Le lezioni per il futuro, ci auguriamo non lontano, arrivano anche dai conti economici. Mi riferisco alle spese del Servizio Sanitario Nazionale durante l’emergenza. È di questi giorni un primo bilancio. I 144.658 ricoveri effettuati e conclusi sono costati 1,7 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi per i ricoveri ordinari e 250 milioni per i ricoveri in terapia intensiva. Sono dati tratti dall’Istant Report Covid-19 dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Servizi Sanitari dell’Università Cattolica. Nello stesso documento viene evidenziato che il 33% si riferisce alla Lombardia. La valutazione è fatta in base ai cosiddetti Drg (costo medio di degenza) con una stima di 1.425 euro al giorno per singolo paziente. Non bisogna però dimenticare che le spese sono anche quelle per l’assistenza ambulatoriale, per l’attività nel territorio, per l’acquisto di strumenti medicali e per le assunzioni di medici e infermieri.
A questo conto già molto salato, dovrà aggiungersi la spesa sanitaria indiretta, cioè quella che verrà affrontata per curare patologie che si presenteranno o diventeranno più gravi a causa di mancata o scarsa assistenza sanitaria nel periodo Covid. La spesa sanitaria annuale del 2019 è stata di 116,331 miliardi di euro per 8.339286 ricoveri. Chi ha vissuto e sta ancora vivendo dentro questa tempesta perfetta sa che i disagi e gli stress per rispondere all’emergenza in una sanità pubblica così carente sono stati sovrumani. Abbiamo dovuto addestrare personale in tempi ridotti, ci siamo sottoposti a turni massacranti. Ci hanno chiamati eroi e ringraziamo, ma vorremmo non doverlo essere più. Vogliamo una sanità pronta all’emergenza, non un servizio da attrezzare improvvisamente, con tanti morti che avremmo potuto risparmiare. Vogliamo che tutti siano assistiti nel migliore dei modi senza mai dover scegliere chi abbia prioritariamente il diritto alla cura: e in tutta Italia, a prescindere dai confini regionali. Solo se avremo appreso questa lezione, quell’”eroismo” sarà ripagato.
In oltre trent’anni di indagini e processi ne abbiamo viste tante, ma questa ci mancava: un pm che, appena avviata un’inchiesta, emette già la sentenza, per giunta sballata, per giunta in tv. È accaduto l’altroieri con l’incredibile dichiarazione rilasciata al Tg3 dalla pm di Bergamo Maria Cristina Rota subito dopo aver sentito come testimoni il presidente della Regione Attilio Fontana, l’assessore alla Sanità Giulio Gallera e il presidente della Confindustria lombarda Marco Bonometti, a proposito della mancata istituzione della “zona rossa” nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, nella bassa Val Seriana. Questa: “Da quello che ci risulta, è una decisione governativa”. Purtroppo alla signora risulta male. La legge 883 del 1978 (“Istituzione del sistema sanitario nazionale”) stabilisce che la competenza è tanto del ministro della Salute (“può emettere ordinanze di carattere contenibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica”) quanto delle Regioni e dei Comuni (“Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale o dal sindaco ordinanze di carattere contenibile e urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più Comuni, e al territorio comunale”).
La logica della norma è chiara: su territori che investono più regioni, decide il governo; su territori estesi in più comuni nella stessa regione, provvede la Regione; su territori rientranti in un solo comune, interviene il Comune. Infatti il 22 febbraio, all’indomani dell’esplosione dei primi due focolai italiani a Codogno (Lodi, Lombardia) e Vo’ Euganeo (Padova, Veneto), il governo centrale sigilla Vo’, Codogno e altri 10 comuni del Lodigiano. Lo stesso giorno scoppia il contagio all’ospedale di Alzano (Bergamo, Lombardia), ma né la Regione né il Comune fanno nulla. Anzi l’Ats (della Regione) fa chiudere e riaprire dopo tre ore l’ospedale, senza sanificarlo. E senza dire nulla né al ministero della Sanità né ai malati e ai parenti, che entrano ed escono ignari di tutto. Così la bomba deflagra anche sui comuni vicini (Nembro ecc.). Oggi Fontana e Gallera, i Ric e Gian della cosiddetta sanità lombarda, raccontano la favola della Regione che voleva chiudere la Val Seriana ma non poteva, mentre il governo poteva ma non voleva. Tutte balle. Il 26 febbraio Gallera dichiara: “In Val Seriana i numeri sono non trascurabili, ma è presto per dire se siano tutti legati al contagio di un medico del pronto soccorso di Alzano. Situazione, questa, che abbiamo già individuato e sottoscritto” (o “circoscritto”?). Intanto, in perfetta corrispondenza di amorosi silenzi, la Confindustria bergamasca lancia la campagna “Bergamo is running”.
Running verso la morte: i contagiati salgono del 100% in 24 ore. Il 29 febbraio riecco Gallera: “Nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno nell’ordinanza che abbiamo preso, Alzano compreso”. Il 2 marzo, col record nazionale dei contagi in Val Seriana, la Regione è sempre zitta e immobile al servizio degli industriali, mentre a Roma si muove l’Istituto superiore di sanità, raccomandando al Comitato tecnico-scientifico la zona rossa a Nembro e Alzano. Il 3 marzo il documento giunge sul tavolo del premier Conte, che chiede un approfondimento al ministro Speranza e al Comitato. Il 6 marzo centinaia di poliziotti, carabinieri e militari perlustrano la Val Seriana in vista della zona rossa. Ma vengono richiamati, probabilmente dal Viminale, perché Conte ha ormai deciso di chiudere l’Italia intera in “zona arancione”: cosa che fa la sera del 7 marzo. A quel punto Fontana comincia a raccontare di aver “chiesto a Conte la zona rossa” perché “io non ho titoli a (sic, ndr) bloccare un diritto costituzionalmente protetto”. E invece li ha in base alla legge 833/1978, come dovrebbero sapere lui (così geloso dell’autonomia lombarda) e a maggior ragione Gallera, visto che quella legge disciplina i poteri degli assessori regionali alla Sanità rispetto allo Stato. Quando poi Conte, stufo delle balle di Ric e Gian, osserva che i due potevano disporre tutte le zone rosse che volevano, Gallera va a leggersi la legge (peraltro richiamata in vari Dpcm) e gli si apre un mondo. Tant’è che il 7 aprile si arrende: “Avremmo potuto fare noi la zona rossa? Ho approfondito e effettivamente c’è una legge che lo consente”. Meglio tardi che mai. Avesse approfondito prima, avrebbe potuto chiudere anche altre zone ad altissimo contagio (tipo il Bresciano) evitando altre stragi. Invece, incredibilmente, la Regione col record mondiale dei contagi, non ha disposto una sola zona rossa in tre mesi. Intanto, fra marzo e aprile, Regioni infinitamente meno a rischio ne disponevano ben 47: una l’Umbria, 2 l’Emilia Romagna (più 70 zone arancioni, esclusa purtroppo Piacenza), 5 il Lazio, 3 la Campania, 12 l’Abruzzo, 5 il Molise, 4 la Basilicata, 11 la Calabria, 4 la Sicilia (l’elenco l’ha pubblicato Selvaggia Lucarelli su Tpi). Gli unici a non sapere di poterlo fare erano Fontana e Gallera. Che poi hanno scoperto di poterlo fare, ma dinanzi alla pm hanno ricominciato a negarlo. E la pm – a sentire la sua dichiarazione al Tg3, che in un paese serio indurrebbe la Procura generale ad avocare il fascicolo – se l’è bevuta. Salvo poi precisare che “si tratta di indagini lunghe e complesse”. Se poi, durante l’indagine lunga e complessa, qualcuno desse un’occhiata alle leggi, potrebbe aprirne un’altra per falsa testimonianza.
