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lunedì 25 marzo 2024

Fossile di drago marino di 180 milioni di anni scoperto in un bacino idrico del Regno Unito. - Hasan Jasim

 

Un fossile di drago marino di 180 milioni di anni è stato scoperto in un bacino idrico nel Regno Unito.

In una scoperta straordinaria, un fossile di un drago marino di 180 milioni di anni è stato trovato in un bacino idrico nel Regno Unito. Il fossile, che si ritiene sia i resti di una nuova specie di drago marino, è stato scoperto da un cacciatore di fossili dilettante nell'estate del 2021.

Il drago marino, chiamato Ittiosauro, è un tipo di rettile marino vissuto durante l'era mesozoica. Queste creature erano conosciute per i loro corpi lunghi e snelli e si credeva fossero potenti nuotatori che si nutrivano di pesci e calamari.

Il fossile è stato scoperto da Paul de la Salle, un cacciatore di fossili dilettante che stava cercando fossili in un bacino vicino alla città di Rutland, nella regione delle East Midlands in Inghilterra. Dopo aver scoperto il fossile, de la Salle contattò esperti locali, i quali confermarono che si trattava effettivamente dei resti di un ittiosauro.

Si dice che il fossile sia straordinariamente ben conservato, con gran parte dello scheletro intatto. Gli esperti ritengono che la creatura fosse lunga circa 4 metri e che da viva pesasse circa 150 chilogrammi.

La scoperta di questa nuova specie di drago marino è significativa perché fornisce nuovi spunti sull’evoluzione di queste affascinanti creature. In particolare, fa luce sulla diversità degli ittiosauri durante il periodo Giurassico, periodo in cui si ritiene che questa particolare specie abbia vissuto.

Il fossile è stato donato al museo locale di Rutland, dove sarà studiato ed esposto al pubblico. Si spera che questa straordinaria scoperta ispiri più persone a interessarsi ai fossili e al mondo naturale.

In conclusione, la scoperta di questo fossile di drago marino di 180 milioni di anni è un evento significativo per la paleontologia e lo studio delle creature preistoriche. È un promemoria dell’incredibile diversità della vita che è esistita sul nostro pianeta e dell’importante ruolo che i cacciatori di fossili dilettanti possono svolgere nel fare nuove scoperte.

https://hasanjasim.online/a-180-million-year-oldsea-dragon-fossil-has-been-discovered-in-a-reservoir-in-the-united-kingdom/?fbclid=IwAR0ozKlLi2xCeeIYSA5rdY4RkkGbnSQBUuJcQapwcAKqqnT3-8Cpe98YqxM

sabato 17 luglio 2021

Ecco perché il Green pass è costituzionale e può limitare alcune libertà. - Carlo Melzi d'Eril e Giulio Enea Vigevani

 

La Costituzione tutela la salute come interesse della collettività ed è quindi ammissibile limitare la libertà di chi non si vaccina, ma le cure vanno garantite a tutti.

I punti chiave


Alla sola ipotesi di introdurre anche in Italia il possesso del green pass per consentire l’accesso a stadi, ristoranti e altri luoghi pubblici si è risposto soprattutto con slogan. L’idea è stata liquidata come uno scherzo dal leader della Lega, definita addirittura «raggelante» da Giorgia Meloni, in insanabile contrasto con la libertà individuale «sacra e inviolabile». Dall’altra parte, non manca chi auspica una soluzione del genere come una sorta di giusta punizione per i reprobi che si sono sottratti al dovere etico di vaccinarsi e propone addirittura di far pagare le cure a chi si ammala «per colpa sua».

Tutto ciò distrae da una questione che è, invece, terribilmente seria e davvero merita di essere sottratta alla propaganda, specie ora che la maggioranza degli italiani ha ricevuto almeno la prima dose e quindi una prospettiva del genere diventa assai più concreta.

Quando la campagna vaccinale stava per partire ci eravamo chiesti se lo Stato avrebbe potuto costringere i cittadini alla profilassi. Anche allora, infatti, alcuni si opponevano per principio sventolando il vessillo della libertà, quasi mai però declinandone un significato intellegibile.

Cosa dice la Costituzione.

