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domenica 10 gennaio 2021

Consip, nuovi accertamenti sui contatti P. Chigi-Romeo. - Marco Lillo e Valeria Pacelli

 

Intanto l’imprenditore campano smentisce se stesso e Tiziano Renzi: ci vedemmo in un bar, ma non si parlò di gare.

Riparte nei tempi supplementari l’inchiesta Consip. Dopo l’avviso chiusura indagini contro Alfredo Romeo, Tiziano Renzi, Carlo Russo e Italo Bocchino per la presunta turbativa d’asta e il presunto traffico di influenze sulla gara FM4 da 2,7 miliardi, i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi hanno acquisito l’informativa depositata nel procedimento napoletano su Romeo per altri fatti. L’informativa riguardava i messaggi trovati nel telefonino di Carlo Russo. Dopo averla letta i magistrati romani hanno deciso di dare nuove deleghe di indagine ai Carabinieri. Poiché l’inchiesta era stata già chiusa però nelle indagini integrative non possono essere ri-interrogati gli indagati per chiedere conto dei nuovi elementi. Per esempio i pm non potranno chiedere conto a Domenico Casalino dell’incontro con Tiziano Renzi e Carlo Russo avvenuto il 22 aprile 2015 alle 15 in un bar dell’Eur a Roma raccontato da Casalino al Fatto nell’articolo “L’incontro ignorato dai pm fra Tiziano Renzi e l’ex Ad” del 30 ottobre 2020. Non potranno nemmeno chiedere di nuovo a Tiziano Renzi dell’incontro con Alfredo Romeo raccontato, sempre al Fatto e non ai pm, da Romeo.

Cosa potranno fare allora i magistrati romani? Potrebbero convocare Eleonora Chierichetti, completamente estranea alle indagini. Perché i pm potrebbero sentire a sommarie informazioni la ex collaboratrice storica di Matteo Renzi nell’inchiesta in cui è indagato il padre dell’ex premier? Nell’informativa i carabinieri napoletani ricostruiscono cosa sia avvenuto ad aprile 2015. Il 10 aprile di quell’anno pochi minuti dopo le 9 del mattino, Tiziano Renzi “comunicava a Russo il numero del cellulare di Eleonora Chierichetti”. Già collaboratrice di Matteo Renzi ai tempi in cui era presidente della Provincia e poi sindaco a Firenze, la Chierichetti in quel momento è nella segreteria di Palazzo Chigi, impegnata alle dipendenze del sottosegretario Luca Lotti. Due ore dopo aver ricevuto il contatto da Tiziano Renzi, Russo scrive: “Eleonora buongiorno, scusa se ti disturbo. Posso chiamarti? Grazie, Carlo Russo”. Dall’informativa non emerge il motivo di questo contatto. Tre giorni dopo, però, il 13 aprile 2015, alle 14.52, Paola Grittani, collaboratrice fidata di Alfredo Romeo, invia a Russo il numero della Romeo Gestioni. “Dr. Ecco il numero della segreteria dell’avvocato. Si preoccuperanno di passare la telefonata n. 081******* saluti”. Appena due minuti dopo Russo invia quel numero al cellulare della Chierichetti: “081******* avv Romeo”.

Che cosa è successo dopo? Ci sono stati contatti tra Palazzo Chigi e ‘l’avv Romeo’? Quando Il Fatto si occupò della vicenda, l’ex ministro Lotti spiegò di non aver mai incontrato Romeo e di non averlo mai contattato telefonicamente. Romeo su questa circostanza ha precisato di non aver parlato con Matteo Renzi e ha spiegato così la ragione di quello scambio di messaggi: “Avrei avuto piacere che a concludere (un convegno a Roma poi tenutosi nel novembre 2015, Ndr) fosse il presidente del Consiglio (…) mi aveva chiamato in aprile anche una signora della Segreteria di Palazzo Chigi. Mi aveva dato assicurazioni ma non se ne fece niente”.

Il 18 dicembre scorso la Procura di Roma ha chiesto il processo per Tiziano Renzi, il suo amico Carlo Russo e l’imprenditore Romeo con altri perché, nell’impostazione dei pm, Russo si faceva promettere denaro per sé e per Tiziano Renzi (che ha sempre negato di conoscere le interlocuzioni tra Russo e Romeo) in cambio della propria mediazione sull’ex ad di Consip, Luigi Marroni (estraneo alle indagini) affinché favorisse le società dell’imprenditore campano nella gara Fm4.

