Visualizzazione post con etichetta Reddito Cittadinanza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Reddito Cittadinanza. Mostra tutti i post

domenica 30 luglio 2023

Pasquale Tridico: “Il governo è in guerra con i poveri, l’attacco di Fratelli d’Italia non mi fa paura”. - Francesco Olivo

 

L’ex presidente dell’Inps: «Ho evitato frodi per 11 miliardi.
E ora subito il salario minimo»

Secondo Pasquale Tridico basterebbe prendere la giornata di venerdì per dimostrare che il governo sta portando avanti «politiche di classe». Nello stesso giorno, infatti, in cui è stato comunicata a duecentomila persone la fine del reddito di cittadinanza, è arrivata la notizia della proroga della data ultima per il versamento della tassa sugli extraprofitti da parte delle società energetiche, «che hanno contribuito all’aumento dell’inflazione», e anche la cancellazione sanzioni penali alle aziende che collaborano con il Fisco.
Per l’ex presidente dell’Inps, si tratta di «messaggi sbagliati che rivelano la natura di questo governo: forte con i deboli e deboli con i forti».

In un’audizione del 18 maggio davanti alla commissione Affari sociali, sanità e lavoro, Tridico ha messo in fila le sue perplessità riguardo alla riforma di uno strumento «che ha combattuto la povertà».
La destra lo attacca e ieri il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, ha proposto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui mancati controlli al reddito di cittadinanza.
Tridico, la maggioranza le chiede di rispondere in Parlamento degli abusi del reddito di cittadinanza, è pronto?
«Non ho niente da temere».

Il fatto che il reddito venga tagliato a centinaia di migliaia di persone non dipende anche dagli errori di questi anni?
«C’è stata una narrazione volutamente fuorviante. Sotto la mia gestione ho creato una direzione antifrode che non è mai esistita prima».
I controlli sono serviti?
«È stata la misura più controllata di sempre».
Ha delle cifre?
«I controlli preventivi e successivi hanno evitato mancati esborsi del reddito a circa tre milioni di domande tra il 2019 al 2022, per un valore di 11 miliardi di euro non pagati».

Che parte degli assegni finisse a luglio era noto, cosa è stato fatto nel frattempo?
«L’Inps sta facendo il suo lavoro, informando le persone, ma non siamo pronti: da settembre le domande saranno condizionate alla partecipazione a corsi di formazione, che però non sempre sono partiti o non sono efficaci».
Il governo dice: i più deboli saranno tutelati.
«I primi a perdere il sussidio sono quelli che lavorano,
i cosiddetti lavoratori poveri, e questo è un messaggio brutto che diamo a chi si sta impegnando, ma guadagna poco.

L’unico strumento contro la diseguaglianza e di contrasto alla povertà viene abolito e queste persone resteranno senza un sostegno, in un periodo segnato da un’inflazione molto alta. La gran parte di questi duecentomila cittadini è poco scolarizzata» .
Cosa è stato fatto in questi mesi?
«L’Inps si occupa dei pagamenti, il problema sono le politiche attive. La situazione si è anche aggravata negli ultimi mesi: l’Anpal (l’agenzia per le politiche attive ndr) è commissariata in vista di un assorbimento nel ministero del Lavoro. La riforma non prende piede, sono molto stupito. Proprio ora che si punta sulle politiche attive» .

Cosa succederà dal primo gennaio?
«Altre 350 mila persone perderanno il sussidio e il nuovo “assegno di inclusione” sarà destinato solo a disabili, anziani e minori».
Cosa c’è di sbagliato?
«È illogico perché esiste già un sussidio per i disabili, per gli anziani poveri, l’assegno sociale, e per i minori, l’assegno unico. Se non basta, e io sono d’accordo, aumentiamo gli assegni. Ma il contrasto alla povertà non riguarda solo queste categorie, ma i poveri, compresi alcuni lavoratori».
A proposito di lavoro povero: il salario minimo serve?
«È necessario. La contrattazione non è più efficace come in passato. Prima della pandemia i salari hanno perso il 2,9%. Il Covid ha aggravato la situazione. E, infine, l’inflazione, negli ultimi due anni, ha ridotto il potere d’acquisto del 15%. Per i lavoratori dei servizi, i più numerosi, la contrattazione è uno strumento insufficiente».

Chi è più penalizzato dall’abolizione del reddito di cittadinanza?
«Le donne, che rappresentano il 53% dei percettori totali e sono la maggioranza di quelli che lo perderanno. Servirebbe un sistema flessibile».
Cosa vuol dire un sistema flessibile?
«Nel gennaio ’21, in pieno Covid, abbiamo avuto 4,5 milioni di percettori, perché in molti si erano impoveriti. E già a dicembre 2022, erano diventati 2,5 milioni. Questo significa che lo strumento segue l’andamento dell’economia. Se domani tornasse una situazione del genere non si potrebbe fare domanda, almeno di non appartenere a quelle tre categorie, perché quello di oggi è uno strumento rigido».

Fratelli d’Italia si è presentato in campagna elettorale proponendo l’abolizione del reddito di cittadinanza e gli elettori si sono espressi.
«Sì, ma una volta arrivati al potere, si sono resi conto che quella era una promessa propagandistica. Così, hanno introdotto qualcosa che potesse essere accettata dall’opinione pubblica: lasciare il reddito per disabili, anziani e minori. Gli altri muoiano pure di fame.

