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giovedì 14 ottobre 2021

Reddito di cittadinanza... - Mara Colasanti (FB)

 

Lo pago io, è vero.
Io che senza fiatare ho pagato banca Etruria,
le tasse delle lobby del gioco d'azzardo,
le pensioni ai pronipoti dei deputati morti 60 anni fa,
i danni Parmalat,
la corruzione che sembra inarrestabile,
la cassa integrazione fiat,
il progetto del ponte sullo stretto,
gli aerei militari che non volano,
i braccialetti per i detenuti,
le lenzuola d'oro delle ferrovie,
la sanità mangiasoldi....
Calciopoli, vallettopoli, affittopoli, minchiopoli!
Ho sempre pagato in silenzio e dovrei ribellarmi adesso?
Adesso che i miei soldi andranno a chi ne ha realmente bisogno???
Me ne hanno fottuti tanti di soldi che questi mi sembrano i meglio spesi degli ultimi 30 anni!
Cit. (un cittadino italiano)

domenica 19 settembre 2021

“Renzi ha sabotato un’alleanza di vera sinistra. Per conto terzi”. - Silvia Truzzi

 

Nel suo ultimo manuale (Conversazioni sulla Costituzione, Cedam) Lorenza Carlassare scrive che se si assume l’implicito che solo alcuni abbiano le capacità per governare, viene messa in discussione l’idea stessa di democrazia.

Professoressa, il “governo dei sapienti” da Platone in poi è spesso stato riproposto: perché?

È una concezione autoritaria del potere. Non bisogna andare molto indietro nel tempo per ritrovarla nella nostra storia. Secondo Alfredo Rocco, padre del codice penale nonché ministro Guardasigilli di Mussolini, lo Stato fascista supera la democrazia perché si riserva “di far decidere i problemi essenziali della vita dello Stato a coloro che hanno la possibilità d’intenderli, sollevandosi sopra la considerazione degli interessi contingenti degli individui”. L’idea dell’infallibilità di un capo fa paura: per fortuna se il “capo” è Draghi non corriamo alcun pericolo. La concezione acritica del potere però è in sé estremamente pericolosa.

Si parla del governo dei migliori: chi sono?

Proviamo a ragionare al contrario. Ovviamente nessuno auspica un “governo dei peggiori”: ne abbiamo visti in passato di peggiori, per esempio dal punto di vista della condotta non sempre specchiata, della mancanza di disciplina e onore e perfino della fedina penale macchiata! È giusto, per certi versi perfino ovvio, che si cerchino per i ruoli chiave persone che abbiano capacità e conoscenze. La competenza è indispensabile: personalmente non metterei al ministero dell’Università e della Ricerca una persona che non ha nemmeno la licenza superiore come avvenne non molti anni fa. Però pensare che esista un’élite destinata a governare le masse rompe l’idea di uguaglianza su cui si fonda la democrazia costituzionale.

E poi: chi seleziona i migliori? Sulla base di quali criteri?

Questo è il punto cruciale che spiega bene perché la democrazia non ha alternative. Oggi ci troviamo in una situazione particolare causata dall’estrema debolezza del sistema politico. La crisi della rappresentanza dipende anche da leggi elettorali che in qualche modo hanno sottratto o attenuato la possibilità per i cittadini di scegliere i propri eletti, selezionati dai leader dei partiti in base a convenienze e fedeltà. Prima i partiti avevano un radicamento sociale importante e concorrevano alla preparazione della classe politica, formando il personale parlamentare e di governo. Adesso si bada solo al consenso, qui e ora.

Lei crede alla tecnica che non ha colore politico?

Non esistono decisioni neutre: tutte le decisioni sono politiche. Questa crisi è stata alimentata da un soggetto che ha un nome e un cognome, Matteo Renzi, che ha agito per sé e io credo anche per conto terzi: in troppi erano preoccupati dal possibile consolidamento di un’alleanza 5Stelle-Pd per timore di uno scivolamento a sinistra del Paese. Basta vedere come si affannano nel chiedere che le risorse non vengano sprecate nei sussidi. Ma non si tratta di “sprecare”: la Costituzione prevede l’intervento dello Stato in caso di disoccupazione involontaria e anche il diritto a una retribuzione che garantisca al lavoratore una vita dignitosa.

Aboliranno il reddito di cittadinanza?

Non credo che la Consulta lo permetterà. La giurisprudenza della Corte negli ultimi tempi ha ben chiarito che la Corte stessa può sindacare le scelte del legislatore in ordine all’allocazione delle risorse alla luce di principi fondamentali come quelli di uguaglianza e solidarietà. Se si oltrepassa la soglia del principio di ragionevolezza nell’abolire misure di solidarietà sociale in momenti in cui crescono disoccupazione e povertà, la Corte potrebbe intervenire.

Cosa pensa del governo di tutti o quasi tutti?

Che è impossibile. Ogni decisione è politica: accontenta e scontenta qualcuno, tocca interessi spesso contrastanti, favorendone alcuni e sfavorendone altri quindi non credo che partiti con posizioni diametralmente opposte possano mettersi d’accordo su ogni decisione. Non penso che possa essere efficiente un esecutivo sostenuto da tutti; mi piacerebbe, in questo difficile momento, ma mi sembra complicato. Sarebbe essenziale delimitare un’area politica di sostegno e giovarsi delle astensioni di chi non si oppone.

ILFQ 11.2.2021

sabato 11 settembre 2021

Reddito di cittadinanza sotto assedio: ecco come potrebbe cambiare. - Andrea Carli

 

Si va verso un tagliando: un reddito di cittadinanza rafforzato sotto il profilo dell’azione di contrasto alla povertà e strettamente collegato alle politiche attive del lavoro.

Il restyling del reddito di cittadinanza, misura di sostegno che costa 7-8 miliardi l'anno, è un mosaico i cui tasselli vengono inseriti gradualmente, uno dopo l’altro. L’ultimo è quello emerso durante l’incontro tra iI ministro del Lavoro Andrea Orlando e le parti sociali sul tema della riforma delle politiche attive. Una riforma che punta sul programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) strutturando un percorso verso l’impiego, fatto di formazione, riqualificazione professionale, per l’inserimento o la ricollocazione al lavoro, e lega il nuovo strumento al Rdc. Perché l’aiuto economico - che il governo non intende superare ma rivedere -, per le persone occupabili, sia collegato con maggiore efficacia al mondo del lavoro. Le misure di Gol pertanto ne rappresenteranno una condizione.

