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venerdì 23 aprile 2021

“Renzi sr. mi indicò russo, ma Romeo non me lo ricordo”. - Marco Lillo e Valeria Pacelli

 

Ai magistrati. Chierichetti: “Mi sarò limitata a passare il numero a Lotti, non mi chiese di prendere contatti”.

Lunedì prossimo ci sarà l’udienza preliminare dell’indagine Consip. Il Gup Annalisa Marzano dovrà decidere se e chi dovrà andare a processo e chi dovrà essere prosciolto.

La questione più delicata dal punto di vista politico è quella di Tiziano Renzi. Insieme all’imprenditore campano, Alfredo Romeo, e ad altri rischia il processo per traffico di influenze e turbativa di gara.

Intanto però la Procura di Roma, in questi mesi – dopo la chiusura dell’inchiesta di dicembre scorso – ha svolto un’attività integrativa d’indagine. I nuovi accertamenti nascono da un’informativa depositata nel procedimento napoletano, sempre su Romeo ma per altri fatti, che riguardava i messaggi trovati nel telefonino di Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, anche lui indagato. Il 1° febbraio, dopo l’acquisizione dell’informativa napoletana, è stata interrogata, come persona informata sui fatti, Eleonora Chierichetti, ex collaboratrice di Matteo Renzi quando era sindaco di Firenze e poi approdata nella segreteria di Luca Lotti a Palazzo Chigi. Per capire perché la Procura ha deciso di sentire la Chierichetti, bisogna dunque tornare all’informativa dei carabinieri napoletani. Il 10 aprile 2015, secondo i carabinieri, Tiziano Renzi “comunicava a Russo il numero del cellulare di Eleonora Chierichetti”. Due ore dopo aver ricevuto il contatto da Tiziano Renzi, Russo scrive: “Eleonora buongiorno, scusa se ti disturbo. Posso chiamarti? Grazie, Carlo Russo”. Tre giorni dopo, il 13 aprile 2015, Paola Grittani, collaboratrice di Romeo, invia a Russo il numero della Romeo Gestioni. “Dr. Ecco il numero della segreteria dell’avvocato. Si preoccuperanno di passare la telefonata n. 081******* saluti”. Due minuti dopo, Russo invia quel numero al cellulare della Chierichetti: “081******* avv. Romeo”.

Questi messaggi vanno contestualizzati. Un mese prima di quegli sms, il 4 marzo 2015, Russo porta Alfredo Romeo dal tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi (non indagato, che dice di aver parlato di un finanziamento lecito al Pd, da lui rifiutato). Il 22 aprile 2015 – 8 giorni dopo l’invio del sms di Russo a Chierichetti – Russo e Tiziano Renzi incontrano l’Ad allora in carica di Consip, Domenico Casalino, in un bar di Roma.

Tre mesi dopo quell’sms, Tiziano, Russo e Romeo si incontrano il 16 luglio 2015 a Firenze. Nella settimana successiva, Tiziano organizza un incontro con ‘il colorato’, alias, secondo i pm, l’appena nominato Ad di Consip, Luigi Marroni. Poi, secondo Marroni, Tiziano gli raccomanda Russo e questi gli fa pressioni per la gara Fm4 in favore di una società. Quale? Marroni esclude Romeo ma non ricorda il nome.

Il 1° febbraio scorso la Chierichetti, sentita come testimone, ha spiegato: “Premetto di conoscere Tiziano Renzi sin da quando ero bambina perché siamo dello stesso paese. Durante il governo di cui era presidente suo figlio Matteo, in numerose occasioni(…) ho avuto modo di sentirlo telefonicamente; in particolare spesso Tiziano (…) mi chiamava per chiedere di fissare appuntamenti tra persone che lui mi segnalava e il sottosegretario e poi ministro Lotti. Normalmente non mi specificava le ragioni di questi appuntamenti, solo a volte specificava il ruolo ricoperto da queste persone”.

Tra i “nominativi” indicati da Tiziano Renzi, spiega la donna, c’era dunque Russo. “Anche in epoca successiva, sempre presentandosi come persona accreditata da Tiziano Renzi – aggiunge la donna – Russo chiese più volte, anche in modo insistente, di essere ricevuto da Luca Lotti, tanto nel periodo in cui questi era sottosegretario alla Presidenza quanto nel periodo in cui era ministro. Ricordo perfettamente, come peraltro è successo per altre persone, che Lotti mi disse di non avere interesse a incontrarlo e pertanto, come non di rado mi è accaduto in situazioni simili al fine di interrompere seppure cortesemente questa insistente richiesta di colloqui, ho provveduto a riceverlo io”.

La Chierichetti dice di averlo ricevuto due o tre volte “nell’arco di due o tre anni”, in un bar in Galleria Colonna a Roma. “(…)È possibile che in quelle circostanze, sia pure fugacemente, Russo possa avermi fatto cenno ai motivi di queste sue insistenti richieste di colloquio, ma non ne ho affatto memoria”. Per la Chierichetti, quindi, Lotti non incontrò mai Russo.

Un dato che è un po’ dissonante con una circostanza già rivelata dal Fatto: nell’ottobre 2014, Michele Emiliano chiedeva a Lotti se fosse il caso di incontrare un tal Carlo Russo che si accreditava come amico suo. E Lotti rispondeva via sms: “‘Lo conosciamo (…) Ha un buon giro ed è inserito nel mondo della farmaceutica. Se lo incontri per 10 minuti non perdi il tuo tempo’”.

Ma torniamo al verbale della Chierichetti. Pur non ricordando il contenuto delle conversazioni con Russo, la donna dice di non poter “escludere che in una di queste circostanze possa aver nominato Romeo, ma allora questo nominativo non mi diceva nulla”. “Precedentemente alla diffusione di notizie sulla stampa che legavano Alfredo Romeo a Consip – aggiunge in un altro passaggio del verbale la Chierichetti – e che hanno portato al coinvolgimento nelle indagini di Lotti non sapevo neppure chi fosse Romeo. (…) Quando ricevetti questo numero come era prassi per comunicazioni di questo tipo, mi sarò limitata a comunicarlo a Lotti (…). Dopo aver comunicato questo numero non sono stata onerata di prendere contatti né in quella circostanza né successivamente”. L’ex ministro oggi al Fatto esclude di aver ricevuto il numero di Romeo che mai ha conosciuto.

