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mercoledì 19 maggio 2021

Mancano i camerieri. Ovvio: sono tutti sul sofà, fannulloni! - Silvia Truzzi

 

Chi se lo fa il sofà? I pelandroni che non hanno voglia di lavorare! Cari lettori, voi non sapete che effetti drammatici ha sull’economia quest’oggetto dei desideri dei fancazzisti di tutto il mondo. Danni incalcolabili. Sentite qua: 

“Non si trovano più camerieri e lavoratori per le attività stagionali, per questo alcune attività non riapriranno. Bene, questo è uno dei risultati paradossali dell’introduzione del Reddito di cittadinanza. Se mi dai 700 euro al mese e vado a fare qualche doppio lavoro non ho interesse ad alzami alle sei e ad andare a lavorare in una industria di trasformazione agricola”. 

Uno pensa: l’avrà detto Briatore. Invece no, è un pregevole distillato di una delle ultime dirette Facebook del presidente della Campania, Vincenzo De Luca. Come i compagni del Pd si approcciano alle questioni del lavoro non c’è nessuno.

È noto che tra i percettori del Reddito di cittadinanza quelli che arrivano a prendere 700 euro sono pochissimi, ma a parte questo è una bugia malevola dire che le misure di sostegno alla povertà siano un incentivo a non lavorare. Se ne sono accorti perfino negli Stati Uniti, che non sono esattamente la patria dello Stato sociale. Leggiamo sul Corriere che a Stockton, città di 300 mila abitanti della Central Valley agricola della California, l’ex sindaco Michael Tubbs “ha iniziato quasi due anni fa, nel 2019, a versare 500 dollari al mese a 125 famiglie indigenti”, esaminando i loro comportamenti e confrontandoli con quelli di altre famiglie in condizioni analoghe che non avevano ricevuto il sussidio. Risultato: le famiglie hanno usato il denaro in modo costruttivo (37% per acquistare cibo, l’1% per alcolici), riducendo il loro indebitamento e sfruttando meglio le occasioni di lavoro: all’inizio del programma solo il 28% dei beneficiati aveva un lavoro fisso a tempo pieno, alla fine questa quota era salita al 40% mentre il numero delle famiglie che stanno rimborsando i loro debiti è salito dal 52 al 62%. Dice l’ex sindaco: “Il principale risultato del nostro esperimento è la dimostrazione che aiutare i più poveri con distribuzioni di denaro non spinge la gente a lavorare di meno ma di più”. Questi risultati sono analoghi a quelli di esperimenti simili svolti in mezzo mondo. E mentre la pandemia ha cambiato l’atteggiamento dell’opinione pubblica e della politica perfino Oltreoceano (tanto che Biden ha varato programmi di sostegno al ceto medio impoverito dalla crisi), qui ci tocca sentire discorsi irricevibili sulla mancanza di camerieri.

Sussidi sul modello del reddito di cittadinanza sono previsti dalla Costituzione che, all’articolo 38, garantisce non solo gli inabili al lavoro ma anche i cittadini involontariamente disoccupati, infortunati e invalidi. Non è che abbiamo la mania della Costituzione, è che essendo la Costituzione medesima la legge fondamentale della Repubblica, ci pare rilevante che il reddito di cittadinanza abbia il suo fondamento nella norma principe del nostro ordinamento. E anzi: è grave che sia stata attuata con settant’anni di ritardo. Due sentenze sul principio di solidarietà che sta alla radice di questi diritti (la 409 del 1989 e la 75 del 1992) spiegano bene quel che vogliamo dire: “Il principio solidarista è posto dalla Costituzione tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito insieme ai diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo, dall’articolo 2 come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal costituente”. 

Ai tempi del dibattito sul reddito, nel 2018, Lorenza Carlassare spiegò: “L’avverbio ‘normativamente’ sta a significare che non siamo di fronte a un’esortazione generica, ma che la struttura normativa del sistema deve essere ispirata a quel principio. Principio indissolubilmente legato al valore primario su cui si fonda la Costituzione intera: la persona e la sua dignità”. 

Capito, Vincè?

IlFQ

domenica 29 novembre 2020

Audio rubato in corsia: “De Luca spaccia letti che però non esistono”. - Vincenzo Iurillo

 

L’infettivologo registrato: “Il governatore ha costruito una ragnatela che non avete proprio idea: la sua struttura. E non si canta fuori dal coro”.

La repressione cinese del dissenso nella sanità campana di Vincenzo De Luca. Le bugie sui dati della sanità, dei posti letto e dell’epidemia da Covid. Il clima di angosce e tensioni che si vive nella trincea degli ospedali campani sotto la pressione del virus. Parla un medico e le sue parole fanno paura: “Intanto io in ospedale continuo a perdere la gente pure giovane. Oggi è morto un ragazzo di 47 anni e quindi non è più un fatto di anziani o roba del genere, se non si capisce questo non si può fare niente… se (alle persone, ndr) gli danno i dati veri la gente viene presa dal panico… oppure ci sta qualche imbecille che inizia a fare il negazionista e tutto il resto…”. E poi, riferendosi ai dirigenti sanitari messi in sella dal governatore De Luca e ai bollettini quotidiani sulla situazione dei ricoveri, “stanno spacciando posti letto che non esistono e che stanno tentando di recuperare, ma sono talmente incapaci che non ci riusciranno perché vogliono usare delle soluzioni che non sono percorribili. Io vi parlo del mio ospedale, ma credo che la situazione…”.