Solo tre percettori su dieci hanno sottoscritto un patto per il lavoro.

Il Governo intende rivedere e non superare il reddito di cittadinanza, dunque. Sullo sfondo i numeri prodotti dall’Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro: al 30 giugno i percettori del beneficio tenuti a sottoscrivere un patto per il lavoro erano oltre un milione e 150mila, ma solo il 34,1% di questa platea lo aveva fatto.In un recente rapporto sull’Italia l’Ocse ha messo in evidenza che ha attutito la povertà indotta dalla pandemia ma con uno scarso numero di percettori che ha trovato impiego a causa delle politiche attive carenti (l’Organizzazione ha posto sotto la lente anche Quota 100). A giugno in occasione della Requisitoria orale il procuratore generale della Corte dei Conti Fausta Di Grazia è intervenuto sul sostegno, e ha parlato di « uno stanziamento definitivo di 5.728,6 milioni di euro, dei quali ne sono stati impegnati 3.878,7 milioni. Dai dati degli uffici di controllo - ha aggiunto in quella occasione - risultano essere state accolte circa 1 milione di domande, a fronte di quasi 2,4 milioni di richieste, delle quali, secondo elaborazioni di questo Istituto, soltanto il 2% ha poi dato luogo ad un rapporto di lavoro tramite i Centri per l’impiego».

Reddito di cittadinanza sotto la minaccia di modifiche alla manovra e referendum.

È questa la ragione per cui il reddito di cittadinanza si è ritrovato sotto il fuoco incrociato di forze politiche che fanno parte della maggioranza (Lega e Italia Viva), e della principale forza di opposizione (Fratelli d’Italia). Tanto che il leader della Lega Matteo Salvini ha confessato che non vede l’ora che arrivi il giorno della manovra economica (entro il 20 ottobre il governo presenta in Parlamento il disegno di legge di Bilancio) per presentare un emendamento sulla misura. «L’ impegno - ha spiegato - è presentare, in sede di Bilancio, un emendamento a mia firma, in cui chiederemo di rivedere o cancellare il reddito di cittadinanza. Non è un attacco a qualcuno - ha poi aggiunto -: è che sono 10 miliardi di euro che hanno creato solo lavoro nero. Non funziona. La misura bisogna modificarla in modo tale da essere richiesta solo da chi non può lavorare, per il resto dobbiamo cancellarla». E se Salvini guarda alla manovra per “tendere un’imboscata” al reddito di cittadinanza, il senatore di Italia Viva Matteo Renzi ha lanciato un aut aut: o cambia o ci sarà un referendum. «Il fatto di aver permesso di aprire la discussione sul reddito di cittadinanza ha portato al fatto che Draghi lo cambierà - ha detto -. Io le firme le raccolgo, e sul reddito di cittadinanza ne raccoglieremo molte di firme...», poi «se il reddito non cambia il referendum si farà».

Verso maggiore contrasto alla povertà e connessione con le politiche attive.

Se la linea è quella di mantenere la misura di sostegno al reddito, ma al contempo di apportare delle modifiche, si tratta di capire come il governo intende intervenire. Entro fine mese sono attese le proposte del Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno. Le soluzioni delineate segneranno un punto di partenza, ma sarà il confronto politico tra le forze di maggioranza a disegnare il nuovo volto del sostegno. Se la Lega, seppur con toni diversi (l ministro per lo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha proposto che «si cominci a ragionare di lavoro di cittadinanza») chiede che venga cancellato o radicalmente trasformato, Giuseppe Conte e tutto il Movimento Cinque Stelle fanno muro ribadendo che questa misura non si tocca. Anche il Pd difende il Rdc dicendo che è una misura «condivisibile che va migliorata». Sulla stessa linea LeU. Di certo si va verso un tagliando: un reddito di cittadinanza rafforzato sotto il profilo dell’azione di contrasto alla povertà e, come si scriveva in precedenza, strettamente collegato alle politiche attive del lavoro, ovvero la seconda gamba per sostenere l’occupazione dopo la riforma degli ammortizzatori sociali (anch’essa in fase di definizione). Un’ulteriore tassello del mosaico.

IlSole24Ore

martedì 7 settembre 2021

Giorgia Meloni e il reddito di cittadinanza. Orso Grigio

 

Qualche tempo fa pubblicai una vignetta dove riassumevo i brutti e offensivi termini con i quali gente certamente spregevole definiva l’eminentissima et eccellentissima statista giorgia meloni, paragonandola con spirito malevolo a dignitosissime figure professionali come quella della carciofara, della pescivendola e della caciottara, o ad altre ancora, tipiche del degrado sociale dei nostri tempi, come la coatta e la zoccola, cosa che ebbe a fare anche quel vecchio cabarettista ormai in disuso, financo a sottolinearne odiosamente la somiglianza con un tappo di cellulite.
Condannando decisamente certi accostamenti, consigliavo semmai di definirla con una figura retorica, una metafora che non coinvolgesse riferimenti diretti a niente e a nessuno, ma che si riferisse semmai ad una precisa collocazione nel tempo e nello spazio, come per esempio, ‘becera fascista di merda’.
E’ solo un esempio, a scopo didattico, ma poteva avere un senso in quanto ‘becera’ poteva ricordare i modi non sempre eleganti di esprimersi della nostra eroina, ‘fascista’ una sua chiara e mai del tutto negata simpatia verso quel momento putrido della nostra storia, e il ‘di merda’ avrebbe invece descritto la materia di cui quel momento era composto, come sancito poi dalla Storia e scritto nella Costituzione.
La mia sottile ironia non venne colta appieno e fui sommerso, me tapino, dalle critiche prima di sessismo, poi di sessismo, e infine, addirittura di sessismo.
Oggi vedo che la suddetta pregiatissima statista definisce il reddito di cittadinanza ‘metadone di stato’, insultando con disprezzo, in un colpo solo, sia chi lo percepisce, trattando persone in cerca di uno straccio di possibilità di vita come rifiuti tossici alla canna del gas, che chi glielo dà, lo Stato spacciatore sfruttatore.
Perché il senso è quello.
Verrebbe da chiedersi se sia più grave la mia ironia o la feroce violenza che una frase del genere racchiude.
Ditemelo voi.
Quella misura non funziona bene, l’ho sempre detto anch’io, e questo era pure prevedibile, ma è una misura imprescindibile di civiltà ed equità sociale alla quale uno Stato democratico che pretenda di definirsi tale non può rinunciare. E per avere la certezza che sia giusta basta guardare chi è che la sta attaccando, in certi casi dopo averla perfino votata, come l’uomo che sussurrava alle salamelle.
Ma si sa, la politica è volubile, e le cose diventano giuste o sbagliate non per quello che valgono ma solo a -seconda dei voti che potrebbero portare.
Se scegliamo di farci rappresentare dai pagliacci, poi funziona così.
Dunque, donna giorgia, è questa la tua destra sociale? E’ tutta qui, è così che funziona? Oppure quelli che ti votano sono tutti fortunati, ognuno con il suo lavoretto sicuro, la tredicesima e il panettone sotto l’albero a Natale? O forse delle difficoltà degli altri non te ne frega un cazzo in nome della propaganda politica tua e dell’uomo che roteava i rosari?
Si corregga, quel provvedimento, si migliori, certo, ma nessuno si azzardi ad eliminarlo.
Le persone, tutte le persone, di tutte le razze, colori e religioni, hanno diritto a condizioni di vita decorose e gli deve essere data la possibilità di provare a costruirsi un futuro decente e di poterlo garantire ai propri figli.
E il lavoro dev’essere pagato con un salario equo, non con le elemosine.
E’ così che deve funzionare.
Il recinto politico che protegge quella misura deve essere fortificato ed elettrificato con l’alta tensione.
E chi lo tocca, che ci resti secco.

