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venerdì 8 aprile 2022

Guerra Ucraina, Angela Merkel riappare: il messaggio contro Zelensky su Ucraina e Nato mentre è in vacanza in Italia.

 

Nelle dinamiche inedite della guerra in Ucraina, “lei” è tra i protagonisti, per quanto protagonista invisibile. Angela Merkel. Il suo ruolo, afferente alla funzione di traino dell’Europa esercitata negli oltre tre lustri di cancellierato tedesco, è stato evocato, dibattuto, scandagliato nel dibattito pubblico in Germania in queste settimane. Così come la presunta quota di responsabilità politiche per l’attuale condizione dipendente alle forniture di gas russo, in cui versano il suo Paese e tutta l’Europa.

Qualche giorno fa, un portavoce ha filtrato (interrompendo in via indiretta la linea del silenzio) la sua posizione, che rivendica la scelta di aver detto no, nel 2008, all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. A quanto pare, in questi giorni è in Italia, in vacanza. E si gode il suo soggiorno a Firenze che stando a indiscrezioni dovrebbe durare fino a lunedì.

Tra l’ex cancelliera e il nostro Paese c’è un legame antico, vista la sua tradizionale predilezione per la costiera amalfitana. Una scelta che fece “colore”, negli anni di maggiore ruvidezza di rapporti tra Roma e Berlino (non tanto a livello di governi, quanto di forze politiche d’opposizione e nell’opinione pubblica). Il suo amore turistico per il nostro Paese aveva, quindi, come contraltare l’intransigenza dei tempi dell’austerità come politica europea, di cui la Germania era ligia interprete. Un’epoca fa, oramai. 

https://www.iltempo.it/attualita/2022/04/07/news/guerra-russia-ucraina-bucha-angela-merkel-vacanza-italia-messaggio-contro-zelensky-nato-31129173/amp/?fbclid=IwAR3z98WOjMfnrmbQEBQyTR7w5qv4MzkdWUJwFgMku_v7BsprE-7jgOnXaFk

venerdì 4 marzo 2022

Renzi statista “brucia” anche la Merkel. - Antonio Padellaro

 

L’aggressione criminale di Putin al popolo ucraino è così disperata, per chi la subisce, e così disperante per noi che osserviamo quella tempesta di bombe ogni giorno meno lontana, da renderci pronti ad afferrare qualsiasi speranza di tregua, anche la più labile e ipotetica. Saremmo disposti, perfino, a dare ascolto a Matteo Renzi, il quale ospite ieri di Myrta Merlino ha ribadito la proposta di nominare Angela Merkel inviato speciale Ue-Nato per trattare con il feroce zar della guerra. Sarebbe magnifico, abbiamo pensato, riconoscendoci pienamente nella figura dell’ex cancelliere tedesco, circondata dal prestigio, pressoché universale, che ha saputo raccogliere e conservare nel tempo. Per una volta, accantonate le nostre (e non solo nostre) pesanti riserve sulle opere e i giorni del rignanese, abbiamo pensato che un ex presidente del Consiglio quando lancia un nome così impegnativo per un negoziato talmente complesso saprà certamente di cosa sta parlando. Aggrappati a questo ipotetico fuscello di pace ci siamo voluti convincere che un qualche riscontro alla sua proposta Renzi l’avesse già ricevuto dalla diretta interessata. Accompagnato, perché no, da un qualche segnale di assenso dalle due parti in guerra. Poiché vogliamo credere che nessuno possa essere così irresponsabile da bruciare il nome di Angela Merkel per raccattare qualche titolo sui giornali. Però, nel pensarlo, abbiamo anche considerato che nell’Abc della diplomazia internazionale (ma anche nelle partite di tressette) se si ha una carta forte in serbo la si tiene coperta fino a quando non si ha la certezza di poterla giocare. Mentre meditavamo sospesi tra fiducia e diffidenza al senatore di Italia Viva è stato chiesto un commento alla proposta di una marcia per la pace in territorio ucraino avanzata dal segretario della Lega, Matteo Salvini. Quando Renzi, con l’abituale sorrisetto, ha risposto “meglio non commentare”, c’è venuto in mente, così senza volerlo, quel proverbio del bue che dice cornuto all’asino. In attesa che l’asino dia del somaro al bue.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/04/renzi-statista-brucia-anche-la-merkel/6514892/

domenica 22 agosto 2021

Putin-Merkel, incontro a Mosca. La cancelliera: 'Ho chiesto di liberare Navalny'.

