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venerdì 19 novembre 2021

Il mondo è fuori. - Marco Travaglio

 

L’altroieri, mentre Conte denunciava la spartizione della Rai fra i perditori delle elezioni che per coerenza ha escluso i vincitori, lo stato maggiore pentastellato alle sue spalle esibiva una rassegna di facce da funerale, tipo quando ti muore il gatto. Le prefiche grilline dovrebbero vedersi la commedia A che servono questi quattrini di Eduardo De Filippo: “A un contadino cinese fuggì il cavallo. E tutti vennero a fargli le condoglianze. ‘E chi vi dice che sia una disgrazia?’, rispose il contadino. Infatti il cavallo tornò con altri sette. Tutti tornarono per congratularsi. ‘E chi vi dice che sia una fortuna?’, rispose il contadino. Infatti, cavalcando uno dei sette cavalli, il figlio cadde e si ruppe una gamba. Tutti tornarono a fare le condoglianze al contadino, che rispose: ‘E chi vi dice che sia una disgrazia?’. Infatti scoppiò la guerra e il figlio, grazie alla gamba rotta, fu riformato”. Ecco: chi l’ha detto che essere sbattuti fuori dalla Rai sia una disgrazia e non, invece, un’insperata fortuna?

Le intenzioni di Draghi le conosciamo: dare a Conte e a 11 milioni di elettori l’ennesimo schiaffo, che il premier può permettersi grazie al filo diretto con i governisti a oltranza Grillo e Di Maio. Un’operazione di regime, che taglia fuori da tg e gr il partito di maggioranza relativa dopo aver escluso dal Cda l’unico partito di opposizione (FdI). Ma è tutto nella logica della vecchia politica, di cui Draghi – a dispetto della sua finta estraneità al Palazzo – è maestro da quando portava i calzoni alla zuava: chi è fuori dalla Rai muore. Era così quando il servizio pubblico era servizio ed era pubblico. Oggi è una via di mezzo fra un postribolo, un ospizio, un manicomio e una barzelletta: più ne stai lontano, più vinci. Non a caso uno dei pochi programmi d’informazione rimasti credibili, Report, i politici deve inseguirli per inchiodarli alle loro responsabilità. La Lega delle origini (quella vera di Bossi) e il M5S sfondarono anche perché avevano tutta la Rai contro. Oggi le ospitate a Saxa Rubra servono alle salme tipo bin Rignan ad allontanare un altro po’ le esequie, non a chi vuole e può vincere fra la gente normale. Che ormai si ritrova in luoghi meno malfamati: i social e le piazze. Nei loro primi 9 anni i 5Stelle hanno imparato a fare opposizione: riprendano a farla, diano battaglia per il loro ddl di riforma (giacente da tre anni per mancanza di alleati), facciano le pulci a chi gestisce i soldi del canone, chiedano le carte degli appalti esterni, denuncino sprechi e marchette. E muovano il culo per tornare in piazza. Lì giocano in casa, anche grazie a un leader che, unico insieme alla Meloni, quando esce di casa viene ascoltato e applaudito (mentre quell’altro, se mette il naso fuori, lo menano). E chi vi dice che sia una disgrazia?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/19/il-mondo-e-fuori/6397738/

giovedì 18 novembre 2021

Manca solo Rondolino. - Marco Travaglio

 

Peggio della lottizzazione Rai c’è solo la sua versione ipocrita: l’occupazione di regime spacciata per meritocrazia. Era accaduto con Monti e l’Innominabile, ora si replica con Draghi&Draghetti. Il governo dei migliori, tramite l’ad-dg-tanguero Carlo Fuortes, caccia il direttore del tg migliore, Giuseppe Carboni del Tg1 (più 2% di share), reo di essere stato nominato dal M5S, pur non essendo un grillino. Al suo posto riciccia l’ex presidente della Rai monocolore renziana, Monica Maggioni, fedelissima di Gentiloni sponsorizzata dal generone draghiano dei Garofoli&Funiciello. Alla punizione del campione d’ascolti seguono, per coerenza, le promozioni o i salvataggi dei soliti sugheri multiuso. Moiro Orfeo, dopo aver guidato Rai, Tg1, Tg2 e Tg3 in quota un po’ a tutti, dirigerà addirittura l’Approfondimento (da Report a Vespa, da Berlinguer ad Annunziata). Simona Sala, draghiana con ascendente Pd e una spruzzata di Di Maio (così almeno crede lui), passa al Tg3, rimpiazzata al Gr dal pd Vianello; il leghista-meloniano Sangiuliano, che almeno qualche libro l’ha letto e scritto, resta al Tg2; il leghista Casarin rimane alle Tgr; il FdI Petrecca va a Rainews col nuovo portale d’informazione (quello che doveva dirigere la Gabanelli prima che Orfeo la conciasse per le feste). Si sperava che lo scandalo Open inducesse Fuortes o chi per lui a risparmiarci almeno i dirigenti più citati nelle carte, dalla Maggioni (vedi pag. 4) a Orfeo, quello dell’“accordo” col portavoce renziano Agnoletti. Infatti: entrambi promossi.

Manca qualcuno nella grande abbuffata? Ma sì, solo il partito di maggioranza relativa: il M5S, tagliato fuori alla vigilia delle Presidenziali e delle Politiche. Tutti scrivevano che Conte aveva piazzato i suoi parlando con Fuortes al compleanno di Bettini: infatti il M5S non tocca palla, come già nel governo Draghi, nato apposta per sterminarlo, anche se Di Maio e altri draghetti Grisù seguitano ad aiutare gli sterminatori. Conte, oltreché dalla sua correttezza che lo rende inabile a certi giochetti, è stato indebolito dalle contromanovre di Di Maio, che ha avallato le nomine antigrilline, mentre le destre difendevano i loro avamposti. Il risultato è la totale estinzione del punto di vista 5Stelle (come l’impronta ambientalista del Tg1) e la ricomparsa dei revenant renziani e gentiloniani in salsa draghista. Una restaurazione asimmetrica, una lottizzazione inversamente proporzionale ai consensi: vedi il peso spropositato di Zerovirgola e di Er Moviola che, l’ultima volta che si candidò a qualcosa, alle primarie Pd del 2013 per il sindaco Roma, arrivò terzo su tre. Ora infatti punta dritto al Quirinale, con una bella Rai vista Colle. Spiace solo per Rondolino: una nomina la meritava anche lui, ad honorem.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/18/manca-solo-rondolino/6396371/

mercoledì 15 settembre 2021

Ottimismo obbligatorio. - Marco Travaglio

 