FB - 7.9.2021

mercoledì 1 settembre 2021

Stagionali, ecco i veri numeri del boom. Il Reddito e la bufala “divanisti”. - Roberto Rotunno

 

Le cifre Inps dal 2019 - La misura anti-povertà non ha mai frenato le assunzioni, che sono sempre aumentate.

Se davvero – come raccontano mezzo arco parlamentare e certa stampa interessata – il Reddito di cittadinanza ha reso introvabili i lavoratori stagionali, allora le imprese italiane devono spiegare come è possibile che, dopo l’entrata in vigore del sussidio, le assunzioni siano aumentate e di tanto. Questo dicono i dati: nei mesi successivi all’introduzione della misura anti-povertà – vale a dire aprile 2019 – i contratti di lavoro stagionale sottoscritti sono sistematicamente aumentati, almeno fino a quando le chiusure dovute alla pandemia non hanno giocoforza comportato un crollo che comunque, alla lunga, è stato meno drastico di come si potrebbe percepire dalle urla di dolore emanate a reti unificate. Tanto che, giusto per citarne una, i rapporti avviati in tutto il 2020 sono stati 656 mila, praticamente lo stesso numero registrato nel 2018, penultimo anno di “normalità”.

Insomma, dai report Inps emerge chiaramente che nelle ultime tre estati, pur con molte famiglie sostenute dal Rdc, le aziende turistiche hanno continuato a beneficiare di un vasto esercito di addetti. Con buona pace di Matteo Renzi, Matteo Salvini, Vincenzo De Luca, di ristoratori, albergatori e titolari di stabilimenti balneari che continuano a ottenere grande spazio sui media per portare avanti una narrazione accettata per fede dal centrodestra e parte dell’opinione pubblica, sebbene smentita dalle statistiche. Un dibattito così delicato, come quello che alcuni partiti di maggioranza stanno cercando con forza di inserire nell’agenda del governo al fine di abolire lo strumento o quantomeno colpirlo duramente, non può prescindere dai numeri. Partiamo quindi, come detto, da aprile 2019, quando le prime 564 mila famiglie hanno ricevuto la carta acquisti associata al Reddito di cittadinanza. Nello stesso mese, le assunzioni di lavoratori stagionali hanno visto un incremento molto robusto: 114 mila contro le 76 mila dell’anno prima. Si tratta di un mese dell’anno in cui i datori compiono la prima infornata per preparare la stagione estiva e, nonostante nel 2019 sia coinciso con l’arrivo dell’aiuto statale, si è riusciti persino ad aumentare di molto gli arruolamenti. Questa crescita di assunzioni è proseguita per quasi tutti i successivi mesi dell’anno, tanto che il 2019 ha chiuso con un totale di 733 mila contratti a fronte dei 661 mila del 2018. Se per il confronto ci limitiamo a considerare solo il periodo tra aprile e dicembre, quindi solo quello con il Reddito di cittadinanza già operativo, abbiamo 637 mila contratti nel 2019 e 558 mila nel 2018. Conclusione: nei primi nove mesi di Rdc i rapporti stagionali sono saliti di circa il 13%.

Parliamo dell’ultimo anno prima della pandemia. Quando, a fine febbraio del 2020, l’Italia ha iniziato a fare i conti con il Covid, la situazione è inevitabilmente cambiata. Tra marzo, aprile e una parte di maggio il Paese si è fermato, in particolar modo il comparto turistico. A giugno ha dovuto riaprire in fretta e le assunzioni sono tornate a volare: 166 mila, quasi perfettamente in linea con il dato nel 2019. Ma è soprattutto a luglio che le imprese hanno recuperato gli ingressi non effettuati durante la primavera, tanto che in quel mese l’Inps ne segna 178 mila contro i 97 mila di luglio 2018. E ancora ad agosto con 72 mila avviamenti, quasi il doppio dei 43 mila del 2019. Alla fine, il 2020 ha chiuso con 656 mila assunzioni, a spanne l’11% in meno del 2019. Si tratta di una contrazione ampiamente giustificata dai mesi di lockdown. Con le riaperture, invece, non c’è stato alcun effetto divano, pur denunciato dalle imprese come conseguenza non solo del Reddito di cittadinanza, ma anche della mole di interventi pubblici approvati per far fronte all’emergenza (bonus da 600 euro e Reddito di emergenza, per fare due esempi). Semmai ci sono state difficoltà di reperimento, andrebbero imputate all’effetto “collo di bottiglia” creato dalle misure pandemiche. Cioè al fatto che, come mostrano chiaramente i dati, le aziende hanno concentrato in soli due mesi le assunzioni che di solito spalmano in un periodo più lungo e questo ha reso un po’ meno agevole trovare i candidati. Molti disoccupati, tra l’altro, si erano già verosimilmente reinventati in altri settori, per esempio nella logistica, per sopperire alla mancata assunzione. Questo a voler tacere su tutti gli altri fattori che hanno reso strutturalmente meno attrattivo il lavoro nel turismo: le basse paghe, le condizioni indecenti spesso offerte, i sussidi molto deboli nei mesi di inattività forzata.

