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sabato 22 giugno 2019

Reggio Emilia, nel comune del Pd due inchieste con 33 indagati: “Così funziona il Sistema che spartisce appalti e nomine”. - Paolo Bonacini

Reggio Emilia, nel comune del Pd due inchieste con 33 indagati: “Così funziona il Sistema che spartisce appalti e nomine”

Alla fine dello scorso febbraio 18 dirigenti sono finiti indagati per falso ideologico e abuso d’ufficio. Tra gli altri la moglie del sindaco Vecchi, allora dirigente all’urbanistica. Pochi giorni fa la nuova e più pesante tegola sull'amministrazione comunale: 15 indagati, tra cui l’ex vicesindaco, un assessore, dirigenti di primo piano nella gestione degli appalti e dei soldi pubblici.

Lo hanno ribattezzato il “sistema Reggio Emilia”. È quello messo sotto accusa dalla procura della Repubblica per la seconda volta in soli quattro mesi. Due inchieste con 33 indagati travolgono la città già scossa da Aemilia, il più grande processo alla ‘ndrangheta nel Nord Italia. Il sistema Reggio lambisce l’amministrazione del rieletto sindaco Pd Luca Vecchi. Alla fine dello scorso febbraio 18 dirigenti del Comune di Reggio Emilia, in servizio nel 2013 (e in buona parte ancora oggi), sono finiti indagati per i reati di falso ideologico abuso d’ufficio. Tra gli altri la moglie dello stesso sindaco, allora dirigente all’urbanistica. Pochi giorni fa la nuova e più pesante tegola sulla testa dell’amministrazione comunale: 15 indagati, tra cui l’ex vicesindaco, un assessore, dirigenti di primo piano nella gestione degli appalti e dei soldi pubblici, il responsabile del servizio legale del comune e un gruppo di avvocati esterni. Con reati ipotizzati pesanti: turbativa d’asta, corruzione, abuso d’ufficio,falso ideologico e violazione del segreto d’ufficio. Il tutto negli anni tra il 2015 e il 2017, quando a portare la fascia tricolore era lo stesso Vecchi, successore e fedelissimo dell’ex ministro Graziano Delrio.
Per gli inquirenti il “sistema Reggio” che potrebbe emergere da entrambe le indagini – non collegate tra di loro – è una sorta di legge non scritta per l’assegnazione di incarichi e nomine, per la scelta di consulenti e professionisti, per la costruzione e l’assegnazione delle gare di appalto. Con l’obiettivo di favorire persone e imprese predeterminate. Emblematico il caso della nomina, nel maggio 2016, di Maria Teresa Guarnieri a direttrice della neonata azienda Asp Reggio Emilia che offre servizi e assistenza ad anziani, disabili e minori. Per quel posto era stata indetta una procedura pubblica ed erano arrivati 40 curricola, ma già da mesi si discuteva dell’opportunità di mettere al comando dell’azienda la dottoressa Guarnieri. Il presidente dell’Asp Raffaele Leoni, ex assessore provinciale, era d’accordo, il vicesindaco con delega al welfare, Matteo Sassi, nutriva dubbi. Se e quanto quel confronto “a priori” influenzò o condizionò la Commissione giudicatrice, che assegnò poi l’incarico fino al 2021, sarà l’indagine a stabilirlo. Intanto Leoni e Sassi sono entrambi indagati. Come è indagato l’avvocato Santo Gnoni, responsabile dell’ufficio legale del comune di Reggio Emilia e membro della Commissione.
I corposi sequestri di atti compiuti dalla Guardia di Finanza riguardano questa e altre vicende di nomine e assegnazione d’appalti, per volumi complessivi di decine di milioni di euro. E con l’ipotesi che ai risultati voluti si adeguassero poi i bandi, i concorsi, le gare e le Commissioni, seguendo procedure magari formalmente corrette ma tagliate su misura per i prescelti con gradi di libertà tali da condurre all’esito cercato. La corruzione e la violazione del segreto d’ufficio ipotizzate aprono nuove vie e nuovi moventi per raggiungere l’obbiettivo che resta comunque lo stesso: favorire i favoriti.
