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martedì 27 agosto 2024

Biblioteche in Danimarca.

 

In Danimarca esistono biblioteche dove è possibile prendere in prestito una persona anziché un libro per ascoltare la storia della sua vita per 30 minuti. L'obiettivo è combattere i pregiudizi.
Ogni persona ha un titolo: "disoccupato", "rifugiato", "bipolare", ecc. - ma ascoltando il suo racconto, si comprende quanto sia sbagliato “giudicare un libro dalla copertina”.
Questo progetto innovativo e brillante è attivo in più di 50 paesi e si chiama "La Biblioteca Umana".



Interessante. Uscendo dalla nostra Italia si scoprono mondi in cui il cittadino, che è colui che, con le sue risorse, mantiene il paese va, pertanto, curato e rispettato. cetta

lunedì 27 novembre 2017

DAL MOTO ONDOSO ALL’ELETTRICITÀ: ECCO LE PIATTAFORME WAVE STAR.


Dal moto ondoso all’elettricità: ecco le piattaforme Wave Star

IN DANIMARCA LE PIATTAFORME WAVE STAR STANNO DIMOSTRANDO TUTTE LE POTENZIALITÀ DEL MOTO ONDOSO PER PRODURRE ELETTRICITÀ.

                                                                                                                                                                                                              Abbiamo già parlato altrove delle enormi potenzialità della generazione di energia elettrica rinnovabile a partire dal moto ondoso del mare, riportando alcuni dei progetti più promettenti per l’immediato futuro. Ma negli ultimi giorni la nostra attenzione è caduta su un progetto danese che promette di creare – sempre attraverso lo sfruttamento sostenibile del moto ondoso – abbastanza energia elettrica da soddisfare potenzialmente 5 volte il fabbisogno mondiale. Parliamo della piattaforma oleodinamica progettata e costruita dall’impresa danese Wave Star Energy: l’idea di fondo è quella di catturare l’energia della spinta delle onde attraverso dei galleggianti, i quali risultano collegati direttamente ad una leva libera di oscillare verso il basso e verso l’alto. Il movimento viene poi sfruttato da un cilindro oleodinamico che, proprio come farebbe una pompa, spara ad altissima pressione l’olio verso un generatore di corrente elettrica. Più forti e frequenti sono le onde, maggiore è la pressione dell’olio, e quindi di più è l’energia elettrica generata.
Come funzionano le piattaforme Wave Star.
Non è facile spiegare a parole il funzionamento delle piattaforme Wave Star: tutto si basa su degli enormi impianti posizionati ortogonalmente rispetto al movimento del modo ondoso. Essendo i galleggianti a contatto con l’acqua più di uno, il periodo di mancata oscillazione di una singola leva viene coperto dal periodo produttivo di un secondo galleggiante, così da avere una piattaforma perennemente a regime. L’idea di una simile struttura capace di sfruttare in modo intelligente e continuo il modo ondoso è stata partorita 17 anni fa da Niels e Keld Helsen: da allora l’azienda ha fatto passi da gigante, con ripetuti test che hanno dimostrato tutte le potenzialità di questo nuovo modo di produrre energia elettrica rinnovabile e sostenibile.

Fatte per resistere ad ogni tipo di moto ondoso

Per garantire alle piattaforme una lunga durata ed una continua efficienza, esse sono dotate di un peculiare sistema di protezione: nell’eventualità in cui, a causa di una tempesta, il mare dovesse risultare fin troppo mosso, i galleggianti vengono infatti issati ben al di sopra del moto ondoso. Come infatti si può leggere sul sito ufficiale di Wave Star, «l’energia dal moto ondoso avrà un ruolo cruciale nell’assicurare al mondo un adeguato rifornimento energetico, ma solo le macchine che sapranno resistere alle più forti tempeste marine potranno sopravvivere a lungo in mezzo alle onde».

L’evoluzione delle piattaforme Wave Star.

La storia di Wave Star inizia ufficialmente nel 2004, con la costruzione di un modello in scala 1:40 per ottimizzare il sistema di sfruttamento e di conversione in energia elettrica del moto ondoso. Più di 1.300 differenti test sono stati condotti su questo prototipo, per garantire il suo pieno funzionamento in un ambiente come quello del Mare del Nord. Nel 2005 è stato poi il turno di un modello in scala 1:10, installato a largo di Helligsø Teglværk, per poi arrivare alla realizzazione di un modello in scala ½ a largo di Hanstholm, nel 2009. Installato nel Mare del Nord, a 300 metri dalla riva, quest’ultimo prototipo ha una lunghezza di 40 metri, ed è fornito di due galleggianti con un diametro di 5 metri l’uno. La piattaforma in questione ha una capacità di 600 kW, ed è collegata alla normale rete elettrica fin dal febbraio del 2010, producendo in media 4.000 – 5.000 kWh al mese.