Tiziano Renzi ha negato nell’interrogatorio di marzo 2017 con i pm di Roma di avere incontrato Alfredo Romeo. Nel maggio del 2017 però nel libro “Di padre in figlio” (edito da PaperFirst) pubblicammo la trascrizione di una telefonata tra Matteo e Tiziano Renzi alla vigilia di quell’ interrogatorio. Tiziano, mentre era intercettato dai pm di Napoli, escludeva con poca convinzione al figlio che lo incalzava di aver fatto incontri al ristorante con Romeo ma diceva di “non ricordare i bar”. Matteo Renzi dopo la pubblicazione difese il padre e chiese persino le scuse pubbliche ai giornalisti che rilanciavano la notizia del possibile incontro con Romeo, senza fare verifiche, a suo dire. Il Fatto svelò però nell’estate 2017 un’altra conversazione intercettata sempre nel 2016 in cui Russo e Romeo parlavano di un incontro in un ‘barettino’. Ipotizzammo fosse proprio ‘il bar’ dimenticato da Tiziano nella telefonata con Matteo. Allora Romeo si fece intervistare da Repubblica il 18 agosto 2017 e negò l’incontro. Però gli investigatori guardarono meglio i tabulati telefonici in loro possesso individuando la sovrapposizione delle celle agganciate dai tre cellulari il 16 luglio 2015, a Firenze. La linea di Russo, Romeo e Tiziano però restò la stessa. Il primo marzo del 2019 a Repubblica che gli chiedeva “È proprio sicuro di non aver mai incontrato Renzi Senior?”, Romeo tronfio e sicuro rispondeva: “Mai. L’ho detto e l’ho ripetuto non è il caso di tornarci”.

Si arriva così al dicembre 2020. Il Fatto chiede a Romeo un’intervista e l’imprenditore ritrova la memoria: “L’incontro col papà di Renzi lo ho avuto nel luglio del 2015. Ci siamo visti per dieci minuti al banco di un bar, senza neanche sederci. Abbiamo parlato solo del convegno che stavo organizzando con l’Osservatorio Risorsa Patrimonio (…) avrei avuto piacere che a concludere fosse il presidente del Consiglio. (…) Nessuna relazione con Consip”.

Il Gip Gaspare Sturzo la vede diversamente e nota che pochi giorni dopo quell’incontro Tiziano Renzi contatta l’amministratore delegato di Consip appena nominato, Luigi Marroni, e gli chiede un incontro a Firenze. Nelle risposte scritte di Romeo alle nostre domande a dicembre (che non abbiamo pubblicato perché Romeo pretendeva fossero messe in pagina integralmente comprese, oltre alle mezze ammissioni sull’incontro fiorentino, anche alcune balle da noi restituite al mittente) c’erano altri elementi interessanti come le chat sopra riportate per organizzare la telefonata Romeo-Palazzo Chigi. Per esempio c’era la rivelazione di un fatto: Carlo Russo arrivò al cospetto di Romeo nel 2015 grazie all’allora Ad di Consip. “Casalino – ci ha scritto Romeo – mi chiese attraverso Italo Bocchino di incontrare Russo”. Dunque ricapitolando: Russo incontra Casalino, Ad di Consip da solo a febbraio 2015. Sempre Casalino – a detta di Romeo – manda Russo da Romeo tramite Bocchino. Poi Casalino, da Ad in carica di Consip, incontra Russo con Tiziano Renzi al bar dell’Eur. Infine, dopo la sostituzione di Casalino con Marroni al vertice di Consip ecco che Tiziano Renzi e Russo incontrano Romeo il 16 luglio 2015 a Firenze. Il 20 luglio 2015 poi Tiziano contatta l’Ad in carica di Consip, Luigi Marroni, nominato dal governo Renzi, per incontrarlo a Firenze e poi aggiorna sul possibile futuro incontro Russo.