Nel caso del global service per la gestione degli impianti comunali a vincere – secondo le accuse – doveva essere la Gesta spa, società oggi del gruppo Coopservice, potente cooperativa con sede a Reggio Emilia, che ha vinto un appalto di quasi 12 milioni esteso fino al settembre 2022. Per i servizi di mobilità collettiva uniti alla gestione delle aree di sosta ha vinto il consorzio Tea controllato all’88% dalla società Til srl, a sua volta in mano all’azienda pubblica di trasporti Act. Qui si parla di 25 milioni di euro per un contratto fiume dal 2016 al 2024,  che sollevò perplessità anche da parte dell’Anticorruzione: secondo la guardia di Finanza era  cucito su misura per la Tea.
Paola Cagliari è invece direttrice dal giugno 2015 della Istituzione Scuole e Nidi dell’Infanzia, con un contratto a tempo determinato rinnovato nel 2017. È indagata in merito alla assegnazione delle attività dell’asilo nido “Giulia Maramotti” alla cooperativa Panta Rei, che da vent’anni gestisce servizi educativi in convenzione col comune in diverse scuole dell’infanzia. In associazione d’impresa con Reggio Children, il marchio educativo reggiano noto in tutto il mondo, Panta Rei gestisce anche la scuola aziendale dell’Eni a San Donato Milanese. In qualche modo aziendale è anche il nido Maramotti che riserva 30 posti dei 78 disponibili a dipendenti del Gruppo Max Mara, sulla base dell’accordo tra Fondazione Maramotti e Comune che nel 2008 portò all’apertura dell’asilo donato all’Ente Pubblico. 
Panta Rei gestisce la scuola da allora ma la gara pubblica indetta nel 2016 per il rinnovo del servizio fu oggetto di una battaglia legale. Panta Rei vinse con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, partendo da una base d’asta di circa 850mila euro. Il 3 agosto 2016 all’apertura delle buste la Commissione guidata da Paola Cagliari accertò che due delle tre imprese partecipanti, Panta Rei e la Cooperativa “Nasce un sorriso” di Potenza, non avevano allegato l’autentica notarile prevista alla firma sulla fidejussione. Trattandosi di “irregolarità formale e non sostanziale”, sta scritto nel verbale, la Commissione ritenne di non applicare nessuna sanzione. Due settimane dopo l’offerta del terzo concorrente che aveva ottenuto il punteggio più elevato, la Baby & Job srl di Roma, fu giudicata anomala per il ribasso del 10% nella proposta economica e la Commissione affidò nuovamente la gestione del nido alla Cooperativa Panta Rei. Fu fatta una “consegna anticipata d’urgenza”, nell’agosto 2017, con un contratto valido fino al 30 giugno 2020. La Babj & Job si oppose a questa decisione ricorrendo al Tar di Parma e perse la causa perché, sentenziò la Corte, non si rilevavano “nel complessivo agire dell’Amministrazione profili di irragionevolezza e illogicità tali da palesare una distorsione nell’esercizio del potere valutativo”.
Su questi e altri fronti sarà l’analisi dei materiali sequestrati e delle intercettazioni ambientali a dire se esista davvero o sia solo fantasia il “Sistema Reggio”. Gli indagati sostengono di non aver commesso illeciti. Il Pd tace mentre il sindaco è fiducioso tanto nell’operato della magistratura che in quello dei suoi assessori e dirigenti. Ma sul suo futuro pende una spada di Damocle pesante come 33 avvisi di garanzia.

