Visualizzazione post con etichetta direttore. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta direttore. Mostra tutti i post

domenica 13 giugno 2021

𝗟𝗔 𝗠𝗜𝗔 𝗟𝗘𝗧𝗧𝗘𝗥𝗔 𝗣𝗨𝗕𝗕𝗟𝗜𝗖𝗔𝗧𝗔 𝗢𝗚𝗚𝗜 𝗦𝗨𝗟 “𝗥𝗘𝗦𝗧𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗖𝗔𝗥𝗟𝗜𝗡𝗢”. - Giuseppe Conte

 

Gentile Direttore,
il prossimo autunno anche la città di Bologna sarà chiamata ad eleggere il suo nuovo sindaco. Come è noto, il Movimento 5 Stelle sta vivendo un importante processo di rilancio e di rinnovamento, che io ho l’onore di guidare, ma questo non ci ha impedito di lavorare sino ad oggi con impegno e passione per arrivare preparati a questo appuntamento elettorale.
L’entusiasmo e l’energia che animano questa fase di rilancio del Movimento 5 Stelle ci hanno guidato anche nel percorso che ci ha portato alla costruzione a Bologna di un progetto per un campo largo insieme alle forze progressiste, sulla base di un modello che stiamo sperimentando anche in altre città che andranno al voto, come Napoli, o nelle regionali in Calabria.
Sono fortemente convinto che a Bologna ci siano le condizioni migliori per sviluppare questo laboratorio politico basato sul dialogo e la collaborazione fra M5S, PD, la lista Coraggiosa e le altre civiche che hanno aderito a questo progetto. Il terreno è fertile e i tempi sono maturi.
Il raggiungimento di questo obiettivo, la realizzazione di questo progetto devono essere garantiti da un candidato credibile, che sposi questo percorso con convinzione, passione, nel solo ed esclusivo interesse dei cittadini bolognesi. Questo candidato è Matteo Lepore del Partito Democratico, che il Movimento 5 Stelle sostiene convintamente.
Oggi l’errore da non fare è indebolire questo percorso fra PD e M5S bolognesi, che grazie agli esponenti locali si presenta già in uno stato avanzato. Lo dico anche a chi oggi nutre perplessità su questo percorso: è stato fatto un grande lavoro di avvicinamento e di confronto su importanti temi che hanno posto le basi per una solida coalizione.
Gli effetti della pandemia e della crisi economica si sentono forti anche a Bologna. Noi abbiamo il dovere e la responsabilità di dare ascolto alle sofferenze e alle paure di larghe fasce di popolazione, di farcene carico, a partire dai più deboli, dalle famiglie, fino al tessuto produttivo che da sempre anima e fa prosperare quest’area del Paese. Non possiamo commettere l’errore di lasciare che tali istanze vengano solo apparentemente intercettate da forze politiche di destra che mostrano di avere soluzioni semplici, sempre a portata di mano anche di fronte a sfide particolarmente complesse. Abbiamo il dovere di parlare chiaro a tutti i cittadini e non dobbiamo nascondere il fatto che alcuni processi riformatori richiedono tempo. Quel che possiamo garantire è la nostra lucida determinazione, la nostra perseveranza a realizzare anche i più incisivi e complessi processi trasformativi, in modo da rendere le nostre città - dal centro ai quartieri più distanti - più sicure, più verdi, in breve “più a misura d’uomo”.
Ci sono lavori e battaglie comuni da portare avanti insieme, sapendo che alcuni elementi ci distinguono dal PD e dalle altre forze politiche di sinistra, ma la sfida in un momento così difficile anche a livello internazionale deve essere quella di rimettere al centro la persona e la responsabilità per garantire un futuro migliore ai bolognesi, riconoscendo più diritti a partire dalla sfera del lavoro, e perseguendo maggiore equità in modo da garantire a tutti condizioni di maggiore benessere, nel segno della sostenibilità e dell’equità.
Il Movimento, dal canto suo, si presenterà mettendo in campo i suoi principi fondamentali, che non cambiano ma anzi si rafforzano: etica pubblica, legalità e lotta alle mafie, tutela ambientale, innovazione, trasparenza, partecipazione dei cittadini.
Per la città di Bologna, da sempre crocevia nel Paese dal punto di vista geografico, politico e culturale, oggi è necessario fare uno sforzo dal punto di vista ambientale per migliorare la qualità dell'aria e la salute delle persone, dal punto di vista sociale e di diritti sul lavoro, nella lotta alle mafie che hanno pesantemente infiltrato un territorio ricco come quello emiliano, nella innovazione tecnologica al servizio del cittadino per garantirgli semplificazione burocratica e servizi efficienti.
Con tutto il Movimento di Bologna, a partire da Max Bugani e Silvia Piccinini fino a tutti i nostri attivisti che si impegnano quotidianamente sul territorio, vogliamo costruire qualcosa di importante. Vogliamo dare un contributo positivo all’intera Emilia-Romagna e anche per questo ci aspettiamo appoggio, dal PD e dalle altre forze di sinistra, per confermare il sindaco uscente di Cattolica, Mariano Gennari, che ha dato un’ottima prova di sé nella capacità amministrativa. Questa è la strada giusta da percorrere tutti insieme, convintamente.
Giuseppe Conte
FB