Però – secondo la deposizione di Luigi Marroni, ritenuta attendibile dai pm romani – quando finalmente Russo incontra, su input di Tiziano, Marroni non gli raccomanda Romeo ma un’altra società. Quale? Mistero. Marroni non ricorda. Questa è la matassa che dovrà essere sbrogliata nell’udienza preliminare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/10/consip-nuovi-accertamenti-sui-contatti-p-chigi-romeo/6060813/

venerdì 11 ottobre 2019

Il cellulare di Tiziano Renzi intestato a uno straniero. - Mattia Pirola



Il padre di Matteo Renzi si sarebbe servito di un telefono intestato a un extracomunitario per paura di venire intercettato.

Ancora guai per Tiziano RenziDopo la condanna a un anno e nove mesi, insieme alla moglie Laura Bovoli, per fatture false, il padre di Matteo Renzi avrebbe utilizzato un telefono intestato a un'altra persona, un extracomunitario, per timore di essere intercettato.
Il tutto sarebbe avvenuto dopo l'arresto per bancarotta fraudolenta, il 18 febbraio scorso.
Lo scrivono LaVerità e il Corriere Fiorentino, raccontando come nelle ultime ore gli uomini della Guardia di Finanza gli avrebbero sequestrato il "secondo" cellulare a seguito di una perquisizione nella casa di famiglia a Rignano sull'Arno.
Il genitore del leader di Italia Viva deve affrontare ora una nuova inchiesta, per traffico di influenze illecite a Firenze. Insieme a Renzi senior, sarebbe indagato anche il suo ex socio, l'immobiliarista pugliese Luigi Dagostino.
Stando però a quanto appreso dall’agenzia stampa Adnkronos, gli avvocati difensori della famiglia Renzi, non avrebbero mai ricevuto nessun atto relativo all'indagine per un presunto traffico illecito di influenze. In serata, anzi, Tiziano Renzi ha pubblicato una nota in cui afferma: "Ancora una volta leggo notizie false e gravemente diffamatorie nei miei confronti. A differenza di quanto riportano oggi alcuni quotidiani non ho mai avuto telefoni intestati a cittadini extracomunitari. Mai. Ho consegnato alla procura tutti i miei telefoni, anche quelli vecchi non più in uso, oltre all'IPad e ai computer e sto aspettando che mi vengano restituiti per recuperare le foto dei miei nipoti che sono l'unica cosa cui tengo di quei telefoni. Non so cosa sia questo telefonino intestato a un extracomunitario. L'unica scheda telefonica straniera è una scheda comprata a Medjugorie, da utilizzare nel corso dei frequenti pellegrinaggi e che peraltro non avevo ancora mai usato".

venerdì 23 marzo 2018

LO SCONFITTO RENZI VUOLE PIAZZARE LA BOSCHI IN VIGILANZA RAI E LOTTI AL COPASIR, LA COMMISSIONE SUI SERVIZI SEGRETI: IL GIGLIO MAGICO NON È AFFATTO APPASSITO E CONTA SULLE POLTRONE RISERVATE ALL’OPPOSIZIONE PER MANTENERE IL POTERE. NONOSTANTE 4 BATOSTE ELETTORALI CONSECUTIVE.




Maurizio Belpietro per La Verità.


Quattro batoste possono bastare? A quanto pare no. Perdere due capoluoghi di regione, tra cui la capitale d' Italia, un referendum, una quarantina di Comuni, tra cui città amministrate dalla sinistra fin dal 1946, e dimezzare i voti evidentemente non è ancora ritenuto sufficiente per arrendersi. E così, non avendo compreso bene la lezione uscita dalle urne, i renziani si apprestano a ripartire, come se il 4 marzo non fosse successo niente di preoccupante.

renzi boschi
Renzi Boschi

Altro che Giglio magico appassito. Approfittando della primavera, dalle parti di Firenze l' ex presidente del Consiglio e i suoi fedelissimi sono pronti a sbocciare di nuovo. Dopo essersi dimesso dalla carica di segretario del Pd, Renzi lavora infatti per mantenere il controllo del partito, dettandone la linea e impedendo che Maurizio Martina corregga le direttive da lui imposte al momento dell' addio.