Nella nostra Costituzione, dicevamo, la salute non è tutelata solo come diritto fondamentale del singolo ma altresì come interesse della collettività. Ciò consente l’imposizione di un trattamento sanitario se diretto «non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri», come ha stabilito la Corte costituzionale nel 2018.
D’altro canto, la Costituzione stessa consente di introdurre limiti alla libertà di circolazione proprio per motivi di sanità. Intravediamo quindi lo spazio per istituire, per legge, non tanto una prescrizione, un trattamento sanitario obbligatorio, quanto qualcosa che somigli a un onere.

Per chi scatta l’obbligo del vaccino.

Si potrebbe subordinare alla vaccinazione l’esercizio di professioni che impongono il contatto con molte persone, a maggior ragione quando si tratta di persone fragili. Pensiamo a medici, insegnanti, forze dell'ordine.
Alla medesima condizione potrebbe essere sottoposta la partecipazione a eventi o contesti in cui il contagio rischia di diffondersi con rapidità, come concerti, stadi, discoteche e persino ristoranti o mezzi di trasporto pubblico.
Non vedremmo particolari difficoltà a estendere simili limitazioni alla frequentazione di scuole o luoghi di culto, qualora si dimostrasse che appunto si tratta di contesti ove il virus circola in modo più veloce.

E ciò non solo per evitare la diffusione di focolai, ma anche per consentire alle persone che non possono usufruire del vaccino per ragioni di salute – che sarebbero ovviamente esonerate dall'onere del “green pass” – di esercitare quei diritti che altrimenti sarebbero loro preclusi per elementari ragioni di prudenza.

Le condizioni per l’obbligo.

Certo, tutto ciò ad alcune condizioni: che la scienza garantisca, entro i confini in cui può farlo, la sicurezza dei vaccini e la loro indispensabilità per superare la pandemia; che sia diffusa una campagna di capillare informazione circa i molti benefici e i lievi rischi; che sia consentito a chiunque intenda vaccinarsi di farlo.

Questo scrivevamo mesi fa e questo sottoscriviamo oggi quando quelle condizioni che allora auspicavamo sembrano essersi tutte verificate. Sicché non vediamo difficoltà a che il Parlamento introduca limitazioni per chi avrebbe potuto vaccinarsi e ha scelto di non farlo. Ci pare infatti che una simile iniziativa corrisponda a un bilanciamento fra beni giuridici ben orientato dal punto di vista costituzionale. In particolare, di fronte a una pandemia che mette a serio rischio la vita, bene primario in assenza del quale gli altri beni nemmeno esisterebbero, questi ultimi ben possono essere compressi per tutelare il primo.

Vale il principio di ragionevolezza.

Come si opera questo bilanciamento? In base ad alcune regole note, declinate seguendo il principio di ragionevolezza. Possiamo ricordarne alcuni: i beni collettivi possono fare premio su quelli individuali; in base al principio di solidarietà, le persone più deboli debbono essere tutelate; in base a quello di responsabilità, chi si è posto in una posizione di rischio che avrebbe potuto evitare senza difficoltà, può essere, in una certa misura, meno tutelato di chi quella stessa posizione di rischio non ha potuto evitare; infine, situazioni emergenziali possono giustificare una maggiore compressione, per il tempo strettamente necessario, di alcuni diritti fondamentali.

Lo ribadiamo: la legge può limitare, senza comprimerla del tutto, la libertà di movimento e di riunione di chi, potendo vaccinarsi, non l’ha fatto per sua libera scelta, contro l’opinione della comunità scientifica. Ciò, al fine di debellare il virus e garantire l’esercizio pieno di tali libertà alle persone escluse dalla profilassi per motivi di salute.

In quest’ottica qualcuno addirittura ipotizza di escludere dalle cure chi abbia rinunciato alla prevenzione. Non condividiamo una simile soluzione, almeno oggi in cui non esiste una scarsità di risorse tali da imporre scelte drammatiche. Accettare questa impostazione significa porsi su una china pericolosa e in contrasto con l’idea della salute come diritto assoluto, di cui si gode indipendente dalle scelte di vita. All’estremo, infatti, seguendo questa “strada” gli ospedali potrebbero “respingere” chi ha avuto una condotta di vita poco sana, oppure a chi si è messo in pericolo o a chi ha attentato alla propria vita.
E noi preferiamo vivere in un Paese che si prende cura di fumatori obesi, appassionati di sport estremi e aspiranti suicidi.

