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sabato 31 agosto 2024

Bayesian, triste verità.

 

"Immagina il fondo d'investimento Black Rock, il più formidabile concentrato di ricchezza e potere mai visto sulla Terra.

Sforzati un attimo con l'immaginazione e prova a visualizzare i personaggi che ne sono al vertice; hanno tutto, hanno mani,
occhi ed orecchie dappertutto.

In questo mondo qui, personaggi di questo genere determinano le sorti di tutti gli altri, che ne siano consapevoli o meno.

Non c'è dubbio che questi personaggi vadano a braccetto con i servizi segreti di quel pezzo di mondo del quale sono punto di riferimento.

Ma i servizi segreti di quel pezzo di mondo sono in lotta perenne con altri servizi segreti e credetemi, non fa alcuna differenza se gli altri servizi segreti appartengano o meno al tuo stesso pezzo di mondo, in quell'ambiente li, sono tutti nemici, anche il tuo vicino di posto.

Loro sanno di avere questo potere e lo esercitano ovviamente in modo sempre più spregiudicato perché loro sono la punta della testa della piramide finanziaria mondiale.

Adesso immagina di aver creato un software il cui potente motore dotato della più avanzata intelligenza artificiale, riesce a scoprire per te alcuni dettagli sul tuo avversario tali per cui ottieni significativi vantaggi oggettivi.

12 anni di processo, i più importanti e potenti studi legali che si scontrano, i più importanti e potenti servizi segreti che si scontrano.
Ma lo scontro avviene su due livelli, uno pubblico, il processo ed uno segreto... tra i servizi segreti.

Sei stato astuto abbastanza, spregiudicato a sufficienza, scaltro e senza scrupoli ed hai vinto.

La tua truffa è riuscita
e li hai fottuti
Li hai fottuti davvero
e la tua truffa ti ha reso parecchi miliardi di dollari.

Adesso tornate ad immaginare i tronfi e potenti personaggi dell'inizio di questo tweet e ditemi:
pensate che il pronunciamento del giudice possa mettere fine al loro desiderio di potere e di vittoria?
nient'affatto!

Loro sono abituati a vincere sempre, anche quando perdi
e così scopri che quelli che ti hanno fottuto se ne vanno in crociera in Sicilia per festeggiare tutti insieme, quelli che ti hanno fottuto, i loro avvocati, i loro soci... i loro servizi
tutti insieme e tutti li a bere, mangiare e scopare raccontandosi aneddoti sul come siano riusciti, contro ogni pronostico, ad infilarti un c@zzo nel ( ! ) troppo grosso persino per un elefante.

Poi alle 4.30 di notte ti svegli di soprassalto tutto bagnato, con il pavimento della cabina
che è diventato il soffitto.
E muori .

Quello che ancora resta da stabilire è su quale barca ed in quale mare incantato andranno a festeggiare i momentanei vincitori".

Luperco
@Uni91070952
Da Parliamone 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=2725760264272390&set=a.397017047146735

mercoledì 5 ottobre 2022

Cui prodest? - Giuseppe Salamone

 

Sapete chi è quest'uomo in foto? Non credo visto che per il momento non è funzionale alla propaganda occidentale. È Jacques Baud, ex agente dei servizi segreti Svizzeri. Durante una trasmissione radiofonica andata in onda qualche giorno fa, riferendosi sempre al sabotaggio dei Nord Stream, spiega che quella zona di mare è sotto il controllo di una base Nato che si trova sull’isola di Bornholm in Danimarca, e quindi difficilmente un vascello russo si sarebbe potuto avvicinare senza essere notato. Ha anche affermato senza alcun problema che sarà Washington a trarre maggiore beneficio da questo sabotaggio. Ha aggiunto inoltre che gli USA "non fanno mistero del proprio interesse a troncare ogni legame tra Russia ed Europa, in particolare tra Russia e Germania”, e che anche Polonia ed Ucraina potrebbero essere implicate nell'atto terroristico, visto il loro interesse nel non far transitare il gas via mare bensì attraverso i loro territori terrestri. Queste sono stilettate molto forti, ma che evidentemente sono ininfluenti per la nostra TV e per la nostra carta stampata (Fatto Quotidiano di oggi unica eccezione). Insomma, dice quello che molti sostengono da giorni e per questo vengono costantemente insultati e derisi dai manganellatori seriali a servizio della propaganda occidentale. Inoltre metto nei commenti un link di un'altra sua intervista, dove argomenta molto bene il fatto che Zelensky, sotto ordini dell'Occidente, abbia rifiutato per ben 3 volte di negoziare un cessate il fuoco. Ma guai a dare risonanza alle sue parole, guai! Non sia mai ogni tanto dare risalto ad una narrazione diversa della propaganda a stelle e strisce per creare un dibattito evitando la caccia alle streghe. In ogni caso l'interrogativo (ormai non tanto interrogativo) resta sempre lo stesso: Cui Prodest?

martedì 19 luglio 2022

Nato e Ucraina. Così l’“informazione” ha nascosto la verità sui loro rapporti. - Alessandro Orsini

 

Ho sostenuto che non esiste differenza sostanziale tra l’informazione della Tass in Russia e quella dei principali quotidiani in Italia con riferimento alla guerra in Ucraina. Questa settimana voglio portare all’attenzione dei lettori tre informazioni fondamentali sulla guerra in Ucraina non diffuse in Italia nonostante si tratti di documenti pubblicati sul sito della Casa Bianca e della Nato. Il primo documento, il più importante di tutti, è il comunicato finale del meeting della Nato che si è svolto a Bruxelles, il 14 giugno 2021. La Nato ha dato un contributo decisivo all’esplosione della crisi in Ucraina ribadendo per iscritto la sua determinazione a favorire l’ingresso dell’Ucraina nel suo seno. Il lungo comunicato si compone di 79 paragrafi. Il paragrafo 69 recita come segue: “Noi ribadiamo la decisione presa al summit di Bucarest del 2008 secondo cui l’Ucraina diventerà membro dell’Alleanza (…). Noi ribadiamo tutti gli elementi di quella decisione, con tutte le decisioni conseguenti”. Il documento prosegue rendendo sempre più esplicita la determinazione della Nato ad assorbire l’Ucraina.