Dall’audio rubato a un infettivologo di un ospedale della provincia salernitana si ascolta un racconto che fa a cazzotti con quell’“abbiamo fatto un miracolo” che De Luca ripete come un mantra a ogni diretta social senza contraddittorio. L’audio è stato raccolto dall’avvocato penalista Michele Sarno, candidato sindaco di Salerno in pectore, storico leader della destra antideluchiana. Sarno è l’interlocutore dello sfogo dell’anonimo medico registrato pochi giorni fa: si tratta di dottore che lavora nella prima linea dell’emergenza, faccia a faccia coi pazienti Covid di un ospedale pubblico. Il colloquio viene usato nel cuore di una polemica politica dell’avvocato sulla situazione a suo dire “scioccante” dei Covid center di Salerno: “Sono certo che i dati e il malcostume denunciati dalle trasmissioni di Massimo Giletti sono la verità, ho infermieri e medici che mi hanno testimoniato l’inferno che sono costretti a vivere”. La direzione generale dell’Aou di Salerno gli ha replicato definendo le sue parole “sconcertanti”, invitandolo “a non usare la politica politicante per offendere tutto il personale della sanità salernitana”. Di qui la diffusione dell’audio. Il Fatto Quotidiano – dopo aver ascoltato la conversazione e verificato l’autenticità di quanto raccontato in alcuni passaggi – ha deciso di pubblicarne ampi stralci. A cominciare dalla reazione del dottore ai complimenti del legale, che definisce l’ospedale dove lavora una eccellenza del territorio. “Sì, però lo sapete che ci attaccano di continuo pure i colleghi. Noi abbiamo tutti contro: sindacati, politica, politica locale, altri colleghi, ce li abbiamo tutti contro. Non uno sì e uno no. Però quando c’è bisogno per qualche parente loro o qualche cosa loro, li vedete che vengono tutti in processione. Il giorno dopo ti girano la faccia. E quello è il problema”.

L’acqua della politica, secondo il medico, avvelena i pozzi del management della sanità. “Quello del San Leonardo e quello della nostra Asl sono degli individui che secondo me non dovrebbero nemmeno scopare nella direzione generale, perché se voi andate a prendere i curriculum di questa gente, sono solo curriculum politici, questi non hanno mai fatto i medici, ma soprattutto, non hanno mai fatto gli organizzatori…”. Per il medico, il controllo politico di De Luca e dei suoi uomini sulla sanità è asfissiante: “Il problema, avvocà, è che ha fatto una ragnatela sul territorio che voi non avete proprio idea. Quello ha infiltrato i suoi dappertutto, anche ai livelli più bassi. Una volta sono andato a una riunione in cui parlava il figlio, due, tre anni fa, e mi sono trovato quelli che fanno le pulizie a rappresentare l’ospedale. Quindi perfino quelli che fanno le pulizie sono emanazione di questa struttura”. La “Struttura” di De Luca. Che non ammette opinioni contrarie.

“Qua non sia mai vi permettete di cantare fuori dal coro: siete morto, venite attaccato a partire dal portiere, passando per il centralinista, arrivando alla signora che pulisce a terra… io faccio il medico e se uno si ammala, io me ne strafotto se è di destra o di sinistra e la malattia, meglio di me, se ne frega se uno è di destra o di sinistra …”. E quindi “De Luca non è un uomo di sinistra perché uno che ha fatto una rete così capillare dove un medico non può neanche esprimere un’opinione che viene radiato, scusatemi ma che regime è questo!? (…) Se tu mi fotti solo perché ho detto ‘sono fuori dal coro’, non è che mi dici vabbè io ti dimostro che tu che sei fuori dal coro stai dicendo una sciocchezza, no tu non lo puoi dire e basta, che regime è!? Manco a Pechino si fanno queste cose”. Nella Campania di De Luca forse sì.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/29/audio-rubato-in-corsia-de-luca-spaccia-letti-che-pero-non-esistono/6020241/

domenica 15 novembre 2020

De Luca si “compra” letti vuoti nelle cliniche private. - Vincenzo Iurillo

 

Business - Mille euro a posto e in anticipo: si indaga.

I pazienti Covid arrivano col contagocce. Ma per le cliniche private nella Campania del governatore Vincenzo De Luca, “nelle more” di un decreto ristori in via di approvazione, sarebbe già tutto pronto per liquidare in anticipo posti letto Covid ancora vuoti e prestazioni sanitarie ancora non erogate. Come a marzo. Nonostante le polemiche di allora, e i dubbi della Guardia di Finanza sulla legittimità dei pagamenti, e la conseguente indagine della Corte dei conti su un presunto danno erariale da quasi 20 milioni di euro in favore di 56 case di cura.

Eppure ci risiamo. Il filo diretto tra la Regione Campania e le cliniche private si rinnova tra le pieghe di un documento dell’Unità di crisi anticoronavirus che il Fatto ha potuto consultare. Risale al 27 ottobre, è la lettera di manifestazione di disponibilità all’allestimento di posti letto Covid rivolta ad Aiop ed Aris, le associazioni di categoria delle case di cura private, per fronteggiare la seconda ondata dell’epidemia. Con il tariffario: 1000 euro per posto di terapia intensiva non occupato, 360 euro per posto di media intensità di cura non occupato, 180 euro per posto di degenza a bassa intensità di cura non occupato. Somme “a titolo di acconto” e “salvo conguaglio”.

“Per come è scritto il documento, si rischia di pagare due volte questi posti letto Covid vuoti, dalla Regione e dal governo ‘ai sensi dell’emanando decreto’ che il Parlamento ancora non ha approvato e dove ci sarà battaglia per introdurre un obbligo di rendicontazione”, afferma Valeria Ciarambino (M5s), vicepresidente del consiglio regionale campano. Ciarambino e la Cgil Campania sono gli autori degli esposti che hanno dato il via alle indagini della Corte dei conti durante la prima ondata di marzo. Allora fu predisposto un accordo valido per tre mesi che offriva alle cliniche private 700 euro per ogni giornata di degenza in terapia sub intensiva e 1200 per la terapia intensiva ma soprattutto si riconosceva il 95 per cento del budget mensile assegnato ogni anno alle singole cliniche a prescindere dal valore reale della produzione.

Coinvolgere la sanità privata nella guerra al virus è una mossa necessaria, vista la sofferenza della sanità pubblica. Le cliniche campane hanno risposto all’appello “offrendo circa 1500 posti letto in pochissimi giorni”, scrive il presidente di Aiop Campania Sergio Crispino in una nota all’Unità di crisi, che però sottolinea l’anomalia tutta campana dell’ordine di sospendere ogni attività di elezione e ambulatoriale. “Disposizione che per le Case di cura merita di essere rivista – parole di Crispino – in quanto in nessuna parte del Paese è stata adottata, ed invece sono state adottate disposizioni più coerenti con la possibilità assistenziale delle Case di cura che hanno indotto a indirizzare i pazienti non Covid dalle strutture pubbliche alle strutture accreditate, per consentire alle prime di poter allestire i posti letto disponibili per contrastare l’emergenza epidemiologica”. Sintesi: chi ha bisogno di curarsi di altro non sa più dove andare. E i privati, senza degenti ordinari, reclamano ristori adeguati.

