarebbe stato spedito da Nicolas Maduro, oggi alla guida del Paese e al tempo ministro degli Esteri, al console venezuelano di Milano, Giancarlo di Martino. Quest’ultimo a sua volta avrebbe fatto da intermediario con Gianroberto Casaleggio (deceduto nell’aprile del 2016). È la ricostruzione fornita dal giornale spagnolo, che ieri ha ricevuto una raffica di smentite. A cominciare da Davide Casaleggio: “Tutto totalmente falso – ha detto il figlio di Gianroberto –. È una fake news uscita più volte, l’ultima nel 2016. Dalle smentite ora passeremo alle querele”. Anche fonti dell’ambasciata venezuelana a Roma parlano di “un documento falso”. “Ci sono tanti punti incongruenti in una nota che è falsa e contraffatta”, aggiungono. E infatti il ministero degli Esteri ha già disposto una perizia su quel documento.
L’atto segreto, lo “scoop” di Abc
L’atto riporta la data del 5 giugno 2010 ed è classificato come “segreto” dalla direzione generale dell’intelligence militare del Venezuela. Qui si parla dei 3,5 milioni di euro destinati al Movimento 5 Stelle, somma che – spiega il giornale spagnolo – sarebbe stata attinta da fondi riservati amministrati dall’allora ministro dell’Interno (oggi al dicastero dell’Economia), Tareck el Aissami, “che era ed è una delle persone nella cerchia di fiducia di Maduro”, il quale a sua volta avrebbe autorizzato il trasferimento di denaro. Secondo Abc, destinatario di quei presunti fondi neri sarebbe stato Gianroberto Casaleggio, che nel documento viene definito come promotore di un movimento “rivoluzionario di sinistra e anticapitalista nella repubblica italiana”.
I dubbi su intestazione, data e simbolo
Sulla validità di questo documento è in corso una perizia “di parte”. È stata infatti disposta dal ministero degli Esteri venezuelano. Non è ancora conclusa. “Stiamo aspettando l’informazione più approfondita da parte del ministero degli Esteri – spiegano fonti dell’ambasciata venezuelana a Roma –, ma ci hanno già spiegato i risultati di una prima parte della perizia della nota”. Sarebbero dunque quattro i punti “incongruenti” evidenziati da una prima analisi dei periti. A cominciare dall’intestazione.
Il documento pubblicato dal quotidiano spagnolo riporta in alto: “Ministerio de la Defensa”. Secondo fonti dell’ambasciata venezuelana a Roma, questo basta per dimostrare che non si tratta di un atto “interno”: “Abbiamo cambiato i nominativi dei nostri ministeri nel 2007 – spiegano dall’Ambasciata –. Da allora tutti si chiamano ‘ministerio del poder popular’ e così via. In quella nota del 2010, fatta tre anni dopo questa modifica, non c’è il cambio del nominativo del ministero”. Insomma l’intestazione sarebbe dovuta essere “Ministerio del Poder Popular para la Defensa”.
Un altro dubbio riguarda il simbolo dello Stato riportato sul documento. “Il simbolo è stato modificato nel 2006: da allora la testa del cavallo è rivolta verso sinistra. Non corrisponde neanche il timbro, quindi”. Altro aspetto, ma meno rilevante rispetto ai precedenti, spiegano dall’ambasciata, riguarda la dicitura “director general inteligencia militar”: “Anche questa non è esatta”. E poi dei dubbi riguardano la data riportata. “Nelle prossime ore – aggiungono – sapremo di più. Stiamo aspettando l’informazione più approfondita da parte del ministero degli Esteri”. Che nel frattempo, via Twitter, annuncia azioni legali.
Il giornalista: “Tutto vero, ho altre prove”
Ieri ha smentito la ricostruzione riportata da Abc anche il console venezuelano a Milano, Giancarlo Di Martino: “Smentisco totalmente” di aver agito da intermediario per fare arrivare i soldi al M5S, ha detto. “A Madrid c’è la cupola dell’ultradestra fascista venezuelana e credo che il documento sia stato prodotto proprio lì”, ha aggiunto.
Mentre i giornalisti autori del presunto scoop non arretrano. Marcos Garcia Rey, firma dell’articolo, in un’intervista al sito Open ha ribadito: “Non ho dubbi che questa valigetta in contanti sia arrivata in Italia (…) e che Di Martino abbia fatto da intermediario tra il governo di Hugo Chavez e il Movimento 5 Stelle. Ho pubblicato il documento, ma ho altre prove che ciò che vi è scritto sia la verità”.
Adesso, con tutte le querele annunciate, la questione dai giornali potrebbe trasferirsi in tribunale.

La destra che campa di bugie. - Gaetano Pedullà

MATTEO SALVINI

Se la destra italiana non fosse ridotta alla macchietta di se stessa, incapace di fare altro che non sia propaganda, avrebbe evitato di allungare il palmarès delle sue brutte figure cavalcando la storiella dei soldi gentilmente recapitati ai Cinque Stelle da Maduro. Una balla talmente esagerata da essere stata completamente rimossa dalla memoria generale, visto che era già uscita – senza farci cascare nessuno – diversi anni fa. Fin troppo facile capirne l’assoluta falsità.
Nel 2010 il regime di un Paese già all’epoca alla fame avrebbe regalato milioni a forze politiche appena nate e prive di alcun potere, come il Movimento di un ex comico che strillava nelle piazze, o lo spagnolo Podemos. Una vicenda che nel caso italiano diventa ancora più illogica, a meno che qualcuno sappia spiegare per quale motivo accettare 3,5 milioni in nero e poi rinunciarne a decine attraverso le restituzioni dei contributi pubblici. Più che sospetta anche la fonte che rilancia la fake news, cioè un giornale di destra simile ai gemelli italiani pieni di fesserie, e il momento in cui il presunto documento dei servizi segreti di Caracas – tra l’altro visibilmente contraffatto – viene tirato fuori, proprio mentre la discussione sulla leadership dei pentastellati rischia di frantumare il principale sostegno del Governo.
Nonostante tutto questo, ieri autorevoli esponenti di Lega e Fratelli d’Italia hanno parlato di ombra pesantissima (ma da quando le ombre pesano?) sui 5S, chiamandoli a giustificarsi di una fandonia su cui dal reggente Crimi a Casaleggio Jr hanno immediatamente annunciato querele. Strana mossa da parte di chi non ha voluto rispondere nemmeno al Parlamento sull’oro di Mosca alla Lega, con le registrazioni vocali – quindi qualcosina in più di un documento realizzato col photoshop – di quella che sembra una trattativa segreta per finanziare il Carroccio attraverso una fornitura petrolifera.
Ora però l’ufficio pubblicità di Salvini & C. ha un argomento per insinuare il sospetto e accostare i Cinque Stelle ai partiti tradizionali, di destra come di sinistra, che le mazzette – quelle vere, mica quelle inventate in Venezuela – non hanno mai smesso di prenderle. Per i loro elettori di bocca buona basta e avanza.

