venerdì 26 febbraio 2021

Nel “sottogoverno dei migliori” i cani da guardia di B. e Salvini. - Barbacetto, Palombi, Rodano e Salvini

 

Benvenuto “sottogoverno dei migliori”. Il decantato metodo Draghi sui sottosegretari è lo stesso per la nomina dei ministri: un’orgia partitica e una spartizione con il bilancino di “cencelliana” memoria. E così 11 per i 5Stelle, 9 per la Lega, 6 a testa per Pd e Forza Italia, 2 per Italia Viva (gli stessi, guarda caso, che avevano rinunciato alle poltrone), 1 per Liberi e Uguali. Fin qui il metodo, appunto. E il merito? Draghi ha scelto i più competenti? Difficile sostenerlo. A essere premiati sono stati molti degli ex sottosegretari del Conte-1 e del Conte-2, non proprio un inno alla discontinuità. Di fianco a loro, soprattutto a destra, un’infornata di fedelissimi dei leader di partito. Silvio Berlusconi li piazza nei settori più delicati per lui: Editoria e Giustizia (con Francesco Paolo Sisto, il suo avvocato nel caso escort, che trova la poltrona in via Arenula). Matteo Salvini rilancia Stefania Pucciarelli e tira fuori dal cilindro Rossano Sasso, due che hanno avuto uscite imbarazzanti su migranti e rom. E riporta alla Cultura Lucia Borgonzoni, quella che “non leggo un libro da tre anni”. Ecco i ritratti dei “migliori” di Draghi.

Giuseppe Moles - Le mani di Silvio sull’editoria.

Più che il nome,contava la carica. Sì, perché non risulta che Giuseppe Moles, 54 anni, nato a Potenza, abbia qualche competenza in materia di editoria, escludendo la sua breve esperienza da docente di Sociologia dei processi culturali all’Università degli Studi Internazionali di Roma (Luspio). Ma a Silvio Berlusconi non interessava il curriculum, ma che il sottosegretario all’Editoria di stanza a Palazzo Chigi fosse uno dei suoi fedelissimi: non accadeva da quando su quella poltrona sedeva il suo portavoce, Paolo Bonaiuti. Il prescelto era l’uomo Mediaset e per un decennio direttore di Panorama Giorgio Mulè, ma sul suo nome, nel Cdm di mercoledì sera, si è scontrata la maggioranza che sostiene il governo Draghi: Pd e M5S non potevano accettare che un uomo così legato al Biscione potesse finire a gestire l’informazione e a dispensare i fondi pubblici ai giornali. Così Mulè è passato alla Difesa e Moles, inizialmente indicato per andare alla Salute con Roberto Speranza, è stato scelto per l’Editoria sostituendo il dem Andrea Martella. Berlusconiano doc, tra i fondatori di Forza Italia nel 1994, Moles è stato l’assistente e il portavoce del ministro della Difesa Antonio Martino, uno degli intellettuali di casa ad Arcore. Dopo la fine del terzo governo Berlusconi, Moles insegna Relazioni Internazionali alla Luiss e poi Sociologia delle Relazioni Internazionali e Terrorismo alla Luspio. Viene eletto deputato del Pdl nel 2008 e nel 2011 è tra gli esponenti più critici nei confronti del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Da senatore, nel 2019 è tra i 41 parlamentari di FI (su 64) a firmare per chiedere il referendum contro il taglio dei parlamentari. A maggio scorso lo si ricorda per un attacco sessista nei confronti del ministro della Scuola, Lucia Azzolina, in un question time in Senato: “La credibilità è come la verginità, se si perde non si può più riacquistare” disse Moles che poi si dovette scusare. Con questa pedina, Berlusconi ha in mano tutta la filiera dell’editoria e delle telecomunicazioni: Alberto Barachini alla Vigilanza Rai, Gilberto Pichetto Fratin viceministro al Mise dove Giancarlo Giorgetti si occupa di telecomunicazioni e Moles all’Editoria.
Giacomo Salvini

Francesco Paolo Sisto - L’avvocato anti-inchieste.