Al Fatto Romeo a gennaio ha raccontato una versione che stride con quella resa a febbraio al pm da Chierichetti. L’imprenditore ha spiegato che l’obiettivo era invitare Matteo Renzi a un convegno che stava organizzando: “Per il convegno mi aveva chiamato in aprile (2015) anche una signora della Segreteria di Palazzo Chigi. Mi aveva dato assicurazioni ma non se ne fece niente”. Romeo non fa il nome della Chierichetti ma sembra probabile che riferisca a lei.

Il punto è che, se Romeo dice il vero, non era Lotti, bensì Matteo Renzi, il suo ‘obiettivo’ quando nell’aprile 2015 cercava un contatto telefonico con Palazzo Chigi, organizzato da Carlo Russo. Dunque la domanda da fare a Eleonora Chierichetti è sempre la stessa: lei ha dato a qualcuno quel numero? A Lotti, a Renzi o a chi?

Se ci sarà un processo sarà la sede per proporla.

ILFQ

venerdì 12 marzo 2021

Consip, s’indaga sul giudice che non archiviò Renzi sr. - Antonio Massari

 

Il caso. Verdini a verbale: “Letta mi chiese di candidare Sturzo”, il gip che ha voluto nuove indagini sul padre di Matteo. Perugia ora ha aperto un fascicolo.

Gli scacchisti la chiamano zugzwang. È quella situazione in cui, fatta una mossa, l’avversario può rispondere solo in un modo, e così via, in una sorta di catena che porta a un risultato predeterminato. A quanto pare lo zugzwang avviato da Denis Verdini il 26 ottobre 2020 nella Procura di Roma un risultato l’ha prodotto: è stato sentito dalla Procura di Perugia dove è stato aperto un fascicolo che riguarda Gaspare Sturzo, il gip del caso Consip che in passato ha “bacchettato” i titolari del fascicolo – il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi – rigettando la loro richiesta di archiviazione nel filone che coinvolge Tiziano Renzi (indagato inizialmente per traffico di influenze illecite, ndr) e lo stesso Verdini, e delegando nuove indagini. La Procura guidata da Raffaele Cantone dovrà ora verificare se per Sturzo si profili l’ipotesi dell’abuso d’ufficio per non essersi astenuto per le vicende che riguardano proprio Verdini. Con lui è stato sentito – anch’egli come persona informata sui fatti – anche l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta.

L’indagine perugina riguarda quindi il gip che ha dato una sterzata al caso Consip, invitando i pm romani ad approfondire l’inchiesta anche sulla figura di Tiziano Renzi, ed è obiettivamente una bomba a ridosso dell’udienza preliminare prevista per il prossimo 26 aprile. Vediamo ora cosa ha dichiarato Verdini il 26 ottobre 2020 davanti al pm Mario Palazzi, in un verbale d’interrogatorio reso nell’ambito dell’inchiesta Consip dove, lo ricordiamo, è indagato per concussione e turbativa d’asta: “Mi sembra necessario rappresentare un episodio di cui sono a conoscenza: nell’ottobre 2012 si dovevano presentare le liste per elezioni regionali in Sicilia e vi erano interlocuzioni nell’ambito del centrodestra in cui militavo per individuare una candidatura unitaria alla Presidenza (risultato che in realtà non venne raggiunto perché il centrodestra si presentò infine con due candidati e venne sconfitto dal centrosinistra). Nei mesi precedenti, allorquando eravamo impegnati nella formazione delle liste e nella possibile individuazione di tale candidato unitario, venni contattato dall’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta che propose la candidatura del magistrato Gaspare Sturzo alla Presidenza della Regione Siciliana. Avemmo anche numerosi altri incontri con i rappresentanti delle varie forze politiche del centrodestra e io ebbi modo sempre di esprimere, con la schiettezza che mi è propria, ma per valutazioni politiche e non personali, la mia netta contrarietà alla candidatura del dott. Sturzo”. E ancora: “Non ricordo di aver parlato direttamente con lui, non lo escludo, ma era noto a tutti i miei interlocutori politici questa mia netta contrarietà”. In sostanza Verdini, con le sue parole, crea un collegamento tra il suo mancato appoggio alla candidatura Sturzo (lontana ormai ben 8 anni) e la decisione del gip che ha sollecitato indagini su di lui. Ed è da questo verbale che nasce il fascicolo a Perugia – procura competente a indagare sui magistrati romani – dove sono state sentite come persone informate sui fatti sia Verdini sia Letta. Sturzo avrebbe dovuto astenersi come previsto dall’articolo 39 del codice di procedura penale? Le fattispecie previste dalla norma sono tassative e una soltanto sembra avere un nesso con le dichiarazioni di Verdini: “Se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private”. Soltanto nel caso in cui Sturzo – la vicenda risale a 8 anni prima della sua decisioni da gip – abbia nutrito una grave inimicizia nei riguardi di Verdini, insomma, avrebbe avuto l’obbligo di astenersi. E sarà questo che dovrà valutare la Procura guidata da Raffaele Cantone.

La storia è pubblica ed è nota: nel 2012 la Sicilia si avvia a eleggere il nuovo consiglio regionale. Sturzo – pronipote di don Luigi Sturzo – vanta una carriera da pm a Palermo fino al 2001. Dal 2004 si sposta alla Presidenza del Consiglio (con Berlusconi e Letta) in qualità di consigliere giuridico. Nel 2012 crea la lista civica “Italiani Liberi e Forti” con la quale si candida a presidente ottenendo lo 0,9 per cento. La destra si divide presentando due candidati – Gianfranco Miccichè e Nello Musumeci – e la presidenza va a Rosario Crocetta e quindi al centrosinistra. Il Fatto, quando per la prima volta ha pubblicato il verbale in questione, ha contattato fonti vicine a Sturzo che hanno negano con forza la ricostruzione di Verdini specificando che il gip non l’ha mai incontrato, tanto meno per parlare con lui di candidature. L’unico fatto certo di quei giorni – non abbiamo trovato dichiarazioni pubbliche di Verdini, né di Letta, né a favore, né contro – sono le dichiarazioni rilasciate da Miccichè il 30 giugno 2012 a Libero su Sturzo: “La gente in Sicilia vuole vedere chi è bravo e affidabile, non come si chiama”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/12/consip-sindaga-sul-giudice-che-non-archivio-renzi-sr/6130742/

domenica 10 gennaio 2021

Consip, nuovi accertamenti sui contatti P. Chigi-Romeo. - Marco Lillo e Valeria Pacelli

 

Intanto l’imprenditore campano smentisce se stesso e Tiziano Renzi: ci vedemmo in un bar, ma non si parlò di gare.