venerdì 1 marzo 2019

The making of Juan Guaidó – Il fantoccio creato in laboratorio per il colpo di Stato in Venezuela. - Dan Cohen e Max Blumenthal



Prima della data fatidica del 22 gennaio, meno di un venezuelano su 5 aveva mai sentito parlare di Juan Guaidó. Solo pochi mesi fa, il trentacinquenne era un personaggio oscuro in un gruppo di estrema destra di scarsa influenza politica, strettamente associato a macabri atti di violenza di strada. Anche nel suo stesso partito, Guaidó era una figura di medio livello nell’Assemblea Nazionale dominata dall’opposizione, che sta ora agendo in maniera incostituzionale. Ma dopo una sola telefonata dal vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, Guaidó si è proclamato presidente del Venezuela. Unto come capo del suo paese da Washington, uno sguazzatore di bassifondi politici precedentemente sconosciuto è stato fatto salire sul palcoscenico internazionale, selezionato dagli Stati Uniti come il leader della nazione con le maggiori riserve petrolifere del mondo. Facendo eco al consenso di Washington, il comitato editoriale del “New York Times” ha definito Guaidó un «rivale credibile» per il presidente Nicolás Maduro, con uno «stile rinfrescante e una visione per portare avanti il p​aese». Il comitato editoriale di “Bloomberg” lo ha applaudito per aver cercato «il ripristino della democrazia», e il “Wall Street Journal” lo ha dichiarato «un nuovo leader democratico».
Al contempo il Canada, numerose nazioni europee, Israele e il blocco dei governi latinoamericani di destra, conosciuti come il Gruppo di Lima, hanno riconosciuto Guaidó come il leader legittimo del Venezuela. Mentre Guaidó sembra essersi materializzato dal nulla, è in realtà il prodotto di oltre un decennio di coltivazione attenta da parte delle “fabbriche di cambio di regime” del governo degli Stati Uniti. Accanto a un gruppo di attivisti studenteschi di destra, Guaidó è stato coltivato per minare il governo socialista, destabilizzare il paese e un giorno prendere il potere. Sebbene sia stato una figura minore nella politica venezuelana, ha passato anni a dimostrare la sua “dignità” nelle sale del potere di Washington. «Juan Guaidó è un personaggio creato per questa circostanza», ha detto a “Grayzone” Marco Teruggi, sociologo argentino e tra i principali cronisti della politica venezuelana. «È la logica di laboratorio: Guaidó è come una miscela di diversi elementi che creano un personaggio che, in tutta onestà, oscilla tra il risibile e il preoccupante».
Diego Sequera, giornalista e scrittore venezuelano per l’agenzia investigativa “Mision Verdad”, concorda: «Guaidó è più popolare fuori dal Venezuela che dentro, specialmente nelle élite Ivy League e nei circoli di Washington. È un personaggio conosciuto lì, è prevedibilmente di destra ed è considerato fedele al programma». Mentre Guaidó è oggi venduto come il volto della restaurazione democratica, ha trascorso la sua carriera nella fazione più violenta del partito di opposizione più radicale del Venezuela, posizionandosi in prima linea in una campagna di destabilizzazione dopo l’altra. Il suo partito è stato ampiamente screditato in Venezuela, ed è ritenuto in parte responsabile della frammentazione di un’opposizione fortemente indebolita. «Questi leader radicali non hanno più del 20% nei sondaggi d’opinione», scrive Luis Vicente León, il principale sondaggista del Venezuela. Secondo Leon, il partito di Guaidó rimane isolato perché la maggioranza della popolazione non vuole la guerra: «Quello che vogliono è una soluzione».
Ma questo è precisamente il motivo per cui Guaidó è stato scelto da Washington: non è previsto che guidi il Venezuela verso la democrazia, ma che faccia collassare un paese che negli ultimi due decenni è stato un baluardo di resistenza all’egemonia degli Stati Uniti. La sua improbabile ascesa segna il culmine di un progetto durato due decenni per distruggere un solido esperimento socialista. Dall’elezione del 1998 di Hugo Chavez, gli Stati Uniti hanno combattuto per ripristinare il controllo sul Venezuela e le sue vaste riserve petrolifere. I programmi socialisti di Chavez hanno in parte ridistribuito la ricchezza del paese e aiutato a sollevare milioni dalla povertà, ma gli hanno anche dipinto un bersaglio sulle spalle. Nel 2002, l’opposizione di destra venezuelana lo depose con un colpo di Stato che aveva il sostegno e il riconoscimento degli Stati Uniti, ma l’esercito ripristinò la sua presidenza dopo una mobilitazione popolare di massa. Durante le amministrazioni dei presidenti degli Stati Uniti George W. Bush e Barack Obama, Chavez è sopravvissuto a numerosi tentativi di omicidio, prima di soccombere al cancro nel 2013. Il suo successore, Nicolás Maduro, è sopravvissuto a tre attentati.
L’amministrazione Trump ha immediatamente elevato il Venezuela al vertice della lista dei cambi di regime di Washington, dandogli il marchio di leader di una “troika della tirannia”. L’anno scorso, la squadra di sicurezza nazionale di Trump ha cercato di reclutare membri dell’esercito venezuelano per instaurare una giunta militare, ma questo sforzo è fallito. Secondo il governo venezuelano, gli Stati Uniti erano anche coinvolti in una trama chiamata “Operazione Costituzione” per catturare Maduro nel palazzo presidenziale di Miraflores, e un’altra chiamata “Operazione Armageddon” per assassinarlo a una parata militare nel luglio 2017. Poco più di un anno dopo, i leader dell’opposizione esiliata hanno cercato di uccidere Maduro, usando droni-bomba durante una parata militare a Caracas. Più di un decennio prima di questi intrighi, un gruppo di studenti dell’opposizione di destra fu selezionato e curato da un’accademia di formazione d’élite per il cambio di regimi, finanziata dagli Stati Uniti per rovesciare il governo venezuelano e ripristinare l’ordine neoliberista.
Il 5 ottobre 2005, con la popolarità di Chavez al suo apice e il suo governo che pianifica vasti programmi socialisti, cinque “leader studenteschi” venezuelani arrivarono a Belgrado, in Serbia, per iniziare l’addestramento per un’insurrezione. Gli studenti erano arrivati ​​dal Venezuela per gentile concessione del Centro per le azioni e strategie nonviolente applicate, o Canvas. Questo gruppo è finanziato in gran parte attraverso il National Endowment for Democracy, un cut-out della Cia che funziona come il braccio principale del governo degli Stati Uniti per promuovere i cambi di regime, e propaggini come l’International Republican Institute e il National Democratic Institute for International Affairs. Secondo le e-mail interne trapelate da Stratfor, una società di intelligence nota come “la Cia-ombra”, «Canvas potrebbe aver ricevuto finanziamenti e addestramento dalla Cia durante la lotta anti-Milosevic del 1999-2000».
Canvas è uno spin-off di Otpor, un gruppo di protesta serbo fondato da Srdja Popovic nel 1998 all’Università di Belgrado. Otpor, che significa “resistenza” in serbo, è stato il gruppo studentesco che ha guadagnato fama internazionale – e la pubblicità di Hollywood – mobilitando le proteste che alla fine hanno fatto cadere Slobodan Milosevic. Questa piccola cellula di specialisti del cambio di regime operava secondo le teorie del defunto Gene Sharp, “il Von Clausewitz della lotta non violenta”. Sharp aveva lavorato con un ex analista della Defense Intelligence Agency, il colonnello Robert Helvey, per ideare le linee guida per l’utilizzo della protesta come una forma di guerra ibrida, mirata agli Stati che resistevano alla dominazione unipolare di Washington. Otpor è stato sostenuto dal National Endowment for Democracy, dall’Usaid e dall’Istituto Albert Einstein di Sharp. Sinisa Sikman, uno dei creatori di Otpor, una volta ha detto che il gruppo ha persino ricevuto finanziamenti diretti della Cia.
