Dopo le ultime performance sui vaccini antinfluenzali, più introvabili della pietra filosofale, si pensava che Giulio Gallera avesse definitivamente scalzato Attilio Fontana nell’ambìto ruolo di capocomico del duo “I Nuovi Legnanesi”. Invece, con una zampata da grande guitto, lo sgovernatore ha scavalcato l’assessore proprio sul finale, ricacciandolo al rango di spalla. La sua lettera ai quattro pm che l’hanno indagato per frode in pubbliche forniture per la commessa dei camici, affidata senza gara dalla sua Regione alla ditta di suo cognato, si inscrive nella nobile tradizione di quella di Totò e Peppino alla malafemmina e di Benigni e Troisi a Savonarola. Titolo: “Che faccio, compro?”. Trama, semplice e travolgente: il presidente leghista, dopo averlo negato per mesi, si accorge finalmente che il “modello Lombardia” non riesce neppure a vaccinare dall’influenza medici, infermieri e i malati cronici over 80: “Regione Lombardia si trova, ancora una volta, al centro di un problema emergenziale relativo al vaccino antinfluenzale”, la cui “reperibilità è, come è noto, assai problematica”. Ma, anziché guardarsi allo specchio e sputarsi solennemente in un occhio per manifesta incapacità, magari invitando alla cerimonia anche Gallera, se ne lagna con gli “Ill.mi Magistrati”, che non c’entrano una mazza. E – dopo aver tentato invano di far importare dei vaccini indiani da un dentista di Bolzano (non autorizzato) tramite un intermediario turco con gli auspici di un conoscente cinese – li informa di aver finalmente trovato “un fornitore” addirittura “autorizzato: l’importatore svizzero Unifarma”, che ne ha “350 mila dosi”. Un po’ pochine, per 10 milioni di abitanti, ma meglio di niente. Solo che, essendo dicembre con l’epidemia influenzale in pieno corso (infatti tutti si vaccinano a ottobre-novembre), non c’è tempo per bandire una gara (altrimenti il vaccino arriva per quella dell’anno prossimo): bisogna “addivenire all’acquisto a trattativa privata”, prima che “i suddetti vaccini spariscano dal mercato”. E qui, anziché prendersela con chi non ci ha pensato a luglio-agosto (come si fa ogni anno dalla notte dei tempi), cioè con se stesso e la spalla, scarica tutto sui dirigenti della centrale acquisti regionale Aria Spa, indagati con lui per i camici del cognato, che “si rifiutano di procedere all’acquisto, salvo che il Presidente Fontana ottenga l’autorizzazione della Procura della Repubblica (!)”. Il punto esclamativo è suo, ma pure nostro. Lui ovviamente è “lungi dal chiedere, seppur implicitamente, salvacondotti o autorizzazioni che appaiono indebite”, però li chiede. E “si assume la responsabilità” dell’acquisto.
Però la scarica sui pm, che con l’inchiesta sui camici gli han paralizzato l’Aria Spa. E domanda senza domandarlo: “Che faccio, compro?”, anzi, “addivengo all’acquisto?”. Come se sapesse che ciò che sta per fare è illegale, visto che le commesse senza gara sono giustificate per l’emergenza Covid (ma per quelle c’è il commissario Arcuri) e non per quelle di routine, tipo i vaccini antinfluenzali, che si fanno da sempre con la mano sinistra e che la sua Regione è riuscita a cannare in toto, con 12 gare deserte o riuscite con esiti tragicomici (dosi pagate ora 5 euro, ora 27). Senza contare che il parallelo fra camici del cognato e vaccini non regge: a meno che, dietro il fornitore svizzero, si nasconda un altro parente, tipo un cugino, un nipote, una zia; o che anche stavolta vengano fuori conti milionari in Svizzera, trust alle Bahamas, scudi fiscali. Pur ammirati dal sense of humour, ci permettiamo di aggiungere alle sue un paio di domande. Risulta che Fontana sia avvocato: ma nei suoi studi di giurisprudenza, salvo che si siano svolti al Cepu o per corrispondenza alla scuola Radio Elettra o coi punti della Miralanza, ha mai saputo di indagati che avvertono i pm che stanno per riviolare la legge? In quale Codice, fuori da Paperopoli e Topolinia, è prevista questa prassi, volgarmente detta “mettere le mani avanti” o “pararsi il culo”? E se, come traspare dai punti esclamativi, essa pare bizzarra pure a lei, perché l’ha seguita? Davvero si aspettava che i pm rispondessero alla letterina a Babbo Natale se non per dire che non sono affari loro?
Le possibili risposte alternative erano solo due: “Faccia pure, presidente, che sarà mai la legge vigente: ma proprio perché è lei, e che non si ripeta più”; oppure “Non si azzardi, sennò finisce dentro”. La seconda sarebbe uno splendido alibi per scaricare sulle solite toghe rosse le colpe della sua incapacità. La prima sarebbe un’amnistia preventiva ad personam e farebbe schiattare d’invidia B.. Il quale, a saperlo, si sarebbe risparmiato un mare di guai passando la vita a scrivere letterine alle Procure su un modulo prestampato con la casella dei reati in bianco: “Che faccio, ingaggio Mangano o deludo Dell’Utri?”, “Che faccio, chiamo la Questura per la nipote di Mubarak o lascio stare?”, “Che faccio, frodo il fisco o pago le tasse?”, “Che faccio, falsifico i bilanci o ci metto tutto?”, “Che faccio, compro la sentenza Mondadori o dico a Previti di farsi un giro?”, “Che faccio, corrompo Mills e le Olgettine o li lascio parlare?”, “Che faccio, bonifico 23 miliardi a Craxi o pago in natura?”, “Che faccio, compro i senatori o li lascio a Prodi?”, “Che faccio, bungabunga o astinenza?”, “Punto, punto e virgola, due punti. Massì, abbondiamo! Abbondantis abbondandum”.
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