Quindi la riforma non è ispirata a un principio di razionalità, ma è un rimedio per non perdere la faccia».

Cosa succederà adesso?
«In Italia, specie al Sud, ci sono persone che, a volte lavorando, entrano in povertà. A un senzatetto di 50 anni della stazione di Porta Nuova togliamo il sussidio perché è occupabile? C’è una condanna dei poveri e non della povertà, una cosa che mi fa paura».
Come se lo spiega?
«Un Paese avanzato ha bisogno di un reddito minimo, come dividendo sociale, specie davanti a un mercato che espelle i lavoratori. La Commissione europea spinge per un reddito minimo universale. I Paesi avanzati fanno questo, noi andiamo nella direzione opposta».

La deroga al pagamento delle imposte degli extraprofitti e la cancellazione delle sanzioni penali alle aziende che collaborano con il fisco cosa indicano?
«La Bce e il Fmi dicono che questi extraprofitti contribuiscono all’inflazione, eppure arriva la moratoria. Poi si premiano gli evasori, consentendo dei condoni di fatto.

Nelle stesse ore si toglie il reddito di cittadinanza a 200 mila persone. È una politica di classe che contrasta con i principi di uguaglianza della nostra Costituzione».
È vero che lei si candiderà alle Europee con il M5S?
«Mi candido solo a fare il professore, da settembre riparte il mio corso».

lastampa.it 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=2444447482403671&set=a.397017047146735

mercoledì 19 maggio 2021

Mancano i camerieri. Ovvio: sono tutti sul sofà, fannulloni! - Silvia Truzzi

 

Chi se lo fa il sofà? I pelandroni che non hanno voglia di lavorare! Cari lettori, voi non sapete che effetti drammatici ha sull’economia quest’oggetto dei desideri dei fancazzisti di tutto il mondo. Danni incalcolabili. Sentite qua: 

“Non si trovano più camerieri e lavoratori per le attività stagionali, per questo alcune attività non riapriranno. Bene, questo è uno dei risultati paradossali dell’introduzione del Reddito di cittadinanza. Se mi dai 700 euro al mese e vado a fare qualche doppio lavoro non ho interesse ad alzami alle sei e ad andare a lavorare in una industria di trasformazione agricola”. 

Uno pensa: l’avrà detto Briatore. Invece no, è un pregevole distillato di una delle ultime dirette Facebook del presidente della Campania, Vincenzo De Luca. Come i compagni del Pd si approcciano alle questioni del lavoro non c’è nessuno.

È noto che tra i percettori del Reddito di cittadinanza quelli che arrivano a prendere 700 euro sono pochissimi, ma a parte questo è una bugia malevola dire che le misure di sostegno alla povertà siano un incentivo a non lavorare. Se ne sono accorti perfino negli Stati Uniti, che non sono esattamente la patria dello Stato sociale. Leggiamo sul Corriere che a Stockton, città di 300 mila abitanti della Central Valley agricola della California, l’ex sindaco Michael Tubbs “ha iniziato quasi due anni fa, nel 2019, a versare 500 dollari al mese a 125 famiglie indigenti”, esaminando i loro comportamenti e confrontandoli con quelli di altre famiglie in condizioni analoghe che non avevano ricevuto il sussidio. Risultato: le famiglie hanno usato il denaro in modo costruttivo (37% per acquistare cibo, l’1% per alcolici), riducendo il loro indebitamento e sfruttando meglio le occasioni di lavoro: all’inizio del programma solo il 28% dei beneficiati aveva un lavoro fisso a tempo pieno, alla fine questa quota era salita al 40% mentre il numero delle famiglie che stanno rimborsando i loro debiti è salito dal 52 al 62%. Dice l’ex sindaco: “Il principale risultato del nostro esperimento è la dimostrazione che aiutare i più poveri con distribuzioni di denaro non spinge la gente a lavorare di meno ma di più”. Questi risultati sono analoghi a quelli di esperimenti simili svolti in mezzo mondo. E mentre la pandemia ha cambiato l’atteggiamento dell’opinione pubblica e della politica perfino Oltreoceano (tanto che Biden ha varato programmi di sostegno al ceto medio impoverito dalla crisi), qui ci tocca sentire discorsi irricevibili sulla mancanza di camerieri.

Sussidi sul modello del reddito di cittadinanza sono previsti dalla Costituzione che, all’articolo 38, garantisce non solo gli inabili al lavoro ma anche i cittadini involontariamente disoccupati, infortunati e invalidi. Non è che abbiamo la mania della Costituzione, è che essendo la Costituzione medesima la legge fondamentale della Repubblica, ci pare rilevante che il reddito di cittadinanza abbia il suo fondamento nella norma principe del nostro ordinamento. E anzi: è grave che sia stata attuata con settant’anni di ritardo. Due sentenze sul principio di solidarietà che sta alla radice di questi diritti (la 409 del 1989 e la 75 del 1992) spiegano bene quel che vogliamo dire: “Il principio solidarista è posto dalla Costituzione tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito insieme ai diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo, dall’articolo 2 come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal costituente”. 