Intanto il carteggio con l’Unità di crisi ha accolto la richiesta Aiop che il trasporto dei malati Covid in clinica avvenga a cura del servizio pubblico. Ma ne arrivano? “I medici – sostiene Ciarambino – ci riferiscono che dai privati arrivano solo pochi pazienti Covid non critici, prima accolti presso i pronto soccorso e le strutture pubbliche e poi trasferiti da loro. Ecco perché gli ospedali sono allo stremo”. Fonti dell’Unità di crisi replicano: “Le tariffe dell’accordo coi privati sono quelle nazionali e non vengono applicate per i posti di terapia intensiva, a più alto costo, in quanto al momento non c’è bisogno”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/15/de-luca-si-compra-letti-vuoti-nelle-cliniche-private/6004047/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-15

Il nostro paese è indebitato perché, per decine di anni, la nostra politica ha governato in modo "irresponsabile", per non infierire.
Ora, che una parte di essa vorrebbe rimediare agli errori del passato e sanare la situazione, non può farlo perchè ha il 90% della stampa corrotta contro che le rema contro.
E' assurdo, ma è la realtà che stiamo vivendo.
Io non oso pensare a che cosa sarebbe successo se al posto di Conte avessimo avuto uno dei soliti del passato; sicuramente percentuali altissime di contagiati, ospedali stracolmi di infettati bisognosi di terapie intensive, tracolli finanziari e corruzione dilagante, tutte cose che avrebbero contribuito ad aumentare il debito pubblico.
Debito pubblico che è a carico nostro, in quanto cittadini italiani.
I nostri amministratori, infatti, responsabili del disastro, non solo non lo pagano, ma, strano a dirsi, come per miracolo, diventano più ricchi.
Fateci caso.
Cetta.

sabato 26 settembre 2020

“Sì, Vincenzo m’è padre a me”: quanti figli di papà per De Luca. - Antonello Caporale

 



“Vincenzo m’è pate a me”. Sono tanti i Peppiniello di Totò, i figli d’arte destinati alla politica. Preferiti ed eletti a furor di popolo. È questo un bell’esempio, per chi dovrà occuparsi della nuova legge elettorale, di capire a fondo ciò che significa il voto di preferenza. Se esso sia il miglior modo di dare valore alla rappresentanza, o piuttosto titolo dinastico, potere delegato e rendita parassitaria. Dalla Campania di De Luca padre (da qui la trasposizione dal teatro del Totò di Miseria e nobiltà alla realtà fattuale del “Vincenzo m’è pate a me”) che giustamente ha preteso per i suoi due figlioli un accesso immediato e riservato all’impegno pubblico, destinando un maschio, Piero, a Montecitorio, e un altro maschio, Roberto, al Comune di Salerno, le ultime elezioni restituiscono il valore assoluto del pater familias.

Cosicché con 11.147 voti la giovanissima Vittoria Lettieri, 21 anni spesi nella spensieratezza del mondo karaoke, si ritrova votatissima e al primo posto degli eletti della sua lista. In un memorabile video avverte che confida nella “speranza”. Conduce questa prova per realizzare un piano di resistenza contro i cattivi, coloro che hanno sgovernato e tolgono speranza. Sarà consigliere regionale. Per un caso provvidenziale Vittoria è figlia di Raffaele, sindaco di Acerra e trascinatore di passioni nell’urna. Solo il papà, per dire, è riuscito a consegnarle nel suo comune 7.152 voti di preferenza conducendo la lista della speranzosa e giovanissima Vittoria (De Luca Presidente) al primo podio assoluto e a stracciare il Pd. Trentasei per cento dei voti totali contro un misero 12 per cento dell’intero apparato di Zingaretti.

Favole? Fantasie? Lettieri, al tempo nell’Udc di Pier Ferdinando Casini, quindi convintamente nel centrodestra, era legatissimo a Stefano Caldoro, al tempo in cui quest’ultimo guidava la Regione, e a un assessore della sua giunta, anzi al vero uomo forte: Pasquale Sommese.

Mutatis mutandis. E così anche Sommese ha cambiato cavallo e anche a Sommese, ora con De Luca, è venuta voglia – visto che improvvisi guai giudiziari gli consigliavano di stare fermo almeno questo giro – di capire quanto valesse il suo giovane erede Giuseppe. Prova magnifica. Il Peppiniello di Sommese ha sbaragliato, in una lista fabbricata ad hoc (Liberaldemocratici-Moderati) i concorrenti ottenendo ben 5.554 voti di preferenza. Eletto e urrà! E Gianpiero Zinzi, figlio di Domenico, ex presidente della Provincia di Caserta, ex assessore regionale, ex eurodeputato, noto esaminatore democristiano di schede elettorali, è ora un cavallo vincente della Lega, salviniano di grande appeal. E Bruna Fiola, figlia di Ciro, presidente della Camera di Commercio? Eletta! E Mario Casillo, figlio di Franco, un potente di ieri e di oggi? Eletto! E Andrea Volpe, figlio di Mimmo, acchiappavoti di Bellizzi, nella cintura salernitana, di cui è sindaco da anni? Eletto!

Non c’è trucco e non c’è inganno. I “figli di” oltre a essere piezz ’e core risultano anche cavalli vincenti. Sorrisi smaglianti e un abbraccio virtuale. “Una campagna bellissima!” dice su facebook Andrea Volpe. “Ma quanto vi voglio bene?”, domanda ai suoi elettori Bruna?

Quanto ci vuole bene, e quanto vuole bene alla realtà, che si dimostra anche generosa, Giovanni Mensorio, diecimila voti nel nome del defunto papà Carmine, deputato di fattura democristiana e poi di grandissima stagionatura mastelliana, caduto nel vortice di Tangentopoli e morto suicida pur di protestare la sua innocenza (si lanciò dal traghetto Patrasso-Ancona il 16 agosto 1996).