Un cameriere serve da bare con la mascherina e la visiera in un locale a Torino.
Niente baci e abbracci: resta l'obbligo di distanziamento sociale. E non si può uscire di casa con la febbre se si ha una infiammazione respiratoria con febbre sopra 37.5.
Via la (vituperata) autocertificazione ma non le mascherine o l'obbligo di consumare ai tavoli entro una certa ora. La 'Fase 3' delle misure anti-pandemia non è certo un 'tana libera tutti' e permangono una serie ben precisa di divieti da rispettare.
Ecco cosa non si potrà fare anche dopo il via libera della circolazione tra le regioni:
TOGLIERE MASCHERINE - Non ci si potrà togliere la mascherina nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto.
NIENTE BACI E ABBRACCI - L'arrivo della Fase 3 non prevede allentamenti per quanto riguarda i contatti fisici: restano le norme previste del Dpcm in vigore che prevede l'obbligo del distanziamento sociale a un metro.
LA QUARANTENA RESTA OBBLIGATORIA - Non può uscire di casa chi ha una infezione respiratoria con febbre superiore ai 37,5 gradi.
ANCHE LA MOVIDA RESTA OFF LIMITS - Niente assembramenti che restano vietati su tutto il territorio nazionale.
NIENTE CONSUMAZIONI 'A TUTTE LE ORE' - Restano 'sorvegliati speciali' i luoghi delle città più frequentati per la presenza di bar e ristoranti e rimane l'obbligo di consumare ai tavoli entro una certa ora.
NIENTE CENTRI ESTIVI, MA ANCORA PER POCO - Non riaprono ancora i centri estivi per i minori che potranno, però, ripartire dal 15 giugno.
NO AGLI SPETTACOLI (PER ORA), NEMMENO SE ALL'APERTO - Stessa data di riapertura per cinema e teatri mantenendo però il rispetto della distanza di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori, con il numero massimo di 1.000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 persone per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala.
Non so cosa abbiamo fatto qui in Lombardia per meritarci tutto questo. Dev’essere ancora per quel rito dell’ampolla con l’acqua del Po o quella colletta pro Formigoni o Fedez&Ferragni che si lanciano la frutta al supermercato o l’indimenticato stand “Choco Kebab” (il kebab al cioccolato all’Expo). Di sicuro, per spiegare quel che ci sta capitando, c’è un peccato originale, una colpa atavica, un’eredità karmica da scontare. “Ve li siete votati voi”, potreste replicare. Ma in un mondo giusto la pena dev’essere proporzionata alla colpa: i lombardi non si meriterebbero Gallera, Fontana, la pm che dice che la Val Seriana doveva chiuderla il governo e Patrizia Baffi presidente della commissione d’inchiesta, neppure se fossero colpevoli del genocidio di tutti i milanesi mezzosangue pugliesi. Ed è proprio della Baffi che mi tocca parlare perché la sua nomina a presidente della commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza coronavirus è un altro tassello nel mosaico del malinconico disastro lombardo. Se il Covid nasce da un pipistrello che trasmette il virus al pangolino che lo trasmette all’uomo, qui Italia Viva è il pipistrello e la Baffi il pangolino, il serbatoio, il vettore tra passato e disastro futuro. La Baffi, va detto, era partita bene: non aveva votato la mozione di sfiducia del Pd contro l’assessore al Welfare, Giulio Gallera. Considerato che, secondo l’indice R0 locale, ci vogliono almeno 2 milioni di lombardi per trovarne uno che abbia una flebile fiducia in Gallera (come podista, non come assessore), la Baffi destava già qualche sospetto. Il fatto che all’ultimo momento si sia candidata a presidente della commissione e sia stata votata solo dal centrodestra e da sé stessa, genera un ulteriore sospetto, ma di quelli vaghi, appena accennati. In realtà il centrodestra l’ha votata perché, forte della sua onestà intellettuale, sa che troverà nel sergente Baffi un irriducibile, spietato rottweiler che azzannerà Gallera e Fontana alla giugulare finché non ammetteranno i loro inciampi.
Non è da Instagram che si giudica un giocatore, lo so, ma già dalle sue pagine social la Baffi rivela il suo distaccato rigore, quella freddezza istituzionale che fa sentire noi lombardi in una botte di ferro. Rassicurante quella foto sorridente con Fontana e la scritta “Noi ci fidiamo di te”. Scritta profetica almeno quanto “Grillo faccia un partito poi vediamo quanti voti prende!” di fassiniana memoria. Rassicuranti anche le numerose foto con Gallera (lei e Gallera in Regione che sorridono al fotografo, lei e Gallera che inaugurano la nuova cardiologia a Codogno, lei e Gallera al festival delle eccellenze agroalimentari, lei e Gallera alla Cooperativa Amicizia di Codogno), giusto a ribadire il concetto da lei stessa espresso di essere stata votata dal centrodestra “perché la mia persona è stata considerata un elemento di garanzia”. E in effetti elemento di garanzia lo è eccome. Più garanzia di così! Che poi sia un presidente di commissione, lo si intuisce dalla coerenza con cui giudicava la Regione in tempi non sospetti. “La Lombardia non utilizzi le Rsa per i pazienti Covid. Ritengo opportuno modificare in tempi brevi la delibera che indica le case di riposo tra le strutture abilitate a ricevere i pazienti positivi!”, scriveva infervorata il 6 aprile su Instagram. “Con onestà intellettuale, non è stato quella delibera a causare tutti quei morti”, dichiarava invece il 27 maggio con onestà intellettuale dopo che con onestà intellettuale era stata eletta presidente della commissione per indagare con onestà intellettuale anche sulla gestione delle Rsa. Ma noi ci fidiamo del sergente Baffi. Quella stessa Baffi che il 29 febbraio, con onestà intellettuale, commentava su Instagram un articolo sui contagi a Codogno: “Sulla base di quanto sostiene anche Repubblica, l’esistenza di un contagio sfuggito al controllo e alla prevenzione delle autorità è la vera ragione dell’attuale crisi”. Insomma, sono almeno tre mesi che è consapevole delle origini del disastro lombardo: ora, con onestà intellettuale, non dimenticherà le sue intime convinzioni. In attesa della sua aspra, fiscale, rigorosa inchiesta, coltiviamo certezze sulla sua austera gravità scorrendo i suoi selfie mentre scruta l’orizzonte dal Pirellone, i suoi selfie allo specchio in abiti di pizzo nero, i sui selfie con Renzi, Gori, Sala, financo Guerini, nonché il selfie alle sue gambe e la foto a uno schermo tv col suo primo piano ad Antenna3, tanto per fermare i momenti che contano. Ma ciò che più di tutto mi ha rassicurata sulla solidità intellettuale e culturale della Baffi è la foto col presidente Conte corredata dal commento lapidario, solenne, autorevole: “Siamo nati lo stesso giorno, 8 agosto, non potevo non dirglielo”. Seguono emoticon sorridente e tag a Conte, che ovviamente avrà subito chiesto un consulto a Branko per approfondire le affinità astrologiche con la Baffi. Cosa avremo fatto di male noi lombardi per meritarci tutto questo, resta mistero fitto. Mi sa che chiedo anch’io a Branko.