Il secondo documento, che i principali quotidiani italiani hanno taciuto, è “Us-Ukraine Charter On Strategic Partnership”, pubblicato sul sito del Dipartimento di Stato americano, il 10 novembre 2021, con la firma di Antony Blinken e di Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri ucraino in visita a Washington. Il documento in oggetto rende pubblica la strategia di penetrazione militare degli Stati Uniti in Ucraina.

Il terzo documento ha a che vedere con le esercitazioni militari che la Nato ha condotto in Ucraina nel 2021 dichiaratamente rivolte contro la Russia per chiarire a Putin che la politica della Nato verso la Russia è una politica intransigente senza possibilità di mediazioni. Di questi e altri documenti ho dato conto nel primo capitolo del mio libro: Ucraina. Critica della politica internazionale (Paper First, 2022) in cui ho ricostruito le relazioni conflittuali tra la Nato e la Russia dal 1999 al 2022.

Domandiamoci adesso perché i principali quotidiani italiani non abbiano dato risalto a queste informazioni. La risposta è semplice: perché operano come la Tass. Il fine è quello di nascondere tre fatti decisivi per favorire la propaganda del governo Draghi proprio come la Tass favorisce la propaganda di Putin. Il primo fatto da nascondere è che Biden è un super-falco. Sempre nel mio libro, fornisco la documentazione storica per mostrare che l’atteggiamento di Biden verso Putin è sempre stato iper-aggressivo, cosa di cui Biden si fregia anche nel suo libro autobiografico in cui racconta i suoi “faccia a faccia” con Putin sotto Obama, di cui era vicepresidente. Il secondo fatto da nascondere è che il governo Draghi non ha fatto niente per impedire che la Nato approvasse il documento del 14 giugno 2021, che ha fatto precipitare la crisi in Ucraina spaventosamente. Il terzo fatto da nascondere è che la Nato non ha mai promosso politiche di pace in Ucraina, ma sempre e soltanto politiche di guerra. Alla logica dei principali quotidiani italiani si contrappone la logica degli studiosi che difendono la società libera. Questi quotidiani si richiamano spesso al magistero di Karl Popper. Ma chiunque abbia studiato Popper direttamente, o per il tramite di Dario Antiseri o di quel grande studioso che è stato Luciano Pellicani (1939-2020), sa bene che la propaganda e la manipolazione dell’informazione non sono compatibili con i principi a fondamento della società teorizzata da Popper.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/07/19/nato-e-ucraina-cosi-linformazione-ha-nascosto-la-verita-sui-loro-rapporti/6665893/

mercoledì 2 marzo 2022

 

Molto interessante, se le persone sapessero...se si concedessero un po' di attenzione, ma generalmente molti non hanno voglia e tempo per sapere.. Gli slogan media&televisivi del governo/Nato & Co. sono "meno impegnativi" sul breve termine... il paragone con l'obbligo vaccinale è troppo tentante per non riesumarlo. Il medio-breve, il medio e il lungo termine costituiscono il cuore dell'esperimento: un'inquietante INCOGNITA. E anche questo scritto del 2014 lo dimostra visto che gli esperimenti politici, sociali e di guerra civile di 8 anni fa sono sfociati oggi nel male assoluto, la guerra, l'invasione, sulla pelle degli inermi civili.

L'articolo seguente, pubblicato da Zory Petzova, e in origine apparso su "FORBES" (rivista bisettimanale statunitense di economia, finanza, industria, investimenti, scienza, politica ecc.), è del Prof. Vladimir Golstein, nato a Mosca ed emigrato negli Stati Uniti nel 1979, professore di studi slavi alla Brown University, con sede a Providence nello Stato del Rhode Island, una delle più prestigiose e selettive università del continente nord americano.
L'articolo, un saggio breve, è del 2014 e descrive con lucidità e lungimiranza, e già a quel tempo i pericoli, della situazione dell’Ucraina, restituendo un quadro più equilibrato delle forze che determinano la presente situazione sociale e politica.
"Il primo ostacolo verso una RIAPPACIFICAZIONE e un compromesso FRA LE DUE ENTITA' DEL PAESE è proprio l’attuale regime filo-occidentale... e già allora la situazione creata dall’Occidente in Ucraina era più che pericolosa."

"I media americani mainstream hanno adottato una visione miope della crisi ucraina, che segue il copione scritto dal Dipartimento di Stato. La maggior parte dei rapporti: o hanno ignorato la verità o l’hanno distorta in maniera da dare una visione solo parziale dei fatti. Ecco qui di seguito SETTE COSE CHE DOVRESTE SAPERE sull’Ucraina.

1.) A discapito di quanto sostengono alcuni commentatori, come Greg Sattell di "Forbes", LE DIVISIONI IN UCRAINA ESISTONO DAVVERO, e la violenza scatenata dal regime di Kiev sta ulteriormente polarizzando il paese.
Anche se le differenze tra l’Ucraina occidentale e il resto del paese, che si rivolge più alla Russia, sono ampiamente riconosciute, quello che in genere viene sottovalutato è la cultura, il linguaggio e l’ideologia politica che l’Ucraina occidentale ha imposto al resto del paese. Ufficialmente questo viene fatto per “unificare il paese”, ma il vero obiettivo è quello di REPRIMERE E UMILIARE LA POPOLAZIONE UCRAINA DI LINGUA RUSSA.
Gli estremisti nazionalisti dell’Ucraina occidentale, per i quali il rifiuto della Russia e della sua cultura è un atto di fede, intendono costringere il resto del paese ad adeguarsi alla loro visione parziale. L’Ucraina dell’Est e dell’Ovest non capiscono le rispettive preoccupazioni, così come i cubani che vivono a Miami e quelli che vivono a l’Havana non si capirebbero tra loro. Il conflitto ucraino non è tra “separatisti filo-russi” e “pro-ucraini”, ma piuttosto tra due gruppi di ucraini che non condividono la rispettiva visione di un’Ucraina indipendente.

"BIGNAMI-STORIA" (ndr)
L’UCRAINA DELL'OVEST fu annessa alla Russia solo durante l’era di Stalin. Per secoli era stata sotto il controllo culturale, religioso e/o politico dell’Impero Austro-Ungarico e della Polonia. Odiando l’occupazione sovietica, i nazionalisti dell’Ucraina dell’Ovest vedevano Stalin come un cattivo molto peggiore di Hitler, al punto che l’Organizzazione degli Ucraini Nazionalisti SI ALLINEO' CON I NAZISTI e, guidati dal loro leader estremista Stepan Bandera, si spinse fino a liberare la loro terra da altri gruppi etnici, compresi Polacchi ed Ebrei.