IlSole24Ore

lunedì 23 aprile 2018

Soldi sporchi o politica sporca? L’ipocrisia del Regno Unito sugli “oligarchi russi”. - Neil Clark



Secondo il procuratore generale della Russia, 61 criminali, colpevoli di aver indebitamente accumulato in Russia almeno 10 miliardi di dollari, stanno facendo la bella vita nel Regno Unito. La Gran Bretagna asserisce di essere preoccupata per i “soldi sporchi”, ma ha rigettato le richieste di estradizione da parte di Mosca.
Era stata la truffa finanziaria del secolo. Il saccheggio delle ricchezze della Russia sovietica, da parte di un gruppo di oligarchi molto ben ammanigliati, aveva, nei primi anni ‘90, arricchito poche persone, ma aveva impoverito vaste fasce della popolazione locale. Le basi di questa massiccia redistribuzione della ricchezza (il contrario di quello che avrebbe fatto Robin Hood) erano state gettate dalle riforme economiche “per la ristrutturazione ” di Gorbachev, alla fine degli anni ‘80.
I beni statali erano stati regalati come confetti ai membri della cerchia ristretta di Yeltsin. Nel 1996 il popolo russo, che aveva visto il proprio tenore di vita andare in caduta libera dopo la fine del comunismo, ne aveva avuto abbastanza. La popolarità di Yeltsin nei sondaggi era arrivata alla cifra unica, mentre i comunisti erano sulla cresta dell’onda. Perciò, gli oligarchi amici del Presidente, insieme ai loro alleati occidentali, avevano lavorato di comune accordo affinchè le elezioni andassero nel modo “giusto”.
Gli Stati Uniti avevano fatto in modo che il FMI concedesse alla Russia un prestito di 10,2 miliardi di dollari, in modo che i salari degli statali, che erano senza stipendio da mesi, potessero essere finalmente pagati. Con i media controllati dal governo, o dagli oligarchi, era stata lanciata una massiccia offensiva propagandistica. Arrivati al ballottaggio, Yeltsin era stato dichiarato vincitore con il 54% dei voti. C’erano state numerose accuse di frodi elettorali, ma l’Occidente aveva fatto orecchie da mercante. “Americani al salvataggio; La storia segreta di come i consulenti americani hanno aiutato Yeltsin a vincere,” titolava in prima pagina Time Magazine. “Bill (Clinton) chiamava con il telefono rosso e parlava con Yeltsin. Gli diceva quali erano gli spot elettorali da mandare in onda, dove andare a parlare, quali posizioni prendere, era (il Presidente degli Stati Uniti) diventato in pratica il consulente politico di Yeltsin,” aveva ammesso Dick Morris, un manager della campagna Clinton.
Bisognerebbe ricordare gli eventi del 1996, quando si sentono le asserzioni gratuite sui russi che avrebbero “aggiustato” in favore di Trump le elezioni presidenziali del 2016. Con Yeltsin nuovamente al potere, gli oligarchi avevano stappato lo champagne e si erano preparati a fare ancora più soldi sulle spalle del popolo russo.
“Avevamo ingaggiato il Primo Ministro Chubais. Avevamo investito grosse somme di denaro. Avevamo garantito la rielezione di Yeltsin. Adesso abbiamo il diritto di occupare posti di governo e godere i frutti della nostra vittoria,” si era vantato Boris Berezovsky, il cosiddetto “Padrino del Cremlino” al Financial Times nel 1997.
Gli anni ‘90 sono stati un decennio che la gente normale in Russia preferirebbe dimenticare. Per loro le cose avevano iniziato a migliorare solo quando erano stati fatti i primi passi per reintrodurre nel sistema un minimo di legge e di ordine. Il processo era iniziato con il Primo Ministro Yevgeny Primakov, ma aveva acquistato velocità con Vladimir Putin.
Un momento determinante era stato l’arresto, nel 2003, di Mikhail Khodorkovsky, ritenuto allora l’uomo più ricco di tutta la Russia. Infatti, l’attuale “Guerra Fredda 2.0” nei confronti della Russia, portata avanti dai neoconservatori occidentali, è riconducibile a questo evento. Al momento del suo arresto, Khodorkovsky era in contatto con alcune compagnie petrolifere americane, in vista di una fusione con la sua multinazionale Yukos. L’Occidente, come ho spiegato nel New Stateman, ha sempre considerato gli oligarchi un mezzo con cui assumere il controllo della Russia. Avevo fatto notare che: “Ora, con il loro uomo di Mosca dietro le sbarre, era arrivato il momento, per i neoconservatori, di spingere al massimo la propaganda bellica contro Putin. Richard Perle era stato il primo ad uscire dai blocchi di partenza, con la richiesta di espulsione della Russia dal G8, la sua esclusione dai contratti petroliferi postbellici iracheni e con l’accusa di collusione con il programma iraniano per l’energia nucleare.”
Il caso Khodorkovsky era diventato famoso, mentre anche Boris Berezovsky era stato trattato come una celebrità da certi esponenti dell’establishment quando aveva rinunciato a ritornare in Russia, dove lo attendeva un procedimento penale, ed aveva ottenuto asilo politico in Gran Bretagna.