Quando il primo ministro ungherese, Viktor Orbán giudica “assurdo e perverso” il Recovery Fund proposto dalla Commissione europea, dice qualcosa di perfettamente coerente con la dottrina sovranista di cui appare come l’alfiere più convinto. C’è il giudizio di merito sul piano Von der Leyen che nel fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro, all’Ungheria ne riserverebbe 15 in tutto, di cui 8,1 a fondo perduto e 6,9 in prestiti. Infatti Orbán sostiene che “finanziare i ricchi con i soldi dei poveri non è una buona idea”. Il suo no, inoltre, rientra in pieno nella definizione politica di “sovranismo” secondo l’enciclopedia Larousse: “La preservazione della sovranità nazionale da parte di un popolo e di uno Stato in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle organizzazioni internazionali o sovranazionali”. Nel pieno rispetto di questo principio, il premier magiaro avrebbe già dovuto annunciare l’uscita dell’Ungheria dall’Unione europea, tipica organizzazione sovranazionale (cosa possibile visto il pugno di ferro con cui ha messo in riga il Paese). Lecito anche chiedersi cosa diavolo ci fa questo autocrate di razza nel Partito popolare europeo, accanto alla Merkel, a Berlusconi e ai repubblicani di Giscard d’Estaing, ma non sottilizziamo. Veniamo al punto: poiché il Paese più finanziato dall’Unione risulta essere l’Italia (172 miliardi) è probabile che ciò avvenga anche con i “soldi dei poveri” di cui si duole Orbán. Infatti, l’Ungheria riceverebbe meno di un decimo di quanto destinato alla “ricca” Italia. Sarebbe interessante conoscere sull’argomento il pensiero di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che con Orbán mantengono un affetto stabile. Daranno ragione al caro Viktor, battendosi in tutte le sedi perché l’Italia rinunci a una fetta del RF, per correre in soccorso del “povero” sovranismo magiaro? Oppure difenderanno le casse della Patria sulla base del principio più sovranista di tutti: padroni a casa nostra? https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/30/la-scelta-di-orban-e-i-sovranisti-italiani/5818639/
Se il buon giorno si vede dal mattino, la vita della commissione regionale d’inchiesta sull’emergenza sanitaria in Lombardia si annuncia pessima. Già la scelta del presidente aveva generato polemiche durissime. Ora Patrizia Baffi, renziana di Iv, eletta al vertice della commissione con i voti di Lega e Forza Italia, ha anticipato che i lavori della commissione saranno segreti e si svolgeranno a porte chiuse.
La presidenza di una commissione d’inchiesta spetta all’opposizione (Pd, Cinquestelle, Italia Viva, +Europa). Il Pd aveva indicato come presidente Jacopo Scandella, raccogliendo anche il sostegno dei Cinquestelle. Ma la maggioranza leghista e forzista ha votato Patrizia Baffi, che aveva ben meritato la loro fiducia non partecipando al voto di sfiducia che il Pd con il sostegno dei Cinquestelle aveva promosso contro Giulio Gallera, l’assessore che sta gestendo il disastro sanitario lombardo di questi mesi.
Risultato: il Pd ha deciso di non partecipare ai lavori della commissione, ritirando i suoi membri, Scandella, Gian Antonio Girelli e Carmela Rozza. Stessa decisione del Movimento 5 Stelle, annunciata subito dopo che Patrizia Baffi aveva ribadito che non si sarebbe dimessa, malgrado gli inviti che le erano arrivati anche dal suo partito.
La commissione d’inchiesta, protesta l’opposizione, non solo sarà guidata da una consigliera scelta dalla maggioranza, ma si svolgerà anche a porte chiuse: “Sarà una commissione segreta, chiusa e sorda, dispiace per i lombardi che non sapranno mai la verità”, protesta Marco Fumagalli, capogruppo M5S Lombardia.
“È legittimo che i lavori di una commissione d’inchiesta siano segreti”, spiega il consigliere Pd Piero Bussolati, “se è fatto per tutelare quelli che sono auditi. Era successo con la commissione d’inchiesta sull’ospedale San Raffaele. Ma qui la decisione di lavorare a porte chiuse è stata anticipata dalla presidente, che non la può prendere: la decisione deve essere presa dalla commissione. È un segnale che Baffi manda alla maggioranza che l’ha eletta”.
“Il regolamento dà la possibilità di lavorare anche a porte aperte”, aggiunge Fumagalli, “quindi se la scelta sarà invece quella del segreto, vuol dire che avevamo ragione: non solo sarà una commissione chiusa e sorda, ma dimostrerà che la Baffi esegue la volontà della maggioranza, non avrà la libertà di agire secondo coscienza. Chiusi nel palazzo del loro potere, occulteranno le malefatte avvenute per imperizia della giunta, lavoreranno con il favore delle tenebre”.
Indignato anche Michele Usuelli, consigliere radicale di +Europa e medico, che ricorda il regolamento: “Le sedute della commissione d’inchiesta non sono pubbliche, salvo diversa decisione della commissione stessa: così dice la norma. Invece Patrizia Baffi, in maniera del tutto arbitraria, ha anticipato che saranno segrete”.
Il Cinquestelle Fumagalli punta sulla commissione alternativa, che sarà costituita dalle opposizioni: “La nostra commissione parallela sarà itinerante sui territorio, aperta a tutti in modo trasparente”.
La prima volta che conobbi Piercamillo Davigo era il 1997: presentavamo a Milano il mio libro-intervista al procuratore aggiunto di Torino Marcello Maddalena "Meno grazia, più giustizia", a cui aveva scritto la prefazione. Era ancora pm del pool Mani Pulite. Il suo intervento fu uno show di battute taglienti e aforismi fulminanti, come quelli a cui poi assistetti negli anni successivi in tanti convegni e dibattiti insieme. La frase che più mi colpì illuminava la differenza fra responsabilità penale e responsabilità politico-morale: la prima la appura la magistratura, nei modi, nei tempi (biblici) e nei limiti previsti dalla legge; la seconda la accerta chiunque legga le carte giudiziarie, quando emergono fatti incontrovertibili (confessioni, intercettazioni, filmati, documenti, testimonianze oculari) che dimostrano una condotta sconveniente e consentono di farsi subito un’idea sulla correttezza o meno dell’autore. Che, se è un pubblico ufficiale, deve adempiere le sue funzioni “con disciplina e onore” (art. 54 della Costituzione), può essere tranquillamente dimissionato su due piedi, senza attendere la sentenza definitiva. Per spiegare questa fondamentale differenza, Davigo se ne uscì con uno dei suoi cavalli di battaglia: “Se vedo il mio vicino uscire da casa mia con la mia argenteria in tasca, non aspetto la condanna in Cassazione per smettere di invitarlo a cena. E non lo invito più nemmeno se poi lo assolvono. Non è giustizialismo: è prudenza”.
