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giovedì 3 ottobre 2019

Salvini dalla Gruber, il pugile suonato s’è fregato da solo. - Antonio Padellaro

Salvini dalla Gruber, il pugile suonato s’è fregato da solo

Sembrava il pugile suonato de I Mostri di Dino Risi, Matteo Salvini l’altra sera da Lilli Gruber. Quello che più gli menavano e più diceva: “So’ contento!”. Con la differenza che l’Artemio Antinori del film era Vittorio Gassman mentre l’ex ministro degli Interni, stuntman di se stesso, è bollito di suo. Infatti, per quante botte prendesse l’Artemio Salvini di Otto e mezzo non si toglieva dalla faccia la fissità del sorriso beato. Forse una paresi facciale da trauma, forse il suggerimento dei geniali comunicatori al seguito: fai vedere che va tutto alla grandissima. C’è poco da scherzare il nuovo governo è figlio suo, picchiava Massimo Franco ricordando il suicidio politico dell’8 agosto. Con l’autunno la smetterà di fare comizi in braghette, infieriva Lilli. E lui festoso: “Omo de panza omo de sostanza”, e giù risate. Mancava solo il dialogo con Enea Guarnacci (Ugo Tognazzi): “me ricordo”, “vuoi magna?”, “me fa piacere”. Poi, l’uomo che voleva i pieni poteri alla domanda su come possa oggi ricoprire d’insulti Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, gli stessi con cui un tempo amoreggiava, si atteggia a vittima di un malefico inganno: “Ho sbagliato a fidarmi”.
Ora, se l’autore di questo diario si mettesse nei panni di un elettore leghista avrebbe tutte le ragioni per imbufalirsi con il fu Capitano. Ma come, hai fatto cadere un governo dove facevi i comodi tuoi con il bel risultato che oggi ti ritrovi a vegetare all’opposizione (noi con te) e hai fatto ’sto capolavoro perché ti sei fidato delle persone sbagliate? Ma che scusa del cavolo è? Tu eri il leader incontrastato di un partito che veleggiava verso il 40 per cento, oggi i sondaggi ti danno sotto il 30 per cento in costante calo, e ci vieni a raccontare che hai mandato tutto a puttane perché vittima di un complotto del cuore? Trattasi di gigantesca, evidente balla, aggravata dal fatto che in politica l’ingenuità è un peccato gravissimo, imperdonabile, spesso letale. Come se i troiani che si fidarono del famoso cavallo o Lord Chamberlain che diede retta a Hitler venissero oggi a piagnucolare in televisione sentendosi traditi nei sentimenti.
Davvero Salvini ritiene seriamente che fare politica consista nel continuare a ripetere la solfa dell’assalto giallorosso alle poltrone (abitudine conclamata di ogni governo), oppure denunciando il triplo degli sbarchi (in un quadro di immigrazione clandestina che resta sotto controllo)? Una ritrita propaganda elettorale che al più gli consentirà di vincere in Umbria il prossimo 27 ottobre, soprattutto per effetto dei casini giudiziari del Pd.
Al di là delle frasi rituali saremmo curiosi di sapere cosa ne pensano realmente di questo vuoto (a perdere) di politica i governatori leghisti del nord e le centinaia di amministratori locali verdi. Privi di un orizzonte che non può essere soltanto legato al successo (e non è detto) in future elezioni quando sarà. Certo, il prossimo 19 ottobre saranno tutti a Roma a fare la ola a Salvini. Ritrovandosi, smaltita la sbornia, con il solito interrogativo: circa un terzo degli italiani votano per noi, ma non sappiamo cosa farne visto che quelli al governo almeno per un po’ non li schioda nessuno. Un problema che riguarda anche il Conte Due, perché davanti a opposizioni forti e provviste di idee forti, i governi, in genere, si danno da fare e fanno quadrato: simul stabunt simul cadent. Ma se l’avversario è un pugile rintronato l’unica visibilità possibile è menarsi tra ministri, a colpi di merendine e crocifissi. Infatti.

domenica 14 aprile 2019

Gruber silente sul caso Umbria, il M5s non ci sta. - Giuseppe Vatinno



L’ex iena Giarrusso attacca la Gruber.  