“Il presidente Berlusconi per noi è come Fidel Castro, è il Líder Máximo. Si è rivelato uno statista vero, soprattutto nell’ultimo periodo”. Così dice del suo capo Francesco Paolo Sisto, avvocato, deputato di Forza Italia dal 2008, ora sottosegretario alla Giustizia. E proprio di giustizia si è prevalentemente occupato nella sua attività politica, attaccando a ogni occasione i magistrati e l’indipendenza della magistratura dalla politica. “La cacciata di Giuseppe Conte è avvenuta in nome della giustizia”, dichiara, “perché la giustizia è stata quella più giustiziata, in questo eccidio delle competenze e della democrazia. Per fortuna però, come si dice dalle mie parti in Puglia, dal guasto viene l’aggiusto”. Cioè Draghi.
Il suo Líder Máximo l’ha sempre difeso: in Parlamento, opponendosi alla legge sul conflitto d’interessi; e in Tribunale, come avvocato difensore nel processo escort in corso a Bari, dove Silvio Berlusconi è accusato di aver pagato l’imprenditore Gianpaolo Tarantini per indurlo a mentire sulle feste a Palazzo Grazioli. A gennaio, l’avvocato Sisto è riuscito a far slittare il processo escort al 30 aprile, adducendo motivi di salute che impedivano a Berlusconi di presentarsi in aula. Non gli hanno impedito di andare da Draghi a trattare il suo appoggio al nuovo governo: “È stata una festa!”, riferisce l’avvocato difensore di Berlusconi, diventato ora sottosegretario proprio nel delicatissimo ministero della Giustizia. Sisto è tra gli autori della legge elettorale dell’Italicum e della riforma costituzionale del Senato (poi bocciata nel referendum del 2016) scritta con Maria Elena Boschi e nata dall’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Contrario invece (in dissenso dalla posizione ufficiale di Forza Italia) alla riforma costituzionale del 2020 che ha ridotto il numero dei parlamentari.
Gianni Barbacetto

Rossano Sasso - Il leghista che scambia Dante e Topolino.

La pagina wikipedia di Rossano Sasso, nuovo sottosegretario leghista all’Istruzione, è stata creata solo ieri. Ma i social e il web non si sono scordati del suo passato. Nel 2018 il deputato barese postò una foto della adunata in piazza Duomo a Milano con Matteo Salvini, ma poi si accorse che nell’immagine campeggiava una bandiera contraria alle sue origini pugliesi: “Prima il nord!”. Così Sasso la fece photoshoppare facendo arrabbiare non poco l’ex governatore Bobo Maroni. Nell’estate del 2018, poi, il coordinatore pugliese della Lega organizzò un flash mob sulla spiaggia di Castellaneta Marina (Taranto) dopo l’arresto di un marocchino di 31 anni, Mohamed Chajar, accusato di aver violentato una 17enne. Sasso lo definì un “bastardo irregolare sul nostro territorio”, ma il Tribunale di Taranto pochi mesi dopo assolse il giovane con formula piena: non aveva violentato nessuno. Ma è l’istruzione il tema principale su cui si concentra Sasso, con un potenziale conflitto d’interessi tutto in famiglia. La moglie è l’avvocato e presidente dell’Associazione Libera Scuola, Grazia Berloco: da deputato leghista della commissione Scuola, Sasso ha portato avanti le battaglie della moglie, che infatti ne ricondivide discorsi e proposte sui social. Un esempio: il leghista in un post del 2 settembre scorso si vantava di aver chiesto il rinvio di un anno delle Graduatorie Provinciali Supplenze. Ma senza successo: “Risultato – scriveva Sasso – caos graduatorie, punteggi sballati, nomine bloccate e ricorsi in tribunale. Qualche studio legale vicino al governo si sta già preparando. Che spudoratezza”. Peccato che, come si legge sul sito di ALS, fosse proprio l’associazione della moglie a proporsi per i ricorsi dei docenti. Ora che è diventato sottosegretario, Sasso rischia di doversi occupare di quei ricorsi di cui si fa carico proprio la moglie avvocato. Il 13 febbraio, Berloco su Fb ringraziava l’onorevole Sasso e il leghista Pittoni per “le loro battaglie”. Pochi giorni prima di essere nominato sottosegretario, Sasso ha deliziato i social pubblicando un selfie con annessa citazione da lui attribuita a Dante: “Chi si ferma è perduto, mille anni ogni minuto”. Peccato che la fonte della citazione fosse un’altra: Topolino.
Gia.Sal.

Deborah Bergamini  - La berlusconiana “delta”.