A metà luglio, appena Carlo Fuortes fu nominato ad della Rai, fu salutato con tappeti di saliva dall’intera stampa nazionale, come del resto il nominante Mario Draghi. Il quale, essendo il genio onnisciente e infallibile che sappiamo, non poteva che aver nominato un altro genio. Infatti Fuortes – che, a dispetto del cognome da tanguero, è nato a Roma – iniziò subito a sfornare idee geniali, come Repubblica notò col dovuto risalto: “Ribattezzato in azienda Napoleone per la postura con la quale si aggira nel palazzo – mano sul petto quando parla, piglio decisionista – Fuortes ha già inviato a tutti i direttori le lettere con i tagli da fare… Ha vietato ai membri del Cda di parlare con l’esterno e con le strutture interne. Ha imposto il ‘lei’ a chiunque, dall’ultimo degli uscieri ai top manager. Una rottura di prassi consolidate che la dice lunga sul nuovo corso del servizio pubblico. E sulla mission ricevuta da Draghi”. Erano anni che si denunciava la vera piaga della Rai: tutti si davano pedestremente del tu o del voi. Ci volevano i Migliori, col nuovo corso e la mission, per imporre finalmente il lei. Ora, risolto il problema principale, restano i dettagli. L’informazione sarà improntata al più sfrenato ottimismo perché – ripete Fuortes – “la Rai deve tornare a una narrazione positiva”. Oggi, com’è noto, tg e talk sono armi improprie lanciate h 24 contro i poteri costituiti. Inchieste sul ruolo di Draghi nel bidone Mps-Antonveneta, reportage à gogo sulla trattativa Stato-mafia, non-stop sul Ruby-ter, inseguimenti ai commercialisti della Lega, renziani perseguitati da domande sulle complicità del Rinascimento Saudita nell’11 Settembre, interviste a pm e vittime di reati sulla schiforma Cartabia, speciali sulle tangenti americane di Fca e sugli scandali vaticani, rubriche fisse di Greta Thunberg sulla transizione ecologica di Cingolani dal fossile al nucleare. Ora basta: “narrazione positiva”.

Non c’è neppure bisogno di inventare nuovi ordini: basta copiare le veline del Minculpop, che 90 anni fa abolirono la cronaca nera (nessun furto, rapina od omicidio nel paradiso fascista) e toccarono vette ineguagliabili di humour involontario: “Notare come il Duce non fosse stanco dopo 4 ore di trebbiatura”, “Non occuparsi della Garbo”, “Non pubblicare fotografie del pugile Carnera a terra”. Uno dei gerarchi meno proni, Leandro Arpinati, quando il Duce gli comunicò la nomina di Achille Starace a segretario del Partito nazionale fascista, protestò: “Ma è un cretino!”. “Sì”, rispose la Buonanima, “ma è un cretino obbediente”. Poi, a Salò, ebbe un lampo di sincerità: “Come si fa, in un Paese di servitori, a non diventare padrone?”. La Rai ovviamente non c’entrava, ma solo perché si chiamava Eiar.

ILFQ

giovedì 6 maggio 2021

Il complotto di Travaglio e Gomez all’Autogrill. - L. Giar.

 

Cari lettori, ci hanno scoperto. Siamo costretti a confessare perché ieri Repubblica ha pubblicato un’anticipazione della tesi difensiva del direttore di Rai3 Franco Di Mare, il quale sostiene che “la famosa telefonata registrata da Fedez era una trappola orchestrata con l’ausilio di Marco Travaglio e Peter Gomez”. Ebbene, tutto vero. L’idea di un complotto contro Di Mare è nata nel parcheggio dell’Autogrill Tortona Nord, dove il nostro direttore ha incontrato Gomez in gran segreto proprio mentre Fedez li raggiungeva carico di prelibati dolcetti romagnoli. Fedez lamentava una ormai insopportabile monotonia dei palinsesti di Rai3, di cui l’artista è fedele spettatore. A quel punto Travaglio si è illuminato: “Perché non scrivere un monologo sul ddl Zan, sperare che vogliano censurarlo, farsi dire che è un testo inopportuno, registrare tutto, metterlo sui social e poi sputtanare la Lega sul palco?” “Potrebbe funzionare – si è inserito Gomez –, ma Di Mare è un osso duro, ci becca di sicuro”. E infatti oggi, guarda caso, scopriamo che un presunto passante ha filmato l’incontro all’Autogrill e poi lo ha inviato a Di Mare. Ma noi non molliamo: appuntamento a Medesano Est per una rustichella e per decidere le prossime mosse.

ILFQ

domenica 22 novembre 2020

Tutti contro la Rai che caccia Morra (già in sala trucco). - Gianluca Roselli

 

Antimafia - Il presidente oscurato.

Alla fine la bomba deflagra tra i piedi di mamma Rai. E in particolare dell’ad Fabrizio Salini, che venerdì sera, insieme al direttore di rete Franco Di Mare, ha deciso di bloccare la partecipazione di Nicola Morra alla trasmissione Titolo V su Rai3. Morra era già arrivato nella sede Rai di Napoli, dove sarebbe dovuto essere ospite della puntata insieme a Jasmine Cristallo, Sergio Rizzo e il direttore del Mattino Federico Monga.

Era già in sala trucco quando è arrivato lo stop da Viale Mazzini. E a quel punto ha dovuto girare i tacchi e andarsene. “Ero già arrivato presso gli studi Rai di Napoli quando ho appreso dalla vicedirettrice di Rai3 che, per decisione della direzione di rete, veniva annullata la mia partecipazione al programma. Questo dovevo dirvi e questo vi dico. Credo non si debba aggiungere altro”, ha scritto Morra in un post di Facebook delle 21.20 di venerdì.

Ma cosa è successo nelle ore precedenti? Come mai si è arrivati a sbarrare le porte di un programma della tv pubblica al presidente della Commissione antimafia? Occorre fare un passo indietro. Per tutto venerdì era montata la polemica per le parole di Morra su Jole Santelli. “Era noto a tutti che fosse gravemente malata ma i calabresi l’hanno votata lo stesso. Ognuno è responsabile delle proprie scelte”, aveva detto il senatore giovedì ai microfoni di Radio Capital, in un ragionamento un po’ fumoso. Parole che avevano provocato attacchi da ogni dove, compresa la presa di distanza da parte del M5S. Dal centrodestra, invece, si evocavano a gran voce le sue dimissioni. E critiche arrivavano anche dal Pd.