A Lilli Gruber il Movimento Cinque Stelle non è simpatico e questo traspira, per così dire, ad ogni puntata di Otto e Mezzo e, del resto, è perfettamente in linea con l’atteggiamento del suo editore Urbano Cairo che ha schierato, dopo una esitazione iniziale, la sua portaerei, il Corriere della Sera, e una delle Tv più seguite nel nostro Paese, La 7, contro i populismi, i nazionalismi e quindi anche contro il Movimento di Beppe Grillo.
Come è noto, in Italia, al contrario dei Paesi anglosassoni, non esistono editori puri e quindi è sempre molto difficile distinguere l’informazione dalle opinioni, distinzione che, invece, è del tutto fondamentale per l’opinione pubblica.
Questo non è certo solo un problema di Cairo, ma appunto di tutta l’editoria italiana a cominciare da La Repubblica di De Benedetti.
Ma torniamo alla Gruber.
Dino Giarrusso, ex inviato delle Iene ed ora candidato alle Europee per il M5S si è lamentato che la Gruber avesse appena celebrato un processo alla piattaforma Rousseau senza alcun contradditorio come ha anche fatto notare anche il sito “Silenzi e Falsità”.

Giarrusso si è lamentato, nello specifico, che mentre in Umbria erano arrestati e/o indagati i vertici del Pd locale, provocandone il commissariamento nazionale, la Gruber avesse trovato spazio solo per criticare la supposta ingerenza della Casaleggio Associati e della piattaforma di consultazione on-line Rousseau nella politica nazionale.

In Italia sembra ci sia una certa allergia alle forme di democrazia diretta che poi, a ben guardare, sarebbe una delle forme più genuine di democrazia nel solco del pensiero del filosofo illuminista svizzero.
Da notare che, prima di Rousseau, c’è stato anche l’esperimento di una altra piattaforma di decisione condivisa in Rete che si chiama LiquidFeedback ed è ancora utilizzata, anche a livello internazionale, dal Partito Pirata.

domenica 17 dicembre 2017

Il suicidio in tv di Renzi & Boschi. - Andrea Scanzi

Il suicidio in tv di Renzi & Boschi

Meb & Matteo - Purtroppo per loro li hanno visti.