Secondo un’e-mail trapelata dallo staff di Stratfor, dopo aver eliminato Milosevic dal potere, «i ragazzi che gestivano Otpor sono cresciuti, si sono vestiti bene e hanno progettato Canvas, o in altre parole un gruppo “export-a-revolution” che ha gettato i semi delle varie altre “rivoluzioni colorate”. Sono ancora legati ai finanziamenti degli Stati Uniti e fondamentalmente vanno in giro per il mondo cercando di rovesciare dittatori e governi autocratici (quelli che agli Usa non piacciono)». Stratfor ha rivelato che Canvas «ha rivolto la sua attenzione al Venezuela» nel 2005, dopo aver addestrato i movimenti di opposizione che hanno portato le operazioni di cambio di regime pro-Nato in tutta l’Europa orientale. Mentre monitorava il programma di formazione Canvas, Stratfor ha delineato il suo programma insurrezionalista in un linguaggio straordinariamente chiaro: «Il successo non è affatto garantito, e i movimenti studenteschi sono solo l’inizio di quello che potrebbe essere uno sforzo di anni per innescare una rivoluzione in Venezuela, ma i formatori sono le persone che si sono fatte le ossa col “Macellaio dei Balcani”. Hanno delle abilità pazzesche. Quando vedrete studenti in cinque università venezuelane tenere dimostrazioni simultanee, saprete che la formazione è finita e il vero lavoro è iniziato».
Il “vero lavoro” è iniziato due anni dopo, nel 2007, quando Guaidó si è laureato presso l’Università Cattolica Andrés Bello di Caracas. Si è trasferito a Washington per iscriversi al corso di governance e gestione politica presso la George Washington University sotto la guida dell’economista venezuelano Luis Enrique Berrizbeitia, uno dei principali economisti neoliberali latinoamericani. Berrizbeitia è un ex direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, che ha trascorso oltre un decennio lavorando nel settore energetico venezuelano sotto il vecchio regime oligarchico poi estromesso da Chavez. Quell’anno, Guaidó contribuì a guidare i raduni anti-governativi dopo che il governo venezuelano rifiutò di rinnovare la licenza di “Radio Caracas Televisión” (Rctv). Questa stazione privata svolse un ruolo di primo piano nel colpo di Stato del 2002 contro Hugo Chavez. “Rctv” aiutò a mobilitare i manifestanti anti-governativi, diffondendo informazioni false che incolpavano i sostenitori del governo di atti di violenza, compiuti in realtà dai membri dell’opposizione, e censurò tutte le dichiarazioni pro-governative in occasione del colpo di Stato.
Il ruolo di “Rctv” e di altre stazioni di proprietà degli oligarchi nel guidare il fallito tentativo di colpo di Stato è stato ben descritto nell’acclamato documentario “La rivoluzione non sarà trasmessa”. Nello stesso anno, gli studenti rivendicarono il merito di aver soffocato il referendum costituzionale di Chavez per “un socialismo del XXI secolo” che prometteva di «impostare il quadro legale per la riorganizzazione politica e sociale del paese, dando un potere diretto alle comunità organizzate come prerequisito per lo sviluppo di un nuovo sistema economico». Dalle proteste su “Rctv” e referendum, nacque un gruppo specializzato di attivisti del cambio di regime sostenuto dagli Stati Uniti. Si sono definiti “Generation 2007”. I formatori di Stratfor e Canvas di questa cellula hanno identificato un organizzatore chiamato Yon Goicoechea, alleato di Guaidó – quale “fattore chiave” nel soffocamento del referendum costituzionale. L’anno seguente, Goicochea fu ricompensato per i suoi sforzi con il Milton Friedman Prize for Advancing Liberty del Cato Institute, insieme a un premio di 500.000 dollari, che investì prontamente nella costruzione della sua rete politica “Prima la Libertà” (Primero Justicia).
Friedman, naturalmente, era il padrino del famigerato think-tank neoliberista dei Chicago Boys che fu importato in Cile dal leader della giunta dittatoriale Augusto Pinochet per attuare politiche di radicale austerità fiscale in stile “shock-doctrine”. E il Cato Institute è il think-tank neoliberista di Washington, fondato dai fratelli Koch, due grandi donatori del partito repubblicano che sono diventati aggressivi sostenitori della destra in tutta l’America Latina. WikiLeaks ha pubblicato un’e-mail del 2007 che l’ambasciatore americano in Venezuela William Brownfield ha inviato al Dipartimento di Stato, al Consiglio di sicurezza nazionale e al Comando meridionale del Dipartimento della difesa elogiando «la Generazione del ‘07» per aver «costretto il presidente venezuelano, abituato a fissare l’agenda politica, a reagire spropositatamente». Tra i «leader emergenti» identificati da Brownfield c’erano Freddy Guevara e Yon Goicoechea. Ha applaudito quest’ultima figura come «uno dei difensori più articolati delle libertà civili». Riempiti di denaro dagli oligarchi neoliberali, i quadri radicali venezuelani hanno portato le loro tattiche Otpor nelle strade, insieme a una loro particolare versione del logo del gruppo.
Nel 2009, gli attivisti giovanili di “Generation 2007” hanno messo in scena la loro dimostrazione più provocatoria, calandosi i pantaloni nelle strade e scimmiottando le “scandalose” tattiche di “guerrilla” delineate da Gene Sharp nei suoi manuali sul cambio di regime. I manifestanti si erano mobilitati contro l’arresto di un alleato di un altro gruppo giovanile, chiamato Javu. Questo gruppo di estrema destra «raccolse fondi da una varietà di fonti governative degli Stati Uniti, che gli permisero di acquisire rapida notorietà come l’ala più dura dei movimenti di opposizione», secondo il libro dell’accademico George Ciccariello-Maher, “Building the Commune”. Mentre i video della protesta non sono disponibili, molti venezuelani hanno identificato Guaidó come uno dei suoi partecipanti chiave. Sebbene l’accusa non sia confermata, è certamente plausibile; i manifestanti con le natiche nude erano membri del nucleo interno di “Generazione 2007” a cui apparteneva Guaidó e indossavano le T-shirt col loro marchio di fabbrica “Resistencia!”.
Quell’anno, Guaidó si espose al pubblico in un altro modo, fondando un partito politico per catturare l’energia anti-Chavez che la sua “Generazione 2007” aveva coltivato. Il partito, chiamato “Volontà popolare”, fu guidato da Leopoldo López, un purosangue di destra educato a Princeton, pesantemente coinvolto nei programmi del National Endowment for Democracy ed eletto sindaco di un distretto di Caracas tra i più ricchi del paese. Lopez era un ritratto dell’aristocrazia venezuelana, direttamente discendente dal primo presidente del suo paese. È anche cugino di Thor Halvorssen, fondatore della Human Rights Foundation, con sede negli Stati Uniti, che funge da facciata pubblicitaria per gli attivisti anti-governativi sostenuti dagli Stati Uniti in paesi presi di mira da Washington. Sebbene gli interessi di Lopez fossero allineati perfettamente con quelli di Washington, i documenti diplomatici statunitensi pubblicati da WikiLeaks mettevano in luce le tendenze fanatiche che avrebbero portato alla marginalizzazione dal consenso popolare.