Riparte nei tempi supplementari l’inchiesta Consip. Dopo l’avviso chiusura indagini contro Alfredo Romeo, Tiziano Renzi, Carlo Russo e Italo Bocchino per la presunta turbativa d’asta e il presunto traffico di influenze sulla gara FM4 da 2,7 miliardi, i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi hanno acquisito l’informativa depositata nel procedimento napoletano su Romeo per altri fatti. L’informativa riguardava i messaggi trovati nel telefonino di Carlo Russo. Dopo averla letta i magistrati romani hanno deciso di dare nuove deleghe di indagine ai Carabinieri. Poiché l’inchiesta era stata già chiusa però nelle indagini integrative non possono essere ri-interrogati gli indagati per chiedere conto dei nuovi elementi. Per esempio i pm non potranno chiedere conto a Domenico Casalino dell’incontro con Tiziano Renzi e Carlo Russo avvenuto il 22 aprile 2015 alle 15 in un bar dell’Eur a Roma raccontato da Casalino al Fatto nell’articolo “L’incontro ignorato dai pm fra Tiziano Renzi e l’ex Ad” del 30 ottobre 2020. Non potranno nemmeno chiedere di nuovo a Tiziano Renzi dell’incontro con Alfredo Romeo raccontato, sempre al Fatto e non ai pm, da Romeo.

Cosa potranno fare allora i magistrati romani? Potrebbero convocare Eleonora Chierichetti, completamente estranea alle indagini. Perché i pm potrebbero sentire a sommarie informazioni la ex collaboratrice storica di Matteo Renzi nell’inchiesta in cui è indagato il padre dell’ex premier? Nell’informativa i carabinieri napoletani ricostruiscono cosa sia avvenuto ad aprile 2015. Il 10 aprile di quell’anno pochi minuti dopo le 9 del mattino, Tiziano Renzi “comunicava a Russo il numero del cellulare di Eleonora Chierichetti”. Già collaboratrice di Matteo Renzi ai tempi in cui era presidente della Provincia e poi sindaco a Firenze, la Chierichetti in quel momento è nella segreteria di Palazzo Chigi, impegnata alle dipendenze del sottosegretario Luca Lotti. Due ore dopo aver ricevuto il contatto da Tiziano Renzi, Russo scrive: “Eleonora buongiorno, scusa se ti disturbo. Posso chiamarti? Grazie, Carlo Russo”. Dall’informativa non emerge il motivo di questo contatto. Tre giorni dopo, però, il 13 aprile 2015, alle 14.52, Paola Grittani, collaboratrice fidata di Alfredo Romeo, invia a Russo il numero della Romeo Gestioni. “Dr. Ecco il numero della segreteria dell’avvocato. Si preoccuperanno di passare la telefonata n. 081******* saluti”. Appena due minuti dopo Russo invia quel numero al cellulare della Chierichetti: “081******* avv Romeo”.

Che cosa è successo dopo? Ci sono stati contatti tra Palazzo Chigi e ‘l’avv Romeo’? Quando Il Fatto si occupò della vicenda, l’ex ministro Lotti spiegò di non aver mai incontrato Romeo e di non averlo mai contattato telefonicamente. Romeo su questa circostanza ha precisato di non aver parlato con Matteo Renzi e ha spiegato così la ragione di quello scambio di messaggi: “Avrei avuto piacere che a concludere (un convegno a Roma poi tenutosi nel novembre 2015, Ndr) fosse il presidente del Consiglio (…) mi aveva chiamato in aprile anche una signora della Segreteria di Palazzo Chigi. Mi aveva dato assicurazioni ma non se ne fece niente”.

Il 18 dicembre scorso la Procura di Roma ha chiesto il processo per Tiziano Renzi, il suo amico Carlo Russo e l’imprenditore Romeo con altri perché, nell’impostazione dei pm, Russo si faceva promettere denaro per sé e per Tiziano Renzi (che ha sempre negato di conoscere le interlocuzioni tra Russo e Romeo) in cambio della propria mediazione sull’ex ad di Consip, Luigi Marroni (estraneo alle indagini) affinché favorisse le società dell’imprenditore campano nella gara Fm4.

Tiziano Renzi ha negato nell’interrogatorio di marzo 2017 con i pm di Roma di avere incontrato Alfredo Romeo. Nel maggio del 2017 però nel libro “Di padre in figlio” (edito da PaperFirst) pubblicammo la trascrizione di una telefonata tra Matteo e Tiziano Renzi alla vigilia di quell’ interrogatorio. Tiziano, mentre era intercettato dai pm di Napoli, escludeva con poca convinzione al figlio che lo incalzava di aver fatto incontri al ristorante con Romeo ma diceva di “non ricordare i bar”. Matteo Renzi dopo la pubblicazione difese il padre e chiese persino le scuse pubbliche ai giornalisti che rilanciavano la notizia del possibile incontro con Romeo, senza fare verifiche, a suo dire. Il Fatto svelò però nell’estate 2017 un’altra conversazione intercettata sempre nel 2016 in cui Russo e Romeo parlavano di un incontro in un ‘barettino’. Ipotizzammo fosse proprio ‘il bar’ dimenticato da Tiziano nella telefonata con Matteo. Allora Romeo si fece intervistare da Repubblica il 18 agosto 2017 e negò l’incontro. Però gli investigatori guardarono meglio i tabulati telefonici in loro possesso individuando la sovrapposizione delle celle agganciate dai tre cellulari il 16 luglio 2015, a Firenze. La linea di Russo, Romeo e Tiziano però restò la stessa. Il primo marzo del 2019 a Repubblica che gli chiedeva “È proprio sicuro di non aver mai incontrato Renzi Senior?”, Romeo tronfio e sicuro rispondeva: “Mai. L’ho detto e l’ho ripetuto non è il caso di tornarci”.

Si arriva così al dicembre 2020. Il Fatto chiede a Romeo un’intervista e l’imprenditore ritrova la memoria: “L’incontro col papà di Renzi lo ho avuto nel luglio del 2015. Ci siamo visti per dieci minuti al banco di un bar, senza neanche sederci. Abbiamo parlato solo del convegno che stavo organizzando con l’Osservatorio Risorsa Patrimonio (…) avrei avuto piacere che a concludere fosse il presidente del Consiglio. (…) Nessuna relazione con Consip”.