Ai tempi del dibattito sul reddito, nel 2018, Lorenza Carlassare spiegò: “L’avverbio ‘normativamente’ sta a significare che non siamo di fronte a un’esortazione generica, ma che la struttura normativa del sistema deve essere ispirata a quel principio. Principio indissolubilmente legato al valore primario su cui si fonda la Costituzione intera: la persona e la sua dignità”. 

Capito, Vincè?

IlFQ

giovedì 17 settembre 2020

Colleferro. Orologi d’oro, ville, vacanze e auto di lusso: ma i fratelli Bianchi (e il padre) percepivano il reddito di cittadinanza. - Vincenzo Bisbiglia

 


È quanto risulta dagli accertamenti fiscali e patrimoniali portati avanti dagli inquirenti, parallelamente all’inchiesta sulla morte del giovane di Paliano. I quattro ragazzi e gran parte dei componenti delle loro famiglie risultano nullatenenti, o quasi. Come loro, anche Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, gli altri due accusati dell’omicidio volontario di Willy Monteiro Duarte.

La villa di famiglia svetta in cima alla collina di Colubro, la frazione di Artena da dove partivano le scorribande dei fratelli Bianchi. Anche Marco e Gabriele, i presunti assassini di Willy Monteiro Duarte – il ragazzo pestato e ucciso la notte fra il 5 e il 6 settembre a Colleferro, in provincia di Roma – percepivano il reddito di cittadinanza. Così come il padre. E così anche come Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, gli altri due giovani, rispettivamente in carcere e ai domiciliari, accusati dell’omicidio volontario del 21enne. È quanto risulta dagli accertamenti fiscali e patrimoniali portati avanti dagli inquirenti, parallelamente all’inchiesta sulla morte del giovane di Paliano. I quattro ragazzi e gran parte dei componenti delle loro famiglie risultano nullatenenti, o quasi. Gabriele Bianchi aveva da poco aperto una frutteria a Cori con l’aiuto del suocero, il coordinatore locale di Forza Italia, Salvatore Ladaga. Alessandro Bianchi, il maggiore dei fratelli – non coinvolto nella vicenda – aveva un ristorante inaugurato da pochi giorni che non ha più riaperto. Bianchi senior faceva piccoli lavori da fabbro. Mestieri umili che non giustificano gli stili di vita: villeautomobili costosevestiti firmatiorologi d’oro e vacanze in località notoriamente esclusive.

Come si guadagnavano allora da vivere (e non solo)? “I fratelli Bianchi lavorano su commissione, chi ha un credito e non riesce a farsi restituire i soldi manda loro dal debitore. Arrivano, picchiano e tornano con i soldi”, è la tesi degli inquirenti che gli avvocati stanno cercando in tutti i modi di smentire, tirando addirittura in ballo il caso Tortora. Dal racconto di chi indaga, in particolare “i gemelli” lavorano come emissari dei pusher di zona: quando gli “acquirenti” iniziano a indebitarsi, gli spacciatori chiamano loro, i “picchiatori”, che intervengono per “suonarle” a chi si è attardato troppo. “In molti nemmeno denunciano, non gli conviene”, ripetono, quasi rassegnati.

E c’è anche un giro, fisso. Di solito la loro serata inizia a cena ad Artena, al Nai Bistrot di Alessandro Bianchi, il fratello maggiore, chef “di livello” che ha dato il via all’attività di famiglia poche settimane fa. Poi parte il tour dei paesi. Colleferro è la prima tappa, fissa. In piazza Italia, davanti alla caserma. Poi si va a Lariano, comune dei Castelli attaccato alla frazione di Colubro, dove la famiglia Bianchi vive. Quindi Giulianello, sede delle Macellerie Sociali, il cui titolare Marcello ha pubblicato sui social un racconto eloquente delle prepotenze perpetrate dai “gemelli”. Infine Cori, in provincia di Latina inoltrata.

Il caso è arrivato in Parlamento. Ce lo ha portato il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, che ha presentato un’interrogazione al Governo: “È vero che i quattro accusati percepivano il reddito di cittadinanza? Se sì, come mai le indagini patrimoniali sono state effettuate solo a seguito dell’omicidio di Colleferro, quando invece era noto a tutti lo stile di vita alquanto sopra le righe che i quattro conducevano?”. E ancora: “Che il reddito di cittadinanza sia stato nei mesi erogato a delinquenti, spacciatori, contrabbandieri ed ex terroristi era cosa già acclarata, ma il caso dei quattro arrestati per l’assassinio di Willy dimostra come questa marchetta di Stato non preveda alcun controllo”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/17/colleferro-orologi-doro-ville-vacanze-e-auto-di-lusso-ma-i-fratelli-bianchi-e-il-padre-percepivano-il-reddito-di-cittadinanza/5934482/