Una segnalazione (Red Notice) dell’Interpol, con una richiesta per il suo arresto, era stata ignorata. Il controverso oligarca, ora trasformato in “sostenitore della democrazia”, mangiava e beveva con i rappresentanti dei media anglosassoni, ed era anche stato invitato al programma televisivo della BBC Question Time, per offrire (al pubblico) le sue idee di “democrazia.”
All’epoca, a Londra c’era scarsa o nessuna preoccupazione per i soldi russi “sporchi”. Più ricchi erano i Russi che si riversavano a Londra, meglio era. Ma, negli ultimi mesi, tutto è cambiato. La deliberata escalation della tensione di (questa) Guerra Fredda 2.0, dovuta alla frustrazione causata dal sabotaggio russo ai piani per il cambio di regime in Siria, ha avuto come risultato che i Russi facoltosi residenti in Gran Bretagna sono ora nel centro del mirino.
“Ai Russi in Gran Bretagna è stato comunicato di rendere pubblica la loro ricchezza,” ha riportato un titolo del quotidiano neoconservatore Times.
Il Ministro alla Sicurezza Ben Wallace,  come ha riferito ITV, ha detto che saranno utilizzati “i pieni poteri del governo” nei confronti dei criminali stranieri e dei politici corrotti che usano la Gran Bretagna come rifugio. Il suo riferimento alla serie televisiva McMafia, sugli oligarchi russi, ha chiarito quali fossero i “criminali stranieri” a cui si riferiva.
Verranno utilizzati gli Unexplained Wealth Orders per chiedere alle persone facoltose una giustificazione dei patrimoni in loro possesso. Ma solo a certe persone.
Chiaramente, il sistema è aperto agli abusi. I Russi facoltosi che odiano Putin e che dicono le cose giuste sul governo russo, probabilmente non hanno nessun motivo di preoccupazione. Ma, tutti quelli che a Mosca non sono “personae non gratae” troveranno tutta la faccenda molto più dura.
Nel mese di Gennaio, il Daily Telegraph ha riferito che Roman Abramovich, proprietario del Chelsea Football Club, che non è in rotta con il governo russo, era stato incluso per la prima volta in un “elenco di funzionari ed oligarchi” che potrebbe servire da “base per future sanzioni alla Russia.”
Abramovich era stato anche incluso, il 18 marzo, in una “hit list” del Times sugli “oligarchi amici di Putin con miliardi in beni inglesi” che potrebbe servire da ”base per future sanzioni alla Russia.”
Penso che ormai tutti vedano la piega che stanno prendendo le cose. I Russi facoltosi che vivono in Gran Bretagna dovranno prendere le distanze dal Cremlino, se vorranno essere lasciati in pace. La chiave di tutto non sarà “dove hai preso i soldi?”, ma (piuttosto) “chi sostieni?”Qualcuno se la sta già facendo sotto. Nel mese di marzo, subito dopo i fatti di Salisbury, Sergei Kapchuk, un uomo d’affari russo residente in Gran Bretagna, aveva lasciato il paese, riferendo di essere stato spaventato dai servizi di sicurezza inglesi, dopo essere stato messo sotto pressione, durante un’intervista televisiva, da un uomo che “sembrava un funzionario dell’intelligence”, che aveva insistito molto affinchè lanciasse un appello a Putin.
La caccia alle streghe anti-russa ha portato anche all’assurdo spettacolo dell’”attivista per i diritti umani” Peter Tatchell che auspica che i figli delle “famiglie e dei funzionari del regime” siano espulsi dalle scuole.
La settimana scorsa, su The Independent una donna russa residente in Gran Bretagna ha scritto: “Ho capito in fretta che, in Gran Bretagna, ammettere di essere russi è come ammettere di soffrire di una malattia mortale e di avere solo poche settimane di vita.” Il fatto che si sia sentita obbligata a scrivere il pezzo utilizzando lo pseudonimo di “Valerie Stark” ci fa capire quanto grave sia ormai la situazione.
E’ chiaro che ciò che sta alla base della cosiddetta “lotta al denaro sporco” del governo inglese non è moralità (e come potrebbe esserlo, con un governo che ha imposto dure misure di austerità al suo popolo), ma geopolitica. Bisogna vederlo in un contesto più ampio, come parte di una campagna di russofobia da parte delle elites guerrafondaie. “Fino ad ora non se ne erano preoccupati perché approvavano il latrocinio indiscriminato dei beni russi di allora ed il regime di Yeltsin che lo aveva facilitato,” ha recentemente detto a RT George Galloway.
Ora però, con la Russia che, in Medio Oriente, ostacola le aspirazioni egemoniche dei neoconservatori, è tutta un’altra storia.
Neil Clark è giornalista, scrittore, commentatore radiofonico e blogger. Ha scritto su molti quotidiani e riviste in Gran Bretagna e all’estero, inclusi The Guardian, Morning Star, Daily and Sunday Express, Mail on Sunday, Daily Mail, Daily Telegraph, New Statesman, The Spectator, The Week e The American Conservative. Collabora regolarmente con RT ed è anche apparso alla BBC radio e TV, Sky News, Press TV e The Voice of Russia. E’ co-fondatore della Campaign For Public Ownership @PublicOwnership. Il suo pluripremiato blog può essere raggiunto all’indirizzo www.neilclark66.blogspot.com. Twitta di politica e di affari internazionali @NeilClark66.
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARKUS

giovedì 25 gennaio 2018

La cena di beneficenza super esclusiva dove si molestavano le donne.


Una scena della cena organizzata dal Presidents Club, ripresa con una telecamera nascosta (Financial Times)


L'ha raccontata un'inchiesta del Financial Times, portando a un grande scandalo nel Regno Unito e alla chiusura dell'ente che la organizzava.

Il Presidents Club – una prestigiosa organizzazione benefica del Regno Unito che promuoveva eventi con miliardari, politici e personaggi del mondo dello spettacolo – ha annunciato che chiuderà, dopo un’inchiesta del Financial Times su casi di molestie e abusi nei confronti di decine di donne assunte per lavorare come hostess alla cena annuale più importante dell’organizzazione. L’articolo che li racconta è stato pubblicato martedì 23 gennaio e sta facendo molto discutere, anche perché alla cena erano presenti rappresentanti del governo britannico e altri importanti membri del Parlamento. La prima ministra Theresa May ha detto di essere “turbata” e ha promesso provvedimenti.
La cena del Presidents Club viene organizzata nei pressi di Londra da 33 anni ed essendo un evento molto esclusivo si è sempre portata dietro un certo alone di mistero. È riservata a uomini famosi, danarosi e in posizioni di potere, con lo scopo di raccogliere denaro per attività benefiche di vario tipo, da quelle degli ospedali a programmi per dare assistenza ai poveri e ai bambini disagiati. Nel corso della cena i fondi sono raccolti attraverso varie iniziative, che comprendono aste e offerte libere. Negli oltre 30 anni di attività, l’iniziativa ha permesso di raccogliere oltre 20 milioni di sterline (23 milioni di euro), con la cena di questa settimana che ha portato a donazioni per 2 milioni di sterline (2,3 milioni di euro). Ma, come ha raccontato nella sua inchiesta Maison Marriage sul Financial Times, la cena è anche un pretesto per consentire agli ospiti di essere accompagnati da ragazze scelte dall’organizzazione per intrattenerli. Quella di quest’anno contava 360 ospiti maschi e 130 hostess assunte dal Presidents Club.
Attraverso la segnalazione di alcuni amici, nelle settimane prima della cena Marriage si è presentata alle selezioni per far parte del gruppo di ragazze. Durante i primi colloqui – tenuti da Caroline Dandridge di una società esterna che si occupa di casting per “eventi di lusso” – le fu spiegato che gli ospiti della cena sarebbero stati “fastidiosi” e che avrebbero tenuto un comportamento che avrebbe potuto indisporre alcune delle hostess. Dandrige consigliò inoltre alle ragazze di non dare molte spiegazioni ai loro compagni, di omettere che stessero andando a una cena per soli uomini e di dire semmai che avrebbero partecipato a una “cena di beneficenza”. Spiegò che alcune ragazze escono da quell’esperienza divertite, altre disgustate dal comportamento dei partecipanti.
Un paio di giorni prima della cena, Dandridge scrisse un’email a Marriage e alle altre partecipanti spiegando che i loro cellulari sarebbero stati “messi al sicuro” prima dell’evento, aggiungendo che non avrebbero potuto portare nessuno con loro. Furono anche inviati dettagli sulle uniformi che le ragazze avrebbero poi indossato: un vestito attillato scuro, con la richiesta di coordinare il colore del loro intimo, “scarpe sexy” nere e una cintura alta. Cinture e abiti sarebbero stati forniti dall’organizzazione, mentre in autonomia ogni ragazza avrebbe dovuto provvedere al trucco e all’acconciatura, da realizzare come se stessero per andare in “un posto sexy ed elegante”.