In un suo vecchio blog si presentava come Cartimandua, regina dei Celti. Come si sentirà ora nel governo dei Migliori, dell’Europa, della concorrenza e del libero mercato, Deborah Bergamini da Viareggio, la donna che abolì la concorrenza tra Rai e Mediaset? Studi in Italia e negli Stati Uniti, esperienze di lavoro a Parigi e Londra. Poi le capita di intervistare Silvio Berlusconi per Bloomberg e da allora non lo molla più. Lui la riporta in Italia, la fa entrare nel suo staff, la nomina assistente personale. Poi nel 2002 la trapianta in Rai: vicedirettrice, direttrice del marketing strategico, consigliera d’amministrazione di Rai Trade, poi di Rai International. Diventa la donna più potente della tv pubblica, decide quali “generi” trasmettere sulle tre reti, tiene le relazioni con le tv estere, si occupa di Auditel, Televideo, Internet. Ma intanto resta sempre fedele a Berlusconi e a Mediaset, come diventerà noto a causa delle intercettazioni disposte dalla magistratura sulla crisi dell’azienda Hdc e sul sondaggista Luigi Crespi. Questi, intercettato, si rivolge a lei per chiedere a Mediaset soldi (che in effetti poi ottiene). Ma le intercettazioni, più in generale, rivelano il suo vero ruolo di infiltrata Mediaset dentro la Rai e il patto occulto di consultazione permanente tra le due aziende per mettersi d’accordo, in barba al libero mercato, e per risollevare, a reti unificate, l’immagine in affanno di Berlusconi. L’intera tv italiana viene pilotata dalla “struttura Delta”: Deborah controlla tutto, anche le inquadrature di Silvio al funerale di papa Wojtyla. Pianifica i programmi, in accordo con Mediaset, per “dare un senso di normalità alla gente” ed evitare così che la morte del papa distragga gli elettori e faccia aumentare l’astensionismo che penalizzerebbe Forza Italia. Ordina il ritardo nella comunicazione in tv della sconfitta elettorale alle amministrative del 2005. Chiede a Bruno Vespa di non confrontare i risultati con quelli delle precedenti elezioni regionali. Ora è nel governo dei Migliori.
G. B.

Vannia Gava - L’ambientalismo dei danè.

Figlia dell’operoso Nord-est, classe 1974, una carriera da rappresentante di mobili e dirigente politico locale della Lega (fino alla poltrona di vicesindaco della sua Sacile in Friuli-Venezia Giulia), la sottosegretaria Vannia Gava torna al ministero dell’Ambiente, trasfigurato in Transizione ecologica, portando con sé la sua idea produttivista, per così dire, dell’ambiente: se proprio se ne deve parlare, almeno lo si faccia fruttare. Come ha detto lei stessa recentemente alla Camera (dal 2018 è deputata), le piace del governo Draghi “la declinazione non catastrofista delle tematiche ambientali e l’approccio pragmatico”, a cui la Lega mette a disposizione il suo green dei danè (“meno vincoli e più opportunità, più decentramento e meno burocrazia”). Non di solo alto convincimento intellettuale vive però l’impegno della sottosegretaria Gava: i suoi interessi più terreni l’hanno portata a una guerra feroce con l’ex ministro Sergio Costa, cui non furono estranee le sue conoscenze sul territorio. Grande fan del biometano, aveva come collaboratore al ministero un dipendente di alcune aziende venete del settore, peraltro vicine alla Lega (anche sotto forma di donazioni) e a cui Gava aveva dedicato visite ufficiali: il collaboratore dovette dimettersi dopo aver offerto al sito Fanpage investimenti pubblicitari per addomesticare un’inchiesta. Lei stessa fu censurata per “non aver adempiuto ai suoi obblighi sulla trasparenza”: in sostanza si dimenticò di rendere pubblici – come invece prescriveva un regolamento del ministero dell’Ambiente – i suoi incontri con i cosiddetti “portatori di interessi”. L’infortunio non le impedì di ottenere, dopo le Europee 2019, più poteri per le Regioni in materia di rifiuti, novità che ovviamente interessava anche chi produce biometano, specie nel verde Veneto. Ora – al netto di inceneritori, micro-idroelettrico e altre materie care ai salviniani – Gava potrà occuparsi degli incentivi al biometano, in scadenza nel 2021: “Stiamo lavorando affinché il processo di riconversione degli impianti possa essere accompagnato da nuovi incentivi”, disse prima del Papeete. Ora si ricomincia.
Ma. Pa.

Stefania Pucciarelli - dai “forni” alla Difesa.

Non è chiaro quali siano le competenze che hanno fatto nominare la 53enne leghista Stefania Pucciarelli sottosegretario alla Difesa del nuovo governo Draghi. Ma d’altra parte erano ancora meno evidenti le qualità che l’avevano fatta indicare da Matteo Salvini come presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, durante il primo governo Conte. Un indirizzo – i diritti umani – che sembrava una provocazione per una senatrice che si era fatta pizzicare a mettere “mi piace” su Facebook a un post che suggeriva l’uso dei “forni” per i migranti: “Certe persone andrebbero eliminate dalla graduatoria. E poi vogliono la casa popolare. Un forno gli darei”. Pucciarelli si difese sostenendo che non aveva letto bene (e se aveva letto non aveva capito). Quando commise quella “leggerezza” era consigliera regionale in Liguria: l’incidente le diede notorietà presso il popolo leghista, che quelle cose magari non le dice ma le pensa assai spesso. Le costò pure una denuncia dall’Associazione 21 luglio (che si occupa dei diritti delle minoranze rom) e una convocazione al Tribunale di La Spezia per propaganda di idee “fondate sull’odio razziale” (è stata archiviata). Poca roba in confronto della rapida ascesa della sua carriera politica. Prima di entrare in Parlamento, Pucciarelli ha contribuito a edificare la nuova Lega sovranista in Liguria tra Sarzana e La Spezia, terre ex rosse, dove è diventata il punto di riferimento di una giovane classe dirigente nazionalista. Nei ruggenti anni liguri ha indossato il burqa per protesta, ha fatto decine di campagne sui migranti, ha solidarizzato con CasaPound, ha esultato ogni volta che le ruspe hanno spianato un campo nomadi.
Una populista di destra, barricadera, radicale: negli anni del salvinismo spinto è tra le più apprezzate dal capo del Carroccio, che l’ha fatta eleggere in Senato nel 2018. Ora che la retorica di Matteo su Europa e immigrazione s’è un po’ addolcita, s’è un po’ addolcita anche lei. E la carriera continua.
Tommaso Rodano