I progetti futuri.

Adesso l’impresa sta lavorando per produrre la prima serie di macchine da 1 MegaWatt, pensata per i grandi oceani, la quale dovrebbe essere messa sul mercato entro la fine del 2017. Il risultato saranno delle piattaforme lunghe 70 metri, dotate di 20 galleggianti totali. Partendo dal presupposto che ogni singola lega dovrebbe generare un minimo di 25 kW ed un massimo di 50 kW, la capacità complessiva dovrebbe essere compresa tra i 500 e i 1.000 KW. Nel frattempo, il modello in scala 1:10 è stato rimosso e completamente riciclato, avendo terminato la sua funzione di tester. Lo step successivo sarà quello di raddoppiare nuovamente la grandezza delle piattaforme, così da arrivare ad un’uscita pari a 6 MegaWatt, sufficiente dunque per provvedere l’energia elettrica necessaria all’alimentazione di circa 4.000 abitazioni.

La missione dell’impresa danese

Gli ingegneri della Wave Star puntano quindi ad un futuro energetico totalmente sostenibile, attraverso la costruzione di veri e propri parchi di produzione di energia elettrica a partire dal moto ondoso. E non è tutto qui: le stesse piattaforme, nella loro visione, potranno essere combinate ad impianti eolici offshore e ad impianti fotovoltaici. «Noi di Wave Star non vogliamo soltanto produrre elettricità» si legge sul loro sito,
«vogliamo dare energia ad un intero nuovo modo di pensare, ad una piena comprensione del nostro bisogno di soluzioni energetiche pulite ed eleganti, e soprattutto capaci di lavorare insieme per soddisfare il fabbisogno energetico del nostro Pianeta».
http://www.green.it/moto-ondoso-wave-star/#prettyPhoto/0/

lunedì 19 settembre 2016

Riscaldamento globale, la Groenlandia e quei relitti (inquinanti) della guerra fredda. - Renzo Rosso.

Riscaldamento globale, la Groenlandia e quei relitti (inquinanti) della guerra fredda

Un recente editoriale di Lauren Lipuma su Earth & Space Science News la più diffusa rivista di geofisica pone un problema di politica ambientale abbastanza complicato. Al culmine della guerra fredda, nel 1959 gli Stati Uniti costruirono in Groenlandia Camp Century, una base militare completamente racchiusa all’interno della calotta glaciale.
Lo scopo ufficiale della base era quello di testare nuove tecniche di costruzione adatte alla regione artica e di condurre ricerche scientifiche dedicate all’ambiente artico. Poi il progetto si allargò un po’ e quasi subito Camp Century si trasformò in un sito top secret dove sperimentare la fattibilità di uno schieramento missilistico per colpire meglio l’Unione Sovietica in caso di guerra nucleare.
La Groenlandia è territorio danese. Anche se gli Stati Uniti avevano l’approvazione della Danimarca per costruire Camp Century, il programma missilistico, noto come Project Iceworm, pare fosse stato tenuto segreto. Dopo alcuni anni di operatività, il Progetto Iceworm fu accantonato dal Pentagono, la base fu dismessa nel 1967 e il corpo degli ingegneri dell’esercito rimosse il reattore nucleare che alimentava il campo. Ma furono lasciate lì tutte le infrastrutture e i rifiuti prodotti nel frattempo, pensando che tutto sarebbe stato congelato e sepolto per sempre dalle nevi perenni.
Da alcuni decenni, il cambiamento climatico sta scaldando l’Artico più di ogni altra regione della Terra. Un inventario aggiornato dei rifiuti abbandonati nel sito ha stimato la presenza di 200mila litri di gasolio, quanto basta a un auto per fare 80 volte il giro del mondo. E non è il solo residuo, perché ci sono anche 240mila litri di acque di scarico, comprese le acque reflue, assieme a un volume sconosciuto di refrigerante a bassa radioattività usato dal generatore nucleare, oltre a un’imprecisata quantità di policlorobifenili (Pcb), un inquinante tossico.
Le simulazioni climatiche indicano che, già nel 2090, la calotta di ghiaccio che copre Camp Century potrebbe passare da un regime di accumulo a un regime di scioglimento nivale. La fusione del ghiaccio comporterebbe la sicura mobilitazione dei residui e dei rifiuti con un pericolo ambientale non trascurabile. In tal caso, gli inquinanti sarebbero trasportati verso l’oceano con gravi rischi per gli ecosistemi marini. Per contro, bonificare oggi il sito sarebbe un’opera molto difficile, poiché i rifiuti sono sepolti sotto decine di metri di ghiaccio; e l’operazione sarebbe non solo costosa, ma anche tecnicamente assai impegnativa se non quasi impossibile.
Chi sarà però responsabile della bonifica quando i rifiuti emergeranno? Sebbene Camp Century fosse una base statunitense, è in terra danese. La Groenlandia è sì un territorio danese, ma è ora in regime di auto-governo. Nessuno ha mai preso in considerazione le implicazioni del cambiamento climatico sui rifiuti abbandonati in siti politicamente ambigui. E forse ci sono altre situazioni simili in giro per il mondo, per fortuna non tutte in ambienti così estremi.