Dunque venerdì Morra era atteso a Titolo V. L’invito era arrivato martedì per una puntata in cui si doveva tornare a parlare della Calabria, dopo lo scoop della trasmissione sul mai redatto piano Covid del commissario alla Sanità Saverio Cotticelli, poi costretto a dimettersi. Nel tardo pomeriggio, mentre impazzano le polemiche sul caso Morra-Santelli, qualcuno in azienda si accorge che in serata Morra è atteso in Rai e scatta l’allarme rosso. Franco Di Mare inizia a chiedersi se sia il caso di confermare l’ospitata e, alle 8 di sera, si confronta con Salini. Che ne parla con il suo staff. Secondo alcune fonti parlamentari, poi, Salini e Di Mare alzano il telefono e parlano con alcuni big pentastellati. Fatto sta che, a 20 minuti dalla messa in onda, Salini e Di Mare decidono di cancellare la partecipazione di Morra. L’obbiettivo dei piani alti di Viale Mazzini è di evitare ulteriori possibili gaffe da parte del senatore.

Tesi confermata, del resto, anche dalla lunga nota di ieri dell’azienda, secondo cui “la decisione è stata presa poiché da ore era in corso un dibattito particolarmente acceso su un argomento molto delicato (…) pur nella consapevolezza di prendere una decisione comunque controversa, la Rai ha preferito adottare una linea di massima prudenza per evitare di alimentare altre polemiche”. Rammaricandosi poi con Morra per le modalità in cui gli è stato comunicato lo stop, gli si dice che egli “avrà altre opportunità, nelle reti Rai ed eventualmente anche a Titolo V, per esprimere i suoi punti di vista”.

Ieri, poi, se da una parte sono continuati gli attacchi a Morra con Lega e Fdi pronti a disertare i lavori dell’antimafia se il presidente non si dimette (e con Matteo Salvini che annuncia querela contro il senatore), gli attacchi si sono spostati verso la tv pubblica. Anche da parte dei 5 Stelle. “Inaccettabile la censura della Rai a Morra”, afferma Paola Taverna. “Qualcuno si dovrebbe dimettere e non è Morra”, sostiene Alessandra Maiorino. Altri, come Alessandro Di Battista, fanno muro intorno al senatore. “Hanno intervistato il figlio di Totò Riina e censurano me”, rincara la dose lo stesso Morra. E per Salini, dopo l’avviso di sfratto che gli è quasi giunto dal Pd tramite Roberto Gualtieri, arriva un’altra tegola che complica i suoi rapporti pure con una parte dei 5 Stelle.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/22/tutti-contro-la-rai-che-caccia-morra-gia-in-sala-trucco/6012164/

venerdì 16 ottobre 2020

Il sindaco Massimo del sovranismo “caciarone” in tv. - Andrea Scanzi

 

II centrodestra sta pensando a Giletti come sindaco di Roma. Si parla pure di un’ipotesi poro Porro. E si candida persino Sgarbi. È tutto straordinario. Giletti è una delle figure mediatiche più odiate da sinistra e grillini. Da un punto di vista prettamente tecnico, Giletti è uno dei conduttori più abili. Sa fare tivù, ha i tempi giusti e – se vuole – è un ottimo intervistatore. La sua conduzione è molto dominante, come quelle di Vespa e Santoro. Essere suoi ospiti non è facile e neanche troppo divertente, perché a casa Giletti comanda solo Giletti e (quasi) tutti gli altri sono pedine. Non conta quel che dici, conta che tu rispetti la partitura ferrea che lui ha in testa (e in scaletta).

Giletti è criticato per la sua conclamata sbornia salviniana, ma è sempre stato un uomo di centrodestra. Una sorta di democristiano 2.0 finto incazzato e senz’altro populista. Quasi sempre filo-governativo, prima garbatamente berlusconiano e poi smodatamente salviniano. Per un po’ semi-grillino (quando lo ha cacciato la Rai), per fortuna mai granché convinto da Renzi.

Due sere fa, a Non è l’Arena, stranamente non c’erano né Salvini né Meloni. Giletti suole “intervistarli” con trasporto messianico. Ascolti discreti (4,8% di share prima parte e 5,7% seconda parte). Lo storytelling (?) era avvincente. Momento Covid con l’immancabile Bassetti, ormai monolite nero di sovranisti e minimizzatori para-negazionisti. Spazio poi al “Momento Cazzata”, al quale Giletti tiene moltissimo e che domenica è stato affidato a Fusaro. Giletti è bravissimo a far dire cose irricevibili (che spesso lui pensa) a facce impresentabili: in questo modo lui si salva, ma il messaggio passa. E il messaggio era che, per Fusaro, la mascherina valesse la camicia nera. Dunque Conte come Mussolini e Speranza nuovo Farinacci. Daje Diego! A far le veci del governo da zimbellare, l’immancabile viceministro 5stelle Sileri, un brav’uomo che da mesi adora interpretare – chissà poi perché – il ruolo del punching-ball.

Giletti ha quindi sdoganato televisivamente l’immacolato Buzzi. Ottima idea! Eticamente sublime, soprattutto. Mentre Bonini e Sabella provavano a ricostruire la realtà, Buzzi faceva il martire, l’avvocato diversamente simpatico di Carminati cercava di dimostrare come il suo assistito fosse una sorta di promoter turistico di Roma e Giletti dichiarava sornione di avere adesso ancora più dubbi sull’ipotesi di candidarsi sindaco.

L’apice è stato però il finale. Dai Caraibi è comparso tal Mirko Scarcella, definito a casaccio “guru di Instagram”. In breve: tal Scarcella lavorava con Vacchi, poi i due hanno litigato e adesso Vacchi attacca Scarcella alle Iene e Scarcella attacca Vacchi da Giletti. (E uno sticazzi non ce lo metti?). In studio c’era Annalisa Chirico, che sfoggiava un sottopancia leggendario: “Direttrice di Chirico.it”. Quasi come se io, domani, andassi a Otto e mezzo e mi facessi presentare così: “Ecco Scanzi, direttore della pagina Facebook di Scanzi”. Roba da Tso immediato. Tal Scarcella era molto su di giri e attaccava tutti. Giletti, un genio nel fingere di scandalizzarsi, un po’ si dissociava per fini legali e un po’ simulava sdegno per la maleducazione dell’ospite. In realtà, ovviamente, godeva come un riccio erotomane. Il dialogo (tra sordi) ha raggiunto l’apice quando tal Scarcella ha inquadrato con la webcam sua moglie (in mutande). Altissimi livelli. In un siffatto Circo Barnum del sovranismo caciarone, ho però avvertito la dolorosa assenza della donna barbuta, di Gasparri vestito da Wonder Woman e di Salvini che fa Tarzan. Sarà per la prossima volta, sindaco Massimo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/13/il-sindaco-massimo-del-sovranismo-caciarone-in-tv/5963966/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=scanziquotidiani&utm_term=2020-10-16

sabato 15 febbraio 2020

Agcom multa la Rai per 1,5 milioni di euro: “Violate indipendenza, imparzialità e pluralismo”. Pd: “Grave, via Salini e i vertici”.