mercoledì 17 giugno 2020

Pure Renzi non fa una mazza. - GaetanoPedullà

MATTEO RENZI

Non può che esserci di mezzo un incantesimo, o chissà quale maledizione, per spiegare il disastro di ogni esternazione di Matteo Renzi. Prendiamo l’ultima: “il Reddito di cittadinanza educa i ragazzi a non fare una mazza”. Bene, neppure il tempo di finire questa raffinata analisi ed ecco che arrivano i nuovi numeri dell’Istat sulla povertà in Italia, relativi al periodo pre-Covid.
Per la prima volta da quattro anni, compreso quindi il periodo in cui proprio Renzi guidava il Governo, nel nostro Paese diminuiscono le persone in povertà assoluta, con una netta inversione di tendenza rispetto al passato. Nulla da festeggiare, perché ci sono ancora 4,6 milioni di cittadini che non hanno raggiunto la soglia minima di dignità economica, e la pandemia ha peggiorato la situazione, ma proprio grazie al Reddito di cittadinanza si è messa in sicurezza parte degli strati sociali più deboli, alternativamente ignorati o ingannati da una politica che prima dei 5 Stelle ha fatto sempre pochissimo per arginare le disuguaglianze.
Tant’è vero che persino adesso, pur facendo parte della stessa maggioranza che ha finanziato il Reddito di cittadinanza per quest’anno, Renzi pensa a tale strumento come a una paghetta per i giovani svogliati, e non come a un sostegno concreto a chi è ai margini, affinchè abbia una chanche per mettersi in gioco. Senza dimenticare le centinaia di migliaia di meno giovani che senza questo contributo morirebbero di fame o andrebbero ad allungare la fila dei suicidi. Mentre certi politici per aiutarli non fanno davvero una mazza.

martedì 12 marzo 2019

Chi prende il reddito di cittadinanza è un parassita, dice la Cei. Così la Chiesa tocca il fondo. - Angelo Cannatà

Chi prende il reddito di cittadinanza è un parassita, dice la Cei. Così la Chiesa tocca il fondo

A tutto c’è un limite e si fatica a capire davvero dove stia andando Santa Romana Chiesa: si è toccato il fondo.
Sapevamo della corruzione nei sacri palazzi, fa parte della storia della Chiesa e non ci si scandalizza quasi più.
Sapevamo che in essa albergano preti pedofili, è cronaca quotidiana e tocca le diocesi d’Italia e di tutto il mondo.
Sapevamo che la Chiesa ha conosciuto guerre di religione, vendita d’indulgenze e papi atei (Savonarola definiva Alessandro VI: “Papa simoniaco e sacrilego”).
Sapevamo che la Chiesa ha stretto patti coi regimi totalitari.
Sapevamo che lo Ior (Istituto per le Opere di Religione), con Marcinkus e non solo, trafficò col Banco Ambrosiano e Michele Sindona (membro della P2 in stretto contatto con la mafia).
Sapevamo d’affari recenti e per niente trasparenti – Vatileaks, ma non solo – e di congiure di Palazzo all’interno del Vaticano.
Sapevamo di pressioni e ricatti politici della Chiesa (i fedeli votano), e della “sacra” ingerenza sull’Italia per non pagare l’Ici.
Sapevamo dello scandalo maleodorante legato alla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Sapevamo di un criminale sepolto (quanto durerà ancora questo scandalo?) dentro una storica chiesa romana.
Sapevamo della “confusione che regna nel cuore della Chiesa”, tesa a gestire – dimentica del Vangelo – beneficenze, potere e affari.
Sapevamo della sete di denaro in Vaticano (dalla lettera di un teologo a Benedetto XVI: “Perché il denaro gioca un ruolo centrale? Dov’è la forza per combattere nella curia la tentazione del potere? Dov’è l’umiltà e la libertà donata dallo spirito?”).
Sapevamo questo e molto altro.
Ma ora sappiamo anche che Santa Romana Chiesa non sta più (nemmeno formalmente) dalla parte degli ultimi perché definisce "parassiti" i poveri che attendono un reddito di cittadinanza. Attenzione: non un parroco schizzato di campagna, ma la Cei parla di “cittadinanza parassitaria”. Non c’è nulla di peggio di questo insulto al Vangelo: i poveri equiparati a parassiti (che ne è di “chiedete e vi sarà dato”?). Anche il valore della Caritas perde senso di fronte alle parole della Cei. Siamo all’indicibile. Peggio dell’ateismo di Alessandro VI, peggio degli intrallazzi di Marcinkus: qui si tocca davvero il fondo, si tradisce il cuore del Vangelo, “gli ultimi saranno i primi”, “ama il prossimo tuo come te stesso”. Se può, se glielo consentono, se non lo mettono a tacere, intervenga Papa Francesco a correggere e mettere fine a quest’obbrobrio.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/11/chi-prende-il-reddito-di-cittadinanza-e-un-parassita-dice-la-cei-cosi-la-chiesa-tocca-il-fondo/5024376/

La Chiesa cattolica, che pretende di essere l'unica ancora di salvezza per i poveri, ma solo a parole, con il reddito di cittadinanza si sente defraudata del merito ed attacca chi, per gli indigenti, qualcosa di concreto la fa davvero. 
Invece di blaterare, quelli della CEI potrebbero rivolgere le loro attenzioni a tutti gli indigenti del mondo, compresi i bambini che "usano" invece di "nutrire"...
by cetta.

sabato 10 marzo 2018

Bufala sul reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza, i Caf ribadiscono: "È vero, picco di richieste dopo la vittoria M5s"

Reddito di cittadinanza, i Caf ribadiscono: "E' vero, picco di richieste dopo la vittoria del m5s.