Le hostess assunte erano per la maggior parte “alte, magre e carine”, con una paga di 150 sterline più un rimborso spese per il ritorno a casa in taxi. Molte di loro erano studentesse universitarie, altre attrici, modelle o ragazze che avevano già lavorato come hostess in convegni e altri eventi. Al loro arrivo tutte le ragazze hanno dovuto firmare un documento col quale s’impegnavano a non rivelare nulla sulla cena, ma a molte di loro non è stato dato il tempo di leggere il contratto né di portarsi una copia firmata a casa.
Dopo un’ultima breve formazione in una stanza dell’albergo, dove era stata organizzata la cena, con un bicchiere di vino bianco offerto a ciascuna di loro, le hostess hanno infine raggiunto la sala principale dove stavano arrivando gli ospiti. Distribuite ai vari tavoli, avevano l’incarico di intrattenerli mentre su un palco si alternavano vari momenti di spettacolo e richieste per le donazioni. Marriage ha visto, e si è poi fatta raccontare da alcune ragazze, il comportamento degli ospiti.
Molti hanno insistito nel tenere per mano le hostess durante la serata, alcuni nella speranza di riuscire in questo modo a trascinarle a sé, farle sedere sulle loro ginocchia o molestarle in altro modo. Molti ospiti hanno fatto pesanti allusioni sessuali. Diverse hostess hanno detto a Marriage di essere state palpate più volte durante la serata, altre di aver subìto molestie più gravi, con ospiti che hanno provato a infilare le mani sotto le loro gonne. Un ospite ha mostrato il pene a una delle hostess, altri hanno fatto proposte di lasciare la festa e di raggiungere un luogo appartato in cui avere rapporti sessuali. Le molestie sono proseguite per buona parte della serata, mentre agli ospiti venivano serviti di continuo alcolici e superalcolici, che a loro volta offrivano alle hostess.
Terminata la cena, verso le 23 è iniziata la seconda parte della serata, che sarebbe poi proseguita con un “after party” in altre aree dell’hotel, fino alle 2 di notte. A una delle ragazze è stato spiegato che in quella fase finale avrebbe potuto bere ciò che le pareva e cercare gli uomini che riteneva “più attraenti”. Marriage racconta nel suo articolo che a quel punto molte hostess erano stravolte: alcune avevano bevuto troppo, altre sembravano essere spaventate e scioccate per ciò che era successo, ben oltre la loro immaginazione. Un uomo si è avvicinato a una di loro, le ha detto “sembri troppo sobria”, l’ha presa per i fianchi, l’ha tirata a sé e le ha offerto una coppa di champagne: “Scolati questo bicchiere, strappati le mutandine e balla sul tavolo”.
L’inchiesta del Financial Times, a cui hanno partecipato anche altri giornalisti che sono riusciti a intrufolarsi nell’albergo dove era stata organizzata la festa, ha avuto una grande risonanza nel Regno Unito. Tra i partecipanti alla cena c’era Nadhim Zahawi, il ministro dell’Istruzione, molto criticato per avere partecipato a un evento di quel tipo. Zahawi è stato ripreso dal leader della maggioranza del partito Conservatore. Un suo portavoce ha però spiegato che Zahawi è rimasto brevemente, sentendosi a disagio per quanto stava accadendo. Il ministro è stato comunque criticato per la scelta stessa di avere aderito.
Tutte le principali associazioni di industriali e imprenditori hanno definito “disgustoso e riprovevole” il comportamento degli ospiti alla cena, cercando in questo modo di distanziarsi da eventuali loro soci coinvolti nell’evento. Ospedali, cliniche e altre associazioni hanno annunciato che restituiranno il denaro raccolto con gli eventi di beneficenza, non ritenendo opportuno il modo in cui è stato ottenuto.
Il fondo che si occupa del Presidents Club ha annunciato che non saranno più organizzate cene, e che i fondi raccolti e non ancora distribuiti saranno offerti nei prossimi giorni. Al termine della distribuzione, il Club chiuderà per sempre.
http://www.ilpost.it/2018/01/25/cena-beneficenza-presidents-club-molestie/