 

'La Germania resta uno dei principali partner della Russia', ha detto Putin. 'Il dialogo con la Russia è necessario nonostante distanze', ha affermato la cancelliera.


La cancelliera tedesca Angela Merkel a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin, proprio nel giorno dell'anniversario dell'attacco con il gas nervino contro il leader dell'opposizione Alexei Navalny, curato poi a Berlino.

In quella che sarà l'ultima visita della Merkel in Russia, lo staff della cancelliera ha chiarito che la tempistica dell'incontro non è casuale, dato che (come ha detto il suo portavoce Steffen Seibert) "le nostre richieste non sono ancora state soddisfatte", il caso è "irrisolto" ed è un "pesante fardello" sulle relazioni tra i due Paesi.

La Germania resta uno dei principali partner della Russia in Europa e nel mondo, ha detto Putin in apertura del suo incontro con Merkel. Putin si è detto convinto che il vertice non sarà solo un viaggio di commiato da parte della Merkel ma "zeppo di contenuti", riporta la Tass. 

La Russia e la Germania devono continuare il dialogo nonostante le controversie, ha affermato la cancelliera tedesca.  

"Ho chiesto ancora una volta al presidente la liberazione di Navalny", ha detto Angela Merkel in conferenza stampa a Mosca con Putin, sottolineando che la detenzione del dissidente sia "inaccettabile".

Secondo Putin, Alexei Navalny "non è stato condannato" per la sua attività politica ma per "i crimini commessi contro i partner stranieri" nel caso Yves Rocher. La guerra alla corruzione "è importante" ma non deve essere usata "come strumento di lotta politica", ha aggiunto Putin commentando l'articolo di Navalny pubblicato da diversi giornali internazionali. 

"Saremo sempre felici di vederla in Russia ancora, grazie per il lavoro di questi 16 anni",  ha detto ancora Putin.

Sull'Afghanistan, Putin che detto che "i Talebani ora controllano la maggior parte del Paese, inclusa Kabul, questa è la realtà e dobbiamo evitare la distruzione dello Stato afghano. Noi conosciamo il Paese molto bene, sappiamo quanto controproducente sia imporre altri modelli stranieri verso l'Afghanistan, non ha mai successo". "Non si può imporre il proprio stile di vita su altri popoli, perché hanno le loro tradizioni. Questa è la lezione da trarre da quanto accaduto in Afghanistan. D'ora in poi lo standard sarà il rispetto delle differenze, perché non si può esportare la democrazia, che uno lo voglia o no". "I talebani hanno avuto più sostegno di quello che avremmo auspicato. Dovremo cercare di parlare con loro", ha detto Angela Merkel per fare in modo che gli afghani che hanno aiutato la Germania "possano lasciare il paese". "Spero che si possano trovare delle strutture inclusive", ha aggiunto, per aiutare il popolo afghano, e "allo stesso tempo spero che il terrorismo non sia più in futuro una minaccia internazionale".

Affrontato anche il tema Ucraina: l'impressione è che le autorità di Kiev abbiano "rinunciato" alla risoluzione pacifica del conflitto del Donbass e la Russia trova "preoccupanti" le dichiarazioni dell'Ucraina sul suo effettivo rifiuto di attuare gli accordi di Minsk, ha detto Vladimir Putin in conferenza stampa con Angela Merkel, sottolineando che chiederà alla cancelliera tedesca di fare pressioni su Kiev, nel corso del suo viaggio di domenica prossima, perché l'Ucraina attui la sua parte di accordo. "Il formato Normandia è l'unico che c'è", secondo Merkel che ha aggiunto: "Io consiglio di tenere in vita i negoziati per la pace" in Ucraina, anche se i passi avanti non sono rapidi quanto si vorrebbe. 

L'impressione è che le autorità di Kiev abbiano "rinunciato" alla risoluzione pacifica del conflitto del Donbass e la Russia trova "preoccupanti" le dichiarazioni dell'Ucraina sul suo effettivo rifiuto di attuare gli accordi di Minsk. Lo ha detto Vladimir Putin in conferenza stampa con Angela Merkel, sottolineando che chiederà alla cancelliera tedesca di fare pressioni su Kiev, nel corso del suo viaggio di domenica prossima, perché l'Ucraina attui la sua parte di accordo.