Il Gip Gaspare Sturzo la vede diversamente e nota che pochi giorni dopo quell’incontro Tiziano Renzi contatta l’amministratore delegato di Consip appena nominato, Luigi Marroni, e gli chiede un incontro a Firenze. Nelle risposte scritte di Romeo alle nostre domande a dicembre (che non abbiamo pubblicato perché Romeo pretendeva fossero messe in pagina integralmente comprese, oltre alle mezze ammissioni sull’incontro fiorentino, anche alcune balle da noi restituite al mittente) c’erano altri elementi interessanti come le chat sopra riportate per organizzare la telefonata Romeo-Palazzo Chigi. Per esempio c’era la rivelazione di un fatto: Carlo Russo arrivò al cospetto di Romeo nel 2015 grazie all’allora Ad di Consip. “Casalino – ci ha scritto Romeo – mi chiese attraverso Italo Bocchino di incontrare Russo”. Dunque ricapitolando: Russo incontra Casalino, Ad di Consip da solo a febbraio 2015. Sempre Casalino – a detta di Romeo – manda Russo da Romeo tramite Bocchino. Poi Casalino, da Ad in carica di Consip, incontra Russo con Tiziano Renzi al bar dell’Eur. Infine, dopo la sostituzione di Casalino con Marroni al vertice di Consip ecco che Tiziano Renzi e Russo incontrano Romeo il 16 luglio 2015 a Firenze. Il 20 luglio 2015 poi Tiziano contatta l’Ad in carica di Consip, Luigi Marroni, nominato dal governo Renzi, per incontrarlo a Firenze e poi aggiorna sul possibile futuro incontro Russo.

Però – secondo la deposizione di Luigi Marroni, ritenuta attendibile dai pm romani – quando finalmente Russo incontra, su input di Tiziano, Marroni non gli raccomanda Romeo ma un’altra società. Quale? Mistero. Marroni non ricorda. Questa è la matassa che dovrà essere sbrogliata nell’udienza preliminare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/10/consip-nuovi-accertamenti-sui-contatti-p-chigi-romeo/6060813/

venerdì 30 ottobre 2020

L’incontro ignorato dai pm fra Tiziano Renzi e l’ex Ad. - Marco Lillo e Vincenzo Iurillo

 


Il 22 aprile del 2015 il padre dell’allora premier incontra il manager Casalino. È l’amico Russo a fissare l’appuntamento a Roma.

Il Tiki bar sul laghetto dell’Eur è la sede di un incontro finora inedito avvenuto il 22 aprile 2015 alle 15 tra Tiziano Renzi, Carlo Russo e Domenico Casalino, allora amministratore delegato di Consip. I tre oggi sono co-indagati con l’imprenditore Alfredo Romeo e l’ex parlamentare Italo Bocchino dalla Procura di Roma (su impulso del Gip Gaspare Sturzo) per traffico di influenze illecite e turbativa in relazione alla gara da 2,7 miliardi di euro per la pulizia dei palazzi pubblici bandita da Consip nel 2014. I carabinieri di Napoli riportano in un’informativa (depositata a Napoli dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano il 12 ottobre in un’udienza su fatti diversi) i messaggi di testo che preparano l’incontro. Abbiamo chiesto lumi ai protagonisti, ma Russo e Tiziano Renzi non ci hanno risposto sul punto. Domenico Casalino invece ha confermato.

Ma partiamo dall’informativa: Domenico Casalino – secondo i carabinieri – alle 13 e 56 del 22 aprile 2015 chiede a Russo dove può raggiungerlo e questi gli risponde che tra poco glielo avrebbe detto. A quel punto (sono le 14 e 14) Russo scrive a Tiziano Renzi che lui sta in zona Eur e chiede al padre dell’allora premier dove deve aspettarlo. Un quarto d’ora dopo è Casalino a scrivere a Russo quali sono le tre opzioni possibili: “Eur, Tiki bar viale America 117. Più verso il centro: Andreotti via Ostiense 54 oppure Rosso via Aventino 34”. Alla fine Russo scrive a Tiziano Renzi alle 14.42: “Eur Tiki Bar viale America 117”. Non ci sono messaggi tra Casalino e Tiziano e allora ci siamo chiesti: alla fine chi c’era al Tiki bar?

L’ex Ad di Consip dice al Fatto: “Sì, ho incontrato Tiziano Renzi. Me lo presentò Carlo Russo che ci teneva tanto”. Perché ai pm romani, nell’interrogatorio di giugno scorso, non lo ha raccontato? Casalino spiega: “Perché nessuno me lo ha chiesto. Non c’è niente di male in quell’incontro. Non si parlò di gare né di Consip e i due non mi chiesero nulla”. I carabinieri di Napoli ritengono dall’analisi del telefono di Russo che Casalino e Russo si siano visti molte volte. Il 26 aprile 2016 si danno appuntamento al bar per ‘il solito’ aperitivo, l’11 febbraio 2015 per un pranzo. Poi ancora appuntamenti il 6 e il 13 maggio 2015. Dopo la rimozione di Casalino ci sono appuntamenti il 22 dicembre 2015, il 20 gennaio 2016, il 2 e 9 febbraio 2016.

L’incontro al bar va inserito in una cronologia. A febbraio 2015 ci sono i primi messaggi di Russo con Casalino. In quel periodo Russo incontra anche Alfredo Romeo. Un anno dopo in una conversazione intercettata Italo Bocchino, per i carabinieri, “riferiva a Romeo che asseritamente era stato proprio Casalino (…) a farli entrare in contatto con il ‘ragazzo’” cioé Russo. Casalino nega.

Il 4 marzo 2015 Russo porta Romeo da Francesco Bonifazi. Per l’ex tesoriere del Pd si parlò genericamente di un contributo lecito di Romeo al Pd, rinviato, e non di Consip o di gare.

Il 10 aprile sempre Russo ottiene il numero di Eleonora Chierichetti da Tiziano Renzi. Poi le scrive per chiamarla. Non era intercettato quindi non sappiamo se la telefonata ci fu e cosa si dissero. Lei lavorava allora come segretaria alle dipendenze della Presidenza del Consiglio.

