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domenica 23 gennaio 2022

Quirinale, Berlusconi si arrende. Ma non rinuncia all’ultima balla: “Ho i numeri per essere eletto, passo indietro per responsabilità nazionale”.

 

Il leader di Forza Italia non va a Roma e resta a Milano, vede i suoi ministri, poi diserta il vertice del centrodestra e invia una nota per spiegare il passo indietro nella corsa al Colle, nonostante - giura - avesse "verificato l’esistenza di numeri sufficienti per l’elezione". Quindi, consapevole di aver probabilmente sbloccato l'impasse, avanza i suoi veti. Il primo: Draghi deve rimanere a Palazzo Chigi.

Aveva i voti ma ha preferito farsi da parte. Silvio Berlusconi dice di essersi ritirato dalla corsa alla presidenza della Repubblica, nonostante avesse “verificato l’esistenza di numeri sufficienti per l’elezione”. Non è una battuta ma è quello che sostiene il leader di Forza Italia nella nota inviata al vertice del centrodestra. Ovviamente non potrà mai esserci la controprova, visto che l’uomo di Arcore ha deciso di arrendersi. Ma è abbastanza improbabile che, dopo mesi di trattative, Berlusconi abbia rinunciato al sogno del Colle pur avendo i voti. E invece alla fine ha dovuto gettare la spugna. Lo fa nel tardo pomeriggio di una giornata segnata dalla decisione di non recarsi a Roma, proprio per il vertice del centrodestra. Una riunione, quella con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che è stata rinviata di tre ore, visto che nel frattempo Berlusconi ha visto i ministri di Forza Italia. Nessuno, dicono i berlusconiani, gli ha chiesto di ritirarsi. Ma qualcuno ha fatto notare che i numeri per l’elezione al Colle non c’erano. Ecco perché Berlusconi si è arreso: al vertice del centrodestra – pure quello via Zoom – non si è fatto vedere. Ha inviato la fida Licia Ronzulli, con una nota in cui esplicita il passo indietro: si ritira anche se – giura – aveva i voti.

Un documento, quello del leader di Forza Italia, in cui Berlusconi torna a vestire i panni del padre della patria. “Dopo innumerevoli incontri con parlamentari e delegati regionali, anche e soprattutto appartenenti a schieramenti diversi della coalizione di centro-destra, ho verificato l’esistenza di numeri sufficienti per l’elezione“, sostiene l’ex premier che si dice “onorato e commosso: la Presidenza della Repubblica è la più Alta carica delle nostre istituzioni, rappresenta l’Unità della Nazione, del Paese che amo e al servizio del quale mi sono posto da trent’anni, con tutte le mie energie, le mie capacità, le mie competenze”. Tuttavia, sostiene di essersi tirato indietro a seguito di una riflessione compiuta “ponendo sempre l’interesse collettivo al di sopra di qualsiasi considerazione personale” e compiendo “un altro passo sulla strada della responsabilità nazionale, chiedendo a quanti lo hanno proposto di rinunciare ad indicare il mio nome per la Presidenza della Repubblica”. Un’affermazione che pronunciata dal padre di tante leggi ad personam e ad aziendam rischia di provocare qualche sorriso.

Perché dunque Berlusconi si tira indietro? Per evitare, sostiene lui, che sul suo nome “si consumino polemiche o lacerazioni che non trovano giustificazioni che oggi la Nazione non può permettersi”. Insomma: che la sua candidatura fosse altamente divisiva lo sapeva anche lui. Col suo passo indietro Berlusconi fa un piacere a Matteo Salvini, che ora può provare a vestirsi da kingmaker. E infatti, subito dopo il vertice, il capo della Lega comincia a telefonare agli altri leader e fa sapere – ancora una volta – di essere a lavoro per una “rosa di nomi”. Poi parlano pure Giuseppe Conte ed Enrico Letta: adesso, è il senso degli interventi di entrambi, si può cominciare il confronto per un candidato condiviso. Insomma: il passo indietro di Berlusconi sembra aver sbloccato l’impasse. Il diretto interessato ne è consapevole e infatti avanza subito i suoi veti. Il primo: Mario Draghi non deve andare al Colle ma deve restare a Palazzo Chigi per evitare di tornare alle urne. “Considero necessario che il governo Draghi completi la sua opera fino alla fine della legislatura per dare attuazione al Pnrr, proseguendo il processo riformatore indispensabile che riguarda il fisco, la giustizia, la burocrazia”, scrive nella sua nota Berlusconi, facendo infuriare Fratelli d’Italia. Anche il partito di Giorgia Meloni è contrario a Draghi al Colle, ma – come è noto – non lo vuole neanche a Palazzo Chigi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/22/quirinale-berlusconi-si-arrende-ma-non-rinuncia-allultima-balla-ho-i-numeri-per-essere-eletto-passo-indietro-per-responsabilita-nazionale/6465246/#

Finalmente potremo dire che una cosa buona, durante l'arco della sua vita da parlamentare, l'ha fatta! Come? Ritirando la propria candidatura alla presidenza della Repubblica....