Alessandro Morelli - L’ombra del commercialista.

Giovane leghista di Vizzolo Predabissi, alle porte di Milano, non ha mai messo a frutto il suo diploma di perito agrario, né ha avuto tempo di laurearsi in Scienze delle produzioni animali, facoltà dell’Università Statale di Milano cui si era iscritto dopo l’istituto tecnico. Ma la sua passione politica lo ha portato a diventare direttore di Radio Padania, l’emittente della Lega, e del Populista, il combattivo blog di Matteo Salvini (prima della conversione europeista). Ora, a 43 anni, è nientemeno che viceministro nel cruciale dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti, dopo una carriera politica partita dal basso. Uomo di lotta e di governo: consigliere di zona a vent’anni, poi assessore al Turismo nella giunta del sindaco Letizia Moratti, poi ancora consigliere comunale, fiero oppositore di Giuseppe Sala e di Expo. Nel 2013 si candida alla Camera, ma non riesce a essere eletto. Ci riprova, con successo, nel 2018. Oggi arriva al governo con un’ombra: è stato lui a far nominare nelle società partecipate del Comune di Milano il commercialista Andrea Manzoni, ora imputato nel processo per l’immobile di Cormano diventato sede della Lombardia Film Commission, comprato a 400 mila euro e rivenduto alla Regione Lombardia al doppio, 800 mila euro. Un’operazione, secondo i magistrati, per far entrare soldi nelle casse della Lega. Operazione realizzata in ambito regionale, quando presidente della Lombardia era Roberto Maroni. Ma intanto Manzoni era presente e attivo anche a livello comunale: entrava anche nel collegio sindacale di Sea (la società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa), di Arexpo (proprietaria dei terreni Expo su cui si svilupperà il progetto Mind) e di Amiacque (società operativa del Gruppo Cap che fornisce l’acqua a molti Comuni dell’area milanese). A indicare il nome di Manzoni per quelle delicate poltrone di controllo è stato proprio Morelli, che aveva da riempire le caselle assegnate dal Comune di Giuseppe Sala all’opposizione, dunque alla Lega.
G. B.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/26/nel-sottogoverno-dei-migliori-i-cani-da-guardia-di-b-e-salvini/6114130/

I vice-Migliori. - Marco Travaglio

 

E così, dopo i 22 Migliori (23 con SuperMario), abbiamo finalmente 5 Vicemigliori e 34 Sottomigliori. Spulciando la lista del nuovo bar di Guerre Stellari alla ricerca dei nostri preferiti, spicca subito la preclara figura dell’on. avv. Sisto a cui, essendo stato l’avvocato di B., spetta di diritto la Giustizia; un tocco di vintage che ci riporta ai bei tempi andati delle leggi ad personam, della “barbarie delle intercettazioni”, di Patrizia D’Addario e Gianpi Tarantini statisti e di Ruby nipote di Mubarak (suo il pregiato emendamento alla legge Severino che svuotava vieppiù il reato di concussione per induzione, di cui era casualmente imputato il padrone). Infatti, per non farlo sentire troppo solo coi suoi conflitti d’interessi, il factotum draghiano Garofoli e i retrostanti fenomeni del Quirinale che seguivano le nomine per conto del premier, hanno piazzato pure il forzista Moles all’Editoria a far la guardia agli affari di B.; e pazienza per quel suo attacco sessista alla Azzolina in pieno Senato (“la credibilità è come la verginità: è facile da perdere, difficile da mantenere, impossibile da recuperare”): anzi, fa curriculum. Come per il leghista Molteni, che insultava la Lamorgese (“vergogna, abolisce i confini e difende i clandestini!”) e ora diventa il suo vice agli Interni.