Il 13 aprile 2015 Russo gira a Eleonora Chierichetti un numero di telefono fisso dove contattare Romeo. Chi doveva chiamare quel numero?

Al Fatto Eleonora Chierichetti non ha risposto. I pm non le hanno chiesto nulla.

Il 22 aprile 2015, Russo incontra con Tiziano Renzi l’Ad in carica di Consip, Casalino.

Il 16 luglio 2015 Romeo va a Firenze e incontra – secondo i pm – Russo e Tiziano Renzi. Dopo l’incontro Tiziano scrive a Russo che ha avuto impressioni buone e aggiunge: “Speriamo non mi pongano ostacoli”. Il 20 luglio poi Tiziano Renzi chiede a Luigi Marroni, da poco Ad di Consip, di incontrarlo a Firenze.

Il 13 settembre Tiziano Renzi scrive a Russo di aver parlato con Marroni e il 15 settembre Russo incontra Marroni. Poi il 4 ottobre 2015 Tiziano Renzi incontra Marroni. Carlo Russo – secondo Marroni – chiede all’Ad di favorire una società nella gara Consip Fm4. Marroni dice ai pm che certamente la ditta non era la Romeo Gestioni ma non ne ricorda il nome.

Questi i fatti. Come è un fatto che Tiziano, Casalino e compagni per i pm dovevano essere prosciolti. Ed è un fatto che a processo ieri è finito il capitano Gianpaolo Scafarto, quello che ha avviato le indagini.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/30/lincontro-ignorato-dai-pm-fra-tiziano-renzi-e-lex-ad/5985005/

domenica 2 agosto 2020

Processi e altre indagini, cosa resta di Consip. - Marco Lillo

Processi e altre indagini, cosa resta di Consip

4 anni dopo - Agosto 2016: iniziano le intercettazioni dell’inchiesta sulla centrale acquisti. Ad oggi l’ex ministro è a processo, il padre dell’ex premier non ancora archiviato.
Il 3 agosto del 2016, esattamente quattro anni fa, le microspie dei Carabinieri del Nucleo Tutela Ambiente, Noe, intercettavano per la prima volta Carlo Russo che parlava di Tiziano Renzi con Alfredo Romeo negli uffici romani dell’imprenditore, vicino alla Camera. I pm napoletani Henry John Woodcock e Celeste Carrano si imbattono per puro caso in questo 33enne di Scandicci molto amico di Tiziano che si offre di aiutare Romeo nelle gare. Romeo si era aggiudicato provvisoriamente 3 lotti della gara più grande d’Europa: 2,7 miliardi in tutto per la pulizia e manutenzione dei palazzi pubblici italiani. Temeva di essere fatto fuori in graduatoria definitiva e di perdere così 609 milioni di euro. Inoltre era interessato a altre gare di Inps e Grandi Stazioni. Così inizia quattro anni fa il caso Consip. Gli incontri proseguono. Le microspie registrano le chiacchiere in libertà di Russo e Romeo.
Secondo le informative dei Carabinieri, Romeo un mese dopo offre a Russo nell’incontro del 14 settembre 2016 un informale “accordo quadro” che prevedeva dazioni (mai avvenute) di 30 mila euro al mese per “T.” (alias Tiziano Renzi) e 5 mila a bimestre per “CR” (Carlo Russo per i pm). Romeo in cambio voleva entrare in contatto con Luca Lotti e con l’Amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni.
Tiziano Renzi si è sempre dichiarato all’oscuro di tutto. L’indagine è funestata subito dalle fughe di notizie a favore degli indagati. Il 21, 22 e 23 dicembre Il Fatto svela le indagini sulle fughe suddette in una serie di articoli: il ministro Luca Lotti e il generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia (ex comandante della Toscana) sono indagati perché avrebbero spifferato l’esistenza dell’indagine a Luigi Marroni e il comandante generale dei Carabinieri, Tullio del Sette, è indagato per un “allarme” dato a Luigi Ferrara, presidente della Consip. L’inchiesta poi nel 2017 passa per competenza alla Procura di Roma e cambia obiettivi e passo.
Quattro anni dopo cosa resta dell’inchiesta Consip? Al tagliando, la Procura di Roma non fa una bella figura. Vediamo la sorte dei protagonisti della vicenda.
Luca Lotti Accusato di aver rivelato l’inchiesta.
La Procura di Roma a dicembre 2018 ha chiesto il rinvio a giudizio sia per l’ex ministro Luca Lotti che per il generale Emanuele Saltalamacchia per favoreggiamento. Per entrambi invece i pm hanno chiesto l’archiviazione per la rivelazione di segreto. Lotti e Saltalamacchia avrebbero rivelato un segreto che non era proprio del loro ufficio, per i pm. Il Gip Gaspare Sturzo però ha rigettato questa impostazione e alla fine il Gup Niccolò Marino ha disposto – contro il parere dei pm – il rinvio a giudizio anche per rivelazione di segreto. Al processo, fissato il 13 ottobre, Lotti e il generale Saltalamacchia dovranno difendersi da entrambe le accuse. Dalle intercettazioni del maggio 2019 agli atti di un’altra inchiesta, quella di Perugia su Luca Palamara, emerge l’ostilità di Lotti verso i pm romani: il deputato Pd probabilmente si aspettava la richiesta di archiviazione per entrambi i reati.
Nell’indagine Consip, chi fa il suo nome è l’ex ad Luigi Marroni, teste che i magistrati ritengono affidabile. É il 20 dicembre del 2016 quando i carabinieri del Noe dice: “Ho appreso in quattro differenti occasioni da Vannoni, dal generale Saltalamacchia, dal presidente di Consip Luigi Ferrara e da Lotti di essere intercettato”. Ferrara, spiega Marroni, lo avrebbe saputo dall’ex comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette. Tutti hanno respinto le accuse. Il processo è in corso.