Non so quante volte, in questi 23 anni, gliel’ho sentito ripetere: la gente sorrideva, rifletteva, capiva e conveniva con lui. Tranne, ovviamente, i ladri e gli amici dei ladri, che con l’argenteria altrui ci campano. L’altra sera l’ha ridetto a Piazzapulita ed è scoppiato il putiferio. Politici e commentatori, anche incensurati, hanno cominciato a stracciarsi le vesti, come se la traduzione in italiano dell’art. 54 della Costituzione fosse diventata una bestemmia. E non solo per i ladri e i loro compari. La vera notizia è proprio questa: non la (stravecchia) battuta di Davigo, ma le reazioni, che cambiano a seconda dei tempi. Una volta facevano incazzare B. e i suoi numerosi pali, ora fanno incazzare anche la cosiddetta sinistra. Infatti, a menare scandalo, ha cominciato Repubblica, che fino all’altroieri ospitava fior di interviste a Davigo con risposte come quella e non batteva ciglio perché condivideva con lui il massimo rigore sulla questione morale (ben diversa e più ampia di quella penale). Ora invece le trova improvvisamente scandalose, al punto di squalificarle come “giustizialiste” e addirittura di pubblicare una sfilza di insulti al giudice scagliati sui social dai soliti conigli da tastiera.
Seguono le fesserie dei politici, a partire dal capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci: “Per Davigo la civiltà giuridica sancita dalla nostra Costituzione è carta straccia. Quanto ha detto ieri sera in tv il magistrato, fa tremare le vene dei polsi”. A parte la virgola sbagliata e la citazione sbagliata dell’incolpevole Dante Alighieri (“… ella mi fa tremar le vene e i polsi…”: Divina Commedia, Inferno), il giureconsulto della Garfagnana non capisce o finge di non capire che la Costituzione non dice da nessuna parte che il giudizio politico-morale su un pubblico ufficiale sia riservato alle sentenze. Dice soltanto che nessuno, per la legge, è penalmente colpevole fino a condanna definitiva. Dopodiché, per fare un altro esempio, nessuno sarebbe così incosciente da affidare i propri bambini a un vicino di casa imputato per pedofilia perché non ha condanne: nel dubbio, chiunque abbia un minimo di prudenza li affida a qualcun altro. Poteva mancare, nel festival della scemenza, il contributo dell’Innominabile? Non poteva: “Per i giustizialisti basta la condanna mediatica. Aspettare le sentenze non è un errore: si chiama civiltà. E Davigo fa paura”. Quindi, per dire, sospendere dall’insegnamento un professore imputato di stupro o levare dalla cassa di una banca un impiegato indagato per rapina sarebbe giustizialismo e condanna mediatica, mentre lasciarli al loro posto (per dar loro un’altra chance) sarebbe civiltà. Basta domandare in giro al primo che passa: “Le fa più paura Davigo che consiglia di cacciare quelli che vengono fotografati o intercettati a rubare, o chi li lascia al loro posto?”. E godersi la risposta, casomai non bastassero i sondaggi che danno l’Innominabile all’1,5% (mentre, quando diceva le stesse cose di Davigo chiedendo le dimissioni di ministri “solo” indagati come Idem e De Girolamo, o neppure inquisiti tipo Alfano e Cancellieri, prima che finissero nei guai i suoi fidi e agli arresti i suoi genitori, era giunto al 40,8%).
Il bello è che questi fresconi cianciano di “primato della politica” e poi delegano ai magistrati le decisioni politiche che potrebbero assumere in proprio, e in anticipo. Ma è proprio questo che i vecchi politici non sopportano in Davigo: che smascheri davanti a tutti, con esempi di vita quotidiana, le loro pretese impunitarie classiste e castali. Lorsignori non inviterebbero mai a cena chi li ha derubati, né affiderebbero i loro bambini a un indagato per pedofilia e strillerebbero come aquile se il prof delle loro figlie fosse imputato per stupro. Ma per mazzette, intrallazzi, mafierie e altre specialità della casa, le regole di quotidiana prudenza e precauzione diventano orrore: perché lì l’argenteria non è la loro, ma la nostra.
Credo che anche in questo caso, la toppa sia peggio del buco, sembrerebbe che l'assessore Gallera, ascoltato ieri dai magistrati, abbia dichiarato, rispetto alla zona rossa a Alzano e Nembro: "Non sapevo che avremmo potuto chiudere noi" e avrebbe poi aggiunto che, solo in seguito ha verificato e scoperto che poteva essere una decisione regionale. A parte il fatto che se ricopri una carica e non sai cosa puoi e cosa non puoi fare, è di una gravità inaudita, quello che mi domando è: perché non hai fatto pressioni sullo stato? Se tu, assessore hai dati chiari e inconfutabili sul fatto che già dal 23 febbraio I contagi erano fuori controllo, perché non hai fatto nulla? Qui non si tratta di sapere o meno quali siano le tue competenze, perché la gente stava morendo e tu aspettavi che altri facessero qualcosa? Ti sei messo alla finestra, senza muovere un dito? Ricoprire certi ruoli, significa anche prendersi delle responsabilità, che a quanto pare Gallera, non si è sognato di prendere. Ma la questione non finisce qui, perché i magistrati stanno indagando anche su sospette pressioni da parte degli industriali locali verso la regione, per non chiudere le proprie aziende, o al massimo di chiuderle solo su base volontaria, ma se così fosse, come mai gli industriali non sono stati indirizzati verso il governo? In questo caso la regione aveva la possibilità di decidere se farle chiudere o meno? Sicuramente se gli industriali si rivolgono a te è perché sanno benissimo, che sei tu quello che può decidere...o sbaglio? Altro fatto inquietante è la chiusura e l'immediata riapertura dell’ ospedale di Alzano, il 23 febbraio, durata solo poche ore, a differenza di Codogno. L’assessore ha ribadito di aver ricevuto "rassicurazioni" sulla sanificazione, in quella fase, dall’azienda ospedaliera, spiegando che l’ospedale poteva restare aperto per far fronte all’ emergenza. "Rassicurazioni"? Che cosa significa? Ha fatto una telefonata e l'azienda ha risposto: "tranquillo assessore, qui è tutto a posto", ma veramente funziona così? Ci saranno dei documenti, ci saranno delle mail, ci sarà qualcosa che certifichi il tutto, no? Beh, ma cosa potevamo aspettarci da chi è convinto che con un tasso di contagio a 0,51, per infettarci dobbiamo farci sputare addosso non da uno, ma contemporaneamente da due positivi? https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10217534510220265&set=a.2888902147289&type=3&theater
I lampi radio veloci sono fenomeni cosmici misteriosi e intriganti. Sono stati identificati per la prima volta nel 2007, ma le loro origini continuano a sfuggire agli scienziati. Sono ancora abbastanza rari, ma stiamo migliorando nel rilevarli. Ora abbiamo trovato il modo di usarli per imparare qualcosa in più sull'universo..