venerdì 9 gennaio 2015

Eolico, il 2014 fa segnare record a Danimarca e UK.

Eolico, il 2014 fa segnare record a Danimarca e UK

  • Le due nazioni hanno chiuso lo scorso anno con risultati eccellenti sul fronte della produzione eolica.
  • (Rinnovabili.it) – Nonostante i mercati emergenti abbiano rubato la scena in fatto di investimenti e nuova capacità per le energie rinnovabili, in Europa c’è ancora chi grazie alle fonti alternative compie veri e propri record. Parliamo di Regno Unito e Danimarca, due Paesi che nel 2014 sono stati benedetti dal vento. Una “benedizione” che si è tradotta con veri e propri picchi produttivi di energia green. A ottobre dello scorso anno, infatti, le pale eoliche scozzesi sono state in grado di alimentare oltre tre milioni di case grazie ad una produzione di ben 982,842 MWh; si tratta, a conti fatti, di un quantitativo di energia elettrica pari 126% della domanda della Scozia. I risultati eolici scozzesi hanno giocato una parte importante nelle performance del Regno Unito che, stando ai dati forniti dal gestore della rete, ha confermato nell’ultima settimana dello scorso anno come l’eolico sia arrivato al 15% del mix nazionale, abbastanza da soddisfare i bisogni di oltre 6,7 milioni di famiglie della Gran Bretagna.

    Sulla scia delle ottime performance britanniche c’è anche la Danimarca che proprio in questi giorni ha rivelato come il vento contribuisca finalmente al 39% del mix energetico nazionale; ovvero ben 6 punti percentuali in più rispetto al 2013.
    Secondo i media locali, il gestore della rete avrebbe confermato che la quota di energia eolica è addirittura diminuita rispetto ai picchi all’inizio del 2014, quando questa fonte copriva ben il 41,2% della fornitura energetica. Un risultato di cui si è vantato per primo il Ministro per il Clima Rasmus Helveg Petersen che dai microfoni dell’emittente DR ha annunciato come la nazione sia oramai prossima a raggiungere gli obiettivi europei del 2020. “Raggiungeremo sicuramente i nostri target. Abbiamo stabilito un record unico al mondo che dimostra che siamo in grado di raggiungere il nostro obiettivo finale, vale a dire fermare il riscaldamento globale”.
    E non sembrerebbe essere da meno neppure la Germania che, sempre grazie alle performance dell’eolico offshore ha prodotto 8,9 TWh di energia eolica nel mese di dicembre.

venerdì 25 ottobre 2013

Reddito garantito: 1.300 euro al mese in Danimarca, 460 in Francia. La mappa. - Marco Quarantelli

Londra


Mentre in Italia giacciono in Parlamento proposte di legge mai discusse, nel resto d'Europa sono in vigore forme di sostegno e sussidi non destinati solo ai disoccupati. Dal modello scandinavo all'esperimento francese, ecco come funzionano e quanto valgono. Ma il primato va all'Alaska (grazie al petrolio). In Brasile povertà dimezzata con il piano di Lula.

