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sabato 29 febbraio 2020

Corruzione, terremoto al Comune di Palermo: 7 arresti, ai domiciliari 2 consiglieri e 2 funzionari. - Luigi Ansaloni

corruzione, Agostino Minnuto, Fabio Seminerio, Francesco La Corte, Giovanni Lo Cascio, Giovanni Lupo, Giuseppe Monteleone, Mario Li Castri, Sandro Terrani, Palermo, Cronaca


Terremoto al Comune di Palermo. Un'inchiesta per corruzione piomba sull'amministrazione comunale, coinvolgendo in particolare il settore dell'edilizia. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza e i carabinieri del Reparto operativo – nucleo investigativo di Palermo, hanno posto ai domiciliari due consiglieri comunali, due dirigenti, un professionista e due imprenditori. Sette arresti più un obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
Nell'ambito delle indagini, coordinate dalla procura di Palermo e in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale, i militari hanno arrestato i consiglieri comunali Sandro Terrani (Italia Viva), 51 anni, membro della Commissione Bilancio, Finanza e Tributi, e Giovanni Lo Cascio (Pd), 50 anni, presidente della commissione Urbanistica, lavori pubblici, edilizia privata e residenziale pubblica; i funzionari comunali Mario Li Castri, 54 anni, di Palermo, ex dirigente dell’Area tecnica della riqualificazione urbana e delle infrastrutture, e Giuseppe Monteleone, 59 anni, di Palermo, ex dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive; l'architetto Fabio Seminerio, 57 anni, di Palermo; gli imprenditori Giovanni Lupo, 77 anni, di San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento, e Francesco La Corte, 47 anni, originario di Ribera, rispettivamente amministratore di fatto e di diritto della Biocasa s.r.l. (con sede a Palermo) che opera nel settore edilizio. All’architetto Agostino Minnuto, 60 anni, di Alia, in provincia di Palermo, è stato notificato l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
I reati contestati sono "corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione e falso ideologico in atto pubblico".
Le indagini hanno permesso di individuare un vero e proprio comitato d’affari composto da imprenditori e professionisti in grado di condizionare le scelte gestionali di pubblici dirigenti e amministratori locali per ottenere vantaggi economici nel settore dell’edilizia privata.
LE INDAGINI. Nel 2016, Seminerio e altri soggetti a lui vicini hanno presentato – per conto di numerosi imprenditori – tre progetti per la lottizzazione di aree industriali dismesse del Comune di Palermo (via Maltese, via Messina Marine e via San Lorenzo) per la realizzazione di 350 unità abitative di edilizia sociale residenziale convenzionata. Per ottenere la deroga al piano regolatore generale era necessario che il consiglio comunale ne attestasse il pubblico interesse.
L’istruttoria sulle proposte di deliberazione fu curata da Li Castri, allora a capo dell’Area tecnica del Comune, il quale, in affari con Seminerio, avrebbe rilasciato il parere favorevole nonostante la mancanza di alcuni requisiti di ammissibilità in materia di edilizia convenzionata. Li Castri avrebbe inoltre ottenuto la promessa da La Corte e Lupo (interessati all’approvazione dei piani costruttivi) di assegnare a Seminerio la direzione dei lavori edilizi da realizzare. A sua volta, l'architetto avrebbe destinato a Li Castri una parte dei profitti percepiti dopo l’approvazione da parte del consiglio comunale delle tre proposte di deliberazione. Anche Monteleone si sarebbe adoperato per il buon esito della delibera relativa all’ex area industriale di via San Lorenzo.
I CONSIGLIERI COMUNALI. Il capogruppo del Pd Giovanni Lo Cascio e quello di Italia Viva Sandro Terrani, di 51, secondo l'accusa, avrebbero fatto pressioni per fare approvare in consiglio le delibere che permettevano la costruzione degli alloggi in variante urbanistica nelle aree delle fabbriche dismesse. Il 7 novembre 2019, però, il consiglio comunale ha bocciato l'atto (qui il verbale)