Ieri Boschi e Renzi si sono esibiti in una maratona su La7. I dati Auditel li hanno premiati, gli spettatori (e dunque elettori) forse un po’ meno. Altre considerazioni.
1) La Boschi querela tutti quelli che non le credono. Quindi io le credo: Boschi nuova Rosa Luxemburg, Gozi Pallone d’Oro e Farinetti al Quirinale con agio.
2) Il fatto che la Boschi abbia accettato di parlare con Travaglio, che odia, e che Renzi sia tornato da Formigli, che detesta, sono buone notizie per la democrazia. Un politico non deve scegliere da chi farsi intervistare.
3) Quella di prima è una buona notizia per la democrazia, ma è anche una pessima notizia per Renzi e Boschi. Vuol dire che i sondaggi sono tremendi e che loro sono alla canna del gas, altrimenti non accetterebbero mai “duelli” difficili. È quel che accadde anche quando Renzi accettò di scontrarsi con Travaglio prima del 4 dicembre (sempre a Otto e mezzo). Evidentemente gli avevano detto che i sondaggi erano terrificanti. E poi si è visto.
4) La pochezza dialettica della Boschi è imbarazzante. Pare davvero la compagna di classe che stava al primo banco, non faceva mai sciopero, andava volontaria alle interrogazioni e recitava a pappagallo il libro senza averci capito granché. Anche ieri parlava in stampatello, scandendo le sillabe e ripetendo “insomma” (o “inzomma”, all’aretina), che è poi il tipico intercalare di chi dialetticamente vale quanto una ciabatta lisa a una sfilata di Louboutin. Più Travaglio parlava e più lei sbatteva gli occhi à la Fassino, deglutiva nervosamente e guardava terrorizzata Lilli Gruber. Se una persona volesse capire cosa non si deve fare in tivù, dovrebbe guardare la Boschi.
5) Quando un politico è in estrema difficoltà, comincia a sparare querele di qua e di là. Se poi il politico in estrema difficoltà è donna, tira pure fuori l’accusa di sessismo a caso. La Boschi, ieri, ha fatto entrambe le cose: ciao core.
6) Maria Elena Boschi può girarla come vuole, ma in Parlamento ha negato che ci siano state “corsie preferenziali”. Che invece sembrano proprio esserci state. Negarlo vuol dire essere ciechi o Andrearomano, che è poi lo stesso.
6 bis) Ieri ho riguardato Twitter dopo mesi. I commenti durante la diretta andavano da “Travaglio la sta massacrando” (se grillini) a “Boschi lo sta uccidendo” (se renziani). Detto che ieri il dislivello dialettico era tale da far sembrare la sfida un incontro tra Muhammad Ali e la Gegia, queste reazioni acritiche dimostrano come l’Italia sia un Paese di tifosi. E che per questo non abbia alcuna speranza.
7) Le opposizioni chiedono le dimissioni della Boschi: sbagliano. Più lei sta lì, più il Pd è (ancor più) attaccabile. Secondo alcuni sondaggisti, la Boschi vale un milione di voti: in meno, però. La Boschi è un Calimero vendicativo della politica. Sembra un trojan horse inoculato da M5S o Lega per indebolire ancor di più quel che resta del Pd. La Boschi è un vulnus che verrà sempre citato dai rivali, in campagna elettorale e non solo, per dimostrare quanto il Pd sia indifendibile. Più lei si imbullona alla poltrona, più gli elettori scappano: complimenti.
8) Il fatto che la Boschi, nonostante tutti i danni che ha fatto e fa, sia ancora lì, non è solo uno schiaffo in faccia alla decenza, alle promesse (non doveva smettere dopo il “no” del 4 dicembre?) e agli elettori: pare anche la prova di come questa donna sappia delle cose inenarrabili, che la rendono in qualche modo temutissima e (dunque) indispensabile. Altrimenti non si spiega come una che politicamente fa più danni della grandine sia ancora lì.
9) Quanto è stanco, Renzi. Non ha mai avuto granché da dire e il talento non lo ha mai intaccato, ma adesso è davvero l’ombra bolsa di se stesso. Anche da Formigli ha ripetuto le stesse cose, però al rallentatore. È affannato, appannato, sfuocato. Un pugile suonato. Non funziona quando fa le battute, non funziona quando prova a esser serio. Disastro.
10) Ieri Renzi ha recitato la parte del chiagnefottista triste, tornato a far politica non per gloria personale ma per il bene supremo di noi tutti (grazie). Ha indugiato sulle sue sofferenze, ha giocato al martire ottimista e ha cercato di commuovere gli astanti. È la sua faccia più insidiosa: prova a farti pena, tu abbassi la guardia e lui ti ha già fregato di nuovo. Se ci cascate un’altra volta, siete proprio pinoli.
10 e lode) Verso la fine dell’intervista a Piazzapulita, Renzi è parso più sereno. Addirittura gradevole. Poi Formigli gli ha chiesto se gli mancasse il potere. E lui, dopo una pausa teatralissima: “Per me il potere è un verbo, non un sostantivo”. Non c’è niente da fare: nelle sue vene non scorre sangue, ma supercazzole.

mercoledì 17 giugno 2015

Perquisizioni a Rai, Mediaset, La7, 44 indagati per appalti.