L’ultima ad entrare nel club è stata l’Ungheria, nel 2009. Tutti gli altri paesi dell’Europa a 28 (tranne Italia e Grecia) hanno adottato da tempo forme di reddito minimo garantito per consentire ai loro cittadini più deboli di vivere una vita dignitosa, così come l’Europa chiede fin dal 1992. Strumento pensato per alleviare la condizione di insicurezza di chi vive al di sotto della soglia di povertà, in caso di perdita del lavoro il reddito minimo scatta quando è scaduta l’indennità di disoccupazione (che in Italia è l’ultima tutela disponibile) e il disoccupato non ha ancora trovato un nuovo impiego. Ma nell’Ue ne beneficia anche chi non riesce a riemergere dallo stato di bisogno nonostante abbia un lavoro. Negli ultimi anni la tendenza generalizzata, secondo il rapporto The role of minimum income for social inclusion in the European Union 2007-2010 stilato dal Direttorato generale per le politiche interne del Parlamento Ue, è stata quella di razionalizzare i vari sistemi, cercando di legare più che in passato il sostegno a misure per rafforzare il mercato del lavoro in modo da creare occupazione e ridurre il numero dei beneficiari. Ma il reddito minimo continua ad assolvere alla sua funzione: quella di ultimo baluardo garantito dagli Stati contro l’indigenza.
DANIMARCA - Il modello scandinavo. Informato ai principi dell’universalismo, il sistema danese è tra i più avanzati del continente ed è basato su un pilastro principale: il Kontanthjælp, l’assistenza sociale. Il sussidio è tra i più ricchi: la base per un singolo over 25 è di 1.325 euro (escluso l’aiuto per l’affitto, che viene elargito a parte), che arrivano a 1.760 per chi ha figli. I beneficiari che non hanno inabilità al lavoro sono obbligati a cercare attivamente un’occupazione e ad accettare offerte appropriate al loro curriculum, pena la sospensione del diritto. A differenza della maggior parte degli altri paesi, il sussidio è tassabile. E se ci si assenta dal lavoro senza giustificati motivi, viene ridotto in base alle ore di assenza. Fino al febbraio 2012, poi, esisteva lo Starthjælp, letteralmente “l’indennità di avviamento ad una vita autonoma”, il cui contributo minimo era di 853 euro: il beneficio è stato abolito in un tentativo di riorganizzazione e razionalizzazione del sistema.
GERMANIA – Il modello centroeuropeo. In Germania lo schema di reddito minimo è basato su 3 pilastri: l’Hilfe zum Lebensunterhalt, letteralmente un “aiuto per il sostentamento“, un assegno sociale per i pensionati in condizioni di bisogno (Grundsicherung im Alter) e un sostegno ai disoccupati con ridotte capacità lavorative (Erwerbsminderung). Dal 1° gennaio 2013 il contributo di primo livello (il più alto) è di 382 euro per un singolo senza reddito. Sussidi per l’affitto e il riscaldamento vengono elargiti a parte, come le indennità integrative per i disabili, i genitori soli e le donne in gravidanza. Lo Stato pensa anche alla prole: 289 euro per ogni figlio tra i 14 e i 18 anni, 255 euro tra i 6 e i 14 anni, 224 euro da 0 a 5 anni. La durata è illimitata, con accertamenti ogni 6 mesi sui requisiti dei beneficiari, a patto che chi è abile al lavoro segua programmi di reinserimento e accetti offerte congrue alla sua formazione. Ne hanno diritto i cittadini tedeschi, gli stranieri provenienti da paesi Ue che hanno firmato il Social Security agreement e i rifugiati politici.
REGNO UNITO – Il modello anglosassone. Oltremanica il reddito minimo è garantito da un complesso sistema di sussidi basati sulla “prova dei mezzi”, la misura del reddito dei richiedenti. L’Income Support è uno schema che fornisce aiuto a chi non ha un lavoro full time (16 ore o più a settimana per il richiedente, 24 per il partner) e vive al di sotto della soglia di povertà. Il sostegno ha durata illimitata finché sussistono le condizioni per averlo e varia in base ad età, struttura della famiglia, eventuali disabilità, risorse che i beneficiari hanno a disposizione: chi ha in banca più di 16mila sterline non può accedervi e depositi superiori alle 6mila riducono l’importo del sostegno. Le cifre: i single tra i 16 e i 24 anni percepiscono 56,80 pound a settimana, gli over 24 arrivano a 71,70 (per un totale di circa 300 sterline al mese, pari a 330 euro, contro le 370 del 2007). Un aiuto dello stesso importo garantisce la Jobseeker Allowance, riservata agli iscritti nelle liste di disoccupazione: “Per riceverlo il candidato deve recarsi ogni due settimane in un Jobcenter e dimostrare che sta attivamente cercando lavoro”. Lo Stato aiuta chi ha bisogno anche a pagare l’affitto e garantisce alle famiglie assegni per il mantenimento dei figli.
FRANCIA – Esperimento di reddito modulare. A due diversi tipi di sostegno rivolti ai disoccupati, si è aggiunto nel 1988 il Revenu Minimun d’Insertion, sostituito nel giugno 2009 dal Revenu de Solidarité Active. Ne ha diritto chi risiede nel paese da più di 5 anni, ha più di 25 anni, chi è più giovane ma ha un figlio a carico o 2 anni di lavoro sul curriculum. Un singolo percepisce 460 euro mensili (in aumento dai 441 del 2007), una coppia con 2 figli 966 euro. E il sussidio, che dura 3 mesi e può essere rinnovato, aumenta con l’aumentare della prole. Perché il sostegno non si trasformi in un disincentivo al lavoro, il beneficiario deve dimostrare di cercare attivamente un’occupazione, partecipare a programmi di formazione e l’importo del beneficio è modulare: man mano che cresce il reddito da lavoro, diminuisce il sussidio, ma in questo modo il reddito disponibile aumenta.
BUONE PRATICHE
Belgio. Quello belga è un sistema rigido, ma generoso: 725 euro il contributo mensile per un singolo. Con l’inizio della crisi Bruxelles ha, inoltre, aumentato le tutele, adottando nel luglio 2008 per gli anni 2009-2011 l’Anti-Poverty Plan, un’ulteriore serie di misure per garantire il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, all’energia, ai servizi pubblici. Inoltre il Belgio è tra i paesi che, con Germania e Danimarca, consentono di rifiutare un lavoro perché non congruo al proprio livello professionale senza vedersi sospeso il sussidio (idea affine a quella proposta in Italia da M5S e Sel): un meccanismo studiato per contrastare quella fascia di lavori a bassa qualificazione che prolifera in conseguenza dell’obbligo di accettare un impiego per non perdere il sostegno.
 