Adesso per i due consiglieri comunali, che fanno parte della maggioranza che sostene il sindaco Orlando, dovrebbe scattare lo stop alla carica. Il Pd nel frattempo ha annunciato di avere sospeso Lo Cascio. «Ho appreso con sconcerto la notizia del provvedimento cautelare, avvenuto stamattina, nei confronti di Giovanni Lo Cascio, consigliere comunale del Partito Democratico a Palermo», afferma il commissario regionale del Pd Siciliano Alberto Losacco. «La magistratura faccia il suo corso, avrà sempre il pieno sostegno del Partito Democratico. E’ necessario accertare eventuali reati e responsabilità», ha aggiunto.
L'ALTRO CASO. C'è poi un'altra vicenda che coinvolge Li Castri, sempre nel suo ruolo di dirigente comunale, il quale avrebbe accordato una variante a una concessione edilizia della Biocasa, consentendo di aumentare le unità abitative da realizzare da 72 a 96. Il progetto era stato redatto anche in questo caso dal suo ex socio in affari Seminerio, al quale era stato assegnato l’incarico di direttore dei lavori.
Monteleone, già dirigente dell’Area recnica, curò alcune pratiche di concessione edilizia presentate dalla Biocasa anche per la realizzazione di un ulteriore complesso immobiliare sempre a Palermo, acconsentendo a varianti in aumento per consentire la realizzazione di un maggior numero di unità abitative da 96 a 133. In cambio Lupo, La Corte e Agostino Minnuto gli avrebbero promesso 15.000 euro. I primi due, inoltre, avrebbero assegnato a una strettissima amica di Monteleone, vari incarichi professionali con cospicue somme di denaro.
GLI EX DIRIGENTI. Li Castri e Monteleone, nel marzo 2018 erano stati condannati a due anni, in primo grado, insieme ad altre 19 persone (funzionari comunali, tecnici, imprenditori e un notaio), per la lottizzazione abusiva di via Miseno (dove entrambi risultano residenti e dove 12 villette sono state confiscate dalla magistratura), nella borgata marinara di a Mondello. Sulla vicenda, spiega l'avvocato di Li Castri, Marcello Montalbano, "è in corso il processo d'appello, anche per quanto riguarda la confisca. La lottizzazione - aggiunge - non riguarda l'attività di pubblico funzionario di Li Castri".
La terza sezione penale, allora presieduto da Marina Petruzzella, trasmise gli atti alla Procura per nuove indagini sui casi emersi in dibattimento e rimasti fuori dal processo. Poco prima della sentenza di primo grado Li Castri era stato nominato dall'amministrazione comunale nel Cda dell'Amg Gas. Nell'agosto 2015, quando Li Castri era già stato rinviato a giudizio, fu comunque nominato dirigente comunale. Al processo il Comune si costituì parte civile per aver subito un "danno d'immagine" e gli fu riconosciuta una provvisionale di 500 mila euro.
Secondo il pm Francesco Gualtieri, titolare dell'accusa nel processo di primo grado, per costruire le villette era necessario che il Consiglio comunale approvasse un piano particolareggiato, passaggio che non avvenne.
Come si evince dall'ordinanza emessa oggi dal Gip Michele Guarnotta, tre degli indagati (Li Castri, Monteleone e Fabio Seminerio) risultano residenti in via Miseno.
LE DICHIARAZIONI DEL PENTITO. Nelle indagini hanno avuto un ruolo anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Filippo Bisconti, imprenditore edile nell’area metropolitana di Palermo, arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa il 4 dicembre 2018 nell'operazione Cupola 2.0 e ritenuto capo-mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. Bisconti ha riferito circostanze e dinamiche interne agli uffici tecnici comunali, soffermandosi in particolare sugli interessi coltivati per anni da Li Castri, Seminerio e Monteleone nel settore dell'edilizia.