(Qui l'articolo di R.it)
http://bari.repubblica.it/cronaca/2018/03/09/news/reddito_di_cittadinanza_richiesta_moduli_parlano_i_caf-190871961/ 


Questa è bella!
La conferma i Caf la danno solo a R.it mentre la smentiscono ai tg?
La bufala, smentita con dovizia di particolari anche su skytg24, mette in evidenza un problema ben più grave del fatto in se stesso: hanno tacciato noi meridionali di essere ignoranti e scansafatiche!
Dovremmo querelarli per averci diffamati!
La bufala è stata messa in atto da chi non accetta la cocente sconfitta dovuta alla pessima amministrazione della cosa pubblica ed alla corruzione dilagante della politica.
Noi meridionali non siamo stupidi e ignoranti, come vorrebbe far credere una parte della politica che ci ha abbandonato.
Noi vogliamo solo avere, perchè è un nostro diritto sancito dalla Costituzione, lavoro e dignità.
Ciò che hanno diramato con la notizia in questione, è oltremodo offensivo nei confronti di noi meridionali tacciati d'essere ignoranti e scansafatiche, ed è per questo che abbiamo dato la nostra fiducia a chi ci da fiducia piuttosto che a chi ci denigra.
C.

venerdì 9 marzo 2018

Meridionali in coda per il reddito di cittadinanza: come il Pd inventa una fake-news. - Francesca Fornario

Meridionali in coda per il reddito di cittadinanza: come il Pd inventa una fake-news

Oh, avete sentito la notizia di quegli scansafatiche dei meridionali in coda ai Caf per chiedere il reddito di cittadinanza promesso dai grillini, rilanciata da tutti i tg???
È falsa. Una bufala totale, lanciata dalla Gazzetta del Mezzogiornoe ripresa da Repubblica e da tutte le tv e sapientemente smontata dal Fatto. Una panzana di quelle che Matteo Renzi, all’inizio della sua campagna elettorale, prometteva solennemente di combattere: “Ho creato un milione di posti di lavoro e ogni quindici giorni farò un report contro le fake news (Il prossimo tra 14 giorni, ndr)”.
La falsa notizia è stata messa in giro da un esponente del Pd e da un sindacalista che faceva propaganda per il Sì al referendum di Renzi.
“Da lunedì ci sono lunghe code al Caf: decine e decine di meridionali che chiedono i moduli da riempire per poter ottenere il reddito di cittadinanza promesso dai 5 Stelle!”, hanno raccontato i vertici di Porta Futuro, centro di orientamento al lavoro di Bari, il cui responsabile è Franco Lacarra, delegato welfare del Pd barese e dirigente del comune governato dal sindaco (renziano) Antonio Decaro. Il sindaco di Giovinazzo, Tommaso Depalma, che in campagna elettorale ha sostenuto il Pd, conferma e rilancia: “Già da lunedì dietro la porta dell’assessore ai Servizi Sociali di Giovinazzo c’erano persone in fila per chiedere spiegazioni sul Reddito di Cittadinanza promesso dal M5s in caso di vittoria! Abbiamo dovuto dirgli che era solo una promessa…”.

Qualcosa, però, non torna: non si trovano testimonianze né foto delle persone in code, né a Bari, né a Giovinazzo, ne in altri comuni del sud. La notizia però monta: le tv dedicano lunghi servizi e dibattiti ai meridionali che pretendono i soldi senza lavorare e che per questa loro atavica inclinazione al parassitismo hanno votato in massa 5 Stelle.
Il testimone intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, però, ritratta. Non si trova uno disposto a raccontare che sì, lui era lì in coda, con decine di altri, perché aveva creduto alla promessa dei 5 Stelle. Non uno che li abbia visti. Si scopre anzi che il responsabile del centro per l’impiego che ha diffuso la notizia, Franco Lacarra, è fratello di Marco, segretario Pd appena eletto parlamentare in quota Renzi. Il quale Marco Lacarra, a fine febbraio, è stato accusato dai 5 Stelle pugliesi di aver affidato illegittimamente un incarico regionale da 19mila euro a un suo parente. Chi? Il fratello Franco.

Gli attivisti locali del Movimento 5 Stelle corrono comunque a verificare: “Abbiamo controllato e dopo aver girato alcuni Caf senza scorgere neanche lontani tentativi di assalti, abbiamo deciso di recarci direttamente a Porta futuro”, racconta Sebastiano Tagliaferro: “All’ingresso alcuni addetti ci hanno spiegato che in realtà loro non avevano visto quasi nessuno, che la notizia sentita in tv li ha lasciati di stucco “. Cercano direttore Franco Lacarra, costretto anche lui a ridimensionare di molto la portata dell’assalto agli sportelli: non centinaia di persone che nessuno ha mai visto ma… “alcune”. Niente code, niente ressa. Gli attivisti gli chiedono di pubblicare una smentita che esce come post sulla pagina Facebook del centro per l’impiego. Anche il sindaco di Giovinazzo modifica la sua versione dei fatti, al telefono con l’Adnkronos, dopo aver riferito delle lunghe file: “Sono venute 4 o 5 persone, tutto qui, ma è normale, vengono sempre…”.
Una bufala anche l’unico altro caso specifico al quale le tv hanno fatto riferimento per poi generalizzare e far la morale ai meridionali pigri e stolti che abboccano alle promesse di Di Maio.