"Con tutte le divergenze di opinioni, sono molto contenta del fatto che noi possiamo parlare", e il colloquio è stato "costruttivo" alla ricerca di "soluzioni comuni", ha detto Angela Merkel. La cancelliera ha citato le visite regolari tenute in Russia in 16 anni: "Ho sempre cercato il contatto, anche se non sempre è stato facile". Merkel ha sottolineato l'importanza del "tentativo di cercare un compromesso". "Non c'è alcuna ragionevole alternativa a questo", ha concluso.

Putin ha regalato un mazzo di fiori alla cancelliera in apertura dei negoziati. Merkel, accompagnata dalla sua delegazione, si è dunque seduta al suo posto, accanto al leader russo, per le prime annotazioni d'inizio vertice solitamente tenute davanti alle telecamere. Mentre Putin parlava, all'improvviso, si è udito un trillo e Merkel ha frettolosamente estratto il cellulare dalla tasca, per silenziarlo.

ANSA

venerdì 21 giugno 2019

Conte: «Stime Ue fuori dalla realtà. Ogni sforzo per evitare la procedura».

Ue, fumata nera su nomine commissione. Conte sulla procedura: “Situazione difficile”. E tratta con Macron e Merkel
Scontro totale tra Italia e Unione europea sui conti pubblici. La trattativa con l’Europa parte in salita, con il governo molto preoccupato per i futuri passi sulla procedura e fermo nel contestare le stime della Commissione che ritiene lontane dalla realtà. L’Italia non arriva a Bruxelles «a mani vuote», precisa il premier Giuseppe Conte appena atterrato nella capitale belga per il vertice europeo.
Ma poi, dopo i colloqui avuti a margine del Consiglio, esprime il timore sull’esito del negoziato e cerca un ultimo contatto con Merkel per cercare una via d’uscita dall’impasse.
«La situazione è molto difficile», ha detto il premier italiano nella notte tra giovedì e venerdì 21 giugno, «ma farò ogni sforzo, fino all’ultimo per evitare la procedura di infrazione». E a chi gli chiede se sia necessario fare un intervento ulteriore all’assestamento di bilancio, come una manovra correttiva, per venire incontro all’Ue, Conte risponde: «sarebbe una richiesta ingiusta, e inaccettabile». Ne ha anche per le nomine il primo ministro del primo esecutivo gialloverde: «C’è stallo, è stato dato mandato a Tusk di parlare con i rappresentanti in Parlamento Ue per vedere di superare il criterio degli Spitzenkandidaten». Nel corso della notte c’è stato un lungo colloquio tra Conte e il presidente francese Emmanuel Macron nell’albergo di Bruxelles dove entrambi alloggiano. Assieme ai due, seduti al tavolo nel bar dell’hotel, il premier lussemburghese Xavier Bettel mentre nella stessa stanza, in fondo, era seduta a un tavolo diverso la cancelliera tedesca Angela Merkel. L’incontro si è tenuto dopo la cena dei leader Ue sulle nomine per i top jobs europei.
Sul tavolo i leader Ue non hanno solo il complicato risiko di nomine delle nuove istituzioni, ma anche la lettera con cui Conte assicura che l’Italia non intende «sottrarsi ai vincoli europei», e con cui annuncia che grazie a più entrate e meno spese raggiungerà gli obiettivi di deficit. Il premier porta alla Ue un tesoretto di almeno cinque miliardi, capace di frenare la corsa del deficit 2019 al 2,1%, invece del 2,5% previsto dalla Commissione Ue. Senza un compromesso politico, però, potrebbero non bastare perché Bruxelles chiede un aggiustamento più ampio. Conte gioca anche su un altro terreno, più politico, mettendo in discussione le regole che considera sbagliate e controproducenti, «come dimostra il caso della Grecia».
Ma Bruxelles non è disposta a seguire l’Italia in questa partita: «Lavoriamo per evitare la procedura, ma non lo si fa attraverso commenti sulle regole», ha avvertito il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. Il premier spiega che nella trattativa con l’Ue c’è «un binario tecnico» e un «binario politico». Ed è su questo secondo punto che critica «un patto di stabilità e crescita che è molta stabilità e poca crescita», proponendo di «invertire» la situazione. La sua lettera «contiene un messaggio politico chiaro. Non vuole dire che non rispettiamo le regole, finché non cambiano sono queste». Ma chiede di rivederle, tanto che per l’Italia il «candidato ideale» alla presidenza della Commissione è «quello che si predispone» a rivedere un sistema «controproducente», che ha contribuito ad «allontanare le istituzioni europee dalle tante periferie».
Per ora però, chiarisce Moscovici, «non bisogna perdere tempo a parlare di modifiche a norme concordate da tutti, ma occorre lavorare per evitare la procedura per debito eccessivo». L’iter è partito, e va interrotto prima del 2 luglio possibilmente, giorno in cui la Commissione potrebbe adottare la raccomandazione di apertura della procedura che poi l’Ecofin dell’8-9 luglio dovrà approvare. I commissari e i tecnici sono al lavoro sulla lettera, e aspettano che mercoledì il Cdm approvi l’assestamento di bilancio. Non conterrà tagli di nuove risorse, assicura Conte, ma certifica «in un documento ufficiale» risparmi e maggiori entrate, rendendo «definitivo» il congelamento già programmato dei 2 miliardi che facevano già parte dell’accordo di dicembre. Ma questo tesoretto potrebbe non bastare: i due miliardi congelati dall’accordo di dicembre sono già stati incorporati nelle previsioni Ue, quindi vanno esclusi. Ne restano solo tre e, sulla carta, Bruxelles chiede un aggiustamento dello 0,4% del Pil per il 2018 e dello 0,5% per il 2019. Solo per sanare il 2018, quindi, servirebbero oltre sei miliardi. Impegnandosi a fare risparmi anche sul 2019 e assicurando l’aumento dell’Iva o misure alternative per il 2020.
https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-06-20/conte-deficit-21percento-e-non-25percento-come-prevede-ue-153724.shtml?uuid=ACEng7S