Tiziano Renzi L’incontro a Firenze con Romeo e l’amico Carlo Russo.
L’allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi hanno chiesto l’archiviazione per il traffico di influenze illecite ipotizzato da loro stessi all’inizio. L’amico Carlo Russo, che spendeva il nome di Tiziano per trattare compensi, sarebbe per i pm un millantatore. Conclusione mantenuta anche quando i pm hanno individuato, grazie allo studio delle celle telefoniche agganciate dai rispettivi cellulari, un incontro a tre a Firenze il 16 luglio 2015 tra Alfredo Romeo, Carlo Russo e Tiziano Renzi. Incontro negato dai protagonisti. Il Gip Gaspare Sturzo ha accolto la richiesta di archiviazione per alcuni episodi minori di traffico di influenze ma non ha voluto archiviare i due episodi più importanti: la gara Consip e la gara Grandi Stazioni. Sturzo ha chiesto alla Procura di fare nuove indagini e i pm hanno sentito nei mesi scorsi come persone informate dei fatti l’ex tesoriere del Pd renziano Francesco Bonifazi (estraneo all’inchiesta) e hanno risentito l’amministratore di Consip, Marroni.
A settembre potrebbero seguire l’orientamento del Gip e chiedere il rinvio a giudizio di Tiziano Renzi. Oppure insistere con la richiesta di archiviazione.
Alfredo Romeo A giudizio nella capitale per corruzione.
Arrestato dai pm di Roma nel marzo 2017 e poi scarcerato dalla Cassazione. Ora è a processo sia a Napoli che a Roma con l’accusa di corruzione. A Roma perché avrebbe consegnato circa 100mila euro all’ex dirigente Consip Marco Gasparri (che ha già patteggiato), in cambio di favori. A Napoli il processo riguarda fatti di corruzione minore in Campania. Su entrambi i processi incombe la sentenza della Cassazione che va nel senso dell’inutilizzabilità delle intercettazioni captate dai pm di Napoli. Il Consiglio di Stato e la Cassazione intanto hanno confermato l’esclusione dalla gara Consip per la società di Romeo. L’imprenditore resta in ballo a Roma per l’ipotesi più delicata politicamente: quella di traffico di influenze illecite contestata a lui in concorso con Carlo Russo e Tiziano Renzi. Come gli altri è in attesa anche lui delle determinazioni dei pm di Roma dopo il rigetto della richiesta di archiviazione e la richiesta di nuove indagini.
John Woodcock Il pm al centro di accuse infondate.
Il pm di Napoli nell’estate del 2017 è stato indagato ingiustamente per rivelazione di segreto in concorso con la sua amica Federica Sciarelli e anche per falso in concorso con il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto. Tutte le accuse erano infondate. Come poi la Procura di Roma ha dovuto ammettere chiedendo e ottenendo l’archiviazione, Woodcock non era la fonte del Fatto. La sua amica Federica Sciarelli non era il tramite della trasmissione delle notizie. Inoltre i giudici hanno stabilito che Scafarto ha fatto errori ma non c’era nessun falso voluto. Soprattutto Woodcock non c’entrava nulla perché aveva solo chiesto a Scafarto di fare un capitolo apposito dell’informativa sull’argomento servizi segreti.
Sciarelli è stata perquisita, nel luglio 2017, e i Carabinieri le hanno sequestrato e analizzato il cellulare perché accusata ingiustamente di essere il tramite delle notizie al Fatto. Tutto falso.
Woodcock è stato sottoposto anche a un procedimento disciplinare tanto lungo quanto ingiusto dal Csm. Il magistrato era accusato di avere parlato con la giornalista Liana Milella mancando di rispetto al suo capo: il procuratore reggente Nunzio Fragliasso. Dopo un primo verdetto di censura del Csm e l’annullamento con rinvio della Cassazione, Woodcock è stato definitivamente “assolto” da ogni addebito nel giugno 2020. Luca Palamara, amico di Luca Lotti, si era interessato attivamente del procedimento contro Woodcock, partito nella consiliatura precedente quando lui era membro del Csm.
Giampaolo Scafarto Il maggiore silurato.
Il capitano dei Carabinieri che ha svolto l’inchiesta scrivendo molte cose sbagliate nelle sue informative è stato accusato dalla Procura di Roma di numerosi reati: dalla rivelazione di segreto al falso fino al depistaggio. La Procura di Roma – come per Woodcock – manifesta nei confronti del Carabiniere una pervicacia degna di miglior causa. Al padre di Matteo Renzi, Tiziano, i pubblici ministeri romani non hanno mai fatto una perquisizione o un sequestro di cellulare, mentre Scafarto ha subito due sequestri di cellulare. La Procura di Roma ha chiesto e ottenuto dal Gip nel gennaio 2018 per lui la sospensione dal servizio. Il Tribunale del Riesame però nel marzo 2018 l’ha annullata. Infine il gup Clementina Forleo ha disposto il non luogo a procedere per Scafarto su falsi, rivelazioni di segreto e depistaggi. Il capitano, nel frattempo divenuto maggiore, per i giudici (Gip e come detto prima anche tribunale del Riesame) non ha fatto nulla di penalmente rilevante. La Procura ha fatto ricorso e il processo è fissato il primo ottobre davanti alla Corte di Appello.