E cosa vogliamo dire di Annarita Patriarca, undicimila voti raccolti nel mare magnum del mondo di mezzo dell’area stabiese, da Gragnano fino a Castellammare, in cui per buoni vent’anni ha regnato suo papà Francesco, prima deputato, poi senatore, devoto di Antonio Gava, il grande possidente dello scudocrociato napoletano? Papà Francesco fu condannato in via definitiva a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Ma Annarita, senza perdersi d’animo, volle testimoniare il valore e la figliolanza. Si fece eleggere al municipio di Gragnano, il feudo paterno, ne fu sindaco, ufficio che purtroppo dovette abbandonare nel marzo 2012, giacché il ministero dell’Interno stava valutando lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, e suo marito, Enrico Martinelli, a sua volta sindaco di San Cipriano d’Aversa, fu arrestato nel corso di un’indagine su Antonio Iovine, il boss dei Casalesi.

Oggi Annarita è più forte di prima, più preferita che mai. È l’anima e il vessillo del centrodestra. Stupirsene? Così è se vi pare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/25/si-vincenzo-me-padre-a-me-quanti-figli-di-papa-per-de-luca/5943274/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=ore-19&utm_term=2020-09-25


venerdì 28 settembre 2018

Decreto su Genova, governo toglie a De Luca poteri sulla sanità campana.

Decreto su Genova, governo toglie a De Luca poteri sulla sanità campana
Dopo due settimane dalla sua approvazione, il decreto su Genova pare quasi pronto per la Gazzetta Ufficiale. Il nome richiama il tragico evento ligure ma il decreto riguarda molte altre cose, tra queste, come riporta Il Fatto Quotidiano, la Regione Campania ed in particolare il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che dovrà lasciare la carica di commissario alla Sanità campana per il cosiddetto “piano di rientro” finanziario.
E dire che quei poteri se li era sudati fino in fondo facendo di tutto per propagandare il sì al referendum costituzionale. Il governo Renzi  fece in modo con un emendamento assai chiacchierato alla manovra di fine 2016 di consentire la nomina di De Luca: la norma, approvata peraltro dal centrosinistra, vietava infatti che quel ruolo potesse essere ricoperto dai presidenti di Regione. Seguì l’incarico a De Luca da parte del governo Gentiloni. Oggi, col decreto Genova, si torna indietro: chi è incompatibile sarà sostituito entro 90 giorni.

giovedì 2 marzo 2017

La tela di Bocchino "Così gli appalti vanno alle coop per ritorni politici". - Massimo Malpica



L'ex Fli tra gli indagati: spiegava a Romeo i vantaggi del sistema Consip. Il ruolo del dirigente Gasparri. Ombre su De Luca e Caldoro.

Roma Tutto per gli appalti. Dall'ordinanza d'arresto di Alfredo Romeo per lo stralcio romano dell'indagine sulla Consip, emerge un quadro inquietante. Il presunto intreccio tra la fame di business dell'imprenditore partenopeo e la centrale acquisti della Pubblica amministrazione getta ombre oscure anche sulla Consip e sui suoi scopi.
Che il «facilitatore» Italo Bocchino (indagato per traffico di influenze e ieri perquisito) riassume, intercettato con il suo datore di lavoro Romeo, ritagliando uno spazio speciale per le coop.

GLI APPALTI CONSIP? SERVONO ALLE COOP

È il 19 gennaio, e Bocchino racconta all'imprenditore «di esperienze legate al suo recente passato di parlamentare, dal quale emerge chiaramente che gli appalti di Consip devono essere gestiti per favorire prevalentemente le cooperative, in quanto rappresentano sia un bacino di voti dal quale poter attingere (a differenza dei grandi gruppi come Romeo) ed è anche e soprattutto un modo lecito per finanziare la politica e/o il politico di turno». Bocchino sembra anche rivelare una richiesta di soldi da un politico che gli inquirenti hanno oscurato: «Perché un politico - racconta intercettato l'ex parlamentare - può venire da te a chiederti sessantamila euro che ti ha chiesto (omissis), ma i mille pulitori sul territorio, sono mille persone che danno 5mila euro ciascuno, sono mille persone che quando voti si chiamano i loro dipendenti (...) quindi secondo me c'è una scelta politica». Sembra di rileggersi gli atti di Mondo di Mezzo, l'inchiesta su Mafia Capitale che aveva scoperchiato il malaffare nella cooperazione. O anche, come scrive il gip, il sistema, vantaggioso solo per la politica «cattiva», di «copertura capillare dei pubblici appalti mediante finanziamento illecito della politica già emerso 25 anni fa» con Mani Pulite.

I CONTATTI TRA ROMEO E I VERTICI POLITICI

Più volte il grande accusatore di Romeo, il dirigente Consip Marco Gasparri, evoca nei suoi verbali i contatti altolocati di Romeo anche nella sfera politica. Proprio l'uomo Consip racconta che Romeo contava anche su altre fonti interne alla società, e aggiunge che a settembre dello scorso anno «mi disse che aveva fatto un intervento sui vertici della Consip attraverso il massimo livello politico. Non mi disse chi era il politico o i politici presso i quali era intervenuto, ma mi disse che si trattava del livello politico più alto». E per capire se l'intervento era servito, aggiunge Gasparri, Romeo «mi chiese se io avevo registrato un cambiamento di atteggiamento dell'Ad di Consip Marroni nei suoi confronti».