martedì 15 dicembre 2020

Matteo Messina Denaro, 13 fermi: c’è anche ex direttore Atm di Trapani. Indagato un sindaco per corruzione elettorale. -

 

Non c'è solo la mafia nell’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato all'emissione di misure per persone ritenute legate al boss latitante di Castelvetrano.

Un altro blitz per cercare di stringere il cerchio intorno a Matteo Messina Denaro. Mafiosi, imprenditori incensurati, sindaci e anche un manager ai vertici di una azienda pubblica. Non c’è solo la mafia nell’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato al fermo di 13 persone ritenute legate al boss latitante di Castelvetrano. Nell’indagine, condotta dallo Sco della Polizia, c’è anche Salvatore Barone, ex presidente del consiglio di amministrazione ed ex direttore dell’azienda per i trasporti Atm di Trapani. Barone, che è stato fermato con l’accusa di associazione mafiosa, è anche presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi e secondo gli inquirenti era al servizio del capo della famiglia mafiosa locale, Nicolò Pidone.


Secondo gli inquirenti Pidone, direttamente o attraverso il proprio uomo di fiducia, Gaetano Placenza, allevatore messo ai vertici della società, decideva chi assumere scegliendo il personale in modo da aiutare le famiglie dei detenuti mafiosi e disponeva che ad esponenti di Cosa Nostra venissero dati soldi. Tra le assunzioni più importanti, volte a favorire i clan, figura quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, ex capo della “famiglia” di Vita. Barone, inoltre, avrebbe procurato voti al sindaco di Calatafimi Segesta (Trapani), Antonino Accardo, oggi indagato per corruzione elettorale. L’indagine è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessì e Piero Padova. Ad Accardo è stato notificato un avviso di garanzia. Dalle intercettazioni, secondo gli investigatori, è emerso che avrebbe pagato 50 euro a voto per le elezioni dell’anno scorso a sindaco del comune di Calatafimi Segesta (Trapani). Insegnante in pensione, 73 anni, Accardo ha alle spalle alcune esperienze da assessore e consigliere comunale a Calatafimi.

In ottale sono 13 i provvedimenti di fermo emessi dai magistrati della Dda, venti gli indagati. Le accuse ipotizzate, a vario titolo, nei confronti degli indagati sono associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso. In corso anche una serie di perquisizione nelle campagne del trapanese per la ricerca di armi. Per chi indaga Pidone, già condannato per associazione mafiosa, è il personaggio chiave dell’inchiesta. Ritenuto a capo della cosca di Calatafimi, organizzava i summit in una dependance fatiscente vicina alla sua masseria; lì venivano prese le principali decisioni che riguardavano il clan. Tra gli indagati anche altri condannati per mafia come Rosario Leo, pregiudicato che vive a Marsala, e cugino di Stefano Leo, molto vicino al boss di Mazara del Vallo Vito Gondola, poi morto, e a Sergio Giglio, coinvolto nell’inchiesta sui favoreggiatori del capomafia Matteo Messina Denaro.