L’Ucraina occidentale è unita dall’ostilità nei confronti dei Russi, che vengono visti come invasori e occupanti. Durante gli ultimi venti anni, mentre l’Ucraina cercava di prendere le distanze dal proprio passato sovietico e dalla sua ideologia, essa scelse il nazionalismo dell’Ucraina occidentale come alternativa. Un passaggio necessario forse, ma che ha generato i propri miti pericolosi.
GLI ORIENTALI NON ACCETTANO che poster pro-Bandera siano spuntati in tutta l’Ucraina e che si tenti di RISCRIVERE L'INTERA STORIA, con i violenti nazionalisti che combatterono al fianco dei nazisti trattati come eroi, mentre i Russi, che soffrirono sotto Stalin non meno degli stessi Ucraini, vengono denigrati. Dopo l’esilio del Presidente Victor Yanukovich e l’annessione russa della Crimea, la retorica nazionalista ucraina è diventata esplicitamente offensiva e isterica, OSTRACIZZANDO ULTERIORMENTE IL POPOLO DELL'EST. Il crescendo di violenza continuerà a radicalizzare entrambe le parti, che invece di trovare una soluzione democraticamente accettabile si rivolgeranno a mazze da baseball e fucili AK47.

2.) La stampa occidentale non ha raccontato la verità sul MASSACRO DI CITTADINI UCRAINI a Odessa il 2 maggio 2014, quando circa 100 (dai dati ufficialmente accertati 42) persone disarmate furono bruciate vive in un edificio di Odessa. Nel raccontare la storia, la stampa occidentale fece riferimento a scontri tra hooligan del calcio pro-Ucraina e manifestanti pro-Russia, senza spiegare minimamente perché il risultato di questi scontri fu così a senso unico.
Quel che avvenne a Odessa è qualcosa di tristemente familiare per l’Est Europa: un pogrom organizzato. Quantomeno la BBC raccontò correttamente parte della storia:
“Diverse migliaia di tifosi di calcio iniziarono ad attaccare 300 pro-Russia”.
E come in tutti i pogrom, i carnefici diedero la colpa alle loro vittime indifese per averli provocati. In realtà, teppisti pro-Kiev armati con sbarre di ferro e molotov attaccarono il campo dei manifestanti, gli diedero fuoco, e li costrinsero a rifugiarsi in un edificio, che fu dato alle fiamme. Si trattò di uno spudorato atto di violenza e intimidazione.
Gli attuali leader dell’Ucraina promisero un’indagine, ma al momento l’unica risposta è stata dare la colpa alla PASSIVITA' DELLE FORZE DELL'ORDINE. La verità è che le vittime semplicemente si sono rifiutate di condividere l’agenda radicale nazionalista di Kiev. Dovremmo chiamarli civili “separatisti” o “terroristi” solo perché il loro rifiuto del nazionalismo radicale è sfociato in una protesta tipo “Occupy”? Perché non chiamarli Ucraini moderati? Il governo Ucraino, incompetente se va bene, violento e brutale nel peggiore dei casi, ignorando l’intimidazione e quindi permettendo ulteriori radicalizzazioni, sta tradendo il proprio popolo. Questa era una notizia importante, un possibile spartiacque nel dramma in atto della guerra civile ucraina, eppure la stampa occidentale si è rapidamente dimenticata della questione.

3.) Le elezioni Ucraine previste per il 25 maggio (siamo nel 2014, ndr.) non risolveranno certo i problemi economici dell’Ucraina, dato che c’è una palese assenza di candidati validi. Gli attuali rivali politici alle elezioni sono o oligarchi in stile Sovietico come Petro Poroshenko, o politici corrotti come l’ex Primo Ministro Iulia Timoshenko, oppure l’ex membro del governo Timoshenko, Arseny Iatseniuk. Per quanto corrotto si fosse dimostrato il presidente esautorato Viktor Yanukovich, egli aveva conquistato davvero il suo ruolo tramite le ultime elezioni, mentre il paese era traumatizzato dalla stessa corruzione di Timoshenko. È un’amara caratteristica della scena politica ucraina che il suo politico più indipendente e dinamico sia Oleh Tyahnibok dell’Ucraina dell’Ovest, il controverso leader del partito nazionalista di estrema destra, Svoboda.Il suo partito è stato accusato di essere coinvolto nel movimento nazi-Bandera, mentre la Russia lo ha dichiarato “fascista” e ha aperto contro di lui un procedimento penale per aver organizzato l’assalto ai civili dell’Ucraina orientale.

4.) I politici non contano veramente in Ucraina, perché l’UCRAINA E' LA TERRA DEGLI OLIGARCHI.
Bene o male, Putin ha messo fine al regno degli oligarchi in Russia. I membri del “circolo interno” di Putin saranno anche ricchissimi, ma sanno a chi devono il loro benessere. Imprigionando Mikhail Khodorkovsky, Putin ha lanciato un chiaro messaggio a tutti i potenti oligarchi che controllavano la Russia durante il periodo dell’ex presidente Boris Yeltsin: rimanete fuori dalla politica. In Ucraina niente di questo è avvenuto, e i politici sembrano lavorare in unisono, se non sotto diretto controllo degli oligarchi. Ci sono spesso tensioni tra di loro o tra loro e i politici; per esempio, l’Ucraino più ricco, Rinat Akhmetov, ha lavorato a stretto contatto con Yanukovich, mentre altri hanno preferito Timoshenko o Victor Iushenko. Gli interessi di Akhmetov sono legati alle industrie metallurgiche dell’Est ed egli ha fatto in modo che i suoi 300.000 dipendenti lo aiutassero a prendere il controllo dell’Ucraina dell’Est e respingere gli attacchi militari ai civili, attacchi che venivano incoraggiati da un altro oligarca, Igor Kolomoisky.