Così, se il vicesegretario reggente apre alla possibilità che, su richiesta del presidente della Repubblica, il Pd appoggi un esecutivo con i 5 stelle, l' ex premier chiude e lancia l' idea di un referendum tra gli iscritti. Una consultazione che rischierebbe di arrivare fuori tempo massimo e dunque a giochi conclusi.
Che poi è proprio quello che Renzi vuole, ossia lasciar fare agli altri, a pentastellati e leghisti, affinché con il passare dei giorni si brucino o peggio siano costretti a mettersi insieme.

tiziano renzi luca lotti
Luca Lotti Tiziano Renzi

Tuttavia non è solo l' ex segretario a prepararsi a rifiorire, pronto anche a fondare un proprio partito o una propria corrente che almeno nel nome scopiazzi il movimento di Emmanuel Macron. No, a rialzare i petali si preparano tutti i renziani. Non hanno ancora mollato le poltrone occupate in questi anni che già si preparano a coprirne altre. La più lesta di tutti a quanto pare è l' ape regina del Giglio magico, Maria Elena Boschi, che si appresterebbe a volare sul bocciolo della Rai.

Per lei il Pd sarebbe pronto a chiedere la presidenza della commissione di vigilanza sulla televisione pubblica, poltroncina da sempre riservata a un esponente dell' opposizione. Depositare le zampette sull' organo di controllo di Viale Mazzini, garantirebbe, anche senza essere in consiglio di amministrazione, una presa sull' informazione oltre che una discreta visibilità.

RENZI LOTTI
 Renzi Lotti

Il prossimo governo dovrà fare i conti con l' occupazione renziana del servizio pubblico e avere una postazione come quella della presidenza della commissione di vigilanza potrebbe consentire di tenere sotto tiro le operazioni di smantellamento del sistema di potere.

Ma se l' ape regina punta sul polline Rai, per un altro petalo del Giglio magico si aprirebbe la strada del Copasir, ovvero del comitato parlamentare che ha il compito di controllare l' operato dei servizi segreti. Il delicato incarico, che anche in questo caso per prassi spetta all' opposizione, farebbe gola al ministro dello Sport, Luca Lotti. Già nel dicembre 2017, allorquando Renzi fu costretto dalla legnata referendaria a passare il testimone a Paolo Gentiloni, Lotti aveva provato a farsi assegnare le deleghe sugli 007, ma l' operazione non era riuscita.

Marco Carrai con Matteo Renzi
Marco Carrai con Matteo Renzi

Un po' perché un ministro dello Sport che oltre a occuparsi di calciatori abbia le mansioni di tener d' occhio le spie avrebbe rappresentato un' anomalia nel pur insolito panorama politico italiano. E un po' perché lasciare nelle mani di un fedelissimo di Renzi il controllo sulle agenzie di sicurezza era come delegare a un segretario di partito una delle attività più delicata della Repubblica. Risultato, Lotti si dovette accontentare di seguire, oltre allo sport, anche l' editoria e il comitato di programmazione economica.

carrai renzi cybersecurity 5
Carrai Renzi Cybersecurity 5

E il suo mentore, che quand' era a Palazzo Chigi provò a mettere alla guida della cybersicurezza il suo prestacasa, ossia l' imprenditore Marco Carrai, fu costretto al secondo passo indietro. Oggi però Lotti, e dunque Renzi, ritentano il colpo, sperando di riuscire a mettere le mani sul comitato. Ci riusciranno? Difficile rispondere. Di certo Renzi e i suoi nel Pd contano ancora molto. In Parlamento l' ex segretario ha fatto entrare solo uomini di fiducia e in direzione anche. Dunque rovesciare i rapporti di forza non è semplice e per farlo ci vuole tempo.

Insomma, serve pazienza. Per ora prepariamoci a vedere risbocciare il Giglio magico. Il virgulto sarà probabilmente meno infestante di prima, ma per estirparlo serve il diserbante di un' altra batosta.

giovedì 18 maggio 2017

La telefonata tra Renzi e il padre sull’inchiesta CONSIP. - Alessandro D'Amato



Il Fatto Quotidiano pubblica oggi un'anticipazione del libro di Marco Lillo "Di padre in figlio" con una telefonata tra Matteo e Tiziano Renzi. L'ex premier dice cose comiche su Medjugorie ma si comporta davvero come uno che non solo non c'entra nulla con la vicenda giudiziaria Consip ma che vuole conoscere la verità e per questo "interroga" il padre...

Il Fatto Quotidiano pubblica oggi un’anticipazione del libro di Marco Lillo “Di padre in figlio” in uscita con l’intercettazione di una telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano. Già dalla prima pagina la telefonata si preannuncia gustosa: il Fatto segnala che al padre Renzi ha detto che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”.