Palermo, Toto Barone, delegato cittadino della Lnd–Figc, affigge un manifesto all’ingresso del suo patronato: “Qui non si fanno pratiche per il reddito di cittadinanza”. Poi si lamenta al telefono con le agenzie di stampa: “Ecco cosa siamo costretti a scrivere oggi grazie ai Cinque Stelle!”. Anche a Palermo, però, nessuno ha visto né fotografato le code. Sul sito personale di Barone colpisce un particolare: il logo per il Sì al referendum costituzionale di dicembre 2016.
Il Fatto chiede chiarimenti alla consulta nazionale dei Caf, che smentisce categoricamente ogni tipo di ricostruzione: “Si sarà trattato di casi isolati, comunque numeri irrilevanti. Non è stata segnalata nessuna coda ai nostri sportelli”.
I tg e talk show che hanno dato la notizia falsa non danno però la smentita che poi è la notizia vera, perché non ci farebbero una gran figura ad ammettere di non aver verificato i fatti, e di aver mandato in onda generiche immagini d’archivio di code al Caf come se quelle fossero le file per il reddito di cittadinanza.

Non mi ha sorpreso che fosse una fake news. In questi mesi ho incrociato centinaia di elettori 5 Stelle. Quando domandavo: “Perché voti 5 Stelle?” nessuno mi ha ma citato il reddito di cittadinanza, mai. Né fuori dalle fabbriche né tra i giovani né tra gli ex elettori di sinistra. Ti spiegano che votano perché i 5 Stelle sono gli unici che possono fare argine alla destra/Renzi/le larghe intese e cercano di convincerti a fare altrettanto: “Proviamo, sono comunque meglio loro di Renzi/Berlusconi/D’Alema/Salvini”.
A naso, do anche una diversa interpretazione della notizia del reddito di cittadinanza diventato trend topic su Google la notte delle elezioni. Non credo siano gli lettori ansiosi di cercare il reddito su Google alle 4 di mattina, quando bastano pochi click per diventare trend sui motori di ricerca. Sospetto che a digitare fossero gli unici svegli la notte delle elezioni: giornalisti e candidati.

A quale scopo, però, il Pd ha rilanciato una simile fake news? Per irridere i meridionali? Per fare apparire irresponsabile Di Maio al confronto del moooolto più responsabile Silvio Berlusconi, nella speranza di convincere i pochi elettori rimasti che è meglio fare il governo con Berlusconi, cosa che del resto il Pd ha già fatto in passato?
Basandosi su questa fake news, in tutti i dibattiti tv, commentatori e esponenti Pd hanno rafforzato nella mente dei pochi elettori residui il pregiudizio che i meridionali siano parassiti e scansafatiche e l’idea che non sia etico che lo Stato paghi chi sta a casa senza lavorare (dimostrando di ignorare la proposta 5 Stelle). Eppure, gli esponenti Pd sanno – mi auguro –  tre cose: la prima è che l’Italia è il solo paese europeo oltre alla Grecia a non avere una forma di reddito minimo garantito ed è per questo tra i paesi dove la povertà è aumentata vertiginosamente: triplicata in 10 anni, invece che diminuita. La seconda è che l’Europa, un reddito universale per tutti, ce lo chiede dal 1992 ma il Pd e Forza Italia hanno preferito dar retta all’Europa solo quando chiedeva di aumentare l’età pensionabile, precarizzare il lavoro, salvare le banche invece dei poveri. La terza è che pagare chi non lavora, cosa che per gli esponenti Pd sarebbe oltremodo diseducativa, è quello che lo Stato italiano già fa da sempre: lo fa attraverso i sussidi di disoccupazione riformulati da Monti e Fornero e poi da Renzi con la Naspi, lo fa attraverso il reddito di inclusione (poche centinaia di euro che escludono dal sussidio due terzi dei cinque milioni di poveri assoluti e tutti i nove milioni di poveri relativi), lo fa attraverso la cassa integrazione straordinaria, un ammortizzatore sociale concesso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed erogato dall’Inps ai lavoratori che vengono “sospesi” dalle aziende in crisi e che dunque non lavorano. Il problema è che questi ammortizzatori sociali escludono intere categorie di lavoratori(autonomi, false partite Iva, a buoni-lavoro…), che quando perdono il lavoro precipitano in povertà.

Dubito invece che molti esponenti Pd, così come molti loro elettori e molti giornalisti, conoscano davvero il tema del reddito. Dubito che abbiamo approfondito la differenza sostanziale che esiste tra la proposta di legge a favore del reddito minimo garantito depositata negli anni passati da Sel e il “reddito di dignità” promosso dalla Rete dei numeri pari di Don Ciotti per uscire dalla povertà e condiviso da Potere al popolo e il reddito di autodeterminazione delle donne elaborato dal Non Una di Meno e la proposta dei 5 Stelle di un reddito che non è universalistico, non è per tutti, ma è legato all’obbligo di cercare e accettare qualunque lavoro e intanto lavorare gratuitamente per lo Stato (lavoro gratuito legalizzato: di nuovo!Come per gli stagisti della pubblica amministrazione, come per gli studenti in alternanza, come per i richiedenti asilo… poi lamentiamoci che non c’è lavoro, eh).
Gli esponenti Pd che hanno alimentato con una notizia falsa l’idea che il Sud sia popolato da poveri ignoranti e parassiti meriterebbe che i molti poveri del Sud smettessero di votare per il Partito Democratico… un momento: già fatto.