Un comunicato identificava Lopez come «una figura di divisione all’interno dell’opposizione, spesso descritta come arrogante, vendicativa e assetata di potere». Altri hanno evidenziato la sua ossessione per gli scontri e il suo «approccio intransigente» come fonte di tensione con altri leader dell’opposizione, che davano priorità all’unità e alla partecipazione alle istituzioni democratiche del paese. Nel 2010 “Volontà Popolare” e i suoi sostenitori stranieri si sono mossi per sfruttare la peggiore siccità che avesse colpito il Venezuela, da decenni. La grande carenza di energia elettrica aveva colpito il paese a causa della scarsità d’acqua, necessaria per alimentare le centrali idroelettriche. La recessione economica globale e un calo dei prezzi del petrolio aggravarono la crisi, provocando il malcontento pubblico. Stratfor e Canvas – i principali consiglieri di Guaidó e dei suoi quadri anti-governativi – escogitarono un piano scandalosamente cinico per pugnalare al cuore la rivoluzione bolivariana. Il piano prevedeva un crollo del 70% del sistema elettrico del paese già nell’aprile 2010.
«Questo potrebbe essere l’evento spartiacque, poiché c’è poco che Chavez possa fare per proteggere i poveri dal fallimento di quel sistema», dichiara il memorandum interno di Stratfor. «Questo avrà probabilmente l’effetto di galvanizzare i disordini pubblici in un modo che nessun gruppo di opposizione potrebbe mai sperare di generare. A quel punto, un gruppo di opposizione potrebbe servirsene per approfittare della situazione e scagliare l’opinione pubblica contro Chavez». In quel momento l’opposizione venezuelana riceveva 40-50 milioni di dollari l’anno da organizzazioni governative statunitensi come Usaid e National Endowment for Democracy, secondo un rapporto di un think-tank spagnolo, l’Istituto Frude. Aveva anche una grande ricchezza da attingere dai suoi conti, che erano per lo più al di fuori del paese. Ma lo scenario immaginato da Statfor non si realizzò, gli attivisti del partito “Volontà Popolare” e i loro alleati misero quindi da parte ogni pretesa di non violenza e si unirono in un piano radicale di destabilizzazione del paese.
Nel novembre 2010, secondo le e-mail ottenute dai servizi di sicurezza venezuelani e presentate dall’ex ministro della giustizia Miguel Rodríguez Torres, Guaidó, Goicoechea e diversi altri attivisti studenteschi hanno partecipato ad un corso di formazione segreto di cinque giorni presso l’hotel Fiesta Mexicana di Città del Messico. Le sessioni sono state condotte da Otpor, i formatori del cambio regime a Belgrado appoggiati dal governo degli Stati Uniti. Secondo quanto riferito, l’incontro aveva ricevuto la benedizione di Otto Reich, un esiliato cubano fanaticamente anticastrista che lavorava nel Dipartimento di Stato di George W. Bush, e dall’ex presidente colombiano di destra Alvaro Uribe. All’hotel Fiesta Mexicana, Guaidó e i suoi compagni attivisti hanno ordito un piano per rovesciare Hugo Chavez generando il caos attraverso spasmi prolungati di violenza di strada.
Tre personaggi dell’industria petrolifera – Gustavo Tovar, Eligio Cedeño e Pedro Burelli – hanno a quanto pare pagato il conto di 52.000 dollari dell’albergo. Torrar è un autoproclamato “attivista per i diritti umani” e “intellettuale”, il cui fratello minore Reynaldo Tovar Arroyo è il rappresentante in Venezuela della società petrolifera messicana privata Petroquimica del Golfo, che ha un contratto con lo Stato venezuelano. Cedeño, da parte sua, è un fuggitivo uomo d’affari venezuelano che ha chiesto asilo negli Stati Uniti, e Pedro Burelli un ex dirigente della Jp Morgan ed ex direttore della compagnia petrolifera nazionale venezuelana Petroleum of Venezuela (Pdvsa). Lasciò la Pdvsa nel 1998 mentre Hugo Chavez prendeva il potere, e faceva parte del comitato consultivo del programma di leadership in America Latina della Georgetown University. Burelli ha insistito sul fatto che le e-mail che dettagliavano la sua partecipazione erano state inventate, e ha persino assunto un investigatore privato per dimostrarlo. L’investigatore dichiarò che i registri di Google mostravano che le e-mail che si presumeva fossero sue non vennero mai trasmesse.
Eppure oggi Burelli non fa mistero del suo desiderio di vedere deposto l’attuale presidente venezuelano, Nicolás Maduro, e anche di volerlo «trascinato per le strade e sodomizzato con una baionetta», come accaduto al capo libico Muhammar Gheddafi, così trattato dai miliziani sostenuti dalla Nato. La presunta trama di Fiesta Mexicana è confluita in un altro piano di destabilizzazione, rivelato in una serie di documenti mostrati dal governo venezuelano. Nel maggio 2014, Caracas ha rilasciato documenti che descrivono un complotto di omicidio contro il presidente Nicolás Maduro. Le fughe di notizie hanno identificato Maria Corina Machado, con sede a Miami, come leader del piano. Estremista con un debole per la retorica estrema, Machado ha funto da collegamento internazionale per l’opposizione, incontrando addirittura il presidente George W. Bush nel 2005. «Penso che sia tempo di raccogliere gli sforzi; fai le chiamate necessarie e ottieni finanziamenti per annientare Maduro e il resto andrà in pezzi», ha scritto Maria Corina Machado in una e-mail all’ex diplomatico venezuelano Diego Arria nel 2014.
In un’altra email, la Machado sosteneva che la trama violenta aveva la benedizione dell’ambasciatore statunitense in Colombia, Kevin Whitaker. «Ho già deciso, e questa lotta continuerà fino a quando questo regime non sarà rovesciato e consegneremo il risultato ai nostri amici nel mondo. Se sono andata a San Cristobal e mi sono esposta all’Oas, non ho paura di nulla. Kevin Whitaker ha già riconfermato il suo sostegno e ha sottolineato i nuovi passaggi. Abbiamo un libretto degli assegni più forte di quello del regime per rompere l’anello di sicurezza internazionale». Nel febbraio 2014, i manifestanti studenteschi che agivano come truppe d’assalto per l’oligarchia in esilio eressero barricate in tutto il paese, trasformando quartieri controllati dall’opposizione in fortezze violente, note come “guarimbas”. Mentre i media internazionali ritraevano lo sconvolgimento come una protesta spontanea contro la regola del pugno di ferro di Maduro, ci sono molte prove che fosse “Volontà Popolare” ad orchestrare lo spettacolo.