In un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Naturemercoledì, Jean-Pierre Macquart e un team di astronomi internazionali viene descritto come hanno utilizzato il rilevamento di alcuni Fast Radio Burst per risolvere un mistero che ha afflitto gli astrofisici per lungo tempo relativo alla materia normale nell’universo, la cosiddetta materia barionica, – e in che modo la loro tecnica ha fornito un modo completamente nuovo di guardare il cosmo.
Il problema della “materia mancante”.
Macquart, astronomo dell’International Centre for Radio Astronomy Research in Australia, e il suo team hanno analizzato una serie di Fast radio Burst (FRB), rilevati dall’enorme array di telescopi noto come Australian Square Kilometer Array Pathfinder.
Macquart e un gruppo di collaboratori provenienti da istituzioni di tutto il mondo, parte del gruppo investigativo Commensal Real-time ASKAP Fast Transients Survey, hanno capito che i burst potevano anche essere usati per rilevare la “materia mancante” dell’universo.
L’universo è costituito da “materia ordinaria”, materia oscura ed energia oscura. Gli ultimi due costituenti rappresentano circa il 95% dell’universo noto e sono incredibilmente misteriosi. Sappiamo che esistono ma non siamo mai stati in grado di rilevarli.
Il 5% restante è costituito da materia ordinaria, quella che compone le stelle, i pianeti, la nostra auto e noi stessi.
“Quando hanno guardato … qualche decennio fa, potevano spiegare solo la metà della materia ordinaria“, afferma Macquart. Contando tutto ciò che si può vedere – le galassie, le stelle, i pianeti, i gas – si poteva rintracciare circa la metà di quel 5%.
Da tempo, però, gli astronomi hanno capito dove trovare questa materia mancante. Nel corso degli anni, sono stati utilizzati numerosi metodi diversi per cercare di rilevare la materia mancante, ma i ricercatori non sono stati in grado di rilevare adeguatamente tutta la materia normale in tutto l’universo, principalmente perché si sono concentrati su specifiche regioni dello spazio. Macquart paragona questo al tentativo di dire quanto è grande un cane “guardando le dimensioni della sua coda”.
Ma la nuova tecnica introdotta dal team – utilizzando i FRB – consente di guardare l’intero scenario.
“Quello che fanno gli FRB è attraversare spazi [dello spazio] in cui [altre] tecniche semplicemente non funzionano“, dice.
Una visualizzazione di come un segnale FRB viaggia attraverso lo spazio vuoto e cosa succede al segnale quando si imbatte in materia mancante. – ICRAR
Segnali improvvisi dal passato.
I lampi radio veloci sono fenomeni cosmici misteriosi e intriganti. Sono stati identificati per la prima volta nel 2007, ma le loro origini continuano a sfuggire agli scienziati. Sono ancora abbastanza rari, ma stiamo migliorando nel rilevarli. Nuovi telescopi e array radio, come l’ASKAP, consentono agli astronomi di individuare la fonte di queste esplosioni di onde radio dallo spazio profondo.
ASKAP è un pezzo chiave del nuovo studio perché, fondamentalmente, guarda un’ampia area di cielo, come un Grande Fratello cosmico. Ogni secondo prende 10 trilioni di misurazioni e quindi esegue una media di circa 1 miliardo di misurazioni al secondo, alla ricerca di segni di FRB.
Per giungere alle antenne di ASKAP sulla Terra, le onde radio viaggiano da galassie lontane, sopportando un lungo viaggio che le porta attraverso il vasto nulla dello spazio tra le galassie. Noi vediamo queste regioni dello spazio come vuote, ma in realtà sono piene di particelle come gli elettroni che vengono urtate dall’onda radio durante il suo viaggio attraverso l’universo.
“Le onde radio, mentre viaggiano attraverso il cosmo interagiscono con gli elettroni liberi, sporcando il segnale radio“, afferma Geraint Lewis, un astrofisico dell’Università di Sydney che non era affiliato allo studio.
È questa sbavatura del segnale radio che è stata la chiave per trovare la materia mancante.
Gli astronomi hanno contato “il numero di elettroni lungo la linea di visuale” tra noi e la sorgente dei FRB, fornendo una misura della materia nascosta nel cosmo. Dopo aver studiato cinque FRB diversi, provenienti da cinque sorgenti diverse, il team ha trovato le loro misurazioni allineate quasi perfettamente con le previsioni di quanta materia normale dovrebbe esistere nell’universo.
Il mistero è stato finalmente risolto e i cosmologi ora sano che gli attuali modelli sviluppati per comprendere l’universo non sono errati.
Mappatura della rete cosmica.
Risolto il mistero della materia mancante, il team ora pensa di poter usare gli FRB come nuovo strumento per sondare il cosmo.
Il metodo di rilevamento degli FRB è estremamente sensibile rispetto ai metodi precedenti usati e consente ai ricercatori di rilevare la materia ordinaria vagante nel vasto spazio apparentemente vuoto tra le galassie. Ciò significa che gli astronomi potrebbero essere in grado di mappare la cosiddetta rete cosmica, quei filamenti di materia che sotto forma di gas collegano tra loro le galassie.
“Questa tecnica ci permetterà di mappare dove si trova il gas“, afferma Prochaska.
“Ad oggi, disponiamo solo di un’immagine della rete cosmica creata da una simulazione al computer, ma tra cinque anni, dopo avere analizzato almeno altri 100 FRB, dovremmo essere in grado di creare una mappa fedele dell’universo“.
Il team continuerà a cercare FRB con ASKAP, utilizzando, inoltre, il nuovo strumento in corso di costruzione che sarà in grado di individuare molti più FRB, aumentando il tasso di rilevamento di 20 volte. Un tale salto potrebbe consentire al team di raccogliere 100 segnali entro un anno e contribuire a rimodellare il modo in cui vediamo l’universo, fino ai suoi primi giorni.
“Potremmo anche essere in grado di dire qualcosa sull’epoca della reionizzazione, quando l’universo è stato trasformato da materia neutra a materia ionizzata“, afferma.
Certo, la materia barionica mancante costituisce solo una percentuale molto piccola di tutta la materia presente nell’universo e ci sono grandi domande cosmologiche che devono ancora trovare risposta.
Il prossimo passo obbligatorio sarà quello di scoprire qualcosa di più su materia oscura ed energia oscura.
Verso la fase 3 - Numeri ballerini - I dimessi chiamati guariti, il caso “defunti 0” e altre meraviglie. Astuti (Pd): “Zero trasparenza e database malcostruiti”.