Agcom multa la Rai per 1,5 milioni di euro: “Violate indipendenza, imparzialità e pluralismo”. Pd: “Grave, via Salini e i vertici”

L'Autorità ha diffidato l'azienda a cessare immediatamente i comportamenti contestati, anche al fine di consentire la verifica del corretto utilizzo delle risorse pubbliche (canone) e private (pubblicità) per il finanziamento delle attività e della programmazione di servizio pubblico.
Multa da 1,5 milioni di euro per la Rai. Il Consiglio dell’Agcom ha accertato, con due diverse delibere, alcune violazioni degli obblighi di contratto di servizio da parte della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. In particolare, in merito a numerosi episodi riguardanti la programmazione diffusa dalle tre reti generaliste, l’Autorità ha accertato il mancato rispetto da parte di Rai dei principi di “indipendenza, imparzialità pluralismo”. L’Agcom – si legge in una nota – ha inoltre accertato il mancato rispetto dei principi di non discriminazione e trasparenza, in relazione al pricing effettivamente praticato, dalla concessionaria Rai, nella vendita degli spazi pubblicitari.
Il Pd chiede le dimissioni di Salini e dei vertici Rai – “La pronuncia (e multa) di Agcom sulla Rai dice cose chiare e gravi. Se si aggiunge la trasferta sanremese il quadro è completo. Cambiare e cambiare velocemente è l’unica via”, ha scritto su Twitter il vicesegretario Pd Andrea Orlando. Il vicecapogruppo dem alla Camera Michele Bordo è andato oltre tornando a chiedere le dimissioni dell’amministratore delegato: “A Salini”, ha dichiarato, “non resta che valutare la propria permanenza al vertice dell’azienda così come la permanenza degli attuali vertici dell’informazione. Le ripetute violazioni del contratto di servizio, accertate dall’Agcom e richiamate più volte in questi mesi, rappresentano una doppia beffa ai danni della qualità dell’informazione Rai per i cittadini che dovranno anche pagare la multa visto che ne sono azionisti attraverso il governo. Per Salini e per il management è l’ora della verità”. Per il deputato di Italia viva Michele Anzaldi siamo di fronte a “una sanzione senza precedenti”: “E’ la conseguenza inevitabile di quanto vado denunciando da mesi con esposti, interrogazioni, dichiarazioni: questa Rai rappresenta uno dei punti più bassi mai raggiunti dall’informazione del servizio pubblico”.
Per il Movimento 5 stelle ha parlato il vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai Primo Di Nicola: “La notizia della sanzione alla Rai da parte dell’Agcom è molto grave”, ha detto, “ma altrettanto grave è che la stessa Agcom dia notizia della multa per gravi violazioni del contratto di servizio pubblico senza indicare le trasmissioni a cui si riferisce. Che nell’azienda pubblica ci siano dei problemi non è una novità e noi li abbiamo denunciati. Ma questa sortita dell’Authority e le divisioni interne che emergono sulla decisione presa destano preoccupazione e allarme. Aspettiamo che Agcom fornisca la documentazione dettagliata sulla vicenda. Dopodiché come MoVimento 5 Stelle faremo le nostre valutazioni. Sulla Rai non accettiamo giochetti. La par condicio è fondamentale, ma dall’Authority vogliamo sapere chi l’ha violata e come”.
La sanzione “per l’ampiezza e la durata delle infrazioni” – L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si legge sempre nella nota ufficiale, ha deciso di irrogare la sanzione, in ragione dell’ampiezza e della durata delle infrazioni, ma tenendo conto di alcune iniziative ripristinatorie. Ha votato contro il commissario Mario Morcellini, mentre si è astenuto il commissario Francesco Posteraro. “Mi sono astenuto perché ritengo che le violazioni riscontrate non siano di gravità tale da richiedere l’irrogazione di una sanzione”, ha detto all’Ansa Posteraro. L’Autorità ha poi diffidato la concessionaria pubblica chiedendo che elimini, nella vigenza del contratto di servizio 2018-2022, le violazioni e gli effetti delle infrazioni accertate, adottando specifiche misure volte a garantire il rispetto degli obblighi e a evitare il ripetersi delle violazioni in futuro, richiamando l’importanza della responsabilità editoriale pubblica della concessionaria.
“Nella vigilanza della missione di servizio pubblico”, ha precisato ancora Agcom, “non sono le singole fattispecie, su cui la società ha spesso messo in atto azioni ripristinatorie o correttive, a rilevare ma l’effetto che tali condotte hanno generato e potrebbero generare sui valori della collettività e i diritti dei cittadini, nonché sul valore di utilità pubblica e sociale del canone del servizio della concessionaria”. L’Autorità ha inoltre accertato, all’unanimità, il mancato rispetto dei principi di non discriminazione e trasparenza, in relazione al pricing effettivamente praticato, dalla concessionaria, nella vendita degli spazi pubblicitari. Di conseguenza, l’Agcom ha diffidato la Rai a cessare immediatamente i comportamenti contestati, anche al fine di consentire ad Agcom la verifica del corretto utilizzo delle risorse pubbliche (canone) e private (pubblicità) per il finanziamento delle attività e della programmazione di servizio pubblico.
L’azienda: “Stupore per la decisione” – Poco dopo la notizia delle delibere, la Rai ha diffuso una nota per ribadire che “prende atto con grande stupore delle decisioni del Consiglio di oggi dell’Autorità”. L’azienda ha quindi difeso il proprio operato: “Nel riservarsi di esaminare in dettaglio il provvedimento quando sarà notificato, Rai non mancherà di rappresentare nelle opportune sedi la correttezza del proprio operato in coerenza con il ruolo assegnatole dalle leggi, anche da quelle che tutelano l’autonomia dei giornalisti”. E ancora: “Il Servizio pubblico resta sempre impegnato, anche nella presente complessa congiuntura, nella tutela della libera informazione e nella rappresentazione corretta del dibattito presente nel Paese a beneficio in primo luogo dei cittadini che pagano il canone, tutto ciò sempre nel più scrupoloso rispetto delle norme cui è sottoposto”. Quindi la nota conclude: “Il Servizio pubblico resta sempre impegnato, anche nella presente complessa congiuntura, nella tutela della libera informazione e nella rappresentazione corretta del dibattito presente nel Paese a beneficio in primo luogo dei cittadini che pagano il canone, tutto ciò sempre nel più scrupoloso rispetto delle norme cui è sottoposto”.

giovedì 11 aprile 2019

La telefonata a Fazio contro l’invito a Di Maio.