Arriviamo infine al 2021. Anche qui, le chiusure natalizie e pasquali hanno ridotto le assunzioni stagionali, che fino ad aprile sono cresciute rispetto al 2020 ma tenendosi sempre ben lontane dai periodi pre-pandemici. Già con i primi allentamenti delle restrizioni, i contratti hanno vissuto un boom: a maggio sono stati oltre 142 mila, un record rispetto a tutti gli anni precedenti presenti in archivio. Tra alcune settimane l’Inps pubblicherà quelli di giugno e potremo vedere quanto sia stato robusto il recupero. Ma, intanto, anche l’esplosione di maggio dimostra che si è di nuovo creato un collo di bottiglia.

Chi prende il Reddito di cittadinanza si offre spesso nelle attività stagionali, tanto che l’ultima rilevazione Anpal (di ottobre 2020, poi non sono più state aggiornate dal ministero, non si sa perché) diceva che – dei 350 mila percettori che avevano trovato un impiego – 48 mila hanno operato nella ristorazione e 44 mila nell’agricoltura. Il fatto che il Reddito disincentivi il lavoro è smentito da ogni dato ufficiale. A dirla tutta, per capirlo basterebbe la semplice logica: come si può rifiutare uno stipendio da 1.200 euro in cambio di un sostegno statale che vale in media 548 euro per l’intera famiglia? Questo è quanto “intascano” i nuclei beneficiari: si va dalla media di 447 euro per i single ai 700 euro per le famiglie con quattro bocche da sfamare. Come queste cifre possano indurre la gente a rifiutare una regolare retribuzione da lavoro (che tra l’altro può garantire una pensione futura) resterà un mistero e, prima o poi, gli imprenditori che hanno approfittato dell’eco concessa dai giornali per instillare questo racconto dovranno dare spiegazioni. A meno che non vogliano spiegarlo i vari Renzi, Salvini e De Luca, dato che in tutti questi mesi si sono fatti imperterriti portavoce di quelle stesse imprese.

ILFQ

martedì 31 agosto 2021

Reddito di cittadinanza, un diritto inalienabile.


Il reddito di cittadinanza ha abolito paghe in nero e da fame che furbi esercenti offrivano ai lavoratori per rimpinguare le proprie tasche.

Chi vuole abolirlo è solo un sostenitore dell'illegalità e dell'evasione fiscale. Il lavoro, quel poco che c'è, è appannaggio degli addetti ai centri di lavoro e dei loro referenti politici e sindacali che favoriscono parenti, amici e conoscenti.

Ormai in Italia, la raccomandazione è l'unica risorsa disponibile per ottenere ciò che dovrebbe essere un diritto ottenere, vedi il riconoscimento dell'indennità di invalidità concesso a chi è in forma perfetta e negato a chi ha seri problemi fisici.

La constatazione, poi, che a chiedere l'abolizione del rdc siano esimi politici che hanno entrate fisse di denaro pubblico, quindi pagati da noi, che legiferano solo per agevolare se stessi, rende la faccenda ancor più incomprensibile e deprecabile.

Se potessi me ne andrei da questa Italia martoriata da ingiustizie perpetrate da chi dovrebbe amministrarci con onestà e responsabilità.

Il mondo, ormai, è nelle mani dei furbi e degli arroganti.

cetta.

Reddito, così parlavano: Lega (e Pd) hanno cambiato idea. - Giacomo Salvini

 

Il vestito era quello delle grandi occasioni, il tono anche. Il 19 gennaio 2019, Matteo Salvini non riusciva a contenere l’entusiasmo per l’approvazione del decreto che introduceva il Reddito di cittadinanza e Quota 100: “Quello di oggi è un passaggio storico. Fra Reddito di cittadinanza, flat tax, Quota 100 e pace fiscale saranno almeno 10 milioni gli italiani che riceveranno un aiuto: Giuseppe e Luigi, io vi dico grazie per i sette mesi entusiasmanti e i prossimi 10 anni lo saranno altrettanto”. Dieci giorni dopo il leader della Lega e ministro dell’Interno ribadiva il concetto senza paura di diventare pomposo: “Sono estremamente felice e orgoglioso”. E sul Reddito cittadinanza voluto dal Movimento 5 Stelle Salvini diceva: “Aiutare 5 milioni di poveri e i 3 milioni di disoccupati è un atto di giustizia sociale”. Dall’altra parte c’era il Pd, all’opposizione del governo gialloverde, che ogni giorno tirava bombe a mano contro il Reddito di cittadinanza, misura chiesta da anni dal Forum sulle Diseguaglianze e dall’Alleanza contro la Povertà: dal segretario reggente Maurizio Martina a Nicola Zingaretti passando per Andrea Orlando e Matteo Renzi, tutti si prodigavano in dichiarazioni, interviste e uscite chiedendo di cambiare, abolire o addirittura abrogare con un referendum il reddito grillino. Due anni, e molta acqua sotto i ponti, più tardi il mondo si è rovesciato: oggi Salvini, sempre al governo ma con Draghi a Palazzo Chigi, sostiene che “il Reddito di cittadinanza disincentiva il sacrificio” e va “cancellato”, mentre il Pd, alleato con il M5S, ha cambiato idea e si esercita nell’arte di difendere l’aiuto ai più poveri, sebbene proponendo qualche piccola modifica. Fatto sta che oggi la modifica del Reddito di cittadinanza sembra essere diventata la priorità della politica italiana. E dunque è utile tornare al 2019 per ricordare come in soli due anni tutto si sia ribaltato.

Lega da svolta storica a legge per i fannulloni.