Lì incontra il grillino Sibilia, quello che voleva “Draghi in manette” e ora lavora per lui dopo avere sbianchettato i suoi tweet; e il renziano Scalfarotto, che aveva lasciato gli Esteri per allergia alle poltrone (massì: Esteri o Interni purché governi, è la meritocrazia 2.0). Un po’ come la Bellanova, braccia rubate all’Agricoltura ieri e ai Trasporti oggi (sempre in omaggio alla competenza). Ottima anche la scelta della leghista Pucciarelli che, avendo messo un like a un post che invocava i forni per i migranti, si aggiudica la Difesa. Altra donna giusta al posto giusto: Lucia Borgonzoni è nota per essersi vantata di “non leggere un libro da tre anni” e aver situato l’Emilia-Romagna ai confini col Trentino Alto Adige e l’Umbria, risparmiando però la Puglia e la Sardegna, dunque va alla Cultura. Con la stessa logica meritocratica il leghista Sasso che cita una frase di Topolino attribuendola a Dante conquista l’Istruzione (sperando che ne faccia buon uso). Noi però abbiamo sempre avuto un debole per Deborah Bergamini, la segretaria tuttofare di B. che nel 2002 la infiltrò alla Rai come vicedirettrice, poi direttrice del Marketing strategico, poi nei Cda di Rai Trade e Rai International e, quando fu sospesa per l’inchiesta sui patti occulti Rai-Mediaset, deputata di FI dal 2006. Nel suo blog si presentava come Cartimandua, regina dei Celti, perché è anche una tipa equilibrata.

Nel 2005 fu intercettata nell’indagine sul sondaggista berlusconiano Luigi Crespi, che avanzava soldi da Mediaset e ne parlava con lei (dirigente Rai): “Io non finisco mica in galera per tutelare una verità che nessuno vuole tutelare”. Infatti poco dopo ricevette un bonifico dai berluscones. Così i pm scoprirono il patto occulto di consultazione permanente tra i vertici Rai e Mediaset, per mettersi d’accordo in barba al libero mercato e risollevare a reti unificate l’immagine barcollante di B. Ogni minuto e dettaglio di programmazione della Rai era capillarmente controllato dai cavalli di Troia del Caimano nel presunto “servizio pubblico”, ridotto a suo feudo personale per blandire gli amici, manganellare i nemici, celebrare le sue gesta, tacere le notizie scomode, gonfiare quelle comode. Tutto era pianificato nei minimi particolari: persino le inquadrature di B. ai funerali di papa Wojtyla, i ritardi nell’annuncio delle disfatte elettorali, il numero di citazioni del nome di Silvio in bocca a Vespa. Giovanni Paolo II moriva alla vigilia delle Amministrative 2005, distraendo gli elettori cattolici dal dovere di votare B.? Niente paura: Deborah concordava con Mediaset una serie di “programmi che diano alla gente un senso di normalità, al di là della morte del Papa, per evitare forte astensionismo alle elezioni amministrative”. Ora, dopo aver coordinato così bene i rapporti fra Rai e Mediaset, coordina i Rapporti col Parlamento.

Stavamo quasi per assegnarle la palma di Vicemigliorissima, quando ci è capitato sotto gli occhi il ritratto agrodolce di Gabrielli, neosottosegretario ai Servizi, firmato da Bonini su Repubblica: “garantisce la tenuta di sistema”, “promette di regalare agli apparati di sicurezza una serenità e una competenza sciaguratamente smarrite nel Conte-1 e Conte-2” (mica come ai tempi di De Gennaro, Mori, Pollari&Pompa), “talento precoce per anagrafe e capacità”, “intelligenza inquieta”, “cultura democratica e riformista”, “civil servant”, “riserva della Repubblica”, “ricostruì una Protezione civile stravolta dalla stagione berlusconiana” (infatti “era il vice di Bertolaso”), “ricostruì la cultura della ‘sua’ Polizia”, “figlio del popolo”, “cultura riflessiva nelle indagini”, “combina le competenze che la lingua inglese felicemente distingue in ‘safety’ e ‘security’”; peccato soltanto che abbia “negato per orgoglio e testardaggine a suo padre la gioia di vederlo laurearsi in Giurisprudenza”. Ma che sarà mai. Come disse Cetto La Qualunque, precursore di tutti i Migliori: “Vogliono negare a mia figlia il posto di primario di chirurgia con la scusa che non è laureata. Ma a che cazzo serve la laurea!? Mia figlia ha due mani da fata: può operare!”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/26/i-vice-migliori/6114119/

La verità sul Recovery Fund. - Rocco Casalino

 

Dalla caduta del Presidente Conte ad oggi sono stato invitato in diverse trasmissioni TV. Alcuni giornalisti provano ad incalzarmi su ogni cosa e per certi versi è anche giusto, lo accetto. C’è soltanto una cosa che non riesco proprio ad accettare, ovvero il modo in cui si tende a minimizzare e sotterrare il merito di Giuseppe Conte  sulla questione Recovery Fund: “Si MA, tutto sommato è anche merito della Merkel” – “Si MA, alla fine, è stato un percorso deciso dalla Comunità Europea”, e così via.