Pericolo scampato per i cittadini italiani che hanno a cuore la dignità di essere italiani!
cetta

martedì 17 novembre 2020

La pandemia e la riscoperta della rinuncia. - Tommaso Merlo

 

La pandemia ci sta costringendo a delle rinunce. Davvero non facile in un’era che ci spinge all’avere e al fare sempre di più. Più successo, più divertimenti, più potere, più visibilità, più soldi, più cose. Oggi “di più” è diventato sinonimo di “meglio”. Poi però siamo circondati da persone infelici o frustrate che inquinano il mondo d’odio o che devono attaccarsi a qualche dipendenza per tirare avanti. Qualcosa non torna. E questa pandemia potrebbe aiutarci a fare luce. Oggi tutti vogliono sempre di più ma una volta che hanno raggiunto i loro traguardi nel giro di poco ricominciano a guardarsi attorno per trovare il traguardo successivo. Come se in realtà più che di traguardi si trattasse di miraggi incapaci di soddisfare le loro vere esigenze e placare quel malessere che li affligge. Ma invece di rendersene conto, insistono nell’errore mirando al miraggio successivo per tutta la vita. Un iPhone, un viaggio, una posizione professionale, una vetrina. Tutta roba che non riescono nemmeno a godersi appieno perché perennemente proiettati al miraggio successivo. Prigionieri di un utopico domani passano il tempo a lagnarsi del come dovrebbe essere invece di godersi il com’è. Il brusco stop imposto dalla pandemia è un’occasione per riscoprire il bistrattato presente. Per fare il punto e capire quali sono i nostri reali bisogni e quali invece sono superflue futilità con cui ci intossichiamo la vita. In modo da smetterla di correre come criceti su una ruota. Illusi di arrivare da qualche parte mentre in realtà siamo rinchiusi dentro ad una gabbia di luoghi comuni. Inseguendo miraggi inculcati dai fatidici “altri”, dalle tendenze, da chi ha interesse a venderci qualcosa oppure che ci siamo messi in testa da soli rinnegando la nostra unicità. Per paura, per viltà, per pigro conformismo. Il brusco stop imposto dalla pandemia è un’occasione per riscoprire il piacere della rinuncia. Non solo a cose ma anche ad assurde pretese. Come quella di controllare tutto, compreso la propria vita. Programmando e prevedendo mentre in realtà brancoliamo nel buio. Come la pretesa di sapere tutto e di aver capito tutto mentre in realtà brancoliamo nel buio. Rinuncia a cose, a pretese ma anche a comportamenti. Rinuncia a scappare di continuo anche da se stessi, rinuncia al prevaricare gli altri ed avere sempre ragione, rinuncia a cercare un tornaconto in ogni situazione. Ma non una rinuncia imposta dalle autorità o dalla paura o da qualche interesse, ma una rinuncia volontaria, frutto di una scelta personale. Rinuncia anche di piccole cose, a portata di mano, per cominciare. In modo pian piano da disinserire il pilota automatico del proprio ego e riafferrare la cloche della propria esistenza. Riscoprendo come la rinuncia in realtà non tolga nulla ma al contrario dia moltissimo. Tutta roba che non si compra in qualche negozio. Tutta roba che non si ottiene su qualche palco e non si strappa nemmeno agli altri. Ma roba che si trova dentro di noi. E che migliora enormemente la nostra vita e la società in cui viviamo.

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2020/11/17/la-pandemia-e-la-riscoperta-della-rinuncia/

mercoledì 17 aprile 2013

Milena Gabanelli.

Milena Gabanelli

"Mi rivolgo ai tanti cittadini che hanno visto in me una professionista sopra le parti e quindi adeguata a rappresentare l’inizio di un cambiamento nel Paese. Sono giornalista da 30 anni e ho cercato sempre, in buona fede, di fare il mio mestiere al meglio; il riconoscimento che in questi giorni ho ricevuto mi commuove, e mi imbarazza.

Certamente non mi sono mai trovata in una situazione dove sottrarsi è un tradimento e dichiararsi disponibile un segno di vanità. Forse non si sta parlando di me, ma dell’urgenza di dare un volto a un’aspettativa troppo a lungo tradita.

Che io non avessi le competenze per aspirare alla Presidenza della Repubblica mi era chiaro sin da ieri, ma ho comunque ritenuto che la questione meritasse qualche ora di riflessione. E non è stata una riflessione serena.

Quello che mi ha messo più in difficoltà in questa scelta è stato il timore di sembrare una che volta le spalle, che spinge gli altri a cambiare le cose ma che poi quando tocca a lei se ne lava le mani. Il mio mestiere è quello di presentare i fatti, far riflettere i cittadini e spronarli anche ad agire in prima persona. Ma quell’agire in prima persona è tanto più efficace quanto più si realizza attraverso le cose che ognuno di noi sa fare al meglio.

Io sono una giornalista, e solo attraverso il mio lavoro – che amo profondamente – provo a cambiare le 
cose, ad agire in prima persona, appunto.


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