La telefonata tra Renzi e il padre sull’inchiesta CONSIP

E qui le cose sono due: o Renzi ha inconsapevolmente aderito al pensiero del Papa su Medjugorie, oppure nel dialogo si sta riferendo all’attività di organizzatore di viaggi di pellegrinaggio con un’espressione il cui senso non è molto faticoso capire. A parte le facezie, la telefonata è del 2 marzo 2017 alle 9,45 di mattina e i magistrati lo stanno intercettando nell’ambito dell’inchiesta CONSIP. Il giorno dopo Tiziano dovrà essere ascoltato dai pm di Roma, dove l’inchiesta è già arrivata mentre il padre è indagato per traffico di influenze da due settimane. Quel giorno è stata pubblicata su Repubblica l’intervista ad Alfredo Mazzei in cui il commercialista napoletano sostiene che Romeo gli abbia rivelato di aver incontrato Tiziano Renzi in una bettola romana con un ingresso riservato: lì dovevano parlare d’affari, ovvero proprio del maxiappalto CONSIP.
Alfredo Mazzei, il testimone che tira in ballo Tiziano, Matteo lo conosce bene. È l’ex tesoriere del Pd della Campania, in ottimi rapporti con i fedelissimi del neo segretario: l’avvocato Alberto Bianchi e Maria Elena Boschi. Non è, dunque, solo un amico di Alfredo Romeo.
È Matteo che chiama al telefono il padre. Sa che rischia di essere intercettato e non a caso dice cose da manuale di educazione civica tipo: “Babbo devi dire tuttala verità ai magistrati”. Però qua e là nella conversazione esce fuori l’animo “familista”del leader del Pd. Come quando suggerisce di non rivelare che a un ricevimento con alcuni imprenditori era presente anche sua madre, Laura Bovoli. Durante la chiamata emerge chiaramente la sfiducia di Matteo verso Tiziano: il figlio teme che il padre possa mentire anche a lui. Non solo all’Italia e ai pm.
Renzi in quel momento non è più premier né deputato. È solo un figlio infuriato con il padre che rischia di rovinargli la carriera politica. Appena Tiziano risponde al telefono il figlio gli fa: “Non puoi dire che non conosci Mazzei perché lo conosco anche io”. Matteo Renzi è terrorizzato dall’interrogatorio che si terrà il giorno dopo a piazzale Clodio. Dice al padre che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”. Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizioni, lo ferma: “Non devi dire così”.

Matteo Renzi e il giro di merda per Medjugorie.