Il voltafaccia più evidente è quello di chi quella misura la volle, la condivise e la votò nel Consiglio dei ministri del 19 gennaio 2019: cioè la Lega di Matteo Salvini. Una norma contenuta nel cosiddetto “decretone” che conteneva anche Quota 100. Le dichiarazioni di allora del vicepremier Salvini si sprecano: “Una svolta storica” (19.01), “coronamento di anni di battaglie” e “una misura che mette il lavoro al centro” (29.01). Anche i parlamentari e ministri leghisti condividevano la posizione del capo. L’allora sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon si preoccupava addirittura di estenderlo a “invalidi e famiglie numerose” (21.01) mentre il suo omologo all’Economia, Massimo Bitonci, spiegava che “dare soldi alle persone povere va bene, è giusto, perché il povero consuma tutto e questa è una misura di crescita dei consumi” (22.02). Anche la ministra della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno sosteneva in pieno il Reddito: “Condividiamo questa misura – diceva alla vigilia dell’approvazione – l’abbiamo sicuramente migliorata e certamente la voteremo” (18.01). Durante il dibattito in Parlamento il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo addirittura si travestiva da grillino della prima ora: “Se questo meccanismo (il Reddito di cittadinanza, ndr) esiste in molti Paesi europei, evidentemente una ragione ci sarà. Noi consideriamo che sia giusto aiutare i cinque milioni di poveri e tre milioni di disoccupati: per noi è un atto di giustizia sociale”. (27.02). Salvini rispondeva anche a chi, nella Lega, come Giancarlo Giorgetti, si preoccupava per le proteste degli imprenditori del Nord: “È giusto pensare agli imprenditori ma dobbiamo pensare anche a chi non ce la fa. Aiutare gli ultimi, i disoccupati, i dimenticati è un atto di giustizia di cui vado fiero (22.02). E poi, col tono da celerino, rispondeva così ai critici secondo cui il Reddito di cittadinanza avrebbe favorito il lavoro nero: “Faremo l’impossibile per evitare i furbetti, so che qualche fenomeno fa cambi di residenza, divorzia o altro: ‘Amico mio ti arriva la Finanza se pensi di prendermi per scemo’”. (24.01).

Due anni dopo, è tutto cambiato. Oggi nonostante sia stato un aiuto fondamentale in tempi di pandemia, Salvini dice questo del Reddito di cittadinanza: “È un insulto a chi lavora”, “favorisce il lavoro nero”, “disincentiva sacrificio e passione”. E quindi? “Va cancellato” e “deve sparire” a costo di presentare un emendamento a sua firma in legge di Bilancio.

Pd da iniquità a legge giusta.

Il Pd invece ha fatto il percorso inverso. Due anni fa, dall’opposizione al governo gialloverde, faceva le barricate contro la misura grillina, ma dopo pochi mesi ha cambiato idea: da quando i dem sono al governo con il M5S hanno sempre difeso il Reddito di cittadinanza come norma fondamentale per il contrasto alla povertà. Anche allora, com’è solito nella storia del partito, il Pd si divideva tra le sue molteplici correnti. I renziani, per bocca di Roberto Giachetti, iniziarono a far balenare l’ipotesi di raccogliere le firme per un referendum abrogativo (oggi proposto proprio da Matteo Renzi) con Maria Elena Boschi che twittava sulla “vita in vacanza” degli italiani col Reddito, mentre la minoranza diceva “no” al referendum ma opponendosi alla misura. Il segretario reggente Maurizio Martina parlava di “errore” e per lui quei 10 miliardi si potevano “spendere meglio” (20.01) mentre Andrea Orlando, leader della sinistra dem e oggi ministro del Lavoro, andava all’attacco: “La finalità è giusta ma il rischio di assistenzialismo c’è perché non è legato a percorsi di reinserimento al lavoro. Il decreto è sbagliato e rischia di screditare lo strumento stesso” (20.01). Al Fatto Orlando ribadiva: “La finalità è giusta, ma produrrà gli effetti contrari”. E giù dichiarazioni durissime: “Un capolavoro di incoerenza e bugie” (Debora Serracchiani), “una misura iniqua e a volte paradossale” (Edoardo Patriarca), “una corsa a dare i soldi prima delle elezioni, lo avrà anche il piccolo camorrista” (Vincenzo De Luca), “Reddito e Quota 100 sono fuffa e truffa” (Andrea Marcucci). L’allora capogruppo Graziano Delrio nella sua dichiarazione di voto alla Camera parlava di “meccanismo di risorse che esclude i più poveri” (21.03). Anche Nicola Zingaretti, che da lì a pochi giorni sarebbe diventato segretario del Pd, criticava il Reddito: “Sono favorevole a sussidi per la povertà, ma lo cambierei radicalmente e farei investimenti per creare posti di lavoro”. Oggi i dem difendono a spada tratta la norma e propongono piccole ma limitate “modifiche”. L’unico coerente è il segretario Enrico Letta. Nel 2019, in esilio da Parigi, criticò l’opposizione del suo partito e abbracciò la misura del M5S: “È nel Dna del centrosinistra”. Oggi può difenderla senza paura di guardarsi allo specchio.

ILFQ.

Affamare gli affamati. - Marco Travaglio

 

Che il Matteo minor, ormai ridotto politicamente all’accattonaggio, si eserciti nella disciplina olimpica dell’estate – affamare gli affamati – per strappare un primato almeno lì, è comprensibile: gli elettori non sono più un suo problema, gliene basta uno a Riyad. Ciò che stupisce è che ad accanirsi sui 3,6 milioni di percettori del Reddito di cittadinanza per levargli pure quei 580 euro medi al mese sia il Matteo maior. Reduce dai trionfi di Durigon e scavalcato dalla Meloni, che alle Amministrative ne farà polpette, Salvini potrebbe rivendicare il voto della Lega al Rdc voluto dai 5Stelle nel 2018, quando anche il Pd lo contrastava. E sperare che qualcuno dei poveri usciti dalla miseria più nera si ricordi di lui nelle urne. Invece si impegna allo spasimo per regalarli tutti a Conte. Parliamo di un esercito di emarginati sociali e politici che hanno cose più serie a cui pensare che votare. Ma che ora, additati ogni giorno dai due Matteo come truffatori e fannulloni da divano, potrebbero trascinarsi alle urne per difendere chi li tratta da esseri umani con la loro dignità e da cittadini con i loro diritti. Il tutto per 7-8 miliardi l’anno: una goccia nel mare della spesa pubblica, quasi tutta riservata ai ricconi. Tipo i signori di Confindustria, seduti su 120 miliardi di sussidi da Covid.