Irlanda. Anche quello irlandese figura tra i sistemi più generosi: 849 euro il contributo massimo per un singolo. E grazie al Back to Work Allowance nell’isola un disoccupato che intraprende un’attività lavorativa continua ad usufruire dei sussidi per diversi mesi dopo l’avvio del lavoro. Anche se si riprendono gli studi si può richiedere un sostegno al reddito grazie al Back to study Allowance. 

Olanda.
 I Paesi Bassi, invece, oltre ad avere un sistema di manica larga con singoli (617 euro il contributo mensile massimo) e famiglie (1.234 euro, sia che si tratti di coppie sposate che di coppie di fatto, con figli e senza) hanno messo a punto il Wik, una misura specifica per gli artisti, studiata per garantire una base economica a chi si dedica alla creazione artistica.
 
RISULTATI. Secondo uno studio commissionato dalla Commissione Europea basato sui report nazionali dello Eu Network of National Independent Experts on Social Inclusion, sono rari i casi in cui il reddito minimo “riduce sensibilmente i livelli aggregati di povertà”: “i paesi che meglio riescono ad elevare le condizioni dei loro cittadini più deboli verso la soglia di povertà sono Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca”. Svolge, invece, un ruolo importante “nel ridurre l’intensità della povertà”. 
 
ESPERIMENTI NEL MONDO: IL REDDITO DI CITTADINANZA IN ALASKA E BRASILE. A differenza del reddito minimo, il reddito di cittadinanza, in inglese basic income, è una forma universalistica di sostegno del reddito garantita dallo Stato a tutti i cittadini maggiorenni a prescindere dai loro averi e dalla loro disponibilità a lavorare. Secondo la Global Basic Income Foundation, l’unico paese al mondo in cui esiste un reddito di cittadinanza è l’Alaska. Dal 1982 l’Alaska Permanent Fund, nel quale confluisce almeno il 25% dei proventi dei giacimenti di petrolio e gas dello Stato, garantisce un dividendo a tutti i cittadini residenti da almeno un anno. L’importo varia in base a proventi annui del settore minerario: nel 2011 è stato di 1.174 dollari, nel 2008 aveva toccato i 2.100. E si tratta di un sostegno individuale, quindi una famiglia composta da 5 persone riceverà 5 sussidi. Il Brasile, invece, si è dotato di un basic income, la Bolsa Familia, con la legge n. 10.835/2004 promulgata dal presidente Lula l’8 gennaio 2004. In base ai dati della Banca Mondiale, in questi anni la percentuale di persone che vivevano sotto la soglia della povertà (fissata nelle parti più ricche del mondo emergente a 4 dollari al giorno) è scesa dal 42.84%, del 2003 al 27.60% del 2011. E, secondo il Ministero per lo Sviluppo Sociale, il budget per il programma sarà portato dai 10,7 miliardi di dollari del 2012 a 12,7 nel 2013.