«I manifestanti delle università non indossavano le loro magliette, tutti indossavano magliette di “Volontà Popolare” o “Justice First”», ha detto un partecipante alla “guarimba”, all’epoca. «Potrebbero essere stati gruppi di studenti, ma i consigli studenteschi sono affiliati ai partiti politici di opposizione e sono responsabili nei loro confronti». Alla domanda su chi fossero i capobanda, il partecipante alla “guarimba” ha dichiarato: «Beh, ad essere onesti, quei ragazzi ora sono in Parlamento». Circa 43 sono stati i morti durante le “guarimbas” del 2014. Le stesse violenze eruttarono di nuovo tre anni dopo, causando grandi distruzioni di infrastrutture pubbliche, l’assassinio di sostenitori del governo e la morte di 126 persone, molte delle quali erano chaviste. In diversi casi, i sostenitori del governo sono stati bruciati vivi da bande armate. Guaidó è stato direttamente coinvolto nelle “guarimbas” del 2014. Infatti, ha twittato un video in cui si mostrava vestito con un elmetto e una maschera antigas, circondato da elementi mascherati e armati che avevano bloccato un’autostrada e che si stavano impegnando in uno scontro violento con la polizia. Alludendo alla sua partecipazione alla “Generazione 2007”, proclamava: «Ricordo che nel 2007, abbiamo proclamato, “Studenti!”. Ora gridiamo: “Resistenza! Resistenza”».  Guaidó ha poi cancellato il tweet, dimostrando un’apparente preoccupazione per la sua immagine di paladino della democrazia.
Il 12 febbraio 2014, durante il culmine delle “guarimbas” di quell’anno, Guaidó si è unito a Lopez sul palco di una manifestazione di “Volontà Popolare” e “Prima la Giustizia”. Con un lungo discorso contro il governo, Lopez esortò la folla a marciare verso l’ufficio del procuratore generale Luisa Ortega Diaz. Poco dopo, l’ufficio di Diaz venne attaccato da bande armate che tentarono di bruciarlo. La Diaz ha definito l’episodio come «violenza programmata e premeditata». In un’apparizione televisiva del 2016, Guaidó ha liquidato come “mito” le morti risultanti da “guayas” – una tattica di “guarimba” che consiste nel piazzare filo spinato su una strada ad altezza della testa per ferire o uccidere motociclisti. I suoi commenti hanno minimizzato una tattica micidiale che aveva ucciso civili disarmati come Santiago Pedroza e decapitato un uomo di nome Elvis Durán, tra molti altri. Questo insensibile disprezzo per la vita umana definisce “Volontà Popolare” agli occhi di gran parte del pubblico, compresi molti avversari di Maduro.
Con l’intensificarsi della violenza e della polarizzazione politica in tutto il paese, il governo ha iniziato ad agire contro i leader di “Volontà Popolare”. Freddy Guevara, vicepresidente dell’Assemblea Nazionale e secondo in comando di “Volontà Popolare”, è stato il principale leader delle rivolte di strada del 2017. Di fronte a un processo per il suo ruolo nelle violenze, Guevara si è rifugiato nell’ambasciata cilena, dove rimane. Lester Toledo, un legislatore di “Volontà Popolare” dello Stato di Zulia, è stato ricercato dal governo venezuelano nel settembre 2016 con l’accusa di finanziamento del terrorismo e di complotto a fini di omicidio. Si dice che i piani siano stati preparati insieme all’ex presidente colombiano Álavaro Uribe. Toledo è fuggito dal Venezuela e ha fatto diverse tournée con Human Rights Watch, la Freedom House, il Congresso spagnolo e il Parlamento Europeo, sostenuto dal governo degli Stati Uniti.
Carlos Graffe è un altro membro della “Generazione 2007” addestrata da Otpor, che ha guidato Volontà Popolare. E’ stato arrestato nel luglio 2017. Secondo la polizia, era in possesso di una borsa piena di chiodi, esplosivo C4 e un detonatore. È stato rilasciato il 27 dicembre 2017. Leopoldo Lopez, il leader di lunga data di “Volontà Popolare”, è oggi agli arresti domiciliari, accusato di aver avuto un ruolo chiave nella morte di 13 persone durante le “guarimbas” nel 2014. Amnesty International ha elogiato Lopez come «prigioniero di coscienza». Nel frattempo, i familiari delle vittime di “guarimba” hanno presentato una petizione per ulteriori accuse contro Lopez. Goicoechea, il poster-boy dei fratelli Koch e fondatore di “Prima la Giustizia”, sostenuto dagli Stati Uniti, è stato arrestato nel 2016 dalle forze di sicurezza, che hanno affermato di aver trovato un chilo di esplosivo nel suo veicolo. In un editoriale del “New York Times”, Goicoechea ha protestato contro le accuse (che definisce false) e ha affermato di essere stato imprigionato semplicemente per il suo «sogno di una società democratica, libera dal comunismo». È stato liberato nel novembre 2017.
David Smolansky, anche lui membro dell’originale “Generation 2007” di Otpor, è diventato il più giovane sindaco venezuelano quando è stato eletto nel 2013 nel ricco sobborgo di El Hatillo. Ma è stato spogliato della sua posizione e condannato a 15 mesi di prigione dalla Corte Suprema dopo essere stato trovato colpevole di aver fomentato le violenze delle “guarimbas”. Prima dell’arresto, Smolansky si rasò la barba, indossò occhiali da sole e scivolò in Brasile travestito da prete con una Bibbia in mano e il rosario al collo. Ora vive a Washington, dove è stato scelto dal segretario dell’Organizzazione degli Stati Americani Luis Almagro per guidare il gruppo di lavoro sulla crisi dei migranti e dei rifugiati venezuelani. Lo scorso 26 luglio, Smolansky ha tenuto quella che ha definito una «riunione cordiale» con Elliot Abrams, il criminale condannato nel processo Iran-Contra, ora mandato da Trump come inviato speciale degli Stati Uniti in Venezuela. Abrams è noto per aver supervisionato la politica segreta degli Stati Uniti di armare gli squadroni della morte di destra durante gli anni ‘80 in Nicaragua, El Salvador e Guatemala. Il suo ruolo principale nel colpo di Stato venezuelano ha alimentato i timori che un’altra guerra per procura potrebbe essere in arrivo. Quattro giorni prima, Machado aveva urlato un’altra violenta minaccia contro Maduro, dichiarando che «se vuole salvarsi la vita, dovrebbe capire che il suo tempo è scaduto».
Il collasso di “Volontà Popolare”, sotto il peso della violenta campagna di destabilizzazione che aveva avviato, ha alienato il consenso di ampi settori dell’opinione pubblica e ha costretto gran parte della sua leadership in esilio o in carcere. Guaidó è sempre rimasto una figura relativamente minore, ha infatti trascorso gran parte della sua carriera di nove anni all’Assemblea Nazionale come sostituto. Originario di uno degli Stati meno popolati del Venezuela, Guaidó arrivò secondo alle elezioni parlamentari del 2015, assicurandosi il posto in Assemblea con appena il 26% dei voti. In effetti, si può dire che il suo sedere fosse più conosciuto della sua faccia. Guaidó è noto come il presidente dell’Assemblea Nazionale, dominata dall’opposizione, ma non è mai stato eletto. I quattro partiti di opposizione che comprendevano il Tavolo di Unità Democratica dell’Assemblea avevano deciso di istituire una presidenza a rotazione. La svolta di “Volontà Popolare” era in arrivo, ma il suo fondatore, Lopez, era agli arresti domiciliari. Nel frattempo, il suo secondo incaricato, Guevara, si era rifugiato nell’ambasciata cilena. Juan Andrés Mejía avrebbe dovuto occupare la presidenza dell’Assemblea, ma per ragioni che ora sono maggiormente chiare, gli fu preferito Juan Guaidò.