Il Sole 24 Ore scrive, restando serio, che i poveri “imprenditori in crisi di organico” sono ora costretti a “pagare di più il personale”: han dovuto financo rinunciare alla pretesa di far lavorare la gente per meno di 580 euro al mese. Il che, in un Paese decente, sarebbe considerato non una magagna, ma un successo del Rdc. Mai, nemmeno per le leggi vergogna di B., s’era registrato un simile attacco concentrico di fake news e frasi fatte. Tipo che il Rdc non dà lavoro (oh bella: se ci fosse lavoro per tutti, nessuno avrebbe bisogno del Rdc) o che lo prendono finti poveri e lavoratori in nero (che infatti vengono scoperti e denunciati, ma esistono in tutte le misure di Welfare e nessuno pensa di abolire i semafori perché c’è chi passa col rosso); o che frena i disoccupati dal cercare lavoro (bugia smentita da tutti i dati ufficiali). Nessuno dice che le Regioni hanno intascato 1 miliardo per navigtor e centri per l’impiego, salvo poi boicottarli. E che a ottobre 2020, malgrado la pandemia, in meno di un anno e mezzo di Rdc 350mila beneficiari avevano già firmato almeno un contratto: il 32% su 1,1 milioni tenuti al Patto per il lavoro. Gli altri 2,5 sono minorenni o inabili o anziani. Ma forse le nostre Marie Antoniette vogliono mandare a lavorare i minori, gli invalidi e i nonnetti: da loro c’è da aspettarsi questo e altro.

ILFQ

Reddito di cittadinanza, i percettori e il lavoro: “Continuo a cercare, offerte solo in nero e non più di 700 euro al mese. E sono laureato”. “Un posto ce l’ho, ma prendo 290 euro”

 

Ilfattoquotidiano.it ha ricevuto decine di storie di percettori. Tra chi è in grado di lavorare il desiderio di sostituire il sussidio con uno stipendio - e il disagio provato nel sentirsi definire "fannulloni" - è una costante. Ma i centri per l'impiego quasi mai aiutano. E molti beneficiari sottolineano la necessità di rendere efficienti le politiche attive i meccanismi di incrocio tra domanda e offerta. Altrimenti, spesso, l'unica alternativa è il lavoro irregolare (e chi lo rifiuta viene bollato come "infame", racconta Danilo). Poi c'è chi ha un'occupazione ma guadagna talmente poco che senza un aiuto non ce la farebbe. Raccontate le vostre storie scrivendo a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it.

Il lavoro che non si trova perché “troppo vecchi“. O perché il curriculum è troppo brillante e “nessuno vuole un cameriere con il dottorato“. Le offerte in nero, 10 ore al giorno per poche centinaia di euro al mese. I lavoretti accettati comunque, anche se a 60 anni il facchinaggio e la raccolta delle olive o dei pomodori sono pesanti. Il desiderio di sostituire il sussidio con uno stipendio – e il disagio provato nel sentirsi definire “fannulloni” – è una costante nelle decine di testimonianze di percettori di reddito di cittadinanza raccolte da ilfattoquotidiano.it (ne aspettiamo altre a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it). Se servisse una nuova smentita alla narrazione del divano, queste storie dicono che chi è in grado di lavorare fa di tutto per farlo. Ma i centri per l’impiego quasi mai aiutano. E molti beneficiari, a partire da quelli con esperienza e competenze che sulla carta li renderebbero facilmente ricollocabili, sottolineano la necessità di rendere efficienti le politiche attive i meccanismi di incrocio tra domanda e offerta.

“Non si può neanche immaginare quanto sia umanamente frustrante“, racconta Teresa, due figli piccoli, che un posto ce l’aveva ma l’ha perso con il Covid e ora non trova nulla. Danilo è stato licenziato quando il datore ha scoperto che aveva chiesto il reddito: temeva controlli, visto che il contratto era “di quattro ore settimanali a fronte delle dieci giornaliere lavorate”. Ora lui e la moglie si sono abituati a sentirsi bollare come sfaticati perché – è l’unico paletto – i lavori in nero non li accettano più. Tiziano un lavoro nel suo campo ora l’ha trovato: ha vinto un bando internazionale, tra poco si trasferirà in Belgio. Negli ultimi mesi ha vissuto grazie al reddito, chiesto con “vergogna” perché “uno che ha potuto arrivare a fare il dottorato è stato certamente più fortunato degli altri”. Non per questo non voleva sporcarsi le mani: ha cercato lavoro come cameriere, l’esperienza ce l’aveva perché da studente si era mantenuto così. Ma davanti al curriculum con i suoi titoli accademici “scoppiavano letteralmente a ridere”. Poi c’è Laura, che il lavoro ce l’ha: in mensa. Dalle 11 alle 16, per 290 euro al mese. Senza il reddito, con due figli di cui uno disabile, non vivrebbe. Come Raffaele, che fa i turni in una società di security e prende 800 euro al mese. Ne ha 500 di affitto, ha anche lui due figli. “Solo grazie al reddito (che accetto con mortificazione) posso fare la spesa”, scrive. “Vorrei dire ai Renzi e ai Salvini di farsi un giro tra la gente come me che non sta sul “divano” ma lavora per un misero stipendio. Se venisse abolito il reddito qui al sud le alternative sono rubare o suicidarsi”.

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Siamo una coppia della provincia di Bari, io 39 anni, mia moglie 43 anni, una figlia di quasi tre. Siamo entrambi laureati, parliamo fluentemente più di una lingua. Dal 2019 percepiamo il Reddito, 943 euro: è stata una boccata d’ossigeno legati come eravamo al lavoro agricolo stagionale con i caporali o altri lavori in nero da cui tra tutti e due non abbiamo mai ottenuto più di 900 euro al mese. Gli affitti nella nostra zona non sono mai inferiori a 400 euro. Il mio ultimo lavoro con un contratto di quattro ore settimanali a fronte delle dieci giornaliere lavorate per 850 euro al mese l’ho perso quando il mio datore di lavoro ha scoperto che avevamo fatto domanda per Rdc, spaventato da eventuali controlli. Stessa sorte per mia moglie che per di più era rimasta incinta. Ad oggi NASCONDIAMO di percepire Rdc nella ricerca di un eventuale lavoro anche se ormai siamo bollati come “infami’ e “sfaticati” in quanto non accettiamo lavori in nero o irregolari. Nessuno dei quali fra l’altro retribuito con più di 700 euro. Anche trovare casa è impossibile e la nostra attuale padrona di casa cerca di mandarci via perché noi “infami con il Reddito” paghiamo con bonifico, non in contanti e vogliamo un contratto regolare.
Danilo G, Triggiano