venerdì 12 giugno 2020

2 Consip e 2 misure. - Marco Travaglio


Consip, l'inchiesta e i personaggi coinvolti - Cronaca - ANSA.it
Càpita a tutti di sbagliare. Specialmente quando il lavoro è tanto e il tempo è poco. Dunque non c’è nulla di strano se l’inchiesta della Procura di Perugia sul pm Luca Palamara, divenuta ben presto un’inchiesta sul Csm e sulle correnti togate, presenta errori nella trascrizione delle migliaia di intercettazioni. O, meglio: non ci sarebbe nulla di strano se quegli errori non fossero tutti unidirezionali, sempre a vantaggio degli utilizzatori finali dell’indagine. Cioè gli amici dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, interessato a garantirsi un successore in continuità con la sua discussa e discutibile gestione: prima dello scandalo, il procuratore di Palermo Franco Lo Voi; dopo, l’aggiunto prediletto Michele Prestipino. E soprattutto a spezzare la maggioranza del Csm che aveva già indicato in commissione un procuratore “discontinuo”: il Pg di Firenze Marcello Viola. L’operazione, grazie alla diffusione degli allegri conversari fra Palamara e i deputati renziani Lotti e Ferri (magistrato in aspettativa ed ex ras di MI), riuscì perfettamente: Mattarella chiese un nuovo voto in commissione con altri candidati e alla fine la spuntò Prestipino, cioè Pignatone. Ora che gli atti dell’inchiesta sono depositati (e le accuse di corruzione a Palamara sono evaporate), si scopre, con buona pace della leggenda del Santo Pignatone diffusa dai giornaloni, che quella non era una lotta fra buoni e cattivi: ma una guerra per bande per consumare vendette e prendere il potere nella Procura più importante d’Italia, che vale 2 ministeri.
Ma, come documenta il nostro Antonio Massari, si è scoperto ben altro: una serie di “errori”, tutti favorevoli a Pignatone e ai suoi cari. 
1) La sera del 21 maggio 2019 Palamara incontra l’allora Pg della Cassazione Riccardo Fuzio (poi dimessosi): il Gico della Gdf di Roma, che stranamente indaga per conto di Perugia pur essendo alle dipendenze dei pm romani (indagati compresi), trascrive solo “rumori”. Ma i difensori di Palamara scoprono che una parte del colloquio è abbastanza intelleggibile e chiedono di trascriverlo. Il Gico riempie il buco e attribuisce a Palamara la parola “carabinieroni”. Palamara nega di averla mai usata. Infatti, quando il nostro giornalista ascolta l’audio, sente “Pignatone”. E vabbè, dài, sarà un caso. 
2) Nello stesso colloquio, Massari sente “Mattarella” ed “Erbani” (consigliere giuridico del Quirinale). Nella trascrizione del Gico non compare nessuno dei due nomi, che invece Palamara ricorda di aver pronunciato perché alcuni consiglieri del Csm gli avevano detto di aver saputo da Erbani che qualcuno di loro aveva il trojan nel cellulare, tant’è che molti avevano smesso di parlare con lui. 
E vabbè, dài, sarà un caso. 
3) Il 9 maggio 2019 Palamara cena con Pignatone. Sarebbe interessante sapere cosa si dissero il procuratore che ambiva a scegliersi il successore e il potente membro del Csm che poteva orientare Unicost nell’una o nell’altra direzione 13 giorni prima del voto in commissione. Purtroppo, vedi la combinazione, l’aggeggio che intercetta tutto 24 ore su 24 rimane spento dalle ore 16, quando Palamara annuncia la cena a un’amica: qualcuno l’ha disattivato, o si è provvidenzialmente guastato. Ed è strano, perché durante la cena risulta una telefonata di Palamara intercettata, ma non depositata: quindi il trojan avrebbe potuto funzionare anche quella sera, ma captò solo conversazioni telefoniche e non ambientali. E qui le coincidenze diventano davvero troppe. Anche perché la Procura di Roma, per errori ben più veniali, indagò per falso in atto pubblico e fece espellere dall’Arma il capitano del Noe Gian Paolo Scafarto, che indagava su Consip per conto dei pm napoletani Woodcock e Carrano e poi di quelli capitolini; e, non contenta, tolse le indagini all’intero Noe per affidarle al Ros di Roma.
Che aveva fatto di tanto grave Scafarto, a parte beccare l’imprenditore Alfredo Romeo e il galoppino di Tiziano Renzi, Carlo Russo, mentre trattavano favori in Consip in cambio di 50 mila euro al mese per “T.” e 2,5 per “C.R.”? Nel rapporto investigativo, aveva invertito i nomi di Romeo e del suo consulente Italo Bocchino, attribuendo al primo anziché al secondo la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”. Che, in bocca al primo, portava a babbo Tiziano e a Consip; in bocca al secondo, provava solo normali colloqui politici fra Matteo e l’ex braccio destro di Fini. Un errore neutro (le prove di almeno un incontro Romeo-Tiziano già c’erano) e involontario (nelle trascrizioni delle telefonate allegate al rapporto Scafarto, la frase era attribuita a Bocchino, dunque sia gli avvocati sia i magistrati avrebbero scoperto facilmente la svista). Eppure Scafarto, indagato e privato della divisa, fu sputtanato dall’Innominabile e dai giornaloni al seguito come carabiniere “deviato” e “falsificatore di prove”, per dimostrare che Consip era un “complotto” e un “colpo di Stato”. Poi il Riesame e la Cassazione reintegrarono Scafarto e il gup respinse la richiesta di rinvio a giudizio, prosciogliendolo con formula piena da quell’errore in buona fede. Ora la domanda è semplice: che farà la Procura di Roma coi finanzieri che scambiano “Pignatone” per “carabinieroni”, non sentono “Mattarella” ed “Erbani” e piazzano trojan intermittenti che si spengono quando Pignatone cena con Palamara? Si accettano scommesse.

giovedì 9 aprile 2020

Coronavirus, turbativa su gara Consip da 15,8 milioni di euro per fornitura di 24 milioni di mascherine: arrestato un imprenditore.

Coronavirus, turbativa su gara Consip da 15,8 milioni di euro per fornitura di 24 milioni di mascherine: arrestato un imprenditore