Divergenze Italia-Ue sui conti, negoziato in salita.

Colloqui informali di Conte con i leader, Roma preoccupata.

Al termine della prima giornata del Consiglio europeo restano le divergenze tra Italia e la Commissione Ue sulle stime sui conti pubblici. La trattativa del premier Giuseppe Conte, che nel corso della giornata ha avuto diversi colloqui informali con i leader Ue, resta in salita e a tarda sera resta nel governo italiano la preoccupazione per la riuscita del negoziato. Con la convinzione che le stime della Commissione sui conti e sul deficit italiano siano lontane da quelle reali sui cui si basa la posizione italiana.

Il premier Giuseppe Conte è a Bruxelles per il Consiglio Europeo. Ieri l'invio della lettera sui conti pubblici italiani all'Europa. "La Commissione Ue ha ricevuto la lettera del premier Conte, e la sta ora analizzando", fa sapere un portavoce della Commissione Ue.
"Prenderemo anche in considerazione la risposta di Conte ieri - ha detto agli Affari economici Pierre Moscovici rispondendo ai giornalisti entrando al summit del Pse - ma in questo momento una procedura per debito è giustificata, quindi andiamo a lavorare, in maniera costruttiva, per evitarla. Ma non lo si fa attraverso scambi, commenti sulle regole: lo si fa sul rispetto delle regole che sono intelligenti e favoriscono la crescita".
"La lettera - ha detto il premier prima del Consiglio conmmentando le parole di Moscovici - contiene un messaggio politico chiaro. Non vuole dire che non rispettiamo le regole, finché non cambiano le regole sono queste". 
"Il nostro candidato ideale alla presidenza della Commissione Ue è quello che si predispone a cambiare le regole" europee, ha detto replicando a un'altra domanda.
"Se siamo in un sistema integrato - ha evidenziato - dobbiamo competere con le sfide globali ma all'interno dell'Ue le regole devono essere uguali per tutti. Io voglio competere, ma a parità di armi".
 "Mercoledì in Cdm - ha fatto sapere Conte - faremo definitivamente l'assestamento di bilancio per certificare che i conti vanno meglio del previsto". Mercoledì in Cdm, "noi potremo certificare che siamo attorno al 2,1% del deficit e non al 2,5 come prevede la commissione Ue", ha detto ancora sottolineando come, nella trattativa con l'Ue c'è "un binario tecnico" e un "binario politico". Su quest'ultimo punto Conte ribadisce che l'Ue ha "un patto di stabilità e crescita che è molta stabilità e poca crescita, dobbiamo invertire un attimo queste regole".
"Qualche giornalista - è andato all'attacco Conte - scrive che sarei venuto a Bruxelles con le mani vuote: io rappresento un Paese del G7, il terzo Paese dell'Eurozona, la seconda Azienda manifatturiera d'Europa: come si può pensare che io venga a mani vuote? Io rappresento tutte le migliaia di realtà imprenditoriali italiani che esportano in tutto il mondo con punte di assoluta eccellenza".
Prima del Consiglio il premier italiano ha avuto un colloquio con la Cancelliera Angela Merkel.