5.) La stampa occidentale, inclusa Forbes, ha sottostimato l’influenza dell’oligarca Igor KOLOMOISKY.
Kolomoisky ha utilizzato il concetto di “corporate raiding” alla lettera, UTILIZZANDO UNITA' PARAMILITARI a sua disposizione per tutta una serie di ACQUISIZIONI OSTILI. Senza dubbio astuto uomo d’affari, è riuscito a sottrarre diversi affari a potenti concorrenti come l’attuale presidente del Tartastan e, se dobbiamo credere a Putin, come l’oligarca russo Roman Abramovich. La recente incursione nella politica di Kolomoisky è avvenuta sulla stessa imponente scala. Nonostante abbia la residenza in Svizzera, è stato eletto governatore della regione di Dnepropetrovsk. Ha offerto una TAGLIA DI 10.000 dollari per ogni “SEPARATISTA RUSSO”, ha dotato l’esercito ucraino dei mezzi necessari e ha armato i volontari nazionalisti. Mentre l’esercito ucraino regolare è riluttante a sparare alla sua stessa popolazione,le unità di Kolomoisky hanno partecipato a VARI ATTACCHI MILITARI NELL'EST DEL PAESE, incluso l’assalto del 9 maggio a Mariupol, dove sono stati uccisi molti civili. Fonti russe lo collegano al massacro di Odessa. Membri del nuovo governatorato di Odessa, nominato dopo il massacro, sono suoi stretti collaboratori.
Anche le attività “pro-ebrei” di Kolomoisky sono MOLTO CONTROVERSE. Egli fa donazioni in denaro a vari progetti di ristrutturazione o costruzione, da Gerusalemme alla sua nativa Dnepropetrovsk, riveste la carica di presidente della comunità ebrea ucraina, e nel 2010 è diventato il presidente del Consiglio Europeo delle comunità ebree, a seguito della sua promessa di donare 14 milioni di dollari per vari progetti. Altri membri del Consiglio hanno descritto la sua nomina come un “atto ostile in stile Est Europeo”. Dopo che molti tra loro hanno dato le dimissioni per protesta, Kolomoisky ha lasciato il Consiglio, ma solo dopo aver impostato un comitato “alternativo” chiamato Unione degli Ebrei Europei. I leader ebrei fedeli a Kolomoisky sostengono che l’Ucraina ora è una società aperta e pluralista, ma alla luce della tradizione ucraina di anti-Semitismo e pogrom, c’è poco da essere ottimisti.
La stampa occidentale si lamenta dei MEDIA CONTROLLATI da Putin, ma Kolomoisky controlla almeno altrettanta informazione. Le sue proprietà includono il più grande gruppo mediatico ucraino, “1+1 Media”, l’agenzia di stampa “Unian”, così come vari siti internet, che gli permettono di tenere l’opinione pubblica in una frenesia anti-Putin. Andrew Higgins del New York Times ha pubblicato una storia dal titolo “Tra gli ebrei ucraini, la maggiore preoccupazione è Putin, non i Pogrom” che fa l’elogio di Kolomoisky per aver donato a Dnepropetrovsk il “più grande centro comunitario ebreo del mondo” insieme a un “museo dell’Olocausto ad alta tecnologia”. Higgins, tuttavia, nota che il museo “evita la delicata questione di come alcuni nazionalisti ucraini collaborarono coi nazisti… spiegando invece come gli ebrei sostennero gli sforzi dell’Ucraina di diventare una nazione indipendente”. In altre parole, questo museo hi-tech non è altro che un progetto di propaganda, che si focalizza su questioni che non riguardano l’Olocausto, e che non onora le vittime né documenta il ruolo dei collaborazionisti ucraini.

6.) La Russia è debole. Il paese sta calando come popolazione, geograficamente ed economicamente. La Russia ha un territorio chiaramente troppo vasto. Guardiamo il confine russo-cinese, dove la densità di popolazione rivela un’immagine preoccupante per la Russia: ci sono circa 100.000 cinesi per chilometro quadrato a sud del confine, contro dieci russi dall’altra parte. Solo un fanatico russofobico potrebbe immaginare che la Russia voglia espandersi. Le repubbliche baltiche, la Moldavia, la Georgia e la Polonia, continuano a dare retta ai media occidentali e alle loro storielle di espansione russa, perché la NATO, la UE e gli USA sono più che felici di “FRONTEGGIARE LA RUSSIA” e E FORNIRE AIUTI FINANZIARI.

7.) Il presidente Putin è stato accomodante nei confronti degli interessi occidentali. A discapito di quel che si legge sulla stampa occidentale, non ha protestato per l’espansione della NATO, ha abbandonato una serie di importanti basi militari russe, e HA AGITO AGGRESSIVAMENTE SOLO QUANDO ha capito che il “CORTILE ” RUSSO ERA IN PERICOLO. L’annessione della Crimea, mentre rispondeva a una forte richiesta popolare sia in Russia che in Crimea, è stata un’operazione limitata, che ha consentito a Putin di salvare la faccia dopo aver “perso” l’Ucraina. Da quel momento ha dato parecchi segnali che è pronto a capitolare. I suoi limitati obiettivi sono riconosciuti negli scritti e nelle interviste di persone come l’ex ambasciatore in Russia Jack Matlock, o dell’ex Segretario di Stato Henry Kissinger.Ma quello che occorre sottolineare è che il prossimo leader russo potrebbe NON ESSERE ALTRETTANTO ACCOMODANTE, specialmente alla luce delle CONTINUE E INUTILI PROVOCAZIONI da parte degli Stati Uniti. Dmitry Rogozin, il rappresentante NATO della Russia e importante figura politica della destra, ha già dichiarato che la prossima volta che volerà in Ucraina e Moldavia, lo farà su un aereo bombardiere, dopo che questi paesi non hanno concesso al suo aereo civile di usare il loro spazio aereo. 
Quello che ha permesso l’ascesa di Hitler è stata la continua umiliazione della Germania dopo la Prima Guerra Mondiale.
La politica di umiliazione pubblica di Putin, i discorsi di “punire” lui o la Russia per il loro cattivo comportamento, sono un insulto al leader russo e ai suoi concittadini. Al contrario della Germania nel 1939, la Russia ha un sacco di armi nucleari. Se la Russia intendesse asservire gli USA o i suoi alleati con la minaccia di un attacco nucleare, sarei più che felice di ripetere il motto del New Hampshire: “Vivere liberi o morire”. Ma vale davvero la pena di insultare e minacciare una potenza nucleare già infuriata e frustrata per il gusto di consegnare l’Ucraina a gente come Kolomoisky e la sua combriccola di oligarchi, nazionalisti e politici asserviti?
Quei politici e giornalisti occidentali che confondono la questione di difesa della libertà con i giochi di potere dell’attuale élite ucraina, dovrebbero essere consapevoli che non stanno servendo, ma tradendo, gli amati principi americani."