Bene, a questo punto spiego telegraficamente una volta per tutte come sono andate le cose.

- Il Presidente Conte sin dalla prima videoconferenza di inizio pandemia ha segnalato alle Istituzioni Comunitarie, che proponevano pochi miliardi con il Mes, l’esigenza di una risposta economica tempestiva ed eccezionale;
- Il Presidente Conte è stato promotore di una lettera destinata al Presidente del Consiglio Europeo Michel, sottoscritta dagli Omologhi di Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo, con l’intento di sensibilizzare gli altri Stati Membri (su tutti Germania e Olanda) sulla questione;
- Per rassicurare e sensibilizzare i Paesi “perplessi”, il Presidente Conte ha deciso di metterci la faccia nelle loro TV e sulla loro carta stampata, e per questo, con parallela strategia comunicativa, ha rilasciato interviste a: El Pais (quotidiano spagnolo), 30 marzo; ARD Tagesschau (TG del primo canale della TV pubblica tedesca), il 1 aprile 2020; De Telegraaf (quotidiano olandese) il 1 aprile 2020; Die Zeit (settimanale tedesco) il 2 aprile 2020;
- La Germania, grazie all’importante opera di sensibilizzazione messa in atto dal Presidente Conte, accetta l’idea del Recovery e il 18 maggio ufficializza con la Francia una proposta da 500 miliardi;
- Il 27 Maggio, il Presidente UE Ursula Von der Leyen, propone programma da 750 miliardi;
- Restavano da convincere i cosiddetti Paesi frugali;
- Da qui il Premier Conte inizia il “tour del convincimento” e incontra: il Primo Ministro Portoghese Costa; il Presidente del governo Spagnolo Sanchez; il Primo Ministro Olandese Rutte (ve lo ricordate?) e infine, il 13 luglio, la Cancelliera Merkel;
- Nelle ore decisive della trattativa, alcuni paesi spingevano affinchè le somme fossero pari a 700 miliardi e non a 750 miliardi come indicato dalla Von Der Layen. Su questo ricordo il Presidente Conte che si avvicina al Presidente del Consiglio Europeo Michel e gli dice che “i 750 miliardi non si toccano”;
- Il 21 luglio si conclude il Consiglio Europeo straordinario che sancirà l’accordo definitivo da parte di tutti i Paesi membri dell’Unione sul Recovery Fund, con stanziamento complessivo pari a 750 miliardi e all’Italia va la quota maggiore della somma stanziata, ovvero 209 miliardi.

Questa è la STORIA che ci ha visto e ci vede ancora oggi protagonisti.
A questo punto mi chiedo, perché ad una parte del giornalismo questo non piace? Non dovremmo essere tutti orgogliosi di questa competenza tutta Italiana? Davvero pur di sminuire il lavoro di una persona siete disposti a screditare la nazione intera?

#raccontiamolaverità #giuseppecontegrazie

https://www.facebook.com/rocco.casalino/photos/a.1044676208937686/5090087267729873/

Palmer | Justin Timberlake.

 

Un errore giovanile scontato in carcere, il desiderio di riscattare la propria esistenza dedicandola a chi ha bisogno di affetto e di una guida.

Una bella storia a lieto fine.

Nuovo Dpcm, il governo al lavoro. Ordinanze valide dal lunedì, lite su lockdown Pasqua.

 

Salvini contro le chiusure a Pasqua: 'Irrispettoso per gli italiani'. Zingaretti: 'Risolva i problemi, non li cavalchi. E' tempo di una rigenerazione del Pd'.


E' la Pasqua con misure restrittive anti-Covid il primo, vero terreno di scontro per la maggioranza che sostiene il governo Draghi, con Nicola Zingaretti contro Matteo Salvini, mentre zone rosse si profilano da sabato nelle province di Pistoia e Siena e arancione scuro in quella di Bologna. E anche a Brescia la situazione dei contagi resta critica: gli ospedali sono vicini al collasso e stanno mandando alcuni pazienti in altre strutture della regione, come a Bergamo e a Cremona.

L'Italia si colora ormai di rosso e arancione scuro a macchia di Leopardo, secondo la maggiore incidenza del Covid e soprattutto delle sue varianti.