Il “ragionevole sospetto” è un’accusa sanguinosa per la Lombardia, tanto più che la fonte è autorevole: Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha prodotto in questi mesi ottime letture dei dati sull’epidemia di coronavirus. Il “ragionevole sospetto” di Cartabellotta riguarda il fatto che, così ha detto ieri a Mattino 24 su Radio24, la Regione guidata da Attilio Fontana abbia “aggiustato” i suoi dati per evitare di rimanere ancora chiusa dopo mercoledì, quando scadrà il divieto alla mobilità extra-regionale.
Il catalogo è ben noto ai lettori del Fatto: “In Lombardia si sono verificate troppe stranezze sui dati nel corso di questi tre mesi: soggetti ‘dimessi’ dagli ospedali che venivano comunicati come ‘guariti’; alternanze e ritardi nella comunicazione dei dati, cosa che poteva essere giustificata nella fase dell’emergenza, quando c’erano moltissimi casi, ma molto meno ora, eppure i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase 2. È come se ci fosse una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati”.
Accuse che la Regione definisce “gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero”, chiamando a testimone l’Istituto superiore di sanità, che quei dati ha validato, e annunciando querela. Chi ha ragione? Quanto al retropensiero (tengono giù i contagi per poter riaprire) non si sa, sulle stranezze non c’è da discutere: a stare solo agli ultimi giorni abbiamo avuto i “decessi zero” di domenica che non erano zero (seguiti nei quattro giorni successivi da 134 morti da/con Covid-19) e soprattutto l’asterisco nella slide di mercoledì in cui – scritto piccolissimo – si diceva che ai 216 contagi dichiarati ne andavano aggiunti 168 dovuti a “tamponi effettuati a seguito di test sierologici fatti su iniziativa dei singoli cittadini processati dall’Ats di Bergamo negli ultimi 7 giorni”.
Può sembrare sorprendente che a 90 giorni dall’esplosione dell’epidemia la Lombardia non disponga o non comunichi dati certi e/o razionali sull’epidemia, ma non lo è affatto per chi si occupa di questa vicenda tutti i giorni. Il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti è membro della commissione Sanità e ogni giorno produce sul suo sito decine di slide sul Covid-19 in Regione: “La scarsa trasparenza è un fatto incontrovertibile: noi non abbiamo quasi avuto risposte sui nostri accessi agli atti e in questi giorni dobbiamo mendicare i dati sui test sierologici. I database poi sono costruiti male, basti dire che gli esiti dei (pochi) tamponi sono ‘pubblicati’ senza dire a che giorno risale il prelievo. Non solo: manca anche la capacità di leggerli i dati. E dire che in Lombardia abbiamo accademici bravissimi nel settore. Senza buoni database e senza capacità di leggere i numeri semplicemente non si può sapere cosa è giusto fare”.
La voglia di fare “bella figura”, per così dire, esiste. Prendiamo il caso della percentuale di positivi sul totale dei tamponi. Quel dato – grazie al lockdown – è in netto miglioramento tanto che da domenica, il giorno dei “decessi zero”, la Giunta Fontana ha deciso di includerlo nelle sue slide giornaliere: dal 5% di qualche tempo fa, la percentuale è passata al 2,5% del 24 maggio per scendere all’1,7% di martedì e mercoledì, giorno in cui questo lusinghiero risultato si ottiene però solo escludendo dal conto i reprobi bergamaschi dell’asterisco.
Ieri, senza asterischi, i 382 nuovi positivi erano il 2,5% dei 15.507 tamponi fatti: nel resto del Paese lo 0,3%. A pensar male si fa peccato, si sa, ma va se non altro citata la denuncia dei 5 Stelle in Regione: “Ci scrivono in moltissimi per denunciare che le Ats stanno fermando i privati che – di tasca propria – hanno prenotato i test sierologici. Motivo: ci sarebbero problemi a fare tamponi, se il test rivelasse la presenza degli anticorpi che segnalano la malattia”. Così, senza asterischi.
Caro Matteo Salvini, l’altra sera a Fuori dal Coro le ho fatto recapitare da Mario Giordano la seguente domanda: “Coi 5S vi siete ‘lasciati’ perché, secondo lei, dicevano troppi no. Ora però a dire No è lei, innanzitutto sul Mes, su cui è d’accordo anche Berlusconi. Non le va bene un prestito da 36 miliardi a un tasso agevolato dello 0,1%, mentre promuove i 22 miliardi di Buoni del Tesoro sui cui lo Stato – ovvero tutti noi – dovrà pagare almeno l’1,4%. Quale padre di famiglia sceglierebbe il mutuo più salato? Per lei vengono ‘Prima gli Italiani’ o l’avversione all’Europa?”. Domanda semplice. Infatti ho notato che, mentre mi ascoltava, annuiva sorridendo coi suoi nuovi occhiali, tipo studente che pensa “evvai, questa la so!”. Ma la sua risposta è stata piuttosto deludente.
Ha esordito dicendo: “I soldi per i Btp rimangono in Italia, gli interessi vanno in tasca a cittadini e imprese italiane”. Partenza inesatta: se gli investitori individuali sono stati, come scontato, quasi tutti italiani (in larga parte piccoli risparmiatori), nella seconda fase dedicata agli istituzionali il 48% (quasi la metà) è finito in mani straniere. “Poi – ha proseguito – non ci sono condizioni, mentre i soldi del Mes dovranno essere restituiti a precise condizioni decise tra Bruxelles e Berlino”. Anche su questo qualche precisazione: l’unica condizionalità prevista nell’accordo europeo è l’uso dei soldi per la sanità, spese dirette e indirette dovute all’emergenza Covid. C’è da fidarsi della Commissione Ue che garantisce che i Paesi che attiveranno il fondo non verranno messi sotto sorveglianza sui conti pubblici? Forse no, se uno pensa al passato. Ma se uno invece guarda al presente e al futuro, alla crisi in cui siamo e a come uscirne subito – e questo dovrebbe avere a mente una politica responsabile: gli interessi del Paese, non i propri calcoli elettorali – la risposta forse è sì. Avrebbe chiesto Catalano: non è meglio un prestito a 10 anni da 36-37 miliardi, disponibili subito, su cui pagare un interesse quasi nullo dello 0,1%, rispetto a meno soldi (22 miliardi), da restituire in meno tempo (5 anni), a un tasso superiore (almeno l’1,4%)? Matematica. Anche perché chi paga quel debito agli investitori, anche stranieri? I cittadini italiani. E se è vero che il Mes è limitato alla spesa sanitaria, iniettare 37 miliardi in strutture e personale che, come purtroppo abbiamo visto, ci servono, anche per i tagli che ci sono stati negli ultimi 10 anni (pari proprio a 37 miliardi), non sarebbe un bel sollievo? Potremmo liberare risorse dalla Sanità, su cui anche il decreto Rilancio è costretto a investire, per spostarle su altri settori in crisi: imprese, turismo, scuola, famiglie… Eh ma “se i soldi del Mes fossero ’sto regalo imperdibile – ha concluso –, perché Grecia, Francia, Spagna, Portogallo non li usano? O sono fessi gli altri oppure sono un prestito a rischio”. Al di là del fatto che Paesi come la Francia forse non ne hanno bisogno, visto che già investono in Sanità ben più di noi, che politica è quella che decide il da farsi non sulla base di ciò che serve, ma guardando agli altri? Lo studente di cui sopra è contento del 4 perché i compagni prendono 3?