«C’è un ragionamento di classe che spiega l’ascesa di Guaidó», osserva Sequera, l’analista venezuelano. «Mejía è di classe alta, ha studiato in una delle università private più costose del Venezuela e non poteva essere facilmente venduto al pubblico come Guaidó. Guaidó ha caratteristiche meticce comuni alla maggior parte dei venezuelani, e sembra più un uomo della gente. Inoltre, non era stato sovraesposto nei media, quindi poteva essere presentato in praticamente qualsiasi salsa». Nel dicembre 2018, Guaidó si è recato a Washington, in Colombia e in Brasile per coordinare la preparazione di manifestazioni di massa durante l’inaugurazione della presidenza Maduro. La notte prima della cerimonia di giuramento di Maduro, sia il vicepresidente Mike Pence che il ministro degli esteri canadese Chrystia Freeland hanno chiamato Guaidó per confermare il loro sostegno. Una settimana dopo, il senatore Marco Rubio, il senatore Rick Scott e il rappresentante Mario Diaz-Balart – tutti i legislatori della base della destra della lobby di esilio cubano di destra – si sono uniti al presidente Trump e al vicepresidente Pence alla Casa Bianca. Su loro richiesta, Trump dichiarò che se Guaidó si fosse dichiarato presidente, lo avrebbe sostenuto.
Il segretario di Stato Mike Pompeo ha incontrato personalmente Guaidó il 10 gennaio, secondo il “Wall Street Journal”. Tuttavia, Pompeo non riusci a pronunciare correttamente il nome di Guaidó quando lo menzionò in una conferenza stampa il 25 gennaio, riferendosi a lui come a “Juan Guido”. L’11 gennaio, la pagina di Wikipedia di Guaidó è stata modificata per 37 volte, mettendo in evidenza la lotta per modellare l’immagine di una figura precedentemente anonima che ora era un tableau per le ambizioni del cambio di regime di Washington. Alla fine, la supervisione editoriale della sua pagina è stata consegnata al consiglio d’élite dei “bibliotecari” di Wikipedia, che lo ha definito presidente «conteso» del Venezuela. Guaidó sarà anche una mezza figura, ma la sua combinazione di radicalismo e opportunismo soddisfa i bisogni di Washington. «Quel pezzo interno era mancante», ha detto di Guaidó un funzionario dell’amministrazione Trump. «Era il pezzo di cui avevamo bisogno perché la nostra strategia fosse coerente e completa». Brownfield, l’ex ambasciatore americano in Venezuela, ha dichiarato al “New York Times”: «Per la prima volta abbiamo un leader dell’opposizione che sta chiaramente segnalando alle forze armate e alle forze dell’ordine che vuole tenerle dalla parte degli angeli e dei bravi ragazzi».
Ma è stata “Volontà Popolare” di Guaidó a formare le truppe d’assalto delle “guarimbas” che hanno causato la morte di agenti di polizia e comuni cittadini. Si era persino vantato della propria partecipazione alle rivolte di strada. E ora, per conquistare i cuori e le menti dei militari e della polizia, Guaidò ha dovuto cancellare questa storia intrisa di sangue. Il 21 gennaio, un giorno prima che il colpo di Stato iniziasse sul serio, la moglie di Guaidó ha presentato un video che invitava i militari a insorgere contro Maduro. La sua esibizione è stata legnosa e poco accattivante, e sottolinea le limitate prospettive politiche del marito. In una conferenza stampa di fronte ai suoi sostenitori, quattro giorni dopo, Guaidó ha annunciato la sua soluzione alla crisi: «Autorizzare un intervento umanitario!». Mentre attende l’assistenza diretta, Guaidó rimane quello che è sempre stato – una marionetta, frutto del progetto di ciniche forze esterne. «Non importa se si brucerà dopo tutte queste disavventure», dice Sequera del fantoccio del colpo di Stato. «Per gli americani, è sacrificabile».
(Dan Cohen e Max Blumenthal, “The making of Juan Guaidó – Il fantoccio creato in laboratorio per il colpo di Stato in Venezuela”, da “Consortium News” del 29 gennaio 2019: reportage tradotto da Enrico Carotenuto per “Coscienze in Rete”. Max Blumenthal è un giornalista pluripremiato e autore di numerosi libri, tra cui “Gomorra Repubblicana”, “Golia”, “La guerra dei cinquanta giorni” e “La gestione della ferocia”. Ha prodotto articoli per numerose pubblicazioni, molti video report e diversi documentari, tra cui “Killing Gaza”. Blumenthal ha fondato “The Grayzone” nel 2015 per puntare un faro giornalistico sullo stato di guerra perpetua dell’America e le sue pericolose ripercussioni domestiche. Dan Cohen è un giornalista e regista. Ha prodotto reportage video ampiamente distribuiti e materiale cartaceo da tutta Israele-Palestina. E’ un corrispondente di “Rt America”).
Fonte: www.libreidee.org
Link: http://www.libreidee.org/2019/03/scuola-di-golpe-e-nato-in-serbia-loscuro-progetto-guaido/

venerdì 15 febbraio 2019

Affamare il Venezuela fino alla sottomissione. - Israel Shamir



Ma come siete di buon cuore! Ho versato una lacrima pensando alla generosità americana. “Una montagna di deliziose leccornie: sacchi di riso, tonno in scatola e biscotti ricchi di proteine, farina di mais, lenticchie e pasta, il tutto arrivato al confine di un Venezuela in difficoltà; abbastanza roba per un pasto leggero a testa per cinquemila persone,” dicono gli organi di informazione, con sublime riferimento a quei cinquemila che erano stati sfamati dai pesci e dai pani di Gesù Cristo. C’è da dire però che Gesù non ha mai messo mano nei conti bancari e non ha mai rubato l’oro di quelli che aveva nutrito. Ma il Venezuela del 21° secolo è molto più prospero della Galilea del 1° secolo. Oggigiorno devi organizzare un embargo, se vuoi che le persone ti siano grate per il tuo aiuto umanitario.
Questo non è un problema. La coppia Stati Uniti-Regno Unito l’ha fatto in Iraq, come aveva scritto nell’aprile del 2000 il meraviglioso Arundhati Roy (sul Guardian dei vecchi tempi, prima che diventasse uno strumento dell’imperialismo): dopo che l’Iraq era stato messo in ginocchio, la sua popolazione stava morendo di fame, mezzo milione dei suoi bambini erano stati uccisi, le sue infrastrutture gravemente danneggiate … l’embargo e la guerra erano stati seguiti da … avete indovinato! Aiuti umanitari. All’inizio hanno bloccato forniture di cibo per miliardi di dollari, e poi hanno fatto arrivare 450 tonnellate di aiuti umanitari e hanno celebrato la loro generosità con giorni interi di trasmissioni televisive in diretta. L’Iraq aveva le risorse economiche necessarie per comprare tutto il cibo di cui aveva bisogno, ma era stato sottoposto ad embargo, e la sua popolazione aveva ricevuto solo un po’ di briciole.