(19 maggio 2014 - Prof. Vladimir Golstein, professore di studi slavi alla Brown University
"Why Everything You've Read About Ukraine Is Wrong" https://is.gd/UMBBLX; https://is.gd/WcKejh; https://is.gd/LBN4CI )

https://www.facebook.com/photo/?fbid=10225307485026488&set=a.1328319740415

venerdì 26 febbraio 2021

La verità sul Recovery Fund. - Rocco Casalino

 

Dalla caduta del Presidente Conte ad oggi sono stato invitato in diverse trasmissioni TV. Alcuni giornalisti provano ad incalzarmi su ogni cosa e per certi versi è anche giusto, lo accetto. C’è soltanto una cosa che non riesco proprio ad accettare, ovvero il modo in cui si tende a minimizzare e sotterrare il merito di Giuseppe Conte  sulla questione Recovery Fund: “Si MA, tutto sommato è anche merito della Merkel” – “Si MA, alla fine, è stato un percorso deciso dalla Comunità Europea”, e così via.

Bene, a questo punto spiego telegraficamente una volta per tutte come sono andate le cose.

- Il Presidente Conte sin dalla prima videoconferenza di inizio pandemia ha segnalato alle Istituzioni Comunitarie, che proponevano pochi miliardi con il Mes, l’esigenza di una risposta economica tempestiva ed eccezionale;
- Il Presidente Conte è stato promotore di una lettera destinata al Presidente del Consiglio Europeo Michel, sottoscritta dagli Omologhi di Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo, con l’intento di sensibilizzare gli altri Stati Membri (su tutti Germania e Olanda) sulla questione;
- Per rassicurare e sensibilizzare i Paesi “perplessi”, il Presidente Conte ha deciso di metterci la faccia nelle loro TV e sulla loro carta stampata, e per questo, con parallela strategia comunicativa, ha rilasciato interviste a: El Pais (quotidiano spagnolo), 30 marzo; ARD Tagesschau (TG del primo canale della TV pubblica tedesca), il 1 aprile 2020; De Telegraaf (quotidiano olandese) il 1 aprile 2020; Die Zeit (settimanale tedesco) il 2 aprile 2020;
- La Germania, grazie all’importante opera di sensibilizzazione messa in atto dal Presidente Conte, accetta l’idea del Recovery e il 18 maggio ufficializza con la Francia una proposta da 500 miliardi;
- Il 27 Maggio, il Presidente UE Ursula Von der Leyen, propone programma da 750 miliardi;
- Restavano da convincere i cosiddetti Paesi frugali;
- Da qui il Premier Conte inizia il “tour del convincimento” e incontra: il Primo Ministro Portoghese Costa; il Presidente del governo Spagnolo Sanchez; il Primo Ministro Olandese Rutte (ve lo ricordate?) e infine, il 13 luglio, la Cancelliera Merkel;
- Nelle ore decisive della trattativa, alcuni paesi spingevano affinchè le somme fossero pari a 700 miliardi e non a 750 miliardi come indicato dalla Von Der Layen. Su questo ricordo il Presidente Conte che si avvicina al Presidente del Consiglio Europeo Michel e gli dice che “i 750 miliardi non si toccano”;
- Il 21 luglio si conclude il Consiglio Europeo straordinario che sancirà l’accordo definitivo da parte di tutti i Paesi membri dell’Unione sul Recovery Fund, con stanziamento complessivo pari a 750 miliardi e all’Italia va la quota maggiore della somma stanziata, ovvero 209 miliardi.

Questa è la STORIA che ci ha visto e ci vede ancora oggi protagonisti.
A questo punto mi chiedo, perché ad una parte del giornalismo questo non piace? Non dovremmo essere tutti orgogliosi di questa competenza tutta Italiana? Davvero pur di sminuire il lavoro di una persona siete disposti a screditare la nazione intera?

#raccontiamolaverità #giuseppecontegrazie

https://www.facebook.com/rocco.casalino/photos/a.1044676208937686/5090087267729873/

domenica 2 agosto 2020

Bologna, a 40 anni dalla strage “la luce in fondo al tunnel della verità. Dopo i mandanti ed esecutori bisognerà individuare gli ispiratori politici”. L’inchiesta sui mandanti massoni della P2 apre nuovi scenari. - Giovanna Trinchella

Bologna, a 40 anni dalla strage “la luce in fondo al tunnel della verità. Dopo i mandanti ed esecutori bisognerà individuare gli ispiratori politici”. L’inchiesta sui mandanti massoni della P2 apre nuovi scenari