Così, è rossa Cecina, nel Livornese. Lo sono da alcuni giorni quattro Comuni nel Lazio: Colleferro, Carpineto Romano in provincia di Roma, Torrice (Frosinone), Roccagorga (Latina). In Alto Adige è stata superata la soglia critica per le terapie intensive a Bolzano e a Trento. In Basilicata sono in aumento i casi e l'Rt, la Regione rischia di finire arancione. In Sardegna è zona rossa a San Teodoro. In Molise si registra un balzo di positivi: c'è stato un sopralluogo di militari per allestire terapie intensive di emergenza. In Piemonte l'Rt è sopra 1, la Regione va verso l'arancione e l'inasprimento delle misure. A Pescara, dilaga la variante inglese. è record di contagi. "Mi rifiuto di pensare ad altre settimane e altri mesi, addirittura di chiusura e di paura - attacca Salvini -. Se ci sono situazioni locali a rischio, si intervenga a livello locale. Però parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli italiani".

Replica Zingaretti: "Vedo che sulla pandemia Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l'Italia. Buon senso e coerenza è avere una linea indicata dal Governo e rispettarla. Così si sta in una maggioranza e si danno certezze alle persone". Scintille sulla linea del rigore confermata dal nuovo premier, mentre si delineano aperture alle Regioni nel metodo se non nel merito. Le ordinanze del ministro della Sanità sui colori dei territori, in seguito al monitoraggio del venerdì, d'ora in poi entreranno in vigore il lunedì e non la domenica: lo promette la ministra delle Autonomie Mariastella Gelmini in un vertice con gli Enti locali. Ciò per evitare il caos - e le perdite economiche - di ristoranti e bar aperti un giorno su due nel weekend (che costituisce l'80% del fatturato settimanale secondo Coldiretti). Nella riunione Gelmini e il ministro della Salute Roberto Speranza hanno assicurato un'altra novità: la bozza del nuovo Decreto del presidente del Consiglio, in vigore dal 6 marzo, sarà mandata domani ai governatori, dunque in notevole anticipo sulla scadenza di quello attuale. Un gesto di apertura alle Regioni, che hanno chiesto a più riprese di evitare decisioni 'last minute' con l''effetto sci', impianti pronti a riaprire stoppati la sera prima.

"Per rendere più agevole la programmazione delle attività economiche, le chiusure non entreranno più in vigore di domenica ma di lunedì", sintetizza Gelmini, che parla anche del sistema delle fasce. "Verrà mantenuto - dice -. Finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato e questo deve essere l'obiettivo principale anche per i prossimi mesi". Anche perché, pur prevedendo delle modifiche ai parametri, come chiesto dalle Regioni specie per l'Rt, "un modello alternativo ad oggi non c'è" e se ne parlerà semmai in un tavolo tecnico. Rinviando al Comitato tecnico scientifico (Cts) il tema spinoso della chiusura delle scuole per vaccinare i docenti - come chiedono quasi tutti i governatori -, la ministra nota una "contraddizione nella richiesta di scuole chiuse e attività economiche aperte" da parte delle Regioni. Gelmini parla quindi di "una graduale riapertura dei luoghi di cultura, con misure di sicurezza adeguate, superato il mese di marzo".

Il Cts si pronuncerà sul protocollo del ministro Dario Franceschini, che chiede di riaprire cinema, musei e teatri dal 27 marzo: gli esperti ribadiranno che dipenderà dall'andamento della curva dei contagi. Reduci dal ridimensionamento della Corte Costituzionale, secondo cui spetta allo Stato, non alle Regioni, determinare le misure di contrasto della pandemia, i governatori con Stefano Bonaccini vedono "prime risposte positive" del governo. Ma ora "occorre una decisa accelerazione sul piano vaccini, una revisione dei criteri per l'assegnazione delle fasce e una valutazione preventiva sull'impatto delle varianti", aggiunge. Ma intanto la variante inglese produce zone scure sempre più numerose.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/25/covid-salvini-lockdown-a-pasqua-irrispettoso-per-gli-italiani_f6fe803d-25dc-44fc-b8fd-8a00f5a87c68.html

Meditate, gente, meditate.

 


“Sistema 15%”: Calderoli e la norma salva-leghisti. - Stefano Vergine


“Dazione” dei nominati - Nel 2012 i pm di Forlì ravvisano l’elusione fiscale. Ma nel 2014 a sanare tutto arriva l’emendamento-condono.

Erogazioni liberali: si chiamano così i soldi che ogni persona può donare a un partito politico. E infatti questa è la dicitura trovata a fianco alle decine di versamenti di cui abbiamo dato notizia in questi mesi sul cosiddetto “sistema del 15%”, quello attraverso il quale i nominati e gli eletti della Lega hanno finanziato il partito restituendo una parte del proprio stipendio pubblico. Un meccanismo che ha permesso al Carroccio di incassare milioni di euro e ai suoi donatori di pagare meno tasse. Sì, perché le erogazioni liberali si possono detrarre dalle imposte. Peccato che di liberale, nei versamenti leghisti, ci sia ben poco. A sostenerlo adesso non sono più solo le fonti citate nella nostra inchiesta a puntate. Lo dicono anche l’Agenzia delle Entrate, una Procura e due commissioni tributarie. Siamo dunque alla vigilia di un’inchiesta fiscale nei confronti della Lega? No, perché nel frattempo tutto è stato condonato, sanato per legge in modo retroattivo grazie a un emendamento proposto dalla Lega.