Nelle indagini sono finiti però anche insospettabili che, a vario titolo, hanno favorito le comunicazioni tra il capo della famiglia calatafimese, specie nel periodo in cui era sottoposto alla sorveglianza speciale, ed altri mafiosi, tra cui lo stesso Rosario Leo, anch’egli sorvegliato speciale. Tra coloro che favorivano gli incontri e le comunicazioni c’era il 46enne imprenditore agricolo vitese Domenico Simone, secondo quanto hanno ricostruito le indagini. Fermati anche l’imprenditore Leonardo Urso, di origini marsalesi, enologo, accusato di favoreggiamento, e l’imprenditore agricolo Andrea Ingraldo, di origini agrigentine, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver assunto fittiziamente Pidone per far figurare l’esistenza di una regolare posizione lavorativa e attenuare la misura di sicurezza.

Il clan, secondo l’Antimafia, controllava il territorio attraverso l’esecuzione di “inchieste” per ricostruire episodi criminosi avvenuti in zona e non “autorizzati” e interveniva con atti intimidatori nei confronti di chi collaborava con la giustizia. In quest’ultimo ambito si inquadra l’incendio dell’auto dell’imprenditore Antonino Caprarotta, voluto da Pidone e realizzato insieme a Giuseppe Aceste e Antonino e Giuseppe Fanara. Caprarotta aveva denunciato l’imprenditore mafioso Francesco Isca ed altri soggetti implicati nella vicenda della gestione illecita dei parcheggi del parco archeologico di Calatafimi-Segesta. Tra i fermati anche Giuseppe Gennaro, altro esponente della famiglia mafiosa di Calatafimi, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di aver rubato un trattore agricolo, nell’interesse del clan insieme a Francesco Domingo, Sebastiano Stabile e Salvatore Mercadante. In cella anche il trentasettenne calatafimese Ludovico Chiapponello, indagato per aver favorito l’associazione mafiosa bonificando dalle microspie la dependance di Pidone. Indagato infine un appartenente alla Polizia Penitenziaria, a cui è contestato il reato di rivelazione di segreto d’ufficio commesso per agevolare Cosa Nostra. Dall’inchiesta è emerso che il clan aveva la disponibilità di armi. Il fermo è motivato dall’intenzione di alcuni indagati di darsi alla latitanza e al progetto di pesanti ritorsioni verso uno dei mafiosi che sarebbe entrato in conflitto col capo della famiglia di Calatafimi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/15/matteo-messina-denaro-13-fermi-ce-anche-ex-direttore-atm-di-trapani-indagato-un-sindaco-per-corruzione-elettorale/6037221/

mercoledì 12 aprile 2017

Agenzia delle Entrate, la difesa disperata del direttore: «Mazzette? No, è lo stipendio...»