E questo era stato abbastanza umano, almeno per gli standard americani. Nel 18° secolo, i coloni britannici del Nord America avevano usato metodi assai più drastici, mentre dispensavano aiuti ai nativi disobbedienti. I pellerossa erano stati espulsi dalle loro terre natie, e poi erano stati forniti di aiuti umanitari: whisky e coperte. Le coperte erano state precedentemente utilizzate da pazienti ammalati di vaiolo. La popolazione nativa del Nord America era stata in questo modo decimata dalle conseguenti epidemie e da altre misure simili. Probabilmente non avrete sentito parlare di questo capitolo della vostra storia: gli Stati Uniti hanno molti musei dell’Olocausto ma non un solo memoriale per un genocidio accaduto vicino a casa. È molto più divertente discutere delle colpe dei Tedeschi e dei Turchi che di quelle dei propri antenati.
All’inizio, si affama la gente, poi le si fanno arrivare gli aiuti umanitari. Una cosa del genere era stata proposta da John McNaughton al Pentagono: bombardare dighe e chiuse, inondare le coltivazioni di riso, procurare una carestia generale (oltre un milione di morti?) “e poi faremo arrivare aiuti umanitari ai Vietnamiti affamati.”  Oppure, “potremmo offrirci di farlo al tavolo delle trattative.” Pianificare un milione di morti per fame, e metterlo per iscritto: se un appunto del genere fosse stato trovato fra le macerie del Terzo Reich, l’episodio sarebbe stato definito un genocidio e se ne sarebbe parlato tutti i giorni. Ma la storia del genocidio dei Vietnamiti, oggigiorno, viene raramente menzionata.
Lo hanno fatto anche in Siria. All’inizio hanno dato armi a tutti gli estremisti mussulmani, poi hanno messo sotto embargo Damasco e infine hanno inviato aiuti umanitari, ma solo nelle aree sotto il controllo dei ribelli.
Questo crudele ma efficace metodo per spezzare lo spirito delle nazioni è stato sviluppato per anni, forse per secoli, dai domatori di leoni. Devi far morire di fame la bestia fino a quando non prenderà il cibo dalle tue mani e ti leccherà le dita. “Addomesticamento da fame,”  lo chiamano.
Gli Israeliani lo praticano a Gaza. Bloccano tutte le esportazioni o le importazioni dalla Striscia, vietano la pesca nel Mediterraneo e alimentano, goccia a goccia, con “aiuti umanitari” i Palestinesi intrappolati. Gli Ebrei, essendo Ebrei, sono riusciti a fare ancora meglio: hanno costretto l’Unione Europea a pagare per gli aiuti umanitari a Gaza, che devono necessariamente essere acquistati in Israele. Tutto questo ha reso Gaza un’importante fonte di profitto per lo stato ebraico.
E così in Venezuela seguono la vecchia sceneggiatura. Gli Stati Uniti e il loro cagnolino londinese hanno sequestrato oltre 20 miliardi di dollari dal Venezuela e dalle compagnie nazionali venezuelane. Hanno rubato oltre un miliardo in lingotti d’oro che il Venezuela aveva fiduciosamente depositato nei forzieri della Banca d’Inghilterra.
Beh, hanno detto che magari daranno questi soldi ad un Signor Nessuno venezuelano. Ad un tizio che ha già promesso di regalare le ricchezze del Venezuela alle multinazionali statunitensi. E dopo questo palese furto, faranno arrivare al confine alcuni container di aiuti umanitari e aspetteranno l’assalto al cibo da parte dei poveri Venezuelani.
Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha twittato: “Il popolo venezuelano ha disperatamente bisogno di aiuti umanitari. Gli Stati Uniti e gli altri paesi stanno cercando di dare una mano, ma le forze armate venezuelane, agli ordini di Maduro, stanno bloccando gli aiuti con camion e navi cisterna. Il regime di Maduro deve LASCIARE CHE I SOCCORSI RAGGIUNGANO LE PERSONE CHE STANNO MORENDO DI FAME.”
I Venezuelani non stanno morendo di fame, anche se stanno attraversando delle difficoltà. Quelli che alzano di più la voce sono i ricchi, come sempre. Se Pompeo vuole aiutare i Venezuelani, potrebbe revocare le sanzioni, restituire i fondi rubati, annullare l’embargo. I biscotti che vuole mandare servono poco o  niente.
Il presidente Maduro ha ragione quando si rifiuta di permettere che questa ipocrisia corrompa lo stomaco e il cuore della sua gente. Non si limita a ricordare Virgilio e a conoscere il detto: Timeo danaos et dona ferentes, Temo i Greci anche quando portano doni. Ci sono troppi soldati americani e colombiani nelle vicinanze del luogo previsto per la consegna [degli aiuti] e questo posto è sospettosamente vicino ad un aeroporto con una pista molto lunga, perfetta per un ponte aereo.
Gli Stati Uniti sono noti per la loro propensione ad invadere i loro vicini: Panama è stata invasa nel 1989 per far sì che il Canale di Panama rimanesse in mani americane e per ripristinare l’accordo firmato da Jimmy Carter, il presidente dal cuore d’oro. Il presidente George Bush Senior aveva mandato i paracadutisti, dopo aver definito il presidente di Panama “un dittatore e un contrabbandiere di cocaina”. Questo è esattamente ciò che il presidente Trump dice del presidente del Venezuela.
È probabile che [gli Americani] si servano di questi aiuti per invadere e sottomettere il Venezuela. Saggiamente, Maduro ha dato inizio a grandi esercitazioni militari per tenere pronto l’esercito per un’eventuale invasione. La situazione del Venezuela è già abbastanza grave anche senza un’invasione. I suoi soldi sono stati prelevati, la sua principale compagnia petrolifera è come se fosse stata confiscata e c’è una forte quinta colonna a Caracas che attende gli Yankees.
Questa quinta colonna è composta principalmente da compradors, giovani benestanti con un’infarinatura di educazione e  formazione occidentale, che pensano di poter avere un futuro nell’ambito dell’Impero Americano. Sono pronti a tradire le masse dei poveri e a dare il benvenuto alle truppe statunitensi. Sono sostenuti dai super-ricchi, dai rappresentanti delle multinazionali straniere, dai servizi segreti occidentali. Persone di questo genere esistono ovunque; hanno cercato di organizzare la rivoluzione di Gucci in Libano, la Rivoluzione Verde in Iran, il Maidan in Ucraina. In Russia avevano avuto la loro occasione nell’inverno del 2011/2012, quando c’era stata la Rivoluzione delle Pellicce di Visone nella Piazza Bolotnaya di Mosca.
A Mosca avevano perso quando i loro avversari, quelli di Prima la Russia, li avevano surclassati con una manifestazione infinitamente più grande sulla collina Poklonnaya. Le agenzie di stampa occidentali avevano cercato di coprire la sconfitta trasmettendo immagini della marcia dei sostenitori di Putin, facendo finta che si trattasse della manifestazione filo-occidentale. Altre agenzie occidentali avevano pubblicato  foto dei raduni del 1991, affermando che erano state scattate nel 2012 a Piazza Bolotnaya. A Mosca nessuno era stato ingannato: la folla con le pellicce di visone sapeva di essere stata battuta.
In Ucraina, hanno vinto, perchè il presidente Yanukovich, un uomo titubante e pusillanime, sempre con i piedi in due scarpe, non era riuscito a raccogliere un sostegno adeguato. È una bella domanda, se Maduro sarà in grado di mobilitare le masse di Prima il Venezuela. Se lo sarà, allora avrà vinto anche lo scontro con gli Stati Uniti.