venerdì 25 ottobre 2013

Reddito garantito: 1.300 euro al mese in Danimarca, 460 in Francia. La mappa. - Marco Quarantelli

Londra


Mentre in Italia giacciono in Parlamento proposte di legge mai discusse, nel resto d'Europa sono in vigore forme di sostegno e sussidi non destinati solo ai disoccupati. Dal modello scandinavo all'esperimento francese, ecco come funzionano e quanto valgono. Ma il primato va all'Alaska (grazie al petrolio). In Brasile povertà dimezzata con il piano di Lula.

L’ultima ad entrare nel club è stata l’Ungheria, nel 2009. Tutti gli altri paesi dell’Europa a 28 (tranne Italia e Grecia) hanno adottato da tempo forme di reddito minimo garantito per consentire ai loro cittadini più deboli di vivere una vita dignitosa, così come l’Europa chiede fin dal 1992. Strumento pensato per alleviare la condizione di insicurezza di chi vive al di sotto della soglia di povertà, in caso di perdita del lavoro il reddito minimo scatta quando è scaduta l’indennità di disoccupazione (che in Italia è l’ultima tutela disponibile) e il disoccupato non ha ancora trovato un nuovo impiego. Ma nell’Ue ne beneficia anche chi non riesce a riemergere dallo stato di bisogno nonostante abbia un lavoro. Negli ultimi anni la tendenza generalizzata, secondo il rapporto The role of minimum income for social inclusion in the European Union 2007-2010 stilato dal Direttorato generale per le politiche interne del Parlamento Ue, è stata quella di razionalizzare i vari sistemi, cercando di legare più che in passato il sostegno a misure per rafforzare il mercato del lavoro in modo da creare occupazione e ridurre il numero dei beneficiari. Ma il reddito minimo continua ad assolvere alla sua funzione: quella di ultimo baluardo garantito dagli Stati contro l’indigenza.
DANIMARCA - Il modello scandinavo. Informato ai principi dell’universalismo, il sistema danese è tra i più avanzati del continente ed è basato su un pilastro principale: il Kontanthjælp, l’assistenza sociale. Il sussidio è tra i più ricchi: la base per un singolo over 25 è di 1.325 euro (escluso l’aiuto per l’affitto, che viene elargito a parte), che arrivano a 1.760 per chi ha figli. I beneficiari che non hanno inabilità al lavoro sono obbligati a cercare attivamente un’occupazione e ad accettare offerte appropriate al loro curriculum, pena la sospensione del diritto. A differenza della maggior parte degli altri paesi, il sussidio è tassabile. E se ci si assenta dal lavoro senza giustificati motivi, viene ridotto in base alle ore di assenza. Fino al febbraio 2012, poi, esisteva lo Starthjælp, letteralmente “l’indennità di avviamento ad una vita autonoma”, il cui contributo minimo era di 853 euro: il beneficio è stato abolito in un tentativo di riorganizzazione e razionalizzazione del sistema.
GERMANIA – Il modello centroeuropeo. In Germania lo schema di reddito minimo è basato su 3 pilastri: l’Hilfe zum Lebensunterhalt, letteralmente un “aiuto per il sostentamento“, un assegno sociale per i pensionati in condizioni di bisogno (Grundsicherung im Alter) e un sostegno ai disoccupati con ridotte capacità lavorative (Erwerbsminderung). Dal 1° gennaio 2013 il contributo di primo livello (il più alto) è di 382 euro per un singolo senza reddito. Sussidi per l’affitto e il riscaldamento vengono elargiti a parte, come le indennità integrative per i disabili, i genitori soli e le donne in gravidanza. Lo Stato pensa anche alla prole: 289 euro per ogni figlio tra i 14 e i 18 anni, 255 euro tra i 6 e i 14 anni, 224 euro da 0 a 5 anni. La durata è illimitata, con accertamenti ogni 6 mesi sui requisiti dei beneficiari, a patto che chi è abile al lavoro segua programmi di reinserimento e accetti offerte congrue alla sua formazione. Ne hanno diritto i cittadini tedeschi, gli stranieri provenienti da paesi Ue che hanno firmato il Social Security agreement e i rifugiati politici.
REGNO UNITO – Il modello anglosassone. Oltremanica il reddito minimo è garantito da un complesso sistema di sussidi basati sulla “prova dei mezzi”, la misura del reddito dei richiedenti. L’Income Support è uno schema che fornisce aiuto a chi non ha un lavoro full time (16 ore o più a settimana per il richiedente, 24 per il partner) e vive al di sotto della soglia di povertà. Il sostegno ha durata illimitata finché sussistono le condizioni per averlo e varia in base ad età, struttura della famiglia, eventuali disabilità, risorse che i beneficiari hanno a disposizione: chi ha in banca più di 16mila sterline non può accedervi e depositi superiori alle 6mila riducono l’importo del sostegno. Le cifre: i single tra i 16 e i 24 anni percepiscono 56,80 pound a settimana, gli over 24 arrivano a 71,70 (per un totale di circa 300 sterline al mese, pari a 330 euro, contro le 370 del 2007). Un aiuto dello stesso importo garantisce la Jobseeker Allowance, riservata agli iscritti nelle liste di disoccupazione: “Per riceverlo il candidato deve recarsi ogni due settimane in un Jobcenter e dimostrare che sta attivamente cercando lavoro”. Lo Stato aiuta chi ha bisogno anche a pagare l’affitto e garantisce alle famiglie assegni per il mantenimento dei figli.
FRANCIA – Esperimento di reddito modulare. A due diversi tipi di sostegno rivolti ai disoccupati, si è aggiunto nel 1988 il Revenu Minimun d’Insertion, sostituito nel giugno 2009 dal Revenu de Solidarité Active. Ne ha diritto chi risiede nel paese da più di 5 anni, ha più di 25 anni, chi è più giovane ma ha un figlio a carico o 2 anni di lavoro sul curriculum. Un singolo percepisce 460 euro mensili (in aumento dai 441 del 2007), una coppia con 2 figli 966 euro. E il sussidio, che dura 3 mesi e può essere rinnovato, aumenta con l’aumentare della prole. Perché il sostegno non si trasformi in un disincentivo al lavoro, il beneficiario deve dimostrare di cercare attivamente un’occupazione, partecipare a programmi di formazione e l’importo del beneficio è modulare: man mano che cresce il reddito da lavoro, diminuisce il sussidio, ma in questo modo il reddito disponibile aumenta.
BUONE PRATICHE
Belgio. Quello belga è un sistema rigido, ma generoso: 725 euro il contributo mensile per un singolo. Con l’inizio della crisi Bruxelles ha, inoltre, aumentato le tutele, adottando nel luglio 2008 per gli anni 2009-2011 l’Anti-Poverty Plan, un’ulteriore serie di misure per garantire il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, all’energia, ai servizi pubblici. Inoltre il Belgio è tra i paesi che, con Germania e Danimarca, consentono di rifiutare un lavoro perché non congruo al proprio livello professionale senza vedersi sospeso il sussidio (idea affine a quella proposta in Italia da M5S e Sel): un meccanismo studiato per contrastare quella fascia di lavori a bassa qualificazione che prolifera in conseguenza dell’obbligo di accettare un impiego per non perdere il sostegno.
 