Il Fatto Quotidiano racconta oggi che dietro l’ospitata di domenica sera di Luigi Di Maio da Fabio Fazio c’è un retroscena curioso, che parte da una telefonata ricevuta dal conduttore per cercare di dissuaderlo dall’invitare il leader M5S:

A non essere tanto normale è invece una telefonata partita dai piani alti di Viale Mazzini qualche giorno prima, tra venerdì e sabato, proprio a Fazio e anche al direttore del Tg1 Carboni, dopo che è stata resa nota la scaletta del programma. Un colloquio in cui un alto dirigente Rai, come riportava ieri anche il sito Dagospia, avrebbe tentato di convincere il conduttore a declinare l’invito al ministro del Lavoro.
Una conversazione dove si è fatto notare se fosse proprio il caso, a un mese e mezzo dalle Europee, di avere ospite Di Maio e se, nel caso, si fosse pensato a un riequilibrio nella settimana successiva con un ospite leghista. E, dato che Salvini da Fazio non ci va, se non fosse il caso comunque di evitare l’ospitata di Di Maio. Non una telefonata di censura, nemmeno un ordine perentorio, ma una sorta di moral suasion anche assai educata.
Secondo il Fatto il dirigente che si è mosso è Fabrizio Ferragni, capo delle relazioni istituzionali, vicino al presidente Foa:
Nella nuova Rai gialloverde, infatti,di lui si dice che sia molto apprezzato dalla Lega e dal presidente Marcello Foa. Quando Foa ha un impegno istituzionale, spesso ad accompagnarlo c’è Ferragni. Ed è farina del sacco di Foa la decisione di spacchettare la comunicazione, con la conferma di Ferragni. Con chi non aveva buoni rapporti, invece, è Mario Orfeo, di cui era vicedirettore al Tg1. E quando quest’ultimo passa alla direzione generale, gli preferisce, come suo successore, Andrea Montanari.
 https://theworldnews.net/it-news/la-telefonata-a-fazio-contro-l-invito-a-di-maio

venerdì 21 settembre 2018

Ok a maggioranza da cda Rai a Foa presidente.

Ora la scelta va confermata dalla commissione di vigilanza a maggioranza di due terzi.
Il cda della Rai ha dato l'ok a maggioranza alla nomina di Marcello Foa a presidente della tv pubblica. A quanto si apprende, Foa ha ottenuto quattro voti favorevoli, quelli dell'ad Fabrizio Salini e dei consiglieri Beatrice Coletti (eletta in quota M5S), Igor De Biasio (Lega), Gianpaolo Rossi (Fdi). Rita Borioni (eletta in quota Pd) avrebbe votato contro, mentre Riccardo Laganà, il consigliere eletto dai dipendenti della tv pubblica, si sarebbe astenuto. Lo stesso Foa non avrebbe partecipato alla votazione. Si è replicato così lo stesso schema della votazione avvenuta il 31 luglio scorso. Allora la nomina di Foa non venne però ratificata dalla commissione di Vigilanza, dove il 1 agosto non ottenne la necessaria maggioranza di due terzi (27 voti su 40 componenti).
A breve sul tavolo del consiglio arriveranno anche le prime nomine della nuova gestione. In pole position per il Tg1 c'è sempre Gennaro Sangiuliano, sostenuto dal centrodestra, a meno che la spunti Alberto Matano, gradito a M5S, che potrebbe essere dirottato al Tg2. Al Tg3 si attende la conferma di Luca Mazzà (oltre che del direttore di rete Stefano Coletta), mentre alla radiofonia si parla di Paolo Corsini. Per la TGR sono in pole, sponsorizzati dalla Lega, Alessandro Casarin o Luciano Ghelfi, in lizza anche per il Tg2 qualora Matano andasse al Tg1. Per lo sport resta favorito Jacopo Volpi.
La consigliera Rita Borioni, che ha votato contro la nomina di Foa nella riunione, rende noto di aver presentato "all'inizio della seduta odierna del cda, formale diffida a procedere all'elezione di Marcello Foa, visti i chiarissimi profili di illegittimità della stessa. Nonostante ciò il cda ha deciso di procedere ugualmente. A questo punto mi riservo qualsiasi azione a tutela dell'azienda stessa. La Rai non dovrebbe forzare regole e procedure consolidate per sottostare ai diktat di alcune fazioni politiche". 
"Io non temo niente, penso che sia una persona che insieme ad altre potrà fare tanto per il servizio pubblico". Così il vicepremier Matteo Salvini ha risposto a chi gli chiedeva se temesse un nuovo no della commissione di Vigilanza sulla nomina di Marcello Foa a presidente della Rai. "Sono contento" della scelta del cda, ha detto, "e non vedo l'ora che tutti lavorino al 100%. Presentiamo persone di spessore, non amici degli amici. La Rai deve tornare a correre".

mercoledì 30 settembre 2015

Rai, dal camorrismo ai programmi che non si adeguano: la guerra dei renziani alla tv pubblica. Uguale a quella di B. - Giuseppe Pipitone

Rai, dal camorrismo ai programmi che non si adeguano: la guerra dei renziani alla tv pubblica. Uguale a quella di B.

Il deputato dem Anzaldi attacca il canale diretto da Vianello, reo di non aver "seguito il percorso del partito", di non essersi "accorto del nuovo segretario, poi diventato premier: dovrebbe fare servizio pubblico, ma non lo fa". Il cdr del Tg3: "Parole che ricordano nei toni editti bulgari di berlusconiana memoria". E in effetti, dopo le accuse minacciose di De Luca sul "camorrismo giornalistico", e dopo le battute del premier sui "talk show del martedì" che fanno meno share "della replica di Rambo", l'escalation del partito di governo contro la terza rete sembra molto simile a quella dei berluscones.