OMAGGI ALBERGHIERI PER AMICI E CONSULENTI

Il gip racconta in che modo Romeo utilizzava gli hotel suoi o dei suoi familiari per «fornire a illustri ospiti vacanze gratuite, probabilmente nel contesto corruttivo qui in corso di esame». Come esempio, subito dopo, il giudice accenna al «soggiorno molto costoso (3.233 euro) presso l'albergo Romeo» offerto a Carlo Russo, l'imprenditore di Scandicci, amico di Tiziano Renzi e che pure il ministro Luca Lotti sponsorizzò con Michele Emiliano affinché il Governatore pugliese accettasse di incontrarlo. Ma i nomi di Russo e della sua compagna non sono gli unici riportati sul «pizzino» riprodotto nell'ordinanza. Dove si legge anche, per due volte, il nome del «presidente De Luca», al quale sarebbe stato offerto il 24 ottobre 2015 qualcosa relativo a «il Comandante» (nome del ristorante dell'hotel Romeo di Napoli) e un non meglio precisato «voucher». Sempre lo stesso foglietto riporta poi i nomi di altri «omaggiati» dal ristorante dell'hotel, il «sig. Lettieri» e il «sig. Caldoro». Il gip non si sbilancia, non dice se Caldoro è l'ex governatore campano (tra l'altro indagato nell'inchiesta Consip), non accenna se Lettieri sia il candidato sindaco del centrodestra a Napoli o un omonimo, né dice nulla sull'eventuale identificazione del «presidente De Luca» con il presidente Dem della Regione Campania Vincenzo De Luca. Non si azzarda a ipotizzare se quella fattura recuperata dalla carta straccia si riferisca a movimenti di soldi, o a dire se «tali vantaggi siano stati resi dal Romeo al fine di ottenere atti contrari ai doveri di ufficio e traffici di influenze». Ma di certo ha offerto «vantaggi gratuiti a terzi soggetti» dai nomi certamente suggestivi.

QUELLA FRUTTUOSA AGITAZIONE DI BOCCHINO

Bocchino ha un ruolo chiave «per favorire i progetti criminali del Romeo», scrive il gip. Che poi riporta stralci di un'intercettazione tra l'imprenditore e il suo ex parlamentare-facilitatore. I due discutono di bandi a loro dire fatti su misura per favorire alcuni e danneggiare altri, tra cui la società Manital che, ricorda Bocchino, «piglia zero, zero... è fuori da tutti i lotti». E l'ex deputato conclude ricordando che «se loro (intesi come gruppo Romeo) non si fossero mossi con mirate entrature» avrebbero potuto puntare solo agli appalti campani: «Se non ci agitavamo come ci siamo agitati nell'ultimo anno - chiosa Bocchino - l'operazione era... chiuditi in Campania».

IL VESTITO DI GASPARRI DOZZINALE PER ROMEO

Tra le tante chiacchiere intercettate c'è anche spazio per schermaglie verbali tra Romeo e il suo uomo in Consip Marco Gasparri, che a botte di 5mila euro a dazione avrebbe preso per la procura circa 100mila euro. Talvolta Romeo è sprezzante con il suo prezioso insider, come quando a settembre «schernisce il suo interlocutore per i suoi abiti: La vuole smettere di comprare sti vestitiell' e 40 euro, 35 euro al mercatino della stazione Garibaldi?».

martedì 20 dicembre 2016

De Luca compra i politici. Tornano le pensioni d'oro. - Simone Meo



Il governatore fa il regalo di Natale ai consiglieri campani. L'assegno era stato abolito da Caldoro.

Napoli - Dalle fritture al vitalizio è un attimo. La macchina della propaganda e del consenso del governatore Vincenzo De Luca lavora a pieno ritmo.
Né la batosta al referendum costituzionale né l'indagine per istigazione al voto di scambio, in relazione al discorso ai 300 sindaci all'hotel «Ramada», tanto meno i rapporti logorati con Matteo Renzi, hanno lasciato il segno dalle parti di Palazzo Santa Lucia. Stavolta il colpo di teatro si consuma al Centro direzionale, sede del Consiglio regionale della Campania. Dove un maxi-emendamento della maggioranza di centrosinistra, appena arrivato in commissione Bilancio, assume le sembianze di un clamoroso, e nemmeno troppo inaspettato, regalo di Natale.
Il Pd anti-Casta e anti-sprechi (a parole) ha, infatti, tutta l'intenzione di reintrodurre il vitalizio ai consiglieri regionali abolito dalla giunta di Stefano Caldoro, in ottemperanza al decreto Monti, nel gennaio 2012. Quella dei dem è una manovra nascosta, come un vietcong nella foresta, dietro astruse formule finanziarie e rimandi a richiami di legge. Formule che, ridotte all'osso, dicono questo: i consiglieri regionali dell'attuale legislatura otterranno una pensione di 2.500 euro versando di tasca propria poco meno di 700 euro. Tutto in virtù dell'articolo 5 della correzione alla legge di stabilità che prevede di adeguare il sistema previdenziale consiliare a quello contributivo della Camera dei deputati e non più a quello dell'Inps, come invece avrebbe dovuto essere. Ciò significa che, per incassare l'assegno, i consiglieri regionali dovranno rinunciare solo all'otto per cento dell'attuale imponibile dell'indennità di funzione. Poche briciole, davvero. Il resto (ovvero, il 75 per cento della somma complessiva) sarà tutto a carico delle casse pubbliche.
In realtà, l'operazione è stata studiata in maniera così raffinata che non si può nemmeno parlare di vitalizio ma di vera e propria pensione. Il che comporta un vantaggio non da poco per i vecchi volponi della politica campana: i consiglieri anziani, che matureranno o hanno già comunque maturato il vitalizio delle scorse consiliature, potranno infatti aggiungerci anche questa nuova pensione. Raggiungendo, a occhio e croce, la ragguardevole cifra di 5.500 euro netti al mese come ex consiglieri regionali. Mica male.
Combinazione vuole, inoltre, che l'assegno pensionistico minimo sia dello stesso importo (2.500 euro) del vitalizio minimo soppresso cinque anni fa. Coincidenze. Casi della vita.
Questo, ovviamente, si verificherà solo se il provvedimento passerà in Aula. Nel 2013, l'ex consigliere de «La Destra» Carlo Aveta volontariamente rifiutò il vitalizio. E stavolta qualcuno lo imiterà? Al netto dell'incoerenza politica del Pd e di De Luca, in particolare, che aveva promesso una legge di bilancio attenta agli sprechi della politica e pensata proprio per dare una mano alla fasce deboli, il maxi-emendamento prevede di estendere i benefici pure agli assessori tecnici. Caso unico in Italia.
L'operazione, calcoli provvisori alla mano perché è tutto assai veloce nel mondo della politica regionale soprattutto quando si parla di soldi, a fine legislatura graverà per circa cinque milioni di euro sul bilancio del Consiglio. A meno che non arrivi qualcuno a sollevare il dubbio più che motivato che il blitz del Pd sia in contrasto con un bel po' di leggi.

mercoledì 14 dicembre 2016

Vincenzo De Luca indagato per istigazione al voto di scambio. Pm sente il portavoce sul caso fax. - Vincenzo Iurillo



Poi saranno ascoltati anche altri responsabili della campagna elettorale. "Quando hai la coscienza tranquilla si va avanti oppure qui moriamo di avvisi di garanzia mentre i cittadini non hanno neanche i servizi essenziali" commenta il governatore.