Paolo Bolognesi, il presidente dell'Associazione 2 agosto, non fa nomi ma è facile verificare che dal 30 luglio 1976 e fino a un anno prima dell'eccidio il premier fosse Giulio Andreotti (al suo quinto mandato) e fino al 18 ottobre 1980 a guidare il governo fosse Francesco Cossiga. Agli atti dell'indagine che vede il defunto Licio Gelli tra coloro che pagarano i Nar perché facessero esplodere l'ordigno documenti inediti e fino a poco fa "insabbiatI" che hanno introdotto gli inquirenti verso nuovi percorsi investigativi.
“Una luce in fondo al tunnel della verità ora c’è. Sarà un processo durissimo. Noi chiediamo ancora completa verità e dopo i mandanti, non più presunti perché ci sono i conti e non lo dico io mai i giudici, bisognerà individuare gli ispiratori politici. Tutti i capi dei servizi erano appartenenti alla loggia massonica P2 e li nomina il presidente del Consiglio. La strage è stata preordinata e calibrata un anno e mezzo prima del 2 agosto 1980″. Paolo Bolognesi, il presidente dell’Associazione 2 agosto, non fa nomi ma è facile verificare che dal 30 luglio 1976 e fino a un anno prima dell’eccidio il premier fosse Giulio Andreotti (al suo quinto mandato) e fino al 18 ottobre 1980 a guidare il governo fosse Francesco Cossiga. Che da presidente emerito – come rivelato da MillenniuM – avrebbe raccontato al faccendiere Francesco Pazienza, una vita nei servizi segreti, che l’ordigno “era un transito. Una bomba esplosa per sbaglio. Io volevo dirlo ai giudici dell’ultimo processo ma non mi hanno voluto sentire…”.
La nuova inchiesta e i vecchi depistaggi – Ma Pazienza – insieme ai dirigenti del Sismi, il generale Pietro Musumeci e il colonnello Giuseppe Belmonte, e Licio Gelli – è stato però condannato per aver depistato le indagini e aveva recentemente dichiarato che la strage era responsabilità di Gheddafi. E per questo la corte ha ritenuto quindi la sua testimonianza “inutile” o “addirittura fuorviante”. I giudici hanno respinto al mittente anche la proposta di Ilich Ramirez Sanchez, meglio conosciuto come Carlos lo Sciacallo, il terrorista venezuelano detenuto in Francia. Carlos sarebbe stato testimone della difesa di Gilberto Cavalliniil quarto Nar condannato all’ergastolo in primo grado, il 9 gennaio scorso. Mentre per Giusva Fioravanti e Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, sentiti come testimoni, il verdetto di responsabilità è definitivo.
La “pista palestinese” è stata archiviata nel 2015 e per i giudici dell’Assise di Bologna non solo l’indagine, durata nove anni, ha esplorato ogni possibilità ma Carlos non è stato mai considerato credibile o attendibile, anzi valutato come reticente. La nuova indagine, quella sui mandanti, chiarisce che quella suggestione e la figura di Carlos “sono stati introdotti preventivamente alla perpetrazione della strage”, ricorda l’avvocato di parte civile, Andrea Speranzoni.
Le motivazioni dei giudici saranno depositate il 7 settembre. E sapremo perché i giudici, presieduti da Michele Leoni, per Cavallini hanno riqualificato il reato escludendo che avesse come finalità di attentare alla sicurezza dello Stato. E se è definitivamente chiusa l’era dei depistatori di professione e non. In attesa dell’individuazione degli “ispiratori politici“, a 40 anni dalla strage gli inquirenti di Bologna hanno ottenuto il fine pena mai e individuato il filo nero che dal Maestro Venerabile della P2 passa dal cuore dello Stato e finisce agli estremisti di destra. Seguendo la traccia dei soldi incassati per quella mattanza.
Cavallini, il quarto Nar che si dichiara innocente (come tutti gli altri)– “Di quello che non ho fatto non mi posso pentire. Dico anche a nome dei miei compagni di gruppo che non abbiamo da chiedere perdono a nessuno per quanto successo il 2 agosto 1980. Non siamo noi che dobbiamo abbassare gli occhi a Bologna”. Cavallini, come gli altri Nar, si è sempre dichiarato innocente. Per i magistrati che hanno condotto il processo, durato due anni, quaranta udienze e ascoltato oltre cinquanta testimoni, è lui il quarto uomo. Infanzia a Milano, padre fascista, madre che gli insegna “l’amore per il vangelo”, poi fondatore dei “Boys San” dell’Inter, picchiatore affascinato dalla Repubblica di Salò, assassino di rossi, poliziotti e giudici, come Mario Amato, reati sempre rivendicati, ma stragista “no”, Bologna “no”. Come del resto hanno sempre detto anche gli altri con Ciavardini che, sentito al processo, a un familiare ha detto di essere l’86esima vittima suscitando indignazione universale. Il nucleo storico dei Nar – senza dimenticare gli altri camerati come Walter Sordi (poi pentito) e Fabrizio Zani, anche loro di nuovo in aula chiamati a testimoniare – a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 ha insanguinato le strade. “Spontaneisti” per Fioravanti e Cavallini“carne da macello che doveva difendersi” per Mambro, “manovrati” da P2 e servizi segreti deviati per il collegio di parte civile e per i familiari delle vittime della strage, che non hanno perso una sola udienza, come fecero nei processi passati. In due anni c’è stato spazio anche per un accertamento genetico che ha visto la riesumazione della bara di una vittima, Maria Fresuscoprendo che il Dna dei resti contenuti nel feretro non era quello della giovane donna morta.
Da Licio Gelli mandante – Per anni i familiari delle vittime hanno chiesto di conoscere i mandanti dell’attentato come ora chiedono di conoscere gli “ispiratori politici”. Era uno dei tasselli mancanti nel grande mosaico storico giudiziario che gli inquirenti stanno cercando di mettere insieme per cercare una ragione alla bomba fatta esplodere nella sala d’aspetto della stazione. Quest’anno ci sono quattro nomi, anche se rimarranno sulla carta: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, Mario Tedeschi. Tutti e quattro sono morti e non potrà mai esserci un processo, né una sentenza di condanna o di assoluzione. Ma non tutti i protagonisti di questo nuovo capitolo sono usciti di scena. Ci sono Paolo Bellini, l’ex terrorista di Avanguardia Nazionale, per concorso in strage; l’ex generale dei servizi oggi 90enne Quintino Spella e l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel, per depistaggio; e l’amministratore del condominio di via Gradoli a Roma, Domenico Catracchia, per false informazioni al pm al fine di sviare le indagini. Via Gradoli, la strada romana dove le Brigate rosse avevano allestito il carcere di Aldo Moro nel 1978, era emersa anche nel processo a Cavallini grazie ad alcuni documenti prodotti dalle parti civili. Nella stessa via, infatti, anche i Nar avevano due covi, nel 1981. E gli appartamenti in uso ai terroristi di estrema destra, così come quello delle Br, erano riconducibili a società immobiliari e a personaggi legati al Sisde.