Caro Salvini, non penso che il Mes sia la panacea dei nostri (tanti) mali, né l’unica strada. Penso però che un leader seguito – come lei – e serio – come lei vorrebbe essere – dovrebbe dimostrare serietà nei fatti, non solo con gli occhiali. Si può dire sì ai Btp, ma anche al Mes (vedi Berlusconi), agli Eurobond (vedi Meloni) e al mega Recovery Fund (sarà come annunciato?): a tutto ciò che può aiutare subito l’Italia. Così potreste anche ricompattare il centrodestra. O siete tornati nella Casa delle Libertà dove, per dirla con Guzzanti, “fate un po’ come c… vi pare”?
Quanta materia c’è nell’universo? Non è facile rispondere. Solo una piccola percentuale, nemmeno un quarto, risiede in galassie e ammassi di galassie, ed è dunque quantificabile direttamente. Tutto il resto si trova in forma diffusa, difficilmente osservabile. E stiamo parlando solo della cosiddetta “materia normale”, o barionica: i protoni e i neutroni che formano tutto ciò di cui abbiamo esperienza, per intenderci. Non di materia oscura. Materia normale che però, stando ai calcoli, dovrebbe essere il doppio di quella che si vede.
È il mistero della cosiddetta “massa mancante”: dove si nasconde? Una risposta potrebbe arrivare dai fast radio burst: lampi radio intensi e brevissimi – dell’ordine dei millesimi di secondo o anche meno – provenienti da galassie lontane. La loro origine è ancora sconosciuta – forse le stelle di neutroni – ma si stima che rilascino un’energia pari a quella prodotta dal Sole in ottant’anni.
La ragione per cui i lampi radio possono aiutare a trovare la massa mancante si chiama dispersione. È il fenomeno per cui le diverse lunghezze d’onda che compongono un segnale elettromagnetico, quando viaggiano attraverso un mezzo – come ad esempio le particelle di materia diffusa nello spazio intergalattico – non vanno tutte alla stessa velocità – come farebbero nel vuoto, tutte alla velocità della luce – ma vengono rallentate in modo diverso e dipendente dalla loro energia.
Usando le antenne radio di #ASKAP, l’Australian Square kilometer Array Pathfinder, gli astronomi hanno analizzato il ritardo accumulato alle diverse frequenze per calcolare la quantità di materia attraversata dal segnale di ciascun lampo radio, identificando al contempo con precisione le coordinate di provenienza del segnale. Coordinate passate poi ad alcuni fra i più grandi telescopi ottici al mondo per determinare la distanza della galassia nella quale ha avuto origine il lampo radio osservato.
La combinazione delle misure radio e ottiche – e quindi la relazione fra ritardo temporale e distanza dell’oggetto – ha così consentito di stimare la densità della materia mancante. Per la prima volta, gli scienziati hanno potuto analizzare e confrontare il segnale proveniente da sei lampi radio provenienti da regioni diverse di cielo, ottenendo stime estremamente precise, consistenti con le previsioni della radiazione cosmica di fondo e della nucleosintesi primordiale avvenuta subito dopo il Big Bang.
Servizio di Valentina Guglielmo
Per saperne di più: https://www.media.inaf.it/2020/05/28/...
Continuano a provarci. Lo costringono, lo ingabbiano, lo etichettano. Ne fanno carne da dare in pasto al pettegolezzo. Forse perché disorienta e spaventa. La sua nobiltà e la sua dignità pura risplende anche quando viene fuori da una discarica. Se non addirittura con più forza. L’amore non è cibo per piani alti, è l’ultima fetta di felicità da dividere attentamente in due, spesso lasciata da qualcun altro che era fin troppo sazio. Silvia e Alessandro si sono sposati. Sembrano una coppia uscita da un bellissimo fumetto per la simpatia che donano. Tutto normale? No. Silvia e Alessandro stanno insieme da dieci anni per la strada. Sono due clochard. Si sono conosciuti e innamorati, lei 36 anni, lui 53. Seguiti da associazioni di volontariato di Como, che li hanno aiutati a organizzare la cerimonia. Hanno festeggiato nel dormitorio invernale e hanno invitato al rinfresco tutti i senzatetto. Non è una favola moderna, è vita. Hanno ricevuto in dono cose utili come nemmeno ai matrimoni classici si fa. Primi fra tutti due comodi sacchi a pelo. Perché la vita in strada è dura e loro in strada vogliono tornare. Non possono permettersi una casa, Silvia tra l’altro si muove con le stampelle, scrive poesie e sorride sempre. Alessandro è un uomo dotato di una sensibilità unica, è l’unico che quando lei ha crisi di paura le sa stare vicino e la calma. Per la cerimonia lei aveva un abito regalo di lui, lui se lo è fatto prestare da un volontario. Già, lo ingabbiamo, lo definiamo, ma l’amore prima o poi sfugge come un bambino e va in strada a sporcarsi le mani; è togliersi insieme dal buco di culo dell’inferno delle proprie sofferenze. Anzi, le migliori parole per definire l’amore le ha dette proprio Silvia alla fine della cerimonia: “lui mi ha rubato il cuore, mi ha assicurato che lo custodirà con cura perché se prova a romperlo io muoio”. Direi che basterebbe così. https://www.facebook.com/photo.php?fbid=3257624734268217&set=a.676636429033740&type=3&theater
Sere fa, inquadrato su Rete4, Luca Cordero di Montezemolo sembrava uscito dalla cornice ovale di un ritratto museale, tipo: uomo con turbante rosso, oppure dama con liocorno. Infatti apparentemente non dava segni di vita fino a quando Barbara Palombelli non gli ha chiesto cosa pensasse del governo Conte, al che arricciando le aristocratiche labbra LCdM ha mormorato qualcosa come: “Inadeguato”. Quindi i custodi lo hanno riposto delicatamente in magazzino. Da giorni ci perseguita il termine “frugale” che nei tg è associato ai quattro Paesi (Austria, Danimarca, Olanda e Svezia) timorosi che qualsiasi prestito fatto all’Italia poi ce lo sputtaniamo col Gratta&Vinci o in qualche osteria. Davanti al ritratto del gentiluomo disgustato con ermellino, mi sono detto che anche noi abbiamo la fortuna di annoverare miliardari frugali, che notoriamente si nutrono di bacche e licheni, pensosi sui destini del Paese finiti nelle mani di un avvocato pugliese, inadeguato fin dal 740.