L’accusa: istigazione al voto di scambio. Un solo iscritto nel registro degli indagati: Vincenzo De LucaPromettere fritture di pesce per far votare Sì al referendum sulle riforme potrebbe essere un reato. Chiuso il fascicolo inizialmente aperto a modello 45, che consente solo accertamenti generici su fatti non costituenti reato, la Procura di Napoli ne ha aperto un altro a modello 21, con una ipotesi di reato e un presunto responsabile, il governatore Pd della Campania. Il modello 21 consente agli inquirenti di ascoltare persone, fare ulteriori acquisizioni documentali, disporre atti di indagine altrimenti impossibili.
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La decisione di procedere con un passo più spedito è nata dall’ascolto e dall’analisi attenta dell’ormai famoso file audio di una riunione tra il governatore Pd della Campania e circa 300 sindaci e amministratori locali svoltosi al Ramada di Napoli il 15 novembre, pubblicato in esclusiva su ilfattoquotidiano.it. L’audio è stato acquisito dalla Finanza il 24 novembre. Si sente De Luca incitare i sindaci a darsi da fare per votare e far votare Sì al referendum costituzionale perché il premier Matteo Renzi “manda fiumi di soldi” in Campania. Si sente De Luca indicare come esempio il sindaco di Agropoli, Franco Alfieri, il campione “delle clientele scientifiche, che bella cosa”, spronandolo a raccogliere almeno 4000 voti offrendo agli elettori “una frittura di pesce” oppure “portali sulle barche” (“vedi tu come Madonna devi fare…”), e sollecitando agli altri primi cittadini a fare come lui. 
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Il pm Stefania Buda ha colto una sfumatura della riunione: De Luca che fa il nome di Paolo Russo, il suo portavoce, come destinatario e collettore dei “fax da inviare” con il numero delle persone incontrate in campagna elettorale e una indicazione più o meno precisa del numero dei voti che si prevedeva di raccogliere per la riforma Boschi. Russo è un giornalista molto stimato tra gli addetti ai lavori, tesse con cura, pazienza e grande professionalità i rapporti, quasi mai semplici, tra un vulcanico governatore e una stampa spesso molto critica verso le sue esternazioni e i suoi guai giudiziari di De Luca. Proviene dalla redazione di Salerno de Il Mattino’, dove ha avuto ruoli apicali. La redazione staccata della città dove De Luca è stato sindaco per più di venti anni.
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Il pm ieri ha sentito Russo come testimone, il primo di quella che si preannuncia una discreta sfilata: il giornalista ha negato che quei fax siano stati mai inviati ed ha ridimensionato – come era ovvio – la portata ‘clientelare’ delle affermazioni di De Luca, proseguendo sulla linea delle “battute goliardiche” tenuta dal presidente sin dal primo giorno. Il giornalista ha fatto i nomi di alcune persone presenti all’incontro, tra i quali quelli di un cronista di una testata locale, per confutare in qualche modo che si trattasse di una riunione a porte chiuse (anche se si sente De Luca dire “non ci sono giornalisti” e riderne). La Procura, dopo aver sentito Russo, intende sentire anche i responsabili del comitato referendario campano per il Sì: Piero De Luca, figlio del presidente, e Francesco Nicodemo, ex consigliere comunale di Napoli e fino a pochi giorni fa capo della comunicazione social del premier Renzi. Nicodemo e De Luca jr verranno ascoltati come testimoni nei prossimi giorni. La Procura vuole fare tutti gli accertamenti necessari a valutare come  fu raccolto il consenso e se ci furono altre riunioni di quel tipo. Al vaglio degli inquirenti ci sarebbe anche un altro aspetto: il ruolo di commissario in pectore alla sanità campana con cui De Luca si presentò alla platea; il riferimento ai laboratori (“ci sono 400 laboratori, sono tanti voti”) come agli studi professionali sarebbe stato fatto non a caso. Peraltro nei giorni successivi De Luca ha incontrato le associazioni della sanità privata accreditata, i cosiddetti ‘signori delle cliniche’, in circostanze dove il ruolo istituzionale e la campagna elettorale si sono intersecate in un grumo. Il pm intende convocare anche qualche sindaco. E incomincerà da Franco Alfieri.
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Dopo la pubblicazione dell’audio la commissione Antimafia aveva chiesto informazioni alla Procura di Napoli per capire se ci fossero i presupposti perché si muovesse l’organismo parlamentare. “Abbiamo sempre agito così per avviare le nostre inchieste e useremo lo stesso metodo” aveva dichiarato la Bindi contro la quale De Luca si era scagliato dicendo in un’intervista che era “un’infame, da ammazzare“. De Luca ha preferito non commentare direttamente la notizia della nuova indagine. “Quando hai la coscienza tranquilla si va avanti oppure qui moriamo di avvisi di garanzia mentre i cittadini non hanno neanche i servizi essenziali” ha detto all’inaugurazione di tre servizi operativi nell’Ospedale del Mare. De Luca. Tuttavia riferendosi a Verdoliva, commissario per l’ultimazione della struttura, ha detto che è necessario “avere dirigenti che non hanno paura di mettere una firma, e che mettono in conto di ricevere un avviso di garanzia”.
“Credo che sia un atto dovuto che si accerti quanto accaduto in alcune giornate della campagna referendaria” commenta il sindaco di Napoli Luigi de Magistris. “Mi sembra corretto che ci siano delle verifiche giudiziarie perché quello che abbiamo ascoltato e visto in questa campagna elettorale è andato molto oltre la dialettica politica”. De Magistris, nel sottolineare che non gli competono ”valutazioni su fatti giuridici”, ha rimarcato la sua posizione “distante dal punto di vista politico dal metodo, dal contenuto, dalla forma e dai toni con cui alcuni hanno cercato di orientare il voto verso il Sì in questa campagna referendaria”. Secondo l’ex pm il 4 dicembre “la gente ha guardato molto più lontano e non sono bastati gli appelli a fritture di pesce per condizionare un voto che è stato inequivocabile in favore del No e che ha dato una bella batosta all’accoppiata Renzi – De Luca”.

giovedì 12 novembre 2015

De Luca, ne vogliamo parlare?