Un "tesoretto" stimato all'incirca sui 5 miliardi, composti da maggiori entrate rispetto alle previsioni, risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100 e i due miliardi congelati nella legge di bilancio. E' questa la cifra a cui, spiegano fonti governative, l'esecutivo giallo-verde è al lavoro in queste ore di trattativa con l'Ue e in vista del Consiglio dei ministri di mercoledì chiamato a varare l'assestamento di bilancio. Non c'è alcuna manovra correttiva, l'assestamento certifica come procedono i conti, spiegano le stesse fonti.


Ue, fumata nera su nomine commissione. Conte sulla procedura: “Situazione difficile”. E tratta con Macron e Merkel.

I leader europei non hanno trovato l'accordo sui posti chiave a Bruxelles: sarà necessario un nuovo vertice convocato per il 30 giugno. E' stata una notte di trattative anche per il premier: "La situazione è molto difficile ma farò ogni sforzo, fino all’ultimo", ha detto. "Non vorrei che prevalesse un'interpretazione irragionevole" delle regole.

L’Europa non trova l’accordo sulle nomine per i posti chiave a Bruxelles. Dopo una notte di trattative il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha annunciato un nuovo summit per il 30 giugno: “Nessun candidato ha ottenuto la maggioranza”. Ma è stata una notte complicata anche sul fronte italiano, con Giuseppe Conte impegnato a sondare il terreno e le posizioni degli altri leader europei sulla possibile procedura d’infrazione per debito eccessivo. “La situazione è molto difficile ma farò ogni sforzo, fino all’ultimo“, ha detto il premier nell’albergo di Bruxelles dove alloggia parlando con i cronisti che lo hanno descritto “infuriato“. Conte ha poi incontrato il presidente francese Emmanuel Macron: un lungo faccia a faccia tra le 2 e le 3 della notte, a cui si è aggiunto il premier lussemburghese Xavier Bettel e poi anche la cancelliera tedesca Angela Merkel.

“Serve un pacchetto che rispecchi la diversità dell’Unione europea e serve tempo per trovarlo. Ci incontreremo di nuovo il 30 giugno”, ha annunciato Tusk. Il vertice dei 28 leader è stato un flop: si dovranno rivedere appena due giorni prima dell’elezione del presidente del Parlamento Ue. Le discussioni nel frattempo andranno avanti anche in occasione della loro partecipazione al G20 di Osaka. Decisamente destinata a tramontare anche l’ipotesi degli Spitzenkandidat: Tusk ha ricevuto il mandato dei leader a convincere il Parlamento a mettere da parte il sostegno ai candidati di punta scelte dalle varie formazioni su cui comunque non è stata trovata una maggioranza parlamentare. Sembrano essere usciti di scena il capo negoziatore della Ue sulla Brexit Michel Barnier, che non godrebbe del gradimento della cancelliera Merkel, ed il premier e la presidente croati Andrej Plenkovic e Kolinda Grabar Kitarovic, dato anche il contenzioso della Croazia con la Slovenia. Altrettanto fuori dai giochi appare la presidente della Banca mondiale, la bulgaraKristalina Georgieva.

A dare il senso delle difficoltà era stato sempre Tusk che poco prima dell’inizio del vertice aveva twittato: “Più cauto che ottimista”. Una sintesi dell’incontro con Merkel e Macron che non hanno allentato di un centimetro la morsa del loro braccio di ferro. Merkel, col Ppe, è tornata a fare quadrato sul candidato di punta Manfred Weber, rivendicando ancora una volta la presidenza della Commissione europea per il bavarese. Macron – col sostegno di Liberali e Socialisti – ha ribadito, dal canto suo, un netto no all’opzione, avvertendo. Mentre il premier Conte ha indicato quale candidato ideale dell’Italia per la presidenza della Commissione Ue, chi sarà pronto “a cambiare le regole” europee.
Conte nella notte di Bruxelles si è impegnato però soprattutto sulla partita per evitare l’apertura della procedura di infrazione per debito eccessivo. In teoria deve discutere di nomine, del futuro commissario italiano, in pratica sonda gli umori degli altri leader sull’argomento. Secondo il Corriere della Sera, ha già ottenuto una promessa da Malta, Spagna, Portogallo e Francia: nel colloquio al tavolo del bar dell’albergo con Macron si è aggiunta poi anche la cancelliera Merkel. Si sono visti sorrisi e un clima cordiale. Il premier però avverte: “È una situazione davvero molto complicata”. È infastidito dalle parole dette giovedì dal commissario agli Affari economici Pierre Moscovici e teme che possano prevalere “interpretazioni troppo rigide” delle regole, come spiega in un’intervista a Repubblica. “Le regole si interpretano e non vorrei che prevalesse un’interpretazione irragionevole“, spiega Conte, o peggio “punitiva“: “Sarebbe molto grave”.