La sede della Rai in viale Mazzini (Ansa)


ROMA (Reuters) - Perquisizioni della Guardia di Finanza sono in corso tra Rai, Mediaset, La7 e Infront nell'ambito di un'inchiesta della procura di Roma che vede indagati 44 tra dirigenti e funzionari delle quattro società con l'accusa di aver affidato appalti a un imprenditore in cambio di tangenti.
Lo riferisce una fonte giudiziaria, precisando che sono circa 60 le perquisizioni in corso da parte del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle.
Secondo il pm romano Paolo Ielo, l'imprenditore titolare della società in questione, accusato di corruzione, avrebbe pagato le tangenti attraverso sovrafatturazioni per i lavori che gli venivano affidati.
Gli indagati della Rai, che avrebbero commesso il reato nello svolgimento di un servizio pubblico, sono accusati di concorso in corruzione. Gli altri indagati devono rispondere invece del reato di appropriazione indebita.
Non è stato possibile per il momento avere un commento da Rai e Mediaset.

martedì 18 settembre 2012

E’ ufficiale, Mediaset non corre più per La7 e imbarazza Mediobanca.


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Un comunicato di Cologno conferma il ritiro, ma ricorda che a invitarla a partecipare era stata Piazzetta Cuccia, che nell'operazione gioca su tutti i tavoli. Da azionista di Telecom dirà la sua, da consulente della vendita ha stoppato il Biscione, da analista finanziario ha bocciato l'acquisizione del "terzo polo" da parte dei Berlusconi.