venerdì 13 dicembre 2019

Catanzaro, 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso: finti rimborsi e commissioni inesistenti per avere il gettone. - Lucio Musolino

Catanzaro, 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso: finti rimborsi e commissioni inesistenti per avere il gettone

Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati. Sotto inchiesta è finito praticamente tutto il Consiglio comunale di Catanzaro diventato, stando agli accertamenti della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri, una sorta di “gettonificio”. La Procura della Repubblica, guidata da Nicola Gratteri, ha notificato gli avvisi di garanzia.
Commissioni farlocche per le quali i consiglieri percepivano i gettoni di presenza. Ma anche finte assunzioni in aziende private che poi venivano rimborsate dal Comune per il tempo che i consiglieri comunali, troppo “impegnati” in attività istituzionali, non potevano lavorare: per questo a Catanzaro 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso. Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati che si sono visti recapitare dagli uomini del maggiore Gerardo Lardieri l’avviso di conclusione indagini.
Era tutto finto: dalla presenza dei consiglieri alle riunioni, ai verbali delle commissioni che spesso non venivano nemmeno compilati, ai posti di lavoro. Tutto inesistente tranne le migliaia di euro che il Comune di Catanzaro, guidato dal sindaco Sergio Abramo (non indagato), sborsava ai consiglieri per le riunioni delle cinque commissioni (su cinque istituite) che in realtà non si tenevano. Non c’è un solo partito coinvolto, ma lo sono praticamente tutti: da Forza Italia al Pd, passando per l’Udc e le varie liste civiche di maggioranza e opposizione.
Nel registro degli indagati, infatti, sono finiti i consiglieri comunali di Forza Italia (Roberta Gallo, Luigi Levato, Francesca Carlotta Celi e Giulia Procopi), di “Catanzaro da vivere” (Agazio Praticò, Antonio Angotti, Antonio Mirarchi e Antonio Ursino), di “Catanzaro con Sergio Abramo” (Rosario Mancuso, Demetrio Battaglia, Enrico Consolante, Filippo Mancuso, e Fabio Talarico), di “Officine del sud” (Giuseppe Pisano e Francesco Gironda) e di “Obiettivo Comune” (Andrea Amendola e Manuela Costanzo).
Per l’opposizione sono indagati, invece, i consiglieri del gruppo misto (Eugenio Riccio, Giovanni Merante e Antonio Triffiletti), di “Fare per Catanzaro” (Sergio Costanzo, Fabio Celi e Cristina Rotundo), del Pd (Lorenzo Costa e Libero Notarangelo), di “Catanzaro in Rete” (Rosario Lostumbo), di “Cambiavento” (Nicola Fiorita e Gianmichele Bosco) e dell’Udc (Tommaso Brutto).
Quest’ultimo è indagato anche per truffa assieme Elzibieta Musielak e Carmelo Coluccio, amministratori della “Verdeoro società cooperativa produttori ortofrutticoli”, un’impresa agricola di Simeri Crichi che aveva assunto come direttore amministrativo il consigliere Brutto. Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm Pasquale Mandolfino, in realtà l’esponente dell’Unione di Centro “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa”, ma il Comune di Catanzaro dal febbraio 2015 al giugno 2018 ha erogato alla “Verdeoro” più di 103mila euro “a titolo di rimborso” per i periodi orari “che impegnavano Brutto in attività istituzionali nelle vesti di consigliere comunale”. In sostanza, il Comune pagava all’impresa agricola la parte dello stipendio del suo direttore amministrativo per le ore di lavoro che questo dedicava, invece, alla politica.
Un sistema utilizzato anche dal consigliere comunale Andrea Amendola che, per essere stato assunto (solo formalmente) nelle aziende edili e immobiliari del fratello Antonio Amendola (indagato), è costato al Comune quasi 65mila euro “a titolo di rimborso”. Poco più di 23mila euro, invece, è la cifra che l’Ente locale ha dovuto versare alla società “La Notifica”, amministrata da Sabrina Scarfone (indagata), per pagare lo stipendio al consigliere Enrico Consolante.
Una partita di giro che, secondo i carabinieri guidati dal maggiore Lardieri, veniva utilizzata anche dal consigliere di opposizione Sergio Costanzo, formalmente assunto dal negozio di animali di Salvatore La Rosa (indagato). Piuttosto che vendere acquari e cibo per cani, però, il consigliere comunale “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa” che, tuttavia, ha avuto quasi 79mila euro “a titolo di rimborso” per il “dipendente” impegnato in politica.
Dalle indagini, però, è emerso che i 20 consiglieri comunali non facevano nemmeno quello. Chi più e chi meno, infatti, secondo il pm, avrebbero “partecipato” a riunioni di commissioni in cui non c’erano o che non venivano svolte. Per dimostrare la truffa, il pm ha depositato nel fascicolo dell’inchiesta i filmati registrati grazie alle telecamere nascoste dai carabinieri all’interno del Palazzo comunale.
Tra i consiglieri indagati ci sono anche componenti delle forze dell’ordine prestate alla politica. Anche loro, assieme agli altri, – è scritto nel capo di imputazione – “con artifizi o raggiri, consistiti nelle false verbalizzazioni relative allo svolgimento delle sedute di commissione consiliare”, in due soli mesi (novembre e dicembre 2018) hanno incassato più di 21mila euro dei cosiddetti “gettoni di presenza”.
Con la notifica dell’avviso di conclusione indagini, i politici locali coinvolti nell’inchiesta hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati prima che il pm Mandolfino formuli, nei loro confronti, una richiesta di rinvio a giudizio.

lunedì 29 maggio 2017

Manovrina, l’emendamento Pd ripristina doppi incarichi per 143mila politici locali. - Thomas Mackinson

Manovrina, l’emendamento Pd ripristina doppi incarichi per 143mila politici locali

Nel 2012 è stata introdotta l'incompatibilità tra eletti e incarichi professionali retribuiti nelle pubbliche amministrazioni. Ma in Commissione Bilancio si riapre il capitolo delle consulenze. Unico limite: non potranno essere affidate dallo stesso ente in cui si è eletti. Ma basta andare nel comune a fianco o in un'altra regione. Ecco come hanno resuscitato il doppio lavoro degli eletti.

