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giovedì 21 novembre 2019

Orrore nel centro di Palermo, si suicida lanciandosi dal balcone ex capo dei Gip, era indagato nell’inchiesta sulle talpe di Zamparini.



L’ex capo dell’ufficio del Gip di Palermo Cesare Vincenti si è suicidato lanciandosi dal balcone della sua abitazione, nella zona residenziale di via Sciuti.
Vincenti e il figlio Andrea, avvocato, erano indagati dal giugno scorso dalla Procura di Caltanissetta per corruzione e rivelazione di notizie riservate nell’ambito dell’indagine sulla presunta fuga di notizie relativa all’ex patron del Palermo Maurizio Zamparini che avrebbe appreso preventivamente della pendenza di una richiesta di custodia cautelare nei suoi confronti.

L’inchiesta sui Vincenti è una costola dell’indagine sull’ex patron del Palermo calcio Maurizio Zamparini e in particolare sulle talpe che avrebbero permesso al presidente rosa di prevenire alcune mosse degli investigatori.
Nell’ambito di questa indagine il 13 giugno scorso gli ufficiali del nucleo di polizia economico finanziaria si sono presentati davanti alla residenza di Cesare Vincenti, capo dei gip di Palermo notificandogli l’avviso come indagato nella vicenda per rivelazione di notizie riservate, corruzione e abuso d’ufficio.
Nel registro degli indagati compare anche il nome del figlio, l’avvocato Andrea Vincenti. Ma c’è anche il nome di un altro magistrato, è quello di Alida Marinuzzi del tribunale civile. Alla giudice viene contestato il reato di abuso d’ufficio. Secondo la Procura di Caltanissetta Marinuzzi avrebbe firmato un provvedimento su una vendita all’asta di un immobile pignorato che interessava al figlio di Vincenti.

Vincenti figlio, in quelle ore, si lasciò andare ad alcune dichiarazioni anche sulla vendita delle casa all’asta resa possibile, secondo le accuse mosse, grazie al presunto tentativo da parte del padre di fare pressione sul giudice Marinuzzi per agevolare la vendita. “Niente di illegittimo – aveva chiarito Vincenti -. Mia madre aveva individuato una casa in via Notarbartolo per mia sorella che doveva sposarsi. Ma su quella casa c’era un pignoramento in corso. Ci siamo allora fatti carico del necessario, c’era però bisogno della firma del giudice per chiudere la procedura esecutiva”.
La tragedia si è consumata in via Mario Rapisardi ed ha lasciato sotto shock residenti e passanti.
Secondo le testimonianze raccolte nell’immediatezza dei fatti il giudice soffriva di crisi depressive ma questo aspetto dovrà essere chiarito come tanti altri.
Cesare Vincenti era andato in pensione il 19 giugno scorso, così come previsto da tempo. Circa due settimane fa, come è prassi negli uffici giudiziari, Vincenti aveva organizzato una festa di commiato per il suo pensionamento al Palazzo di Giustizia.
Alla cerimonia aveva partecipato però solo il personale amministrativo del suo ufficio; l’unico magistrato presente aveva spiegato che i colleghi non avevano potuto prendere parte perché già impegnati.

https://www.blogsicilia.it/palermo/orrore-nel-centro-di-palermo-si-toglie-la-vita-ex-capo-dei-gip/506609/#j338uRoZxFCt7yjh.99

giovedì 21 marzo 2019

"Scoperta loggia segreta": maxi blitz nel Trapanese. -

Scoperta loggia segreta: maxi blitz nel Trapanese

Una "loggia segreta capace di condizionare la politica e la burocrazia". E' quanto fanno sapere gli inquirenti sulla vasta operazione dei carabinieri nel trapanese nella quale sono state arrestate 27 persone tra cui l'ex presidente dell'Assemblea regionale siciliana Francesco Cascio. Della loggia avrebbero fatto parte, oltre ai politici, massoni e alcuni professionisti di Castelvetrano.

In carcere anche l'ex deputato regionale di Forza Italia Giovanni Lo Sciuto, ritenuto a capo della loggia segreta. Avrebbero tutti fatto parte, secondo l'accusa, di una "associazione a delinquere segreta". L’inchiesta è coordinata dal procuratore Alfredo Morvillo, dall’aggiunto Maurizio Agnello e dai sostituti Sara Morri, Andrea Tarondo e Francesca Urbani. E ci sono anche tre poliziotti tra gli arrestati nell'ambito dell'inchiesta denominata 'Artemisia': uno presta servizio alla questura di Palermo, uno a Castelvetrano e uno alla Dia di Trapani.