Gente sobria nel collezionare Cda e mandati parlamentari, come il senatore emerito, Pier Ferdinando Casini, promotore dell’imminente rivolta dei Forconi pariolini contro il governo affamatore dei poveri. Vip dalle abitudini frugali, come Flavio “Billionaire” Briatore, fustigatore talk della inettitudine di premier e virologi con argomentazioni implacabili (“ma sono scemi?”). Lui che per curarsi ha brevettato un nuovo formidabile antipiretico: la “Tachipirigna” (testuale), da servire con lime, distillato di canna e molto ghiaccio tritato. Ma il nostro frugale preferito resta il deputato leghista Claudio Borghi, da tempo legato e imballato in un trumeau di Montecitorio, dopo che a ogni sua dichiarazione lo spread spiccava il volo. Riesumato d’urgenza quando all’annuncio del maxi-piano Ue da 172 miliardi per l’Italia gli è stato chiesto di sparare la prima cazzata che gli veniva in mente. Questa: “Il Recovery fund è una fregatura”. Poi uno si chiede perché i Paesi frugali ce l’hanno con noi. https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/29/briatore-casini-e-montezemolo-i-frugali-ditalia/5817353/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-05-29
Il Paziente Zero, ormai è chiaro, non lo troveremo mai. Ma per l’Impaziente Zero c’è solo l’imbarazzo della scelta. Stormi di menagramo appollaiati sui cornicioni di Palazzo Chigi attendevano da mesi l’uscita del feretro di Giuseppe Conte, il noto pirla capitato lì per caso e destinato a morte sicura per unanime decisione dei commentatori che la sanno lunga. Restava solo da stabilire chi avrebbe premuto il grilletto, ma i candidati al ruolo di killer erano legione. L’uno valeva l’altro. Poteva essere il mitico ministro della Giustizia Usa, autore del leggendario Rapporto Barr di imminente pubblicazione destinato a smascherare le trame del premier con i Servizi per passare segreti di Stato a Trump in cambio del celebre tweet pro “Giuseppi”. Poi purtroppo è andata com’è andata: Barr non ha sbugiardato nessuno e l’unica cosa che ha rischiato di uscire non è il Rapporto Barr, ma Barr, a calci. Poteva essere il Cazzaro Verde dopo l’annunciato trionfo in Emilia. Poi purtroppo è andata com’è andata: prima suonava ai citofoni altrui, ora si telefona da solo e non si risponde.
Poteva essere l’Innominabile, da sempre ansioso di liberarsi del premier con i più svariati pretesti (la prescrizione, le manette agli evasori, il Mes, l’Ilva, Alitalia, Atlantia, la Fase1, la Fase2, gli orari delle conferenze stampa del premier, i Dpcm al posto dei decreti, i decreti al posto dei Dpcm, la svolta autoritaria, Bonafede, un’unghia incarnita), per metterci al posto ora Cantone, ora Draghi, ora Giorgetti, ora Franceschini, ora Bertolaso, ora Sassoli, ora Colao, ora sua zia. Poi purtroppo è andata com’è andata: l’unica cosa di cui l’Innominabile s’è liberato è il suo partito, che nei sondaggi rantola sull’1,5% e sta per finire alla voce “Altri”. Poteva essere Di Maio, dato regolarmente in rotta di collisione col premier, come del resto l’intero M5S, sempre descritto nel caos, in rivolta, in scissione, nell’abisso, nel baratro, nella bara. Poi è andata com’è andata: anche grazie a Conte, Di Maio sale nei sondaggi e pure i 5Stelle, anche con un capo provvisorio non proprio carismatico come Crimi. Poteva essere il Pd, da tutti dipinto come scontento e stufo marcio del premier e ansioso di metterci al posto ora Cantone, ora Draghi, ora Giorgetti, ora Franceschini, ora Bertolaso, ora Sassoli, ora Colao, ora Giovanni Rana. Poi è andata com’è andata: Conte è sempre lì e il Pd, fingendosi morto, tallona la Lega. Poteva essere la gestione della Fase1, ovviamente disastrosa perché il governo non si decideva a imitare il prodigioso “modello Lombardia”. Poi è andata com’è andata: il lockdown all’italiana è stato preso a modello da tutta Europa, il modello Lombardia un po’ meno.
Poteva essere la Fase2 della pandemia, chiaramente catastrofica e funestata da rivolte sociali da Nord a Sud per l’incapacità del noto frescone di aiutare l’Italia allo stremo. Poi è andata com’è andata: dl Liquidità da 25 miliardi, dl Rilancio da 55, totale 80 miliardi in due mesi. Che, con tutti i ritardi, gli errori e gli inceppi burocratici, sono comunque una discreta sommetta. Insomma, passavano i giorni, le settimane, i mesi e il più grande premier morente della storia era sempre lì.
Ma gli jettatori appollaiati avevano ancora in tasca l’arma-fine-di-mondo: i Paesi “frugali” della Ue che, a bordo dei cingolati tedeschi, avrebbero schiacciato quel pirla di Giuseppi come una sottiletta, spernacchiando le sue barzellette degli Eurobond e del Recovery fund (curiosamente condivise da Francia, Spagna e altri 6 governi) e costringendolo alla resa sul Mes con la mano tesa a cucchiaio. Anzi, a cucchiaino. L’altroieri, purtroppo, è andata com’è andata: la Commissione Ue ha proposto un Recovery con Eurobond da 750 miliardi, di cui 173 andrebbero all’Italia (82 a fondo perduto, 91 in prestito condizionato). Al momento è solo una proposta, che andrà fatta ingoiare a tutti i capi di Stato e di governo dell’Eurogruppo prima di tradursi, non prima di fine anno, in moneta sonante. Ma intanto, a finire spernacchiati, sono i 36 miliardi del Mes e tutti quelli che davano per scontata la resa del premier a quella questua, con apocalisse incorporata modello estate-autunno. Per non parlare di Salvini e Meloni, che da mesi accusavano Conte di alto tradimento e svendita dell’Italia alla Germania per aver “firmato” nottetempo un Meccanismo che aveva siglato il loro ultimo governo 10 anni fa, mentre Conte non ha firmato neppure la lista della spesa.
Ora la Meloni riconosce almeno “il passo avanti”, anche se lei avrebbe ottenuto “molto di più”. Salvini invece è letteralmente scomparso. Dopo un giorno e una notte di afasia, ieri è ricomparso esalando questa dichiarazione striminzita e stiticuzza: “Per aiutare davvero famiglie e imprese italiane, i fondi europei devono arrivare subito, non nel 2021 come previsto da Bruxelles. Gli italiani senza lavoro e senza stipendio non possono aspettare i tempi della burocrazia europea”. Tutto qui? Forse non voleva disturbare gli euroalleati “sovranisti”, che sognavano di affamare l’Italia e ora rosicano perché verrà aiutata, strillando al “colpo di Stato” (l’olandese Jorg) e al “suicidio politico” (il tedesco Meuthen). O forse il Cazzaro Verde era semplicemente finito in osservazione per il classico mancamento da ipossia, come quando abbatté il Conte-1 per andare alle elezioni e a Palazzo Chigi, e si ritrovò il Conte-2. I famosi Ricoveri Fund.