La Procura generale, che nel 2017 ha avocato a sé l’indagine innescata dalla meticolosa analisi dei documenti da parte dell’Associazione 2 agosto, è arrivata alla conclusione che dietro alla bomba alla stazione c’erano quattro menti nere: quelle di Licio Gelli, del suo braccio destro Umberto Ortolani, del potentissimo capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, e del piduista senatore del Msi, Mario Tedeschi. Gelli era stato già condannato come depistatore dell’attentato, mentre il suo braccio destro Ortolani era stato prosciolto. Accusato di essere stato al centro degli intrighi finanziari della loggia, Ortolani era sparito per sottrarsi a due mandati di cattura internazionali. Rifugiatosi a San Paolo, il Brasile si era sempre rifiutato di arrestarlo perché cittadino brasiliano. Nel 1996, nel processo sulla loggia P2, venne assolto dall’accusa di cospirazione politica contro i poteri dello Stato. Nel 1998 la Cassazione lo ha condannato in via definitiva a 12 anni per il crac del Banco Ambrosiano. Gelli e Ortolani vengono considerati mandanti-finanziatori della strage. Il potentissimo D’Amato, ex agente anglo americano, regista delle principali trame occulte italiane, è invece accusato di essere mandante-organizzatore della bomba: uomo dei mille misteri, anche D’Amato era iscritto alla P2. Faceva parte della loggia di Gelli – tessera numero 1.643 – anche Tedeschi, storico direttore de Il Borghese e senatore del Movimento sociale: per gli inquirenti ha aiutato D’Amato nella gestione mediatica degli eventi preparatori e successivi alla strage, ma anche delle attività di depistaggio.
Paolo Bellini tra gli esecutori – È Paolo Bellini l’uomo con i baffi e capelli ricci, che si aggirava alla stazione di Bologna poco prima della disintegrazione della sala d’aspetto. Ex estremista nero protagonista di una vita spericolata, per la strage di Bologna era già stato indagato e prosciolto il 28 aprile del 1992: negò la sua presenza, indicata da due testimoni, in città la mattina del 2 agosto e fornì un alibi ottenendo il proscioglimento, annullato solo qualche mese fa dalla giudice Francesca Zavaglia. Una revoca che era stata richiesta dalla Procura generale e legata a tre nuovi elementi raccolti. Tra questi c’è il fotogramma che compare in un filmato amatoriale Super 8 girato da un turista tedesco negli attimi immediatamente precedenti alla strage. A recuperarlo nell’archivio di Stato i difensori dei familiari delle vittime, gli avvocati Andrea SperanzoniGiuseppe GiampaoloNicola Brigida e Roberto Nasci, che lo hanno poi depositato alla procura generale. A differenza di quello che avviene oggi con gli smartphone, infatti, nel 1980 le riprese amatoriali erano realizzate solo da pochi appassionati in possesso di videocamere. Il turista filmò dal treno l’arrivo in stazione sul primo binario, alle 10.13, 12 minuti prima dello scoppio. E riprese anche quell’uomo che per la sua ex moglie è proprio Bellini.
Il secondo elemento che “inguaia” Bellini è rappresentato da un’intercettazione ambientale del 1996: Carlo Maria Maggi, ex capo di Ordine Nuovo, condannato per la strage di Brescia e ora deceduto, parlando con il figlio disse di essere a conoscenza della riconducibilità della strage di Bologna alla banda Fioravanti (“Sì sicuramente…sono stati loro… Eh, intanto lui ha i soldi”) e che all’evento partecipò un “aviere“, che portò la bomba. Proprio Bellini era infatti conosciuto nell’ambiente dell’estrema destra per la passione per il volo tanto che conseguì il brevetto da pilota. Per collegare mandanti ed esecutori, i magistrati e la Guardia di Finanza hanno seguito il flusso di denaro. Circa cinque milioni di dollari partiti da conti svizzeri riconducibili a Gelli e Ortolani e alla fine arrivati al gruppo dei Nar, con una consegna in contanti di un milione, il 30 luglio, e non solo. Circa 850mila dollari, per gli inquirenti, furono intascati da D’Amato che secondo l’ipotesi investigativa teneva i contatti con la destra eversiva tramite Stefano Delle Chiaie, capo di Avanguardia nazionale. E ancora un’altra fetta di quel denaro sarebbe servita invece a finanziare il depistaggio a mezzo stampa. In particolare, la Procura generale ritiene che una somma andò a Tedeschi perché portasse avanti una campagna sul suo giornale avallando l’ipotesi della “pista internazionale”.
Il flusso di denaro, i documenti “Bologna” e “artigli” – Il prezzo della strage, secondo gli accertamenti, fu pagato tra il 16 febbraio 1979 e il 30 luglio 1980, anche se il saldo economico inizia a sedimentarsi a partire dal 22 agosto 1980. La chiave di volta è stato il lavoro fatto sugli atti del crac del Banco Ambrosiano e sul documento Bologna, sequestrato nel 1982 al massone Gelli ma “fatto inabissare”. Il foglietto, il cui originale è stato scovato all’archivio di Stato di Milano nel portafogli sequestrato allo stesso Venerabile, aveva l’intestazione ‘Bologna – 525779 – X.S.’, con il numero di un conto corrente aperto alla Ubs di Ginevra dal capo della P2. Al documento Bologna c’è un riferimento in uno degli atti considerati più importanti dagli investigatori, il documento artigli. Un appunto per il ministro dell’Interno, all’epoca Amintore Fanfani, classificato come riservatissimo, datato 15 ottobre 1987 e firmato dall’allora capo della polizia Vincenzo Parisi. Il documento mai protocollato è stato scovato tra le carte del cosiddetto deposito della via Appia: un archivio segreto dell’Ufficio Affari riservati, scoperto solo nel 1996, dopo la morte di Federico Umberto D’Amato. In quel documento top secret si ricostruiva il colloquio tra il legale di Gelli, Fabio Dean, ricevuto nell’ufficio del direttore centrale della polizia di prevenzione Umberto Pierantoni. L’avvocato non è certo sibillino nel suo discorso, sostiene che la polizia “può fare molto” per “ridimensionare il tutto”. Sostiene che il capo della P2 ha già “contattato” altri politici “del Psi e della Dc” e invita “il ministro” a “prendere in mano la situazione”. “Se la vicenda viene esasperata e lo costringono necessariamente a tirare fuori gli artigli, allora quei pochi che ha, li tirerà fuori tutti”, disse Dean, parlando del suo assistito, in quel momento in carcere e di lì a poco interrogato, anche sul 2 agosto 1980. “Tra i documenti sequestrati a Gelli nel 1982 vi sono degli appunti con notizie riservate, che spetterà, poi, a Gelli avallare o meno, sulla base di come gli verranno poste le domande stesse”. Una minaccia allo Stato. Di cui ancora non si conosce origine, movente e appunto ispirazione. Ma proprio questi documenti inabissati stanno stanno introducendo gli inquirenti verso nuovi percorsi investigativi. Giovedì il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Bologna, ha chiesto di continuare nel percorso della ricerca della verità. Quella “completa” che invocano i familiari delle vittime che bollano come “depistaggio mediatico” la frase di Carlo Maria Maggi che, intercettato, dice che l’eccidio di Bologna “è stato un tentativo di confondere le acque, capisci?! Per far dimenticare Ustica”. La cui storia giudiziaria, nei soli processi civili, ha individuato però e per ora nello Stato l’unico responsabile.