domenica 24 febbraio 2019

Reggio Emilia, 18 dirigenti indagati per “violazioni nell’assegnazione di incarichi esterni”. C’è la moglie del sindaco Pd. - Paolo Bonacini

Reggio Emilia, 18 dirigenti indagati per “violazioni nell’assegnazione di incarichi esterni”. C’è la moglie del sindaco Pd

I dipendenti erano in servizio nel 2013, quando il primo cittadino era l'attuale deputato Graziano Delrio. La Procura della Repubblica contesta a loro i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio. Nel 2016 i 5 stelle presentarono una serie di esposti alla Corte dei Conti e si rivolsero all'Anac per segnalare le presunte anomalie.

Diciotto dirigenti del Comune di Reggio Emilia, in servizio nel 2013, indagati dalla Procura della Repubblica per i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio. Tra gli altri la moglie dell’attuale sindaco Pd Luca VecchiMaria Sergio, dirigente all’urbanistica di allora, quando a vestire la fascia tricolore era l’attuale capogruppo democratico alla Camera Graziano Delrio. La materia del contendere è il regolamento comunale per l’assegnazione degli incarichi esterni, realizzata per anni nella Città del Tricolore, come rilevava la Corte dei Conti già nel 2008, senza la necessaria “procedura comparativa per la valutazione dei curricola con criteri predeterminati, certi e trasparenti, in applicazione dei principi di buona andamento ed imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’art.97 della Costituzione”. Sette anni dopo, nel 2015, la sezione emiliano-romagnola della Corte dei Conti scriveva nuovamente al Consiglio Comunale di Reggio Emilia evidenziando che il regolamento, non modificato dopo la prima contestazione, era da considerarsi “illegittimo”, poiché escludeva la previsione di procedure comparative con avviso pubblico rivolto a tutti i potenziali interessati. Il presidente facente funzioni della Corte, dott. Marco Pieroni, trasmise gli atti anche alla Procura regionale della medesima Corte e, in seguito, la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia, ha sviluppato indagini su quegli anni sfociate negli avvisi di garanzia. Il Comune di Reggio Emilia nel 2015 ha poi modificato le procedure, ma resta da capire perché non lo abbia fatto prima, lasciando inascoltati quei rilievi della Corte dei Conti. Procedendo invece in centinaia di casi, tra il 2008 e il 2015 e per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, ad affidare incarichi senza i necessari criteri di trasparenza e comparazione.
Il primo fronte caldo aperto a Reggio Emilia riguarda dunque gli avvisi di garanzia inviati dal sostituto procuratore Giacomo Forte. Martedì 26 febbraio sono previsti i primi interrogatori da parte della Guardia di Finanza dei 18 dirigenti. Diversi di loro, stando alle prime dichiarazioni dei legali, si avvarranno presumibilmente della facoltà di non rispondere in attesa di conoscere i dettagli delle contestazioni. Perché i reati ipotizzati sono cosa diversa dalla messa in discussione di un regolamento illegittimo la cui stesura è però di competenza del Consiglio Comunale. Il secondo fronte è lo scontro politico che la notizia ha immediatamente aperto in città. Il Movimento 5 stelle attacca la giunta e il sindaco rivendicando di essere stata la prima e unica forza politica, con i propri consiglieri comunali, a segnalare il problema degli incarichi affidati senza adeguate procedure con esposti alla Corte dei Conti nel settembre 2016 e all’Autorità Nazionale anticorruzione nell’ottobre dello stesso anno. La candidata sindaco del movimento, Rossella Ognibene, e la consigliera Alessandra Guatteri che firmò gli esposti alla Corte dei Conti, annunciano una richiesta di accesso agli atti per spulciare tutti gli incarichi affidati fino al 2015.
L’attuale sindaco Vecchi, all’epoca dei fatti, era capogruppo del Pd in quel Consiglio Comunale che deliberava i regolamenti per l’affidamento degli incarichi esterni, e la presenza della moglie nell’elenco degli indagati complica la sua posizione in piena campagna elettorale. La prima voce che si alza dalla coalizione di maggioranza che governa il Comune è quella del vicesindaco Matteo Sassi (Mdp, non si ricandida) che attacca i dirigenti in una intervista alla Gazzetta di Reggio. Sassi sostiene (senza fare nomi) che “hanno tramato per non fare aggiornare il regolamento”, e aggiunge che “qualcuno di loro andrebbe sospeso”. Ma dice anche che serve “una posizione più netta della maggioranza, a tre mesi dal voto, rispetto alle frasi di circostanza pronunciate dal sindaco”. Il riferimento è a Luca Vecchi, che ha commentato la vicenda limitandosi ad esprimere fiducia nell’operato della magistratura e contemporanea fiducia nell’operato dei dirigenti comunali. Difficile tenerle assieme le due fiducie, secondo il vicesindaco Matteo Sassi, ma altrettanto difficile è credere all’idea che fossero i dirigenti a fare il bello e cattivo tempo, senza rendere conto a chi governava. Cioè ai partiti di maggioranza in quel consiglio comunale al quale, fino a prova contraria, toccava il compito di stendere e approvare i regolamenti. Anche di modificarli se avessero voluto, soprattutto per gli incarichi esterni.