Anna Scognamiglio (il giudice che deve decidere sul ricorso di De Luca contro la legge Severino, la legge che gli impedirebbe di diventare Presidente della Campania in quanto condannato) manda un SMS a suo marito:

«Abbiamo finito, è fatta»

Guglielmo Manna, marito del giudice Scognamiglio scrive immediatamente un SMS a Carmelo Mastursi, capo segreteria di De Luca nonché vice segretario del PD campano:

«E’ andata come previsto»

2 AGOSTO 2015 (VENTI GIORNI DOPO LA DECISIONE DEL GIUDICE CHE SALVA DE LUCA)

Manna informa la moglie di esser stato convocato in Regione Campania. Il motivo? La sua nomina in una ASL. Ecco lo scambio di SMS:

- Lui a lei: «Sono stato chiamato»
- Lei a lui: «In Regione?»
- Lui a lei: «Sì, in Regione»
- Lei a lui: «Se dovesse essere quello te ne vai in ferie e parti»

Adesso Manna entra nel vivo della “trattativa”

- Lui a lei: «Dovrebbe essere Napoli1, gira voce. Non ho chiesto Napoli, ma Avellino, Caserta, Benevento».

Ricordo a tutti che Vincenzo De Luca, già condannato in I grado per abuso d'ufficio è indagato per concussione. In pratica Manna fece sapere a De Luca che o lo nominavano ai vertici dell'ASL oppure la moglie avrebbe fatto decadere De Luca da governatore applicando la legge Severino. Un politico onesto va in Procura e denuncia tutto. De Luca, secondo l'inchiesta, si è accordato promettendo la nomina.

I politici del PD sostengono che noi “diciamo sempre NO”. Noi diciamo che loro dicono sempre SI', agli inciuci, alle mazzette, a Buzzi, ai lobbisti....e anche ai ricatti!


https://www.facebook.com/dibattista.alessandro/photos/a.310988455679892.65829.299413980170673/783880688390664/?type=3&theater

mercoledì 11 novembre 2015

Campania, De Luca indagato: io parte lesa, sostengo lavoro magistrati.



Il governatore accusato di corruzione in atti giudiziari. Convolti anche il capo della segreteria, che si è dimesso lunedì, e il magistrato Anna Scognamiglio, uno dei giudici del tribunale di Napoli che lo scorso 22 luglio ha accolto il ricorso contro la sua sospensione.


Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, e il giudice che bloccò la legge Severino sono indagati dalla Procura di Roma con l'ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Il governatore afferma "senza alcun margine di equivoco" la sua "totale estraneità a qualunque condotta meno che corretta", chiede di essere ascoltato dai magistrati e in conferenza stampa dice: "Io sono la parte lesa, do il mio pieno sostegno all'attività dei magistrati".

Indagata giudice della sentenza su De Luca - La bufera sul Presidente della Regione Campania si abbatte nella serata di martedì con la notizia che la Procura di Roma ha indagato per l'ipotesi di corruzione in atti giudiziari Anna Scognamiglio, uno dei giudici del Tribunale civile di Napoli che, lo scorso 22 luglio, confermando una precedente decisione del giudice monocratico, ha accolto il ricorso di De Luca contro la sospensione dall'incarico di governatore. Nella stessa inchiesta è indagato, per l'ipotesi di reato di induzione alla corruzione, il capo della segretaria di De Luca, Nello Mastursi, che si è dimesso nei giorni scorsi da tale incarico. 

Il ruolo del marito del giudice, indagato
 - Nell'inchiesta sarebbe indagato anche il marito del giudice Scognamiglio, Guglielmo Manna. Secondo l'accusa, sarebbe entrato in contatto con il capo della segreteria di De Luca, Mastursi, prospettandogli un esito favorevole del giudizio sulla Severino da parte della moglie (che si trovava nel collegio giudicante) in cambio di un importane incarico nella sanità pubblica regionale. Acquisite le intercettazioni telefoniche tra il braccio destro di De Luca e il marito del magistrato Scognamiglio, la Squadra Mobile di Napoli ha quindi effettuato nei giorni scorsi delle perquisizioni negli uffici della Regione e nelle abitazioni dei due. Portando così alla luce l’inchiesta e alle dimissioni di Nello Mastursi.

La prima reazione di De Luca su Facebook  - "Ho già dato incarico al mio avvocato - spiega De Luca - per chiedere di essere sentito dalla competente autorità giudiziaria. Per me, come per ogni persona perbene, ogni controllo di legalità è una garanzia, non un problema. E su questo, come sempre lancio io la sfida della correttezza e della trasparenza".

La sentenza sulla Severino per De Luca
 - La sentenza al centro dell'inchiesta romana è quella con la quale la prima sezione civile del Tribunale di Napoli ha confermato quanto già deciso il 2 luglio dal giudice monocratico Gabriele Cioffi, il quale aveva congelato la sospensione di De Luca dalla carica di Governatore che era stata disposta con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in base alla legge Severino. La sospensione era relativa a una condanna a un anno di reclusione per abuso di ufficio inflitta a De Luca quando era sindaco di Salerno. Il collegio aveva accolto il ricorso presentato dai legali di De Luca e aveva inviato gli atti alla Corte Costituzionale sospendendo il procedimento sul merito fino a quando la Consulta non si sarà pronunciata sui presunti profili di incostituzionalità ravvisati nella legge Severino.

http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2015/11/11/campania-inchiesta-de-luca-corruzione-atti-giudiziari-reazioni.html

Che non ci potessimo fidare di lui, anche se è stato eletto e, quindi, votato, ci poteva anche stare, ma che fossero riusciti a corrompere un giudice è inaccettabile!

domenica 28 giugno 2015

Travaglio. A qualcosa serviamo.