LE ACCUSE -
 Tutte le 27 persone finite in manette sono accusate, a vario titolo, di corruzione, concussione, traffico di influenze illecite, peculato, truffa aggravata, falsità materiale, falsità ideologica, rivelazione e utilizzazione del segreto d'ufficio, favoreggiamento personale, abuso d'ufficio ed associazione a delinquere secreta finalizzata ad interferire con la pubblica amministrazione (violazione della c.d. legge Anselmi).
Per gli stessi reati sono stati notificati anche 5 obblighi di dimora e una misura interdittiva della sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio, nonché notificate altre 4 informazioni di garanzia ad altrettanti indagati: sono quindi 10 le persone indagate a piede libero. "Scoperto un vasto sistema corruttivo negli enti locali - dicono gli inquirenti -, quali il comune di Castelvetrano e l’Inps di Trapani". L'indagine ha inoltre portato "alla luce diversi episodi di violazione del segreto istruttorio e favoreggiamento nei confronti di Lo Sciuto" da parte "di appartenenti alle Forze dell'Ordine e di esponenti politici regionali, quali l'ex deputato regionale Francesco Cascio, tratto anch'egli in arresto".

LE INDAGINI - Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, coordinati dalla Procura trapanese, sono iniziate nel 2015 e "hanno avuto come fulcro l'ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto", in carica fino al 2017, "a carico del quale sono emersi gravi indizi di reità in ordine alla commissione di numerosi reati contro la Pubblica amministrazione al cui fine ultimo era costantemente quello di ampliare la sua base elettorale in vista delle varie elezioni e di conseguenza il proprio potere politico".
Le indagini hanno permesso "di accertare che Lo Sciuto creava uno stabile accordo corruttivo con Rosario Orlando, ex responsabile del Centro Medico Legale dell'Inps, fino al maggio 2016, poi collaboratore esterno dello steso ente quale ''medico rappresentante di categoria in seno alle commissioni invalidità civili'', che riusciva a corrompere, attraverso regalie ed altre utilità, nonché la sua intercessione con l'ex Rettore Roberto Lagalla, oggi assessore regionale all'Istruzione e destinatario di informazione di garanzia, per l'aggiudicazione di una borsa di studio a favore della figlia presso l'università di Palermo". Lagalla è indagato per corruzione.

GLI INQUIRENTI - Da Orlando l'ex deputato regionale "otteneva la concessione di numerose pensioni di invalidità, anche in assenza dei presupposti previsti dalla legge". E "ogni pensione di invalidità fatta concedere, in forza del consolidato accordo corruttivo - dicono gli inquirenti -, rappresentava per l'ex onorevole regionale un cospicuo pacchetto di voti certi".
Lo Sciuto, 56 anni, nella scorsa legislatura faceva parte della Commissione regionale antimafia. L'ex assessore e consigliere provinciale di Trapani, eletto deputato alle regionali del 2012 nella lista Mpa-Partito dei Siciliani, aveva così spiegato la scelta di far parte della Commissione antimafia: "Cercherò di essere la sentinella alla Regione per l'intera provincia di Trapani e per Castelvetrano in particolare''. In passato, Lo Sciuto era finito più volte nei rapporti antimafia della provincia di Trapani e anche sotto processo per un giro nel campo del cablaggio e poi assolto.

CASTELVETRANO - La "complessiva attività di indagine" ha inoltre "dimostrato ancora l'esistenza di una associazione a delinquere promossa ed capeggiata dall'ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto con la collaborazione, nel settore organizzativo, del massone Giuseppe Berlino, associazione che, con certezza indiziaria, vede tra i suoi membri ad esempio l'ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante Jr., l'ex vice sindaco di Castelvetrano Vincenzo Chiofalo e il commercialista massone Gaspare Magro".
E c'è anche il candidato sindaco di Castelvetrano, Luciano Perricone, tra i 27 arrestati nell'inchiesta 'Artemisia'. Castelvetrano andrà al voto dopo due anni di commissariamento in seguito allo scioglimento per mafia. Secondo il gip, Perricone, "si è reso disponibile all'esecuzione delle direttive impartitegli da Giovanni Lo Sciuto nella consapevolezza dell'esistenza dell'associazione segreta e di agire in favore di questa, in particolare e tra l'altro rendendosi disponibile, in qualità di candidato Sindaco alle elezioni per il Comune di Castelvetrano, a rappresentare e garantire le esigenze del gruppo rappresentato da Lo Sciuto a fronte per dell'appoggio elettorale da parte di quest'ultimo".