Già da queste poche parole possiamo osservare che il terrore di Renzi per le conseguenze di quello che potrebbe dire il padre, e visto che l’inchiesta è già scoppiata sui giornali è terrorizzato per quello che potrebbe dire il padre ma dell’inchiesta non sa davvero niente, smentendo così fragorosamente il complottismo di quei mesi sui servizi segreti che spiavano i magistrati del NOE di cui erano piene le informative dell’epoca. Talmente furioso e terrorizzato che il padre deve riprenderlo per quello che dice su Medjugorie mentre lui se ne frega altamente  e gli dice “Stai distruggendo un’esperienza ”, ovvero la sua in politica. Più autenticamente Renzi di così è difficile.
Si capisce che non si fida del padre alla vigilia dell’inter rogatorio: “Devi dire nomi e cognomi”gli intima e poi aggiunge che questa storia è delicata per lui perché “Mazzei è l’unico che conosco anche io”. Poi Matteo arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta non è netta ma sibillina. I carabinieri nel brogliaccio annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Cioè, Tiziano Renzi nega un incontro al ristorante (“la bettola”) come è stato riferito ai pm e ai giornali da Mazzei che a sua volta l’aveva appreso da Romeo in persona. Però, se il no sui ristoranti è netto, non lo è altrettanto quello su un possibile incontro con l’i mprenditore campano in un bar.
Insomma, sono proprio le intercettazioni a confermare, tramite la genuina ansia di avere guai nella sua carriera, l’estraneità di Renzi all’inchiesta CONSIP. “Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino”, dice ancora Renzi al padre mettendolo davvero in difficoltà in una requisitoria che avrà sicuramente preparato il padre al meglio per l’interrogatorio con i magistrati. E non solo:
Ma Matteo non lo fa finire e gli dice: “Non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”. (…) Matteo sa che quella del Four Season comunque non è una situazione legata all’indagine Consip e torna a chiedere: “Hai incontrato Romeo in un’altra situazione? ”. Tiziano ancora una volta risponde che non ne ha memoria. A quel punto Matteo molla la presa e formula la sua fosca previsione sul destino di entrambi: “Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie”.
Il vero terrore di Renzi riguarda quello che potrebbe danneggiarlo nei rapporti con il padre. E c’è un’altra frase sibillina da segnalare: “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”. Luca è ovviamente Luca Lotti e il figlio sta accusando il padre di non aver detto la verità (evidentemente sulla faccenda) al suo braccio destro. O Renzi è il più grande attore del mondo, oppure non solo non c’entra nulla con la faccenda delle gare ma è anche piuttosto arrabbiato con il genitore perché nemmeno lui si fida dei suoi intrallazzi. Al netto di “giri di merda per Medjugorie” da questa telefonata emerge un Renzi sinceramente preoccupato… per sé stesso ma anche fuori da qualunque impiccio nella vicenda. Matteo dovrebbe esserne contento e correre ad acquistare il libro di Lillo.
EDIT ore 9.28: La replica di Renzi su Facebook:
Questa mattina Il Fatto Quotidiano pubblica con grande enfasi delle intercettazioni tra me e mio padre. Risalgono a qualche settimana fa e sono già in un libro, a firma di un giornalista che si chiama Marco Lillo.
Nel merito queste intercettazioni ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: “Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità.”
Mio padre non ha mai visto un tribunale fintantoché suo figlio è diventato premier. Fino a quel momento ha vissuto tranquillamente la sua vita, esuberante e bella: ha 66 anni e proprio sabato scorso ha festeggiato i 45 anni di matrimonio. Quattro figli, nove nipoti, gli scout, il coro della chiesa, il suo lavoro e naturalmente la passione civica per Rignano: è un uomo felice. Ha conosciuto la giustizia solo dopo che io sono arrivato a Palazzo Chigi. Non è abituato a questa pressione che deriva dal suo cognome più che dai suoi comportamenti. Gli ricordo che se sa qualcosa è bene che la dica, all’avvocato e al magistrato. La verità prima o poi emerge: è giusto dirla subito.
Politicamente parlando le intercettazioni pubblicate mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l’ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita per le intercettazioni, qualcuno ci ha rimesso il lavoro.
Ma umanamente mi feriscono perché in quella telefonata sono molto duro con mio padre. E rileggendole mi dispiace, da figlio, da uomo. Da uomo delle istituzioni, però, non potevo fare diversamente.
Vi racconto i fatti. È il 2 marzo. Il giorno prima, mercoledì delle ceneri, vado nella Locride dai meravigliosi ragazzi della cooperativa Goel, una delle visite più belle del mio “Trolley tour”. Percorro la Salerno-Reggio Calabria, poi mi fermo a Catanzaro. Quindi arrivo a Taranto. Arrivo in albergo stanco, non ceno e alle 22 sono già a letto. Al mattino incontro gli operai dell’ILVA con la splendida Teresa Bellanova: non li ho mai lasciati soli in tre anni, voglio parlare con loro anche adesso che non sono più premier. Prendo un caffè con la direttrice del Museo di Taranto, perché per me Taranto riparte solo se riparte anche la vita in città, non solo l’acciaio. Di tutto lascio traccia su instagram, sul blog, sui social. Poi finalmente trovo il tempo di chiamare mio padre.