E’ ufficiale, Mediaset si è ritirata dalla gara per l’acquisto di La7. Lo ha deciso il comitato esecutivo del Biscione dopo che al gruppo televisivo guidato da Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi era stato negato l’accesso ai dati sensibili dell’emittente in vendita. A stoppare Cologno, era stata la stessa Mediobanca che  in veste di consulente sta gestendo l’operazione per conto di Telecom Italia (società partecipata da Piazzetta Cuccia).  Quello che emerge dalla nota con cui Mediaset, il cui azionista di controllo è anche socio forte di Mediobanca, è però che era stata la stessa banca d’affari guidata da Alberto Nagel a invitare il gruppo della famiglia Berlusconi a partecipare alla gara.
“Al fine di evitare ulteriori strumentalizzazioni e voci interessate prive di qualsiasi fondamento – si legge infatti in una nota del gruppo televisivo – Mediaset si vede costretta a intervenire sul caso Ti Media comunicando di aver ricevuto il 15 giugno 2012 un formale invito da Mediobanca a manifestare eventuale interesse per ottenere l’information memorandum relativo alla cessione, interesse che è stato confermato da Mediaset il 22 giugno”. Tuttavia, continua la nota, “già a luglio l’esame dei dati in nostro possesso ha ribadito l’orientamento che ha sempre sconsigliato alla nostra società qualsiasi impegno relativo agli asset in vendita del gruppo Telecom, orientamento che non si è mai modificato e che confermiamo a tutt’oggi”.
“Chiarita pubblicamente la nostra estraneità all’operazione fin da prima della pausa estiva, auspichiamo che il processo di cessione prosegua con successo – e con nuove brillanti performance borsistiche – senza più utilizzare il nome della nostra società per creare visibilità e interesse intorno alla dismissione di un’attività in cerca di acquirenti che vanta risultati di bilancio da sempre negativi”, conclude la nota di di Cologno monzese.
Proprio in Piazza Affari oggi è proseguita la corsa del titolo Telecom Italia Media  la società di Telecom Italia  cui fa capo La7: verso fine seduta il guadagno è del 17,11%, ancora in calo, invece, Mediaset che cede il 3,13 per cento. Gia ieri le pressioni e le indiscrezioni del finesettimana sul processo di vendita di La7 avevano fatto buon gioco al titolo del gruppo di telecomunicazioni che, tra una sospensione al rialzo e l’altra, aveva registrato un balzo del 13,51% a 0,18 euro.  A stuzzicare il mercato il fatto che dopo anni di abboccamenti all’italiana risolti in un nulla di fatto, la cessione del cosiddetto terzo polo sembra davvero in dirittura d’arrivo. Con tanto di lista di almeno sette potenziali pretendenti che per ogni pezzo che perde (Mediaset) ne guadagna uno (Sky). E a poco erano valse (ieri come oggi) le osservazioni degli operatori più razionali che invitano ad aspettare almeno fino al 24 settembre, quando i candidati che hanno bussato alla porta di Mediobanca per visionare il dossier dovranno dimostrare se fanno sul serio o meno presentando un’offerta.
Quanto al titolo Mediaset, ieri aveva perso il 2,2% a 1,82 euro, proprio mentre diventava quasi ufficiale l’esclusione dalla gara da parte di Mediobanca. Piazzetta Cuccia, che tra i suoi azionisti conta anche la Fininvest, aveva infatti deciso di non inviare a Cologno Monzese la documentazione necessaria per valutare La7 escludendo di fatto il gruppo televisivo dalla gara. Le fonti che ne hanno parlato all’Adn Kronos dopo le indiscrezioni di ieri Repubblica, hanno motivato la decisione in primo luogo con l’arrivo fuori tempo massimo della manifestazione di interesse di Mediaset, in secondo luogo con il fatto che si tratta di una gara privata non soggetta agli stessi obblighi di una gara pubblica. Questioni, quindi, di opportunità, dal punto di vista degli affari legate ai potenziali problemi di Antitrust se l’offerta di Cologno si fosse concretizzata. 
Sull’andamento del titolo ieri avevano pesato le ipotesi di chi temeva che il boccone La7 potesse risultare indigesto per le finanze del gruppo televisivo della famiglia Berlusconi. “Non ci sorprenderemmo se la società decidesse di dare il via a un aumento di capitale per finanziarie un’eventuale operazione. In alternativa il gruppo potrebbe decidere di non pagare alcun dividendo per i prossimi tre anni”, recitava per esempio uno studio di analisti che però porta la firma della stessa Mediobanca. “In teoria Mediaset sarebbe in grado di supportare il deal – continuava lo studio citando la valutazione base di La7 di 500 milioni di euro debiti inclusi riportata dalla stampa – Il problema è che in questo modo il debito del gruppo potrebbe superare quest’anno i 2,3 miliardi di euro”. E l’operazione metterebbe troppo sotto pressione il livello di debito del gruppo nel breve periodo. 
Quello che Mediobanca non diceva è che a mettere altrettanto sotto pressione il Biscione era il rischio che La7 finisca nell’orbita di un gruppo in grado di farle raddoppiare se non triplicare lo share dall’attuale  (3,5%) trasformando l’emittente di Telecom in un temibile concorrente, come dimostra l’andamento di Borsa di oggi. Non è un caso, notano gli operatori del settore, che la vendita, per quanto nell’aria da anni, sia passata dallo status di affare mormorato all’orecchio a quello di asta ufficiale proprio in un momento in cui Silvio Berlusconi non è al governo.
Ed è anche per questo che la fila per guardare le carte è lunga. Ieri sera, infatti, è emerso che si è aggiunta anche la News Corporation di  Rupert Murdoch  all’elenco che comprendeva  il gruppo americano Liberty Media, con la sua controllata Discovery Channel fino all’arrivo dello “squalo” ritenuto in pole position, ma anche i tedeschi di Rtl; il concessionario di pubblicità di La7, la Cairo Communications del presidente del Torino, Urbano Cairo;  la 3 Italia controllata dal magnate cinese Li Ka Shing e una serie di fondi d’investimento tra cui Clessidra di Claudio Sposito, ex amministratore delegato di Fininvest. E ancora Abertis ed  Ei Towers (gruppo Mediaset) interessati alle frequenze e alle torri di trasmissione del segnale.
L’operazione di vendita però non appare così semplice. Nonostante il gruppo Telecom Italia Media abbia investito negli ultimi mesi per rafforzare La7, registrando nel 2011 un aumento dello share del 24%, il gruppo ha chiuso il primo semestre con un rosso di 35 milioni di euro. Ma soprattutto, con un indebitamento netto salito da 138,7 a 201 milioni di euro. Numeri che fanno riflettere i potenziali compratori sia sul fronte dei costi che di un eventuale piano industriale per rendere per la prima volta profittevole l’emittente.  La partita, in ogni caso, è ancora lunga e non si concluderà con le offerte non vincolanti della settimana prossima. Che potrebbero arrivare anche da chi non ha fatto richiesta di vedere il dossier.