L’altro ieri, annunciando la sospensione di Vincenzo De Luca, Matteo Renzi ha detto con aria di sfida: “Abbiamo seguito l’iter previsto dalla legge, sarà una sorpresa per gli esperti del Fatto Quotidiano”. 
Fa sempre così: spaccia gli atti dovuti per graziose concessioni elargite dall’alto della sua magnanimità. L’aveva già fatto con le riforme costituzionali del Senato e del Titolo V, concedendo – bontà sua – ai cittadini il referendum confermativo, che naturalmente non è un suo beau geste, ma è previsto dalla Costituzione quando chi la cambia non raggiunge i due terzi del Parlamento. 
Curioso che un premier, quando obbedisce alla legge, se ne vanti come di un titolo di merito o di un gentile omaggio di cui dovremmo ringraziarlo. 
La verità l’hanno capita tutti: Renzi ha fatto di tutto per salvare De Luca, che aveva autorizzato a candidarsi a una carica che non può esercitare, con un decreto ad personam (aveva addirittura chiesto un parere ad hoc all’Avvocatura dello Stato); e si è fermato solo dinanzi alle minacce di denuncia delle opposizioni e agli interventi di Bruno Tinti e Gianluigi Pellegrino (“gli esperti del Fatto Quotidiano”) sui reati di abuso e omissione in atti d’ufficio che stava per commettere. Così si è messo in regola e al riparo da avvisi di garanzia, anche se non ha rinunciato a ipotizzare l’assurdità che ora De Luca si nomini il vicepresidente-prestanome e addirittura la giunta (cosa che non può fare: ogni suo atto sarebbe nullo). 
E, a suo modo, ha riconosciuto il ruolo del nostro giornale. Se ci avesse dato retta prima, avrebbe evitato tanti guai a se stesso e alla Campania. Già: perché non l’ha fatto? Perché non ha chiesto quel parere prima di candidare De Luca? Gli esperti – non solo del Fatto – gli avrebbero risposto che don Vincenzo, condannato in primo grado per abuso e sospeso da sindaco, per 18 mesi non potrà ricoprire alcuna carica negli enti locali. E lui avrebbe avuto buon gioco, anche nel caso in cui De Luca si fosse candidato per conto suo, a spiegare agli elettori che quello a lui sarebbe stato un voto inutile. E avrebbe anche dato un segnale forte alla classe politica e alla cittadinanza: tutti devono rispettare le leggi, anche se non le condividono, a cominciare da chi rappresenta le istituzioni e deve dare il buon esempio. Ora il Corriere fa sapere che il premier teme un presunto “assedio giudiziario”, una “resa dei conti” di fantomatiche “Procure” che marcerebbero compatte come falange macedone, per vendicare non si sa bene cosa.
Da Mafia Capitale alle inchieste di Trani su Azzollini (Ncd) e di Catania su Castiglione (Ncd), fino all’ultima indagine di Reggio Calabria su Rimborsopoli che ha decapitato l’intera nuova giunta regionale e portato alla richiesta d’autorizzazione all’arresto per il senatore Gianni Bilardi (ovviamente Ncd, uno degli ultimi ancora a piede libero)
Se Renzi volesse ascoltare il parere spassionato e gratuito degli “esperti del Fatto”, stavolta prima che sia troppo tardi, farebbe meglio a considerare la prevedibile conseguenza dei reati che la classe politica, anche quella del Pd, continua a commettere. Se uno – tipo Renzi – candida un vecchio arnese della politica calabrese come Mario Oliverio a governatore di Calabria e non muove un dito (non può: ha cinque sottosegretari indagati) quando quello nomina tre assessori inquisiti per Rimborsopoli su tre – mettendo in fuga l’ex ministra Lanzetta, pericolosamente incensurata – deve sapere che l’inchiesta proseguirà: infatti venerdì il vicepresidente pd Vincenzo Ciconte e l’assessore pd al Lavoro Carlo Guccione si son visti sequestrare la refurtiva e l’assessore pd ai Lavori pubblici Nino De Gaetano, già denunciato dalla Mobile per voto di scambio, è finito in manette per aver arraffato 400 mila euro di rimborsi indebiti. È una resa dei conti delle Procure o è un suicidio della politica che, non bastando la Campania, condanna un’altra Regione alle elezioni anticipate e la politica allo sputtanamento finale? Forse è il caso che Renzi dia una ritoccatina al suo cosiddetto “garantismo”: quello per cui sono tutti innocenti fino alla condanna in Cassazione. Questo possono dirlo i cittadini comuni, non i politici. Che, se vogliono evitare di trasferirsi in massa nelle patrie galere, devono tener lontani gli inquisiti dalle istituzioni. Finché è in buona, Renzi dia retta agli “esperti del Fatto”: chieda scusa a Rosy Bindi e le commissioni una bella black list di tutti i politici candidati al gabbio. E li mandi a casa, prima che arrivino i carabinieri a portarli dentro.
Ps. Grazie, cari lettori vecchi e nuovi, per averci scritto le vostre osservazioni, in gran parte positive ma anche critiche, sulla nostra nuova veste (grafica e non solo). Domani troverete in edicola il nuovo Fatto del Lunedì, ampiamente rinnovato e arricchito di nuove firme, rubriche e idee che speriamo vi piacciano. Colgo l’occasione per ringraziare Ferruccio Sansa che nel 2012, quando il Fatto usciva solo sei giorni a settimana, si inventò il Lunedì, animandolo fino all’altroieri con il suo talento e la sua passione. Dopo quasi tre anni, è venuto il momento di fare il “tagliando”: speriamo che anche la nuova versione vi soddisfi. In ogni caso, fateci sapere. Grazie di cuore.

Marco Travaglio FQ 28 giugno 2015