IL PERIODO 2012-2017 - "Lo Sciuto e i suoi sodali, dopo aver 'governato' tramite il sindaco Felice Errante e il vice sindaco Chiofalo dal 2012 al 2017, raggiungevano un accordo con l'ex rivale politico Luciano Perricone, finalizzato - dice il gip - alla elezione del predetto alla carica di Sindaco in occasione delle elezioni del 2017".
Per quanto riguarda l'esistenza di questa associazione a delinquere, gli investigatori sottolineano come "non viene contestata, dal Giudice delle indagini preliminari, l'appartenenza alla massoneria in quanto tale. Non viene addebitata infatti alcuna responsabilità al maestro venerabile della Loggia al cui interno si annidava l'associazione segreta, in quanto è emerso chiaramente come il 'gruppo occulto', facente capo a Lo Sciuto, prendesse le decisioni a prescindere dalle direttive della loggia palese e si avvalesse degli aiuti degli appartenenti occulti più che di quelli palesi in caso di bisogno".

L'ASSOCIAZIONE - "Caratteristica precipua di tale associazione è che gli scopi della stessa non si limitavano alla esecuzione di una serie indeterminata di delitti ispirati da un medesimo disegno criminoso, ma ha avuto ad oggetto anche il condizionamento e l'asservimento dell'attività di organi costituzionali e di articolazioni territoriali della pubblica amministrazione alle finalità segrete del consesso criminoso", dicono gli inquirenti. Le finalità venivano, in particolare, "perseguite con modalità che garantivano la segretezza degli scopi associativi e della reale composizione del sodalizio, anche e soprattutto grazie al ruolo di appartenenti alle istituzioni".
E ancora: l'ex deputato regionale siciliano Lo Sciuto "godeva del rapporto privilegiato con il presidente dell'ente di formazione professionale Anfe (Associazione Nazionale Famiglie Emigrati), Paolo Genco, anch'egli tratto in arresto, con il quale creava uno stabile accordo corruttivo. Genco infatti gli garantiva sostegno economico e raccolta di voti per le sue candidature, così da rafforzare la sua posizione politica, nonché il suo consenso popolare, strettamente connesso alle assunzioni presso l'Anfe", dicono gli inquirenti.

I LEGAMI - Lo Sciuto "riusciva infatti ad ottenere assunzioni per persone da lui segnalate oltre che appoggio elettorale, anche finanziario - aggiungono gli investigatori -. In cambio intercedeva al fine di agevolare la concessione dei finanziamenti a favore dell'ente. Inoltre in qualità di deputato regionale e membro della commissione cultura, lavoro e formazione si prodigava per l'approvazione di delibere e progetti di leggi regionali a favore dell'Anfe".

domenica 30 dicembre 2012

Ilva, disinformazione al veleno contro il gip Todisco. - Alessandra Congedo



TARANTO – Certa stampa non resiste proprio alla tentazione di attaccare le toghe. Spesso lo fa a sproposito. Basta leggere cosa riporta il sito de “Il Foglio”, giornale diretto da Giuliano Ferrara: “Mentre le toghe più scintillanti d’Italia si buttano in politica c’è un  magistrato, a Taranto, che (ancora) non ha deciso di candidarsi. Ma  troverebbe la propria casa ideale tra i Verdi o tra i militanti  vendoliani di Sel. E’ Patrizia Todisco, magistrato della procura di  Taranto, che ha presentato alla Corte costituzionale un ricorso per  conflitto di attribuzione fra poteri dello stato contro il decreto legge  del governo che legifera sui temi ambientali, consentendo all’Ilva di  operare con i suoi altiforni a condizione che rispetti le nuove regole  che esso stabilisce” (http://www.ilfoglio.it/soloqui/16361).
Ai nostri (sempre attenti) lettori non sarà sfuggita la grossa inesattezza contenuta in queste righe: non è stato il gip Todisco a presentare il ricorso, ma il pool di magistrati (tutte toghe verdi, rosse o arancioni?) della Procura di Taranto che indaga sull’inquinamento prodotto dall’Ilva. Lascia senza parole questo attacco alla Todisco che viene tirata in ballo senza alcun senso, solo al fine di screditare lei e ciò che rappresenta: la giustizia. Inutile soffermarsi, poi, su ipotesi degne della più assurda fantapolitica.  Abbiamo già provveduto ad inviare una mail al direttore Ferrara e alla sua redazione per far notare il passo falso compiuto. Attendiamo risposta.