domenica 14 aprile 2019

Julian Assange....la bocca della verità. - Marco Travaglio

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Julian Assange non è un giornalista in senso classico, anche se ha scritto molto e fatto tv. È principalmente un attivista e un pirata informatico, che si dichiara anarchico, cyberpunk, cultore della trasparenza assoluta e a ogni costo, cofondatore nel 2007 del sito Wikileaks, cioè del principale collettore mondiale di documenti, cablogrammi e corrispondenze top secret carpiti con ogni mezzo lecito e illecito dai database di governi, diplomazie, istituzioni pubbliche e private.
Per questo è ricercato in mezzo mondo: per fargli pagare tutti i segreti che ha spifferato. Da sette anni era barricato nell’ambasciata dell’Ecuador – di cui aveva ottenuto la cittadinanza – a Londra, dov’era approdato come rifugiato politico.
Ma poi aveva dovuto sottrarsi a una mandato di cattura dalla Svezia per reati sessuali (accuse, poi ritirate, relative a rapporti consenzienti, ma non protetti, con due sue amanti) e l’Ecuador gli aveva concesso l’asilo politico.
L’altro ieri il governo di Quito gliel’ha revocato, dando il via libera a Scotland Yard, che l’ha arrestato: non più per le accuse svedesi, ormai cadute, ma per quelle inglesi (violazione della libertà vigilata) e soprattutto americane.
Gli Usa hanno chiesto di estradarlo per la presunta cospirazione con Chelsea Manning, la militare-transgender che nel 2010 trafugò migliaia di documenti riservati dai database del governo mentre era analista dell’intelligence durante la guerra in Iraq. Ed è stata condannata a 35 anni, mentre Assange ne rischia fino a 5 per averla aiutata.
In questi 12 anni Wikileaks ha sputtanato decine di governi occidentali e non, con le parole e i documenti dei loro stessi membri.
Ha smascherato le imposture, le menzogne e le ipocrisie di centinaia di potenti, mettendo in scena le oscenità che questi ipocriti bugiardi dicevano e facevano dietro le quinte (ob scaenam).
E ha fornito ai giornalisti i materiali da raccontare, analizzare e commentare: in questo senso, più che un giornalista, era una “fonte”, o un fornitore di “fonti”. Che nessuno poteva smentire, perché erano tutti documenti ufficiali e autentici.

Se sappiamo molto, se non tutto, sulle porcherie e le menzogne organizzate per giustificare le guerre in Afghanistan e in Iraq, ma anche sui segreti del Vaticano, sui doppi e tripli giochi delle diplomazie americane ed europee, sulle menzogne di B. e dei suoi compari, giù giù fino alle doppiezze dell’Amministrazione Obama e alle email borderline di Hillary Clinton, lo dobbiamo ad Assange e alla sua ciurma di pirati. Per questo Julian era ed è più temuto di qualunque giornalista: “Carta canta e villan dorme”.
Qui però erano in molti a non dormire ai piani alti dei palazzi del potere mondiale, al pensiero di quel che avrebbe potuto pubblicare Wikileaks. E di quanti altri portali come quello potevano sorgere per emulazione se lui non avesse subìto una punizione esemplare, ben più terribile della reclusione in una stanza di pochi metri quadri di un’ambasciata, che servisse di lezione a tutti.
L’altro ieri l’ora della vendetta è arrivata, grazie alla viltà di Lenín Moreno, il presidente dell’Ecuador che si è genuflesso a Washington e gli ha ritirato lo status diplomatico, ancora bruciato dalle rivelazioni di Wikileaks sulla corruzione sua e della sua cricca.
Il fatto che Trump ora finga di non conoscere Assange (“Non so nulla di Wikileaks e dell’arresto, non mi interessa”), dopo averlo magnificato in campagna elettorale al tempo dell’Hillary-gate (“I love Wikileaks”, “Adoro leggere Wikileaks”), dimostra che è difficile etichettarlo come amico di quello o nemico di quell’altro: quelli come lui sono una minaccia per chiunque sia al potere.
E le proteste del governo russo per “la libertà e i diritti violati” fanno ridere, al pensiero di come li violenta da sempre il regime di Putin, anche se vale la logica “il peggior nemico del mio nemico è mio amico”.
Ma fanno altrettanto scompisciare i tentativi di screditare Assange come collaborazionista putiniano o addirittura come “spia russa” (Andrea Romano, il genio del Pd) solo perché le sue rivelazioni hanno indebolito gli Usa e i loro alleati: a meno che non si voglia sostenere che chiunque critichi o smascheri un governo occidentale è al soldo di Mosca.
Ma l’allergia dei politici di ogni risma e colore per Wikileaks è comprensibile: solo chi non mente mai ed è sempre coerente, cioè chi non detiene il potere, può permettersi di non temerlo.
Dunque nessuno scandalo se in tutta Europa, a parte outsider di sinistra come Mélenchon e Barbara Spinelli, e in Italia i 5Stelle, nessuna voce critica s’è levata contro lo scempio del diritto internazionale perpetrato dal governo May.
Ciò che stupisce e disgusta è il silenzio di giornalisti, editori e giuristi, del tutto impermeabili a questo attacco contro la libertà di stampa e al grido d’allarme dell’avvocato americano di Assange, Barry Pollack: “I giornalisti di tutto il mondo dovrebbero essere molto preoccupati da queste accuse penali senza precedenti, perché minano il diritto della stampa a proteggere le proprie fonti confidenziali”.
In effetti dovrebbe preoccuparsi chi ancora pensa che il giornalismo debba pubblicare tutto ciò che è vero, senza riguardi per nessuno. Ma non è questo il caso del 90 per cento del giornalismo italiota, allergico alle notizie e infatti ormai tutto contro Assange, o indifferente. Compresi i giornali che fino all’altroieri, ob torto collo, ne riprendevano gli scoop.
La minzion d’onore va a un povero acchiappafantasmi (perlopiù russi) e sparabufale (perlopiù americane e renziane) de La Stampa che, anziché difendere una persona arrestata per aver illuminato il mondo con migliaia di verità in più, stila la lista di proscrizione dei pochi reprobi che hanno osato incontrarla e ringraziarla.
Vergogniamoci per lui.

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