Maduro è piuttosto titubante; non ha messo in riga gli oligarchi ribelli, non controlla i media, prova a giocare alla social-democrazia in un paese che non è neanche lontanamente la Svezia. I suoi sussidi hanno permesso alla gente comune di sfuggire ad una terribile povertà, ma ora vengono usati dai trafficanti del mercato nero per succhiar via la ricchezza della nazione. Lungi dall’essere una zona disastrata, il Venezuela è un vero Bonanza, un Klondike a tutti gli effetti: si può riempire di petrolio una nave cisterna per pochi centesimi, contrabbandarla nella vicina Colombia e venderla a prezzo di mercato. Molti sostenitori del Signor Nessuno hanno fatto piccole fortune in questo modo e sperano di realizzare l’affare del secolo, se e quando arriveranno gli Americani.
Un problema più grande è costituito dal fatto che il Venezuela è diventato un’economia da monocultura: esporta petrolio e importa tutto il resto. Non produce nemmeno il cibo sufficiente per nutrire i suoi 35 milioni di abitanti. Il Venezuela è una vittima della dottrina neoliberale secondo cui si può comprare tutto quello che non si può produrre. Ora non possono comprare e non producono. Immaginate una democratica Arabia Saudita colpita da embargo.
Per salvare l’economia, Maduro dovrebbe prosciugare la palude, dare un taglio al mercato nero e agli speculatori, incoraggiare l’agricoltura, tassare i ricchi, sviluppare qualche industria per il mercato locale. Si può fare. Il Venezuela non è una nazione socialista come la disciplinata Cuba, e neanche uno stato socialdemocratico come la Svezia o l’Inghilterra degli anni ’70, ma persino il suo modesto esempio, che aveva permesso alle masse di sollevarsi dalla miseria, dalla povertà e dall’ignoranza sembra eccessivo per l’Occidente.
Si dice spesso che in Occidente esistono due antagonisti, i populisti e i globalisti, e che il presidente Trump è il leader dei populisti. La crisi del Venezuela ha dimostrato che queste due forze si unificano se c’è la possibilità di attaccare e rapinare un paese esterno. Trump viene condannato in patria quando richiama le truppe dall’Afghanistan o dalla Siria, ma viene appoggiato quando minaccia il Venezuela o la Corea del Nord. Può essere sicuro che sarà acclamato da Macron e dalla Merkel e persino dal Washington Post e dal New York Times.
Lui ha le vere WMD, le armi di ‘distrazione’ massa, per attaccare il Venezuela, e queste WMD sono state attivate con l’inizio di un colpo di stato strisciante. Quando un giovane politico piuttosto sconosciuto, leader in parlamento di una piccola fazione neoliberale rabbiosamente filo-americana, il Signor Nessuno, ha rivendicato il titolo di presidente, è stato immediatamente riconosciuto da Trump e i media occidentali hanno riferito che il popolo del Venezuela era sceso in piazza in dimostrazioni di massa per salutare il nuovo presidente e chiedere la rimozione di Maduro.
Hanno trasmesso il filmato di un’enorme manifestazione a Caracas, in Venezuela. Non molti spettatori all’estero hanno notato che il video era vecchio, girato durante le dimostrazioni del 2016, ma i Venezuelani se ne sono accorti subito. Non si sono fatti ingannare. Sapevano che non c’era nessuna possibilità per una grande manifestazione di protesta in quel giorno, il giorno di una partita di baseball particolarmente importante nel campionato professionisti tra i Leones di Caracas e i Cardenales de Lara di Barquisimeto.
Ma le ADM hanno continuato a mentire. Ecco un articolo di Moon of Alabama: i resoconti di grandi raduni anti-governativi sono notizie false o profezie che sperano di avverarsi:
L’Agenzia France-Press ha dichiarato ieri alle 11:10 utc che “a decine di migliaia” si uniranno ad una manifestazione.
AFP news agency @AFP – 11:10 utc – 2 Feb 2019
Decine di migliaia di manifestanti si riverseranno nelle strade della capitale venezuelana #Caracas sabato per sostenere le richieste di elezioni anticipate del leader dell’opposizione Juan Guaidò mentre aumentano le pressioni internazionali affinché il presidente #Maduro si dimetta http://u.afp.com/Jouu
Tens of thousands of protesters are set to pour onto the streets of Venezuela’s capital #Caracas Saturday to back opposition leader Juan Guaido’s calls for early elections as international pressure increased on President #Maduro to step downhttps://t.co/3uRSRdBBy5 pic.twitter.com/9Z80EuMVZc
— AFP news agency (@AFP) February 2, 2019
Questo quando erano le 7:10, ora locale, a Caracas, diverse ore prima dell’inizio della manifestazione. Una simile “segnalazione predittiva” dovrebbe ora essere una “notizia.”Poco dopo l’AFP aveva postato un video:
AFP news agency @AFP – 15:50 utc – 2 Feb 2019″>
VIDEO: Migliaia di manifestanti dell’opposizione si riversano nelle strade di Caracas per sostenere il leader dell’opposizione del Venezuela, Juan #Guaidò, che chiede elezioni anticipate, mentre aumentano le pressioni internazionali affinché il presidente #Maduro si dimetta
VIDEO: 🇻🇪 Thousands of opposition protesters pour onto the streets of Caracas to back Venezuela’s opposition leader Juan #Guaidò who is calling for early elections, as international pressure increases on President Nicolas #Maduro to step down pic.twitter.com/JdWS12j9KJ
— AFP news agency (@AFP) February 2, 2019
Erano le 11:50, ora locale. Il video allegato non mostrava “migliaia di persone,” ma circa 200 individui che gironzolavano.
Mentono quando dicono che ci sono disertori dell’esercito che desiderano ardentemente uno scontro con i militari. I giovanotti fatti vedere dalla CNN non erano disertori e non vivevano in Venezuela. Persino le loro mostrine d’ordinanza erano di un tipo non più in uso da anni, come aveva fatto notare un nostro amico, The Saker.
In ogni caso, queste menzogne non serviranno a nulla, i miei corrispondenti a Caracas riferiscono che ci sono dimostrazioni a favore e contro il governo (per Maduro folle leggermente più numerose), ma i sentimenti della piazza non sono esasperati. La crisi è fabbricata a Washington, e i Venezuelani non sono propriamente desiderosi di farsi coinvolgere.
Ecco perché possiamo aspettarci un tentativo americano di usare la forza, preceduto da qualche provocazione. Probabilmente non sarà una guerra vera e propria: gli Stati Uniti non hanno mai combattuto un nemico che non fosse già a pezzi prima dello scontro. Se l’amministrazione Maduro sopravviverà al colpo, la crisi prenderà un basso profilo, fino a quando le sanzioni non avranno fatto il loro lavoro e indebolito ulteriormente l’economia.
In questa lotta, il presidente Trump è il peggior nemico di se stesso. Cerca l’approvazione del Partito della Guerra, e la sua base elettorale rimarrà delusa dalle sue azioni. Le sue sanzioni faranno arrivare ancora più rifugiati negli Stati Uniti, muro o non muro. Mette a rischio lo status privilegiato del dollaro USA utilizzandolo come arma. Nel 2020, raccoglierà quello che ha seminato.
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org