Zac e zac, un colpo di forbici e una penna. E 143mila politici locali di tutta Italia hanno riacquistato di colpo il diritto al “doppio incarico”, quello di consigliere per il quale ricevono emolumenti e rimborsi dal proprio ente d’elezione e quello ​di consulente geometra, avvocato, progettista o ingegnere collaudatore. Unico limite: non farlo nell’amministrazione in cui occupano​ la poltrona. Ma basta andare in quella a fianco e l’incompatibilità, come d’incanto, non c’è più. E’ una delle sorprese della “manovrina” che in fase emendativa sta funzionando come una macchina del tempo che sposta le lancette della legge secondo i desiderata del momento.
Il Tar ha bocciato le nomine dei nuovi direttori dei musei? L’indomani spunta l’emendamento ad hoc che reinterpreta la legge 16 anni dopo, annullando il divieto. La stessa cosa succede oggi per consiglieri di 6mila comuni ​e 20 regioni d’Italia cui il governo Monti, cinque anni fa aveva messo un freno. A garanzia del risparmio e del buon andamento delle pubbliche amministrazioni, agli eletti venne vietato per legge di svolgere incarichi professionali remunerati. Al massimo, potevano percepire il rimborso delle spese sostenute e gettoni di presenza non superiori a 30 euro ma limitatamente a quelli obbligatori per legge, come il revisore dei conti. Per il resto, niente incarichi.
Quell’impiccio, evidentemente, dà fastidio a molti. Così nella prima versione della manovrina l’incompatibilità è stata rimossa per i 1.117 consiglieri regionali, purché la pubblica amministrazione conferente operi in ambito territoriale diverso da quello dell’ente presso il quale è rivestita la carica elettiva. Per i soli consiglieri comunali la limitazione era estesa all’area provinciale o metropolitana in cui esercita la carica elettiva. Troppo, deve aver pensato il deputato Pd Giuseppe Sanga. Ed ecco che l’onorevole si fa promotore in Commissione Bilancio di un emendamento ad hoc all’articolo 22 che riduce il divieto al solo comune d’elezione.
Così il consigliere o assessore che volesse svolgere incarichi di progettista per un’amministrazione pubblica potrà farlo semplicemente in quella a fianco. Ad esempio un consigliere regionale del Lazio che svolge la professione d’avvocato potrà essere remunerato nel caso in cui sia chiamato ad assistere legalmente in una causa (o incaricato per una consulenza) un ente locale di qualsiasi livello in Liguria o in una qualunque altra Regione diversa dal Lazio. ​Idem per il consigliere comunale di Forlimpopoli che potrà esercitare la sua professione al servizio del comune di Ospedaletto con cui la sua amministrazione confina.
Il blitz a favore del doppio lavoro dei consiglieri passa, ma non inosservato. Attaccano, ad esempio, i deputati di Alternativa Libera: “La scelta del Partito Democratico di cancellare il divieto per le pubbliche amministrazioni di dare incarichi professionali retribuiti a quanti sono già titolari di cariche elettive in enti locali è un vero e proprio insulto ai tanti professionisti, soprattutto giovani, che, in un periodo di crisi come quello attuale, si vedono ridurre le opportunità lavorative e di guadagno in favore dei rappresentati dei partiti”.
Va anche detto che ​dal 2012 ad oggi molti consiglieri avevano fatto ricorso​ e sollevato eccezioni​ contro la legge. I ricorsi erano poi andanti però a sbattere sul portone della Corte Cost​it​uzionale che giusto l’anno scorso si è espressa ​in difesa dei vincoli riferiti a tutte le ipotesi di incarico​. Perché la ratio della legge, spiegava la Corte, non era la “preclusione dello svolgimento degli incarichi in favore delle pubbliche amministrazioni da parte dei titolari di carica” elettiva bensì “escludere che il titolare di tali cariche potesse percepire ulteriori emolumenti”. In pratica che gli incarichi venissero subordinati a logiche politiche anziché di garanzia della buon andamento dell’amministrazione. Con la manovrina quegli incarichi non saranno più vietati ma facoltativi. Basterà spostarsi di qualche chilometro per uscire dal perimetro dei divieti. Magari coperti con rimborso della benzina. E i consiglieri d’Italia, fin d’ora, ringraziano.