Genova - Sulle prime ha provato a negare, non sapendo bene quali prove avessero in mano i finanzieri, aggrappandosi d’istinto a una giustificazione che con il senno di poi fa quasi sorridere: «Ma quali mazzette signori, questo è il mio stipendio...». Walter Pardini, 65 anni, «dirigente di seconda fascia», lavorava a Genova da un anno, come direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate.
Un toscano di Livorno che faceva la spola fra la sua casa a Lucca, una base a Camogli e l’ufficio di via Fiume, e del quale tutti parlano bene: «Una persona deliziosa e non sto scherzando», ribadisce un’impiegata mentre i finanzieri del nucleo di polizia tributaria finiscono di perquisire il suo ufficio. «Non avremmo mai immaginato un fatto tanto grave - aggiunge un collega - il direttore sembrava il ritratto del rigore e dell’onestà».
Mentre lasciano il palazzo per la pausa pranzo, escono anche i militari e con loro portano documenti e il pc di Pardini. Fino all’inizio del 2016 era stato in servizio a Livorno e qui potrebbe essere entrato in contatto con alcuni esponenti della Securpol, l’azienda di sicurezza privata per la quale agli occhi dei pm si stava prodigando in cambio di mazzette.
Il suo stipendio lordo, facilmente desumibile dal sito dell’ente per cui lavora, è stato di 106 mila euro nel 2016 e di 120 mila nel 2015 (netti sono fra i 5.500 e i 6.000 al mese). Gli inquirenti sospettano che Walter Pardini avesse già avuto abboccamenti con i commensali dell’ultima sera, sebbene al momento dell’arresto abbia provato a far finta di nulla. Poi gli hanno spiegato che l’intera serata alla “Manuelina” di Recco era stata registrata e filmata.
L’accusa nei suoi confronti è di corruzione e insieme a lui finiscono in manette tre consulenti della medesima Securpol, pure loro sotto inchiesta per corruzione: Luigi Pelella, 58 anni, avvocato con un passato da funzionario proprio all’Agenzia delle entrate, esponente di Forza Italia già candidato alle Regionali in Campania (nel 2015 prese 3.046 voti e non fu eletto); Francesco Canzano, 65 anni, commercialista di Caserta; Massimo Alfano, 48 anni, commercialista di Napoli.
All’incontro era presente anche il commercialista genovese Stefano Quaglia, indagato per concorso in corruzione, che non è stato fermato dalla Guardia di Finanza, e l’affaire Securpol avrebbe doveva essere discusso formalmente all’Agenzia delle entrate questa mattina. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e dal sostituto Massimo Terrile, va avanti da mesi e parte dal trasferimento dell’azienda, avvenuto nel pieno delle grane con l’erario.
Per quale motivo, si chiedono gli inquirenti, spostare la sede fiscale nel capoluogo ligure dove la ditta non ha neppure una licenza? E c’è un ulteriore elemento che rende l’intera operazione sospetta: all’indirizzo di via Assarotti 10, che in teoria avrebbe dovuto ospitate gli uffici, non c’è nulla riconducibile alla Securpol.
Secondo le Fiamme gialle la Liguria è stata quindi scelta per ottenere una transazione favorevole e trattare personalmente con Pardini, nominato capo dell’ufficio provinciale delle entrate l’anno scorso, ruolo che gli avrebbe consentito un’ampia discrezionalità nel chiudere compromessi come quello richiesto dalla Securpol. Il trait d’union con il funzionario, secondo le Fiamme Gialle, sarebbe Pelella, grazie al suo passato nell’ente. Quaglia, sempre secondo i pubblici ministeri, sarebbe stato una sorta di facilitatore dell’accordo.
http://ilsecoloxix.it/p/genova/2017/04/12/ASESk1wG-direttore_disperata_stipendio.shtml

martedì 2 settembre 2014

Bambini picchiati con mazze e bastoni: arrestato direttore di un orfanotrofio.



Osama Mohamed Othan, protagonista del video choc che ha fatto il giro della rete in cui l’uomo picchia con violenza inaudita i bambini dell’istituto Macca el Mocarrama. Le immagini, visualizzate da oltre 180.000 utenti, sono state filmate dalla moglie del direttore dell’orfanotrofio, mentre questi metteva in fila i bambini per picchiarli uno dopo l’altro a suon di calci e pugni, senza fermarsi neanche di fronte alle grida di dolore e alle lacrime. I bambini erano stati puniti per aver aperto il frigorifero senza permesso. Le immagini choc risalgono a un anno fa ma sono divulgate solo sabato dalla donna, stanca delle continue violenze che subiva anche in prima persona. I soccorsi non sono tardati ad arrivare non appena il video ha cominciato a girare: l’uomo è stato tratto in arresto e i piccoli, che hanno oggi quattro anni, sono stati liberati e trasferiti.

http://www.fanpage.it/bambini-picchiati-con-mazze-e-bastoni-arrestato-direttore-di-un-orfanotrofio/#ixzz3C9GUvFtT 


Sette anni di carcere mi sembrano pochi, a meno che, durante i sette anni di carcere, non lo picchino giornalmente a bastonate e calci.