Andiamo per gradi. Il Fatto ha ottenuto decine di scritture private tra la Lega e i suoi esponenti, in cui i politici s’impegnano, se vogliono essere candidati, a versare al partito una parte del proprio stipendio in caso di elezione. Punto 4 del contratto: “Il candidato si impegna a versare, per le obbligazioni assunte dalla Lega Nord, la somma di 145.200,00 in rate mensili di 2.420,00 a decorrere dal primo mese successivo all’inizio del mandato”. Punto 5: “Il punto 4 vale da riconoscimento di debito, per cui la presente scrittura privata è dichiarata consensualmente idonea per l’emissione di decreto di ingiunzione anche provvisoriamente esecutivo”. Punto 6: “In caso di mancata elezione nulla è dovuto dal candidato e, sia la Lega Nord sia il candidato, sopporteranno le proprie spese affrontate”. Tra i 66 contratti analizzati ci sono quelli del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e quelli dei deputati Fabrizio Cecchetti e Daniele Belotti. Sono tutti accordi preparati prima delle Regionali del 2005 in Lombardia, ma le stesse scritture private – come vedremo – sono state usate anche nelle elezioni successive, sia locali che nazionali. I documenti dimostrano che i soldi versati in quegli anni dai vari esponenti del Carroccio non erano erogazioni liberali, cioè volontarie, ma conseguenza diretta di un contratto. E qui arriviamo alla parte più interessante.

Nel 2012 la Procura di Forlì, guidata da Sergio Sottani, apre un’inchiesta sull’allora deputato leghista Gianluca Pini con l’ipotesi di millantato credito. Analizzando i suoi conti correnti, i magistrati scoprono che Pini ogni anno faceva importanti donazioni alla Lega e poi detraeva dalle imposte quanto donato. Insospettito dalle cifre, Sottani ordina perquisizioni nei confronti della Lega in via Bellerio e alla Camera. E scopre che così facevano tutti. Vengono trovati i contratti con cui ogni politico leghista, prima di essere eletto, s’impegnava a versare una parte del proprio futuro stipendio al partito. Per i pm di Forlì non è evasione fiscale (penale) ma elusione (illecito amministrativo). Per questo le carte vengono mandate all’Agenzia delle Entrate, che inizia il tentativo di recupero delle somme eluse. Il fatto è dimostrato dalle ordinanze emesse da due commissioni tributarie provinciali. Qui si scopre che sotto il faro dell’Agenzia erano finiti, tra i tanti, Sergio Divina, storico senatore trentino, e il piemontese Roberto Simonetti, oggi direttore amministrativo del Gruppo Lega Salvini Premier alla Camera, all’epoca parlamentare.

Le ordinanze delle commissioni tributarie offrono dettagli ulteriori sul sistema del 15%. Viene fuori che anche per i candidati al Parlamento la cifra da restituire era pari a 145mila euro in cinque anni, proprio come per i consiglieri regionali. E che, grazie alle detrazioni d’imposta, ogni anno gli eletti recuperavano il 19% della somma versata al partito: ossia 27.550 euro di tasse risparmiate ogni 5 anni. Un beneficio illegittimo, secondo le due ordinanze: “Il candidato e il partito Lega Nord stipulavano un accordo in cui si affermava espressamente che il versamento delle somme dal candidato al partito avveniva in correlazione con ‘le obbligazioni assunte dalla Lega Nord’, il che esclude in radice lo spirito di liberalità (inteso come mera e spontanea elargizione fine a se stessa) e la detraibilità ai sensi dell’art.15, comma 1-bis, decreto legislativo n.917/1986”, scrivono i giudici tributari. Nonostante questo parere del 4 dicembre 2014, i parlamentari della Lega alla fine non hanno dovuto risarcire il danno. Come mai? Il motivo è spiegato nelle stesse ordinanze delle commissioni tributarie. Il 21 febbraio 2014, prima dunque che i giudici si esprimessero sui casi, il Parlamento ha convertito in legge il decreto sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Dentro c’era un emendamento promosso da due senatori leghisti, Roberto Calderoli e Patrizia Bisinella, che di fatto ha legalizzato il sistema del 15%. Un condono retroattivo che spiega perché, ancora oggi, senatori, deputati, consiglieri regionali ed eletti di ogni sorta, ma anche nominati a diversi incarichi pubblici, possono pagare meno tasse grazie ai soldi che versano al proprio partito. E lo possono fare anche se la donazione è frutto di un obbligo contrattuale, come è il caso della Lega.

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