Ho 61 anni e dopo un periodo tra i 40 e i 50 in cui ho trovato solo lavori mal pagati, con agenzie interinali, nessuno mi ha voluto più. Parlo tre lingue, sono interprete parlamentare, ma sono vecchia. Quando ho avuto il reddito di cittadinanza ho almeno eliminato l’angoscia del frigo vuoto. Ma adesso, nemmeno Inps sa perché, scaduti i primi 18 mesi risulto percepire il reddito ma non è così. Ho trovato, dopo tre mesi, un Caf che se ne occuperà, sperando che la falla digitale per cui sono bloccata si possa risolvere. Non mangio se non grazie agli amici e da tre mesi sono tornata a chiedere la carità a chiunque conosco.
Federica R.

Ho 56 anni e faccio il procacciatore d’affari per un’agenzia immobiliare che negli ultimi anni ha visto calare enormemente il suo già esiguo fatturato. E’ l’unico posto che sono riuscito a trovare dopo essermi distrutto fisicamente facendo vari lavori, non ultimo il cameriere presso hotel dove si facevano anche 14 ore senza giorno libero. Con un reddito bassissimo e una famiglia mi sono visto concedere poco più di 500 euro di reddito (non ho l’aiuto per l’affitto perché il proprietario non mi ha mai voluto fare il contratto) che ho utilizzato quasi esclusivamente per le sedute di cura di mio figlio che ha il disturbo dello spettro autistico: è stato messo in lista per i centri convenzionati ma per scalare la graduatoria passano 2-3 anni. Se non vuoi che si aggravi devi andare a pagamento, quattro volte a settimana. Tanti dicono che a causa del reddito nessuno vuole lavorare. La realtà è che già a 35 anni sei considerato vecchio per fare il cameriere e se proprio trovassi qualche opportunità dovresti andare al nord dove non ti forniscono più neanche vitto e alloggio. Qui in Sicilia per accedere anche al lavoro più umile ci vuole il Santo in paradiso. Per parecchi anni ho provato ad entrare alla forestale ma tra sbagli, graduatorie da rifare e qualche minaccia pseudomafiosa non ci sono riuscito. E ho vari attestati ma non riconosciuti da nessuno: perché lo Stato dà finanziamenti per realizzare corsi che non ti danno nessuna qualifica valida?
Fabio G., Palermo

Ho lavorato per quasi 20 anni nel settore della ristorazione per pagarmi gli studi. Dopo due lauree, un dottorato ed essere stato direttore di un progetto di ricerca finanziato da un prestigioso istituto statunitense, mi sono ritrovato completamente disoccupato in Italia. Per quasi 3 anni ho continuato a partecipare a bandi e progetti senza arrivare mai ad avere una minima speranza di uno stipendio. A febbraio, con un po’ di vergogna, mi sono deciso a chiedere il reddito di cittadinanza. Con quei circa 500 euro al mese ho potuto sopravvivere continuando a lavorare ai miei progetti, riuscendo a sottoporli a un bando di mobilità internazionale in Belgio che ho stravinto (inquietante il confronto tra i giudizi finali nelle “bocciature” italiane e i toni entusiasti della valutazione internazionale dello stesso progetto) e che inizierò a fine estate con uno stipendio che in Italia non mi sarei potuto sognare nemmeno tra vent’anni. Senza i sussidi non mi sarebbe proprio stato possibile nemmeno sopravvivere qua in Italia: ho continuato a cercare lavoro come cameriere, ma tutti i datori a cui ho mostrato il mio curriculum alla lettura di “Dottorato di Ricerca” e “Principal Investigator” scoppiavano letteralmente a ridere e mi comunicavano che “nessuno assume un cameriere col dottorato”.
Tiziano F.

Ho 54 anni e percepisco il reddito da novembre 2020. Dopo 30 anni di lavoro nel 2018 l’azienda ha dichiarato fallimento e dopo la Naspi se non ci fosse stato il reddito avrei dovuto mettere in vendita la casa (Aler) per cui sto pagando il mutuo. Sono tre anni che sono alla ricerca disperata di un lavoro: ho seguito l’iter per i percettori del reddito, iscrizione al centro dell’impiego, al Comune di residenza e invio quotidiano delle candidature. Vorrei uno stipendio, da utilizzare come voglio. Ma le “politiche attive sul lavoro” sono al contrario passive, specialmente per gli over 50. Chi pensa che l’aiuto non serva, come Renzi, dovrebbe provare quella angoscia che ti sale quando non riesci a pagare il mutuo/l’affitto, le spese condominiali e tutto il resto.
Lucia S.

Siamo in quattro: io, mia moglie e due figli maggiorenni, tutti e due diplomati ma purtroppo ancora senza lavoro. Come mia moglie che lavorava in una ditta di pulizie e a causa della pandemia è stata licenziata. Fino a 10 anni fa lavoravo in una grande società di vigilanza che mi permetteva di vivere dignitosamente, poi purtroppo l’azienda cessò l’attività e da quel momento è iniziato il mio inferno. Adesso lavoro in una società di security a 800 euro al mese, con turni che arrivano fino a 12 ore al giorno. Tolto l’affitto di 500 euro e le utenze non mi rimane niente e solo grazie al reddito (che accetto con mortificazione) posso fare la spesa. Vorrei dire ai Renzi e ai Salvini di farsi un giro tra la gente come me che non sta sul “divano” ma lavora per un misero stipendio. Se venisse abolito il reddito qui al sud le alternative sono rubare o suicidarsi.
Raffaele B., Giugliano