Operazione della Guardia di finanza dopo la l'aggiudicazione del lotto da parte della Biocrea, una società agricola definita una 'scatola vuota', riconducibile all'imprenditore Antonello Ieffi, con condanne non definitive e precedenti di polizia. E l'uomo aveva tentato il bis con un'altra società per una fornitura da 73 milioni di euro. Il gip: "Una puntata d'azzardo giocata sulla salute pubblica".
“Una puntata d’azzardo giocata sulla salute pubblica”, la definisce il giudice per le indagini preliminari Valerio Savio. È quella fatta, secondo inquirenti e investigatori, da Antonello Ieffi, imprenditore di 42 anni con condanne non definitive e precedenti di polizia, utilizzando una società agricola – una ‘scatola vuota’, senza dipendenti e sostanzialmente inattiva – per riuscire ad aggiudicarsi una gara bandita da Consip finalizzata alla fornitura di 24 milioni di mascherine. E ci era riuscito, assicurandosi la possibilità di intascare 15,8 milioni di euro. Ma la Guardia di finanza l’ha scoperto e lo ha arrestato su ordine del gip del Tribunale di Roma dopo un’indagine lampo con le accuse di turbativa d’asta e inadempimento di contratti di pubbliche forniture. Perché quelle mascherine, sostengono gli investigatori, non sarebbero mai arrivate negli ospedali impegnati nella lotta al coronavirus.
Ieffi era riuscito a vincere il lotto da quasi 16 milioni di euro della prima prima gara bandita da Consip per l’acquisto e la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di apparecchiature sanitarie per un valore complessivo di 258 milioni. Stando a quanto ricostruito dai finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria, lo aveva fatto attraverso la Biocrea, una società agricola, che si impegnava, tra l’altro, alla consegna dei primi 3 milioni di mascherine entro 3 giorni dall’ordine. Sin dai primi contatti con Consip, finalizzati all’avvio della fornitura, però, Ieffi, che interloquiva per conto dell’impresa sebbene non risultasse nella compagine societaria, “lamentava l’esistenza di problematiche organizzative relative al volo di trasferimento della merce”, che diceva essere disponibile in Cina.
“Permanendo l’inadempimento alla data di scadenza prevista nel contratto per la prima consegna di mascherine, attraverso la collaborazione dell’Agenzia delle Dogane, veniva effettuata presso l’aeroporto cinese di Guangzhou Baiyun un’ispezione”, spiega la Guardia di finanza. E durante i controlli, ecco la scoperta: il carico dichiarato era inesistente.
E i baschi verdi hanno scoperto che a carico di Biocrea esistono anche “pregresse posizioni debitorie per violazioni tributarie, per oltre 150mila euro nei confronti dell’Erario” che non erano state “dichiarate in sede di procedura dalla società” che, anzi, “aveva invece falsamente attestato l’insussistenza di qualsiasi causa di esclusione”. Insomma, la società non avrebbe potuto neanche prendere parte al bando.
Il quadro accusatorio, rinforzato da intercettazioni telefoniche, ha permesso di ricostruire come Ieffi, che ha condanne non definitive e precedenti di polizia, che avrebbero potuto inficiare la partecipazione alla gara, “abbia cercato di dissimulare la riconducibilità a sé della Biocrea – pur rimanendone l’esclusivo dominus – nominando come amministratore, in concomitanza con la pubblicazione del bando, un mero prestanome”, spiega la Guardia di finanza.
Non solo. Durante l’inchiesta, gli investigatori ritengono di aver accertato come la Biocrea – che in teoria dovrebbe occuparsi di tutt’altro, dalla coltivazione di fondi all’allevamento di animali – fosse una “scatola vuota” “caratterizzata da un vero e proprio stato di inoperatività, sintomatica della originaria e assoluta inidoneità della stessa, per totale assenza di dipendenti, strutture, mezzi e capitali, a far fronte” alla fornitura.
Per questo nell’ordinanza di custodia cautelare, il giudice per le indagini preliminari definisce “una puntata d’azzardo” quella di Ieffi, “giocata sulla salute pubblica e su quella individuale di chi attendeva, e attende, le mascherine, che bene rende la capacità a delinquere del soggetto”. E, nonostante il tentativo non sia andato a buon, Ieffi, spiegano ancora gli investigatori, “si è immediatamente riorganizzato per provare ad aggiudicarsi un altro appalto pubblico” da oltre 73 milioni di euro “questa volta relativo alla fornitura di guantiocchiali protettivitute di protezionecamici e soluzioni igienizzanti”, utilizzando altro soggetto giuridico, essendo la Biocrea ormai “bruciata”.
La nuova società – Dental Express 24 – presentava, però, sottolineano i finanzieri, “una inesistente capacità economica” come la precedente e “in aggiunta, un socio e membro del consiglio di amministrazione risultava gravato da precedenti penali”. Motivo per cui veniva esclusa dalla gara. Ma Ieffi, sempre secondo i finanzieri, si stava adoperando per far figurare che l’uomo era uscito dalla compagine prima del bando così da poter ricorrere alla giustizia amministrativa e rientrare in corsa per l’aggiudicazione dell’appalto. I magistrati lo hanno fermato prima.

mercoledì 4 marzo 2020

Consip, chiusa indagine su Lotti e Saltalamacchia, accusati di rivelazione segreto d’ufficio. Stralciata posizione di Del Sette.

Consip, chiusa indagine su Lotti e Saltalamacchia, accusati di rivelazione segreto d’ufficio. Stralciata posizione di Del Sette

Dopo la decisione del gip che ha respinto la richiesta di archiviazione, la Procura di Roma va verso la formulazione della richiesta di rinvio a giudizio per l'ex ministro e il generale dei carabinieri. Sarà giudicato da un altro collegio, invece, l'altro alto ufficiale.

Chiusa l’indagine per rivelazione di segreto d’ufficio nei confronti di Lotti e Saltalamacchia, stralciata la posizione di Tullio Del Sette. È quanto fatto dalla Procura di Roma, che dopo la decisione del gip che ha respinto la richiesta di archiviazione, ha proceduto alla chiusura di un filone della maxinchiesta sul caso Consip che vede indagati proprio per il reato di rivelazione del segreto d’ufficio l’ex ministro dello Sport del governo Gentiloni e il generale dei carabinieri, Emanuele Saltalamacchia. I due già compaiono come imputati assieme ad altri nel processo principale per l’accusa di favoreggiamento. Nei confronti di Lotti e Saltalamacchia il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi dovranno, ora, formulare la richiesta di rinvio a giudizio. Alla luce di questa novità il processo principale, che si celebra davanti alla ottava sezione collegiale, è stato aggiornato al prossimo 30 giugno in attesa dell’udienza preliminare per Saltalamacchia e Lotti.

Secondo la Procura, l’ex ministro Lotti, il 3 agosto del 2016, ha rivelato all’allora ad di Consip Luigi Marroni “l’esistenza di una indagine penale che interessava gli organi apicali passati e presenti di quella società e, in particolare, di una attività di intercettazione telefonica sull’utenza in suo uso”, mentre Saltalamacchia secondo l’accusa ha rivelato allo stesso Marroni che la procura di Napoli indagava su Consip. Dal processo ha invece chiesto ed ottenuto di essere stralciato il generale dei carabinieri Tullio Del Sette, imputato per rivelazione del segreto di ufficio e favoreggiamento per aver informato nell’estate del 2016, Luigi Ferrara, all’epoca presidente di Consip, che c’era un’inchiesta penale sul conto dell’imprenditore campano Alfredo Romeo e di essere cauto “nelle comunicazioni a mezzo telefono”. “Alla base di questa scelta – ha spiegato il difensore di Del Sette, l’avvocato Fabio Lattanzi – c’è l’interesse ad una veloce definizione della sua posizione”. L’alto ufficiale sarà quindi giudicato da un altro collegio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/03/consip-chiusa-indagine-su-lotti-e-saltalamacchia-accusati-di-rivelazione-del-segreto-dufficio-stralciata-la-posizione-di-del-sette/5723906/?fbclid=IwAR2El69S0q0Ynttk0OfL0kf_SoyodqDRBrAaFVJ38bWOiAe9mp-bvWLXyIs