L'uomo è fondamentalmente stupido, farebbe qualsiasi cosa pur di "possedere e sottomettere" altri esseri umani da lui ritenuti inferiori. La donna è il suo mirino preferito in quanto ritenuta più debole e, per altri versi, attraente e desiderabile, per cui cerca di pavoneggiarsi, di mettere in mostra le sue peculiarità che, come succede nel regno animale, non sono intelligenza e cultura, ma potere economico.
E' anche, fondamentalmente, un vigliacco, un profittatore; non si rende conto che non viene preso in considerazione per le sue virtù interiori, delle quali è carente, ma per i suoi soldi e per il suo potere economico, senza il quale sarebbe un NULLA.
Gli esseri viventi, tutti, vanno rispettati per meritare rispetto.

venerdì 9 gennaio 2015

Eolico, il 2014 fa segnare record a Danimarca e UK.

Eolico, il 2014 fa segnare record a Danimarca e UK

  • Le due nazioni hanno chiuso lo scorso anno con risultati eccellenti sul fronte della produzione eolica.
  • (Rinnovabili.it) – Nonostante i mercati emergenti abbiano rubato la scena in fatto di investimenti e nuova capacità per le energie rinnovabili, in Europa c’è ancora chi grazie alle fonti alternative compie veri e propri record. Parliamo di Regno Unito e Danimarca, due Paesi che nel 2014 sono stati benedetti dal vento. Una “benedizione” che si è tradotta con veri e propri picchi produttivi di energia green. A ottobre dello scorso anno, infatti, le pale eoliche scozzesi sono state in grado di alimentare oltre tre milioni di case grazie ad una produzione di ben 982,842 MWh; si tratta, a conti fatti, di un quantitativo di energia elettrica pari 126% della domanda della Scozia. I risultati eolici scozzesi hanno giocato una parte importante nelle performance del Regno Unito che, stando ai dati forniti dal gestore della rete, ha confermato nell’ultima settimana dello scorso anno come l’eolico sia arrivato al 15% del mix nazionale, abbastanza da soddisfare i bisogni di oltre 6,7 milioni di famiglie della Gran Bretagna.

    Sulla scia delle ottime performance britanniche c’è anche la Danimarca che proprio in questi giorni ha rivelato come il vento contribuisca finalmente al 39% del mix energetico nazionale; ovvero ben 6 punti percentuali in più rispetto al 2013.
    Secondo i media locali, il gestore della rete avrebbe confermato che la quota di energia eolica è addirittura diminuita rispetto ai picchi all’inizio del 2014, quando questa fonte copriva ben il 41,2% della fornitura energetica. Un risultato di cui si è vantato per primo il Ministro per il Clima Rasmus Helveg Petersen che dai microfoni dell’emittente DR ha annunciato come la nazione sia oramai prossima a raggiungere gli obiettivi europei del 2020. “Raggiungeremo sicuramente i nostri target. Abbiamo stabilito un record unico al mondo che dimostra che siamo in grado di raggiungere il nostro obiettivo finale, vale a dire fermare il riscaldamento globale”.
    E non sembrerebbe essere da meno neppure la Germania che, sempre grazie alle performance dell’eolico offshore ha prodotto 8,9 TWh di energia eolica nel mese di dicembre.