Ho 63 anni e percepisco 580 euro di reddito da qualche mese. E’ stato un sollievo: sono separato e finalmente con quei soldi posso aiutare la mia famiglia. Posso testimoniare la latitanza dell’ufficio per l’impiego. Ho chiamato per fare la dichiarazione di immediata disponibilità e non sono nemmeno riuscito ad avere un appuntamento. Neppure l’ombra di un supporto per la ricerca di un impiego. Ho spedito curriculum attraverso piattaforme come Indeed che non hanno dato nessun feedback. L’età non aiuta, per quanto io sia piuttosto attivo e uscito da una esperienza trentennale di alto livello come consulente nell’area del marketing e della comunicazione offline e digitale. Sarei disponibile sostanzialmente a valutare qualsiasi proposta di lavoro: ho mandato CV per richieste come magazziniere, autista, aiuto giardiniere. Ma l’unica offerta che ho avuto è stata dalla piattaforma di food delivery Just Eat. Ho ricevuto un contratto nel giro di un paio di giorni: 6,75 euro all’ora. Ho preferito non iniziare.
Andrea C., Bologna

Ho due figli e la casa all’asta. Lavoro nelle mense e prendo 290 euro al mese lavorando dalle 11 alle 16. Prendo il reddito per supplire. Fra poco saremo in mezzo ad una strada, anche se ho anche un figlio disabile. I miei genitori sono morti e il mio ex ha due condanne per maltrattamenti in famiglia e stalking. L’Aler e il comune dove abito non ci dà una casa popolare/comunale nonostante ce ne siano tantissime vuote.
Laura R., Treviolo

Ho 63 anni e dal 2019 percepisco il reddito: inizialmente erano 354 euro, poi sono scesi a causa di un errore, ora con il nuovo Isee sono 442. In casa siamo io e mia moglie anche lei disoccupata. Fortunatamente non paghiamo affitto e ogni tanto c’è un aiuto dal suocero. A Renzi e Salvini vorrei dire che non stiamo a poltrire sul divano: da quando prendo il rdc, prima della pandemia ho fatto un tirocinio con un’agenzia per 6 mesi 3 giorni a settimana (facchinaggio) per 300 euro mensili e poi sono andato a raccogliere le olive. E gli ulivi non crescono in salotto.
Renato M., Perugia

Ho 41 anni e 2 piccoli. Dopo la separazione dal mio convivente ho lasciato la Germania dove lavoravo. Arrivo in Italia con la speranza di ricostruire la mia vita, trovo lavoro e un appartamentino…e scoppia la pandemia. Al CAF mi comunicano che non mi accettano la domanda di rdc perché dovevo essere residente in Italia da almeno 2 anni. Ottengo il reddito di emergenza e grazie all’aiuto del Comune per l’affitto vado avanti. Mi trasferisco in un paese più grande con la speranza di trovare un lavoro ma tornano le restrizioni. Per fortuna inizio a ricevere il rdc per pagare affitto e luce e dare da mangiare ai miei figli. Non si può neanche immaginare quanto sia umanamente frustrante non lavorare. Vogliono abolire il reddito? Bene, ci diano la possibilità di lavorare. Questo io voglio, un lavoro.
Teresa G.

Sono padre di 4 figli e finalmente grazie al reddito ho potuto comprare loro gli occhiali da vista e tante altre cose utili. Ma adesso è il momento che diano lavoro per avere un po’ di dignità, non un sussidio. Voglio lavorare con tutti i diritti. Il motivo per il quale ho fatto domanda del reddito è per poter avere un lavoro più sicuro per dare un futuro ai miei figli.
Ignazio M.

Sono un operatore sociosanitario, lavoravo in Francia ma mi hanno riscontrato una brutta malattia al fegato e ho dovuto lasciare il lavoro e rientrare in Calabria, dove ci sono mia moglie e mio figlio di 15 anni. L’unico reddito era il mio e adesso sono tre anni che non lavoro. Sono disabile al 75% e prendo 285 euro di pensione. Vista la mia situazione non riesco a lavorare e da maggio mi hanno dato il reddito di cittadinanza. Almeno posso comprare un pantalone a mio figlio e mandarlo a scuola a Catanzaro. Vogliono toglierlo? Vorrei vedere loro ad andare avanti con 285 euro al mese invece che i loro 8-10mila euro.
Giovanni P, Caraffa di Catanzaro

Sono vittima non della pandemia ma della crisi economica del 2009. Ho lavorato per 15 anni in due emittenti televisive locali a Salerno, facevo il cameraman per le riprese dei tg e servizi e produzioni in studio. L’ultima emittente mi aveva fatto prima un co.co.pro e poi un contratto a tempo determinato, che a volte scadeva e lo rinnovavano dopo 5 o 6 mesi durante i quali continuavo a lavorare dalla mattina alla sera e anche il sabato e a volte la domenica per 650 euro. Da febbraio 2010 non ci hanno più pagati per poi dichiarare fallimento. Da allora non ho trovato più nulla, la prima cosa che mi dicevano era “lei ha 47 anni, e quanto le devo dare? No io cerco giovani!”. Grazie al reddito di cittadinanza io e mia moglie, che ha una malattia neuro degenerativa ereditaria per cui è necessaria riabilitazione tre volte alla settimana, prendiamo 700 euro.
Giovanni P., Salerno

Mi sono laureata in Storia a marzo e da quel momento non ho mai smesso di inviare cv, senza ricevere quasi mai risposta. Il silenzio più totale da parte di chi millantava di offrire lavoro. Cerco costantemente di continuare con il mio grande amore, il giornalismo, ma dopo anni passati a scrivere gratis non riesco a trovare qualcuno che paghi e sia disposto a farmi prendere il tesserino. Essendomi pure sposata ho avuto la necessità di richiedere il Reddito, ma ho continuato a cercare un impiego. Idem mio marito, il quale parla quattro lingue, ha una laurea, una specializzazione e vari corsi professionalizzanti conseguiti all’estero. Un giorno mi arriva un’offerta di lavoro di un’azienda di Catania, sollecitata dall’Unict che aveva segnalato il mio profilo. 300 euro al mese, full-time. Con quei soldi, forse, mi pagherei soltanto la benzina per arrivare nel luogo di lavoro. Sto progettando di trasferirmi in Francia tra un mese.
Emanuela L., Sicilia

Ho 59 anni e tre anni fa ho perso il lavoro. Nessuno mi vuole più. Sono andato anche a raccogliere i pomodori. Grazie al reddito di cittadinanza sopravvivo abbastanza bene, se me lo tolgono per me è finita.
Stefano, Spoleto

Percepisci o hai percepito il reddito di cittadinanza? Racconta la tua esperienza scrivendo a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it e indicando nell’oggetto dell’e-mail “reddito di cittadinanza”.

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