Sono circa le 9.30 del mattino. Mi metto sulla terrazza della sala da pranzo delle colazioni, avendo cura di essere solo. E affronto mio padre. Per me è una telefonata umanamente difficile. Repubblica ha pubblicato una clamorosa intervista a un testimone che riferisce di una cena riservata in una bettola segreta tra mio padre e l’imprenditore Romeo, lo stesso che secondo una ricostruzione dei magistrati di Napoli gli avrebbe dato 30 mila euro in nero al mese. Conosco mio padre e conosco la sua onestà: alla storia dello stipendio in nero da 30 mila euro non crede nemmeno un bambino di tre anni. Ma dubito di lui, esperienza che vi auguro di non provare mai verso vostro padre, e sulla cena mi arrabbio. “Ma come? Vai a fare le cene riservate in una bettola segreta a Roma? Con imprenditori che hanno rapporti con la pubblica amministrazione?” Mi sembra allucinante. E tuttavia, ingenuo come sono, credo a Repubblica perché mi sembra impossibile che pubblichino un pezzo senza alcuna verifica: se lo scrivono, sarà vero. Dunque incalzo mio padre.
Lo tratto male, dicendogli: “non dirmi balle, la cena c’è stata per forza altrimenti non lo scriverebbero”. “Quante volte hai visto Romeo”. Lo interrogo, lo tratto male. Ma sono un figlio. E se tuo padre bluffa lo senti. Mio padre mi ribadisce: non c’è stata nessuna cena, devi credermi. Matteo, è una notizia falsa, devi credermi. Con l’aggiunta di qualche espressione colorita toscana.
Alla fine della telefonata, durissima, salgo in auto verso Castellaneta e poi Matera e sussurro a un caro amico che mi accompagna: “Mio padre non c’entra niente, mio padre non ha fatto niente. Questa storia puzza.”
I fatti li conoscete. Nelle settimane successive un’altra procura, quella di Roma, indagherà su un capitano dei carabinieri che aveva fatto le indagini su mio padre accusando il militare di falso. La storia diventa torbida con presunti interventi dei servizi segreti, che vengono vergognosamente citati da persone prive di alcuna serietà istituzionale. La vicenda assume contorni inquietanti e l’intrigo si carica ogni giorno di nuovi particolari.
Io mi limito a osservare, registrare tutto quello che sta accadendo che è impressionante e attendere che una sentenza certifichi la verità. Non ho fretta. Osservo anche i dettagli. Sono umanamente provato, ovvio, e si vede quando vado in TV dalla Gruber, ma ribadisco sempre la stessa cosa: vogliamo che sia fatta piena luce su questa vicenda. Gli avvocati hanno materiali per un risarcimento danni copioso (del resto lo stesso Marco Lillo mi conosce visto che già in un caso ha preteso di mettere una clausola di riservatezza così da non dire fuori se e quanto ha dovuto pagare: fanno sempre così i teorici della trasparenza, altrui). Spero che bastino per pagare i mutui della mia famiglia: perché noi come tutti gli italiani abbiamo i mutui, non le tangenti.
Ma umanamente mi dispiace per mio padre. È entrato in una storia più grande di lui e solo per il cognome che porta. Ieri, per la seconda volta, in tre mesi mio padre era all’ospedale di Careggi per un altro piccolo intervento al cuore. E alla fine mi viene da pensare che sia tutto per colpa mia, solo per il mio impegno in politica. Delle volte mi domando se tutto questo dolore abbia un senso. Se sia giusto far pagare a chi ti sta vicino il fatto che ci sia gente che farebbe di tutto per vedermi politicamente morto. E mi dico che forse alla fine per cercare di migliorare la vita degli altri si finisce col peggiorare quella di chi ti sta accanto: penso soltanto a quanto ha sofferto Agnese per le vergognose cose che le hanno detto sulla buona scuola, dopo anni di precariato come tutte le sue colleghe.
Poi mi ripeto che possono inventarsi di tutto, ma noi non molleremo.
Chi ha sbagliato pagherà fino all’ultimo centesimo, comunque si chiami. Spero che valga anche per chi – tra i giornalisti – ha scambiato la ricerca della verità con una caccia all’uomo che lascia senza parole. Intendiamoci: la stragrande maggioranza dei giornalisti fa bene il proprio lavoro. Ma anche molti giornalisti in queste ore mi stanno scrivendo per domandarsi se non si sia superato il limite. Questo naturalmente non toglie che chi ha potere, o ha avuto potere, deve rispondere a tutte le domande: cosa che farò anche alle 16 oggi pomeriggio direttamente con i cittadini con il Matteo Risponde.
Possono costruire scandali o pubblicare prove false quanto vogliono. Noi crediamo nella giustizia. Ci fidiamo delle istituzioni italiane. E abbiamo un grande alleato: perché il tempo non cancella la verità. La fa emergere. Tutte le volte che risaliamo nei sondaggi arriva un presunto scandalo a buttarci giù. Forse butterà giù i sondaggi, forse. Ma di sicuro non butterà giù il nostro morale. Perché non non ci fermeranno nemmeno stavolta. Avanti, insieme

 https://www.nextquotidiano.it/telefonata-renzi-padre-consip/