Un problema “grande” e “ufficiale”,  un partito di governo “regolarmente maltrattato” dai soliti talk show, che dovrebbero fare servizio pubblico, ma “non lo fa”. Il motivo? “Non si sono accorti che è stato eletto un nuovo segretario, il quale poi è diventato anche premier”.  Sembrano le saette lanciate per un ventennio in direzione viale Mazzini da tutti o quasi gli uomini della Casa della Libertà, suonano molto simili alle lacrime minacciose versate dall’ex cavaliere non appena metteva piede a Palazzo Chigi, somigliano davvero al preludio di quello che è poi passato alla storia come l’Editto Bulgaro. E invece ad intestarsi il decisivo passo avanti nell’ennesima guerra di Palazzo Chigi contro la tv di Stato è Michele Anzaldi, deputato del Pd, cresciuto come portavoce di Francesco Rutelli, poi fulminato sulla via del renzismo e quindi promosso segretario della commissione Vigilanza Rai.  “C’è un problema con Rai3 e con il Tg3, sì. Ed è un problema grande, ufficiale”, attacca il deputato palermitano davanti al taccuino di Fabrizio Roncone del Corriere della Sera.
Dopo le accuse minacciose di Vincenzo De Luca, che aveva tacciato Rai 3 di fare un giornalismo “camorristico”, dopo le battute del premier sui “talk show del martedì” che fanno meno share “della replica numero 107 di Rambo“, ecco che il Pd renziano ha inviato Anzaldi a formalizzare la dichiarazione di guerra contro la rete guidata da Andrea Vianello.  D’altra parte, Anzaldi sembra proprio l’uomo giusto scelto dai renziani per intervenire sulla questione tv: già nel marzo del 2014 aveva preso carta e penna per scrivere alla presidente Rai Anna MariaTarantola e lamentarsi dell’imitazione satirica di Maria Elena Boschi. “Alla Rai sono amici nostri, il video è andato in onda e non abbiamo detto nulla. Ma poi alla vigilia della festa della donna lo metti su internet, cioè la ridicolizzi ovunque”, diceva al fattoquotidiano.it. Un inizio morbido a parole, che metteva la satira nel mirino, come leggero era stato in principio l’attacco dei berluscones ai programmi satirici dei fratelli Guzzanti (poi emarginati come tutti gli esponenti invisi a Palazzo Chigi).
Un anno e mezzo trascorso al governo,  però,  ha indurito i toni del deputato, che adesso non usa giri di parole: ”Lo sa che i nostri ministri non vogliono più andarci a Rai3? Io mi aspetto che Rai3 faccia servizio pubblico: e, per ora, non lo fa. Si sono chiesti a Rai3 perché Renzi è andato due volte da Nicola Porro a Virus su Rai2? Perché, se dobbiamo spiegare una legge, preferiamo che i nostri parlamentari vadano da Bruno Vespa?” tuona Anzaldi. Che poi spiega quali siano le colpe imputate dal partito alla rete diretta da Vianello. “Purtroppo non hanno seguito il percorso del Partito democratico: non si sono accorti che è stato eletto un nuovo segretario, Matteo Renzi, il quale poi è diventato anche premier. Niente, non se ne sono proprio accorti! “. Tradotto: il padrone è cambiato e bisogna adeguarsi. Destinatario del messaggio: “Vianello che ha qualche difficoltà a percepire la realtà dei fatti, ascolti e trasmissioni fallimentari comprese”.
Quali dichiarazioni richiamino alla mente questi toni, lo dice inconsciamente lo stesso Anzaldi: “Il Pd – dice – viene regolarmente maltrattato e l’attività del governo criticata come nemmeno ai tempi di Berlusconi“. Già, Berlusconi. E sono proprio gli anni del berlusconismo quelli citati dal cdr del Tg3 per replicare alle parole del deputato dem. “Le parole di Anzaldi sono inaccettabili e ricordano nei toni editti bulgari di berlusconiana memoria: i partiti continuano ad intendere i telegiornali della Rai come cosa propria. E tutto ciò è tanto più grave nel momento in cui si parla di riforma delle news. Noi del Tg3 non subiremo in silenzio alcun tentativo di assoggettamento – continua Rivendichiamo con orgoglio la nostra indipendenza da qualsiasi governo o partito, ieri come oggi”.
Perché passando in rassegna i vent’anni del berlusconismo gli episodi di guerra tra Palazzo Chigi e viale Mazzini si sprecano. Sempre quello l’oggetto della contesa: la rete pubblica troppo laica nel raccontare le presunte gesta di governo. E non sono poche le somiglianze con le recenti esternazioni dei renziani. Se oggi Anzaldi annuncia il gran rifiuto dei ministri di Renzi a comparire nelle trasmissioni sgradite, ieri era Berlusconi a vietare ai suoi la partecipazione alle trasmissioni Rai: alla vigilia della campagna elettorale del 2001, infatti, i berluscones annunciarono un Aventino televisivo (“un paio di giorni, non di più” dissero) per protestare contro la famosa intervista di Marco Travaglio da Daniele Luttazzi.
Un Aventino che tra l’altro venne interrotto dallo stesso leader forzista, autore della celebre telefonata in studio da Santoro.”Lei è un dipendente del servizio pubblico: si contenga” disse Berlusconi, inventore poi dell’inedita imputazione di “uso criminoso del servizio pubblico“, utilizzata per motivare l’Editto Bulgaro, che decretò la cacciata di Biagi, Luttazzi e lo stesso Santoro. Accusa simile a quella mossa nei giorni scorsi dal renziano De Luca“Ci sono campagne di informazione che tendono a distruggere la vita di un essere umano: questo per me è camorrismo giornalistico”, ha detto il governatore campano alla festa di Scelta Civica, mettendo nel mirino trasmissioni come Report e Presa Diretta. Tra i dem a criticare le parole dell’ex sindaco di Salerno (e a difendere Rai 3) sono arrivati solo Vinicio Peluffo e Valeria Fedeli, contrari ad “usare questi termini”.
“Adesso però l’importante è che Vianello non faccia altri errori”, è invece la battuta – dal sapore di minaccia – con la quale Anzaldi conclude il suo dialogo con Roncone. Che tipo errori? Non “seguire il percorso” del Pd? O continuare a non accorgersi che Renzi è il presidente – segretario? E, soprattutto, se dovesse replicarli ancora quegli errori, cosa succederebbe a Vianello? Quattordici anni fa, alla vigilia del voto, era l’allora presidente della Rai Roberto Zaccaria a trovarsi nel mirino: un sintetico Gianfranco Fini gli spiegò l’agenda di governo,: “Zaccaria non si dimette? Se ne andrà subito dopo il voto. Non potranno rimanere un minuto di più al loro posto”. Parole che non sono ancora quelle del giglio magico renziano: ma la differenza diventa ogni giorni sempre più impercettibile. Mentre all’orizzonte c’è da giocare la partita dei tre nuovi direttori di rete, lontanissimo e sbiadito è ormai quel 19 aprile 2012, quando Renzi su twitter prometteva: “via i partiti dalla Rai”.

venerdì 7 agosto 2015

LE MANI DEL GRUPPO BILDERBERG SULLA RAI. NOMINATA MONICA MAGGIONI. - Sergio Cararo

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Già da due giorni si era capito che la nomina del nuovo presidente del Consiglio di Amministrazione della Rai sarebbe stato la "carta da spariglio" che Renzi si sarebbe giocato. Mentre tutti si accanivano sulla nomina di un outsider competente come Freccero o di illustri ma sconosciuti portaborse dentro il nuovo Cda, il Presidente del Consiglio aveva la sua carta in mano da giocare. Questa carta si chiama Monica Maggioni, la ex corrispondente internazionale della Rai che in questi anni aveva “normalizzato” quella che era stata l’isola felice di Rainews24, allineandola sempre più all’informazione embedded imposta dai poteri forti. Una funzione a questo punto realizzata e suggerita da uno dei centri di potere più forti: il gruppo Bildeberg.