Irlanda. Anche quello irlandese figura tra i sistemi più generosi: 849 euro il contributo massimo per un singolo. E grazie al Back to Work Allowance nell’isola un disoccupato che intraprende un’attività lavorativa continua ad usufruire dei sussidi per diversi mesi dopo l’avvio del lavoro. Anche se si riprendono gli studi si può richiedere un sostegno al reddito grazie al Back to study Allowance. 

Olanda.
 I Paesi Bassi, invece, oltre ad avere un sistema di manica larga con singoli (617 euro il contributo mensile massimo) e famiglie (1.234 euro, sia che si tratti di coppie sposate che di coppie di fatto, con figli e senza) hanno messo a punto il Wik, una misura specifica per gli artisti, studiata per garantire una base economica a chi si dedica alla creazione artistica.
 
RISULTATI. Secondo uno studio commissionato dalla Commissione Europea basato sui report nazionali dello Eu Network of National Independent Experts on Social Inclusion, sono rari i casi in cui il reddito minimo “riduce sensibilmente i livelli aggregati di povertà”: “i paesi che meglio riescono ad elevare le condizioni dei loro cittadini più deboli verso la soglia di povertà sono Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca”. Svolge, invece, un ruolo importante “nel ridurre l’intensità della povertà”. 
 
ESPERIMENTI NEL MONDO: IL REDDITO DI CITTADINANZA IN ALASKA E BRASILE. A differenza del reddito minimo, il reddito di cittadinanza, in inglese basic income, è una forma universalistica di sostegno del reddito garantita dallo Stato a tutti i cittadini maggiorenni a prescindere dai loro averi e dalla loro disponibilità a lavorare. Secondo la Global Basic Income Foundation, l’unico paese al mondo in cui esiste un reddito di cittadinanza è l’Alaska. Dal 1982 l’Alaska Permanent Fund, nel quale confluisce almeno il 25% dei proventi dei giacimenti di petrolio e gas dello Stato, garantisce un dividendo a tutti i cittadini residenti da almeno un anno. L’importo varia in base a proventi annui del settore minerario: nel 2011 è stato di 1.174 dollari, nel 2008 aveva toccato i 2.100. E si tratta di un sostegno individuale, quindi una famiglia composta da 5 persone riceverà 5 sussidi. Il Brasile, invece, si è dotato di un basic income, la Bolsa Familia, con la legge n. 10.835/2004 promulgata dal presidente Lula l’8 gennaio 2004. In base ai dati della Banca Mondiale, in questi anni la percentuale di persone che vivevano sotto la soglia della povertà (fissata nelle parti più ricche del mondo emergente a 4 dollari al giorno) è scesa dal 42.84%, del 2003 al 27.60% del 2011. E, secondo il Ministero per lo Sviluppo Sociale, il budget per il programma sarà portato dai 10,7 miliardi di dollari del 2012 a 12,7 nel 2013.