La Maggioni ha partecipato agli incontri di questa organizzazione riservatissima dei potenti del mondo e lo aveva fatto facendosi legittimare proprio dalla Rai di cui si apprestava a diventare presidente. La Rai, sollecitata da un’interrogazione del presidente della Commissione Vigilanza Roberto Fico (M5S) in merito alla partecipazione della Maggioni alla riunione del Bildeberg del 29 maggio scorso, si era sentito rispondere: “Si conferma che la Dottoressa Monica Maggioni ha partecipato a Copenaghen al meeting annuale di Bilderberg nel periodo compreso tra il 29 maggio e il 1° giugno. La Rai - ancorché la partecipazione citata sia avvenuta a titolo personale - ritiene assolutamente legittimo che, nell’ambito della propria attività professionale, un suo dipendente possa partecipare se invitato, a prendere parte ad eventi organizzati da un think tank di tale rilevanza internazionale e che tale partecipazione costituisca elemento di prestigio per l’azienda stessa”.
Per onestà occorre sottolineare come la Maggioni non sia affatto l’unica giornalista di comando a partecipare alle riservate riunione del Bildeberg. Negli anni passati negli hotel di lusso che ospitavano gli incontri si potevano incontrare Lilli Gruber, Gianni Riotta, Ugo Stille, Arrigo Levi, Ferruccio de Bortoli, Lucio Caracciolo. Soprattutto quelli del Corriere della Sera, erano di casa.
Sulla funzione del Bilderberg come “facilitatore” nel controllo dei punti strategici del comando, è interessante il meccanismo descritto nel libro di Domenico Moro (“Club Bildeberg”), ossia quello delle “porte girevoli”, per cui un ministro (o, nel caso degli USA, un segretario di Stato) si ritrova poi al vertice di una multinazionale, o magari ne aveva fatto parte prima, mentre grandi manager pubblici come Romano Prodi dopo aver portato avanti massicce privatizzazioni si ritrovano presidenti del Consiglio o ai vertici dell’Unione europea; o ancora uomini come Mario Draghi, che passano da presidente del Comitato economico e finanziario del Consiglio della UE a direttore generale del Ministero del Tesoro italiano, per poi diventare vicepresidente della Goldman-Sachs, dopo di che governatore della Banca d’Italia e infine presidente della Banca centrale europea.
  
Insomma una vera e propria oligarchia esclusiva che occupa sistematicamente tutti i posti rilevanti nell’economia, nella politica, nell’informazione e nella diplomazia internazionale. 
Gente che quando si incontra in località esclusive e in riunioni riservate di certo non discute certo della fame nel mondo o del giro d'Italia di ciclismo.
Con un Presidente del Consiglio in odore di grembiulini come Renzi (e come aveva scritto l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, immediatamente messo alla porta), la nomina di una partecipante al Gruppo Bildeberg a presidente del Consiglio di Amministrazione della Rai è tutt’altro che una sorpresa, è una conferma.

Sergio Cararo
Fonte: http://contropiano.org

Link: http://contropiano.org/articoli/item/32243
6.08.2015

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15412

mercoledì 17 giugno 2015

Perquisizioni a Rai, Mediaset, La7, 44 indagati per appalti.

La sede della Rai in viale Mazzini (Ansa)


ROMA (Reuters) - Perquisizioni della Guardia di Finanza sono in corso tra Rai, Mediaset, La7 e Infront nell'ambito di un'inchiesta della procura di Roma che vede indagati 44 tra dirigenti e funzionari delle quattro società con l'accusa di aver affidato appalti a un imprenditore in cambio di tangenti.
Lo riferisce una fonte giudiziaria, precisando che sono circa 60 le perquisizioni in corso da parte del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle.
Secondo il pm romano Paolo Ielo, l'imprenditore titolare della società in questione, accusato di corruzione, avrebbe pagato le tangenti attraverso sovrafatturazioni per i lavori che gli venivano affidati.
Gli indagati della Rai, che avrebbero commesso il reato nello svolgimento di un servizio pubblico, sono accusati di concorso in corruzione. Gli altri indagati devono rispondere invece del reato di appropriazione indebita.
Non è stato possibile per il momento avere un commento da Rai e Mediaset.

giovedì 12 marzo 2015

Rai, bar chiusi per Mafia Capitale: i dipendenti restano a bocca asciutta. - Claudio Marincola

RAI

Tempi duri per i dipendenti di viale Mazzini. Non bastassero i tagli imposti dal decreto Irpef ecco che ora arrivano anche le restrizioni - per così dire - alimentari. Da quando il blitz della Finanza ha aperto le porte del carcere a Giuseppe Ietto, l’imprenditore che gestiva la catena dei bar interni, gli approvvigionamenti arrivano a singhiozzo. 
«I caffè bastano appena, i cornetti sono contati, ci salviamo con qualche tramezzino», allarga le braccia uno degli avventori del bar di Saxa Rubra messo a dura a prova dalla ristorazione ridotta.
La Unibar è finita nell’inchiesta Mafia capitale. Dal 5 dicembre, il giorno del blitz, la società che si assicurava da anni la gestione dei bar nelle 8 sedi romane della Rai va avanti senza il suo titolare. É la stessa società che riforniva i centri per gli immigrati creati dalla cooperativa 29 Giugno, quella di Salvatore Buzzi. Il business dei pasti caldi distribuiti in tutta la Penisola, sommato a cappuccini e maritozzi e moltiplicato per il numero dei centri, equivaleva a un giro di circa 52 milioni di euro. Anche bruscolini, insomma, ma non solo.
In Rai la Unibar era entrata circa 10 anni fa quando le regole e la forma giuridica non obbligavano l’azienda a bandire una gara d’appalto. Ora è tutto diverso. L’elenco delle società fornitrici e il controllo degli appalti è demandato ad una società esterna, (la “nuova” Guida Monaci). Il chè un po’ sorprende visto il numero e la qualità professionale delle risorse interne disponibili. Resta il fatto che da quando Giuseppe Ietto è finito in prigione per i circa 70 dipendenti dei bar si è spalancato il baratro. L’ultimo stipendio che hanno percepito è quello del novembre scorso (e solo il 70%). D’allora molti fornitori hanno tagliato i viveri temendo di non essere pagati. Si va avanti sulla fiducia, con chi accetta una dilazione sui tempi. L’incubo per i lavoratori della Unibar finirà soltanto quando verrà assegnato il nuovo bando - pubblicato il 24 luglio e scaduto il 3 ottobre - e quando i dipendenti verranno riassorbiti dai vincitori, come prevede l’appalto.
Giornalisti e dipendenti non sono rimasti insensibili. Al Tg2 in segno di solidarietà è stata lanciata una colletta e sono stati raccolti circa 4 mila euro. E così anche nelle altre testate. Fino all’arrivo della nuova gestione bisognerà tirare: ci sono giorni in cui le “risorse” scarseggiano e i frigobar sono vuoti o vengono gestiti con parsimonia. Succede già da giorni in viale Mazzini e negli altri punti di ristorazione: il circolo Rai di Tor di Quinto; via Asiago; via Teulada; Saxa Rubra, Auditorium, Salario e Dear. Il fatturato nel 2013 aveva registrato introiti per 2 milioni e 343 mila euro. Negli anni passati tutt’al più ci si lamentava per la qualità dei cibi serviti o per il servizio scadente. Stavolta è la quantità che latita. «Abbiamo caffè solo per 150 tazzine - si è sentito dire un dipendente l’altro giorno da uno dei barman - ma è meglio non spargere troppo la voce».


http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/rai_bar_chiusi_mafia_capitale/notizie/1101874.shtml

mercoledì 21 gennaio 2015

Cassazione, “Travaglio non deve risarcire Berlusconi”: aveva chiesto 10 milioni.

Cassazione, “Travaglio non deve risarcire Berlusconi”: aveva chiesto 10 milioni

L'ex Cavaliere si era ritenuto diffamato dall'intervista rilasciata dal condirettore del Fatto Quotidiano a Daniele Luttazzi nel corso di 'Satyricon' nel 2001. La Suprema Corte: "Si è trattato di cronaca, critica politica e satira legittime."

Marco Travaglio non deve versare alcun risarcimento a Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia aveva chiesto al condirettore del Fatto Quotidiano 10 milioni di euro come risarcimento danni da diffamazione per l’intervista che aveva rilasciato a Daniele Luttazzi il 14 marzo 2001 su Rai2 nel corso della trasmissione Satyricon. Al centro il libro ‘L’odore dei soldi’, sulla storia dell’ex Cavaliere e delle inchieste che lo hanno coinvolto. Per la Suprema Corte, che ha confermato la correttezza del verdetto emesso dalla Corte di Appello di Roma il 18 ottobre del 2006, si è trattato di cronaca, critica politica e satira legittime.
In modo conforme alle regole del diritto di cronaca e critica, è da escludere che Travaglio – sottolinea la Terza sezione civile della Suprema Corte – avesse “inteso accusare in modo subdolo l’onorevole Berlusconi di biechi interessi privati, di illeciti societari e di collusione con la mafia” avendo invece voluto “stigmatizzare, sicuramente con toni forti, sarcastici e sdegnati” il comportamento del candidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che “non aveva ritenuto necessario chiarire nelle opportune sedi… alcune vicende della sua attività imprenditoriale oggetto di indagini penali”.
Alle ulteriori obiezioni del leader di Forza Italia che ha insistito nel ricorso in Cassazione a sostenere che la trasmissione aveva “scopo non satirico ma politico”, la Suprema Corte replica che “l’uno scopo, di per sé, non esclude l’altro, potendo convergere entrambi a definire l’ambito della satira politica” quale è quello di una trasmissione come Satyricon “caratterizzata dall’intento di porre all’attenzione del telespettatore alcuni momenti della vita sociale e politica italiana, sottolineandone le contraddizioni e gli aspetti a volte anche negativi”.
Ad avviso della Cassazione, il verdetto di appello non ha “affatto trascurato il necessario bilanciamento dell’interesse individuale con quello sotteso alla libera manifestazione del pensiero attraverso la critica politica, effettuato correttamente sotto la lente dell’interesse pubblico alla conoscenza dell’interpretazione di fatti di cronaca”, risultati “documentati e per la maggior parte notori”, senza trasmodare “in attacchi personali volti a colpire la figura morale del soggetto criticato”.
Corretto e ‘conforme’ ai canoni della satira è stato ritenuto anche il comportamento di Luttazzi che “nel dirigere l’intervista, si è avvalso degli strumenti tipici” di questo genere, compresa la mimica. Il ricorso dell’ex premier era rivolto anche contro la RaiCarlo Freccero, ‘Ballandi entertainment‘ e Luttazzi che, poi, insieme a Michele Santoro e Enzo Biagi, fu cacciato dalla televisione pubblica dopo l’’editto bulgaro’ di Berlusconi. Ora il leader di Forza Italia deve pagare in favore della Rai 10mila e 200 euro per le spese legali del giudizio di Cassazione.

mercoledì 14 maggio 2014

RENZI ESCE DAGLI STUDI DI BALLARO' E GUARDATE CHE SUCCEDE.



Renzi esce da Ballarò e viene contestato dai lavoratori RAI. Dopo l'intervista di Floris, la faccenda non è finita lì: Renzi è stato contestato dai lavoratori Rai, con tanto di gustoso siparietto. Ebbene sì, nessuno ne parla, ma la notizia c'è ed è stata confermata da una giornalista di Rai 3. 

L'episodio è anche raccontato su Facebook, da un iscritto nel gruppo "Indignerai": 

Un'ansa che non sarà mai scritta....alla fine della trasmissione Ballaro' i lavoratori della Rai hanno contestato il presidente del consiglio Renzi....facendogli notare che aveva detto un sacco di inesattezze ....

difendendo la propria azienda visto che il giornalista e conduttore Floris non ha ritenuto di farlo.....il presidente del consiglio è andato via su tutte le furie gridando di non votare per lui allora....i lavoratori hanno risposto in coro ...."stai sereno Matteo ......e leggi i volantini che ti abbiamo dato ..."
 (Fonte


La giornalista di Rai 3 Carla Monaco conferma l'episodio su Twitter

carlamonaco.JPG

http://www.tzetze.it/redazione/2014/05/renzi_esce_da_ballaro_e_viene_contestato_dai_lavoratori_rai/index.html