Il premier continua a ribadire di voler “contestare i numeri” e non i vincoli nella trattativa sulla procedura. “Riteniamo di avere i conti in ordine, siamo sicuri delle nostre ragioni e non siamo disponibili a inseguire delle stime che non rispondono alla realtà“, spiega ancora a Repubblica. E a chi gli chiede se per venire incontro all’Ue sia necessario fare un intervento ulteriore sui conti, dopo l’assestamento di bilancio, come una manovra correttiva, Conte risponde: “Sarebbe una richiesta ingiusta e inaccettabile“.

domenica 3 giugno 2018

Germania, Merkel presenta riforma per l'Ue. Sui migranti Italia lasciata sola -



In un'intervista parla di sicurezza delle frontiere, migranti e politiche di asilo e dice: "Sono la vera questione esistenziale per l'Europa". Presentata, per la prima volta una proposta di riforma dell'Unione.

03 giugno 2018 La Cancelliera tedesca Angela Merkel fa il punto sull'Unione Europea e in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung parla di sicurezza delle frontiere, di migranti e politiche di asilo e dice: "Sono la vera questione esistenziale per l'Europa" affermando che serve unificare il sistema, e sottolineando che parte dell'insicurezza in Italia sia nata dalla solitudine nell'emergenza profughi. 

"Parte dell'insicurezza in Italia ha la sua origine proprio dal fatto che gli italiani, dopo il crollo della Libia, si sono sentiti lasciati soli, nel compito di accogliere così tanti migranti". La Cancelliera ha, inoltre, presentato per la prima volta la sua proposta di riforma dell'Unione europea in cui si prevede una quota di bilancio per gli  investimenti da diversi miliardi di euro per compensare le differenze fra le economie dei paesi della zona euro, una quota introdotta gradualmente e con una valutazione puntuale dei risultati, un fondo per il credito, e forze militari di intervento. 

Nell'intervista, la cancelliera non ha precisato se la quota destinata agli investimenti farà parte del normale bilancio dell'Ue o, come chiede il presidente francese Emmanuel Macron, sarà invece uno strumento in mano ai ministri delle Finanze dell'Eurozona.  Nella stessa intervista "La sicurezza delle frontiere, la politica di asilo comune e la lotta alle ragioni dell'esodo dei migranti sono la vera questione esistenziale per l'Europa". Lo dice Angela Merkel alla Fas, affermando che serve unificare il sistema, e sottolineando che parte dell'insicurezza in Italia sia nata dalla solitudine nell'emergenza profughi. 

"Parte dell'insicurezza in Italia ha la sua origine proprio dal fatto che gli italiani, dopo il crollo della Libia, si sono sentiti lasciati soli, nel compito di accogliere così tanti migranti". Secondo la cancelliera tedesca, il Fondo monetario europeo dovrebbe nascere dal Meccanismo di stabilità creato durante la crisi, che dovrà aiutare con crediti a breve i paesi in difficoltà, "in cambio di restrizioni naturalmente, in quantità limitata e con un rimborso completo". 

Quanto alla proposta per il bilancio Ue 2021-2027, Merkel sottolinea l'importanza di definirlo prima delle elezioni per il Parlamento Ue del 2019. 

La proposta di Angela Merkel, dovuta da tempo al presidente Macron, arriva a ridosso dell'insediamento del nuovo governo italiano Lega-M5S.  "Abbiamo bisogno di una maggiore convergenza economica fra paesi membri in seno alla zona euro", ha affermato Merkel, dicendosi "favorevole" a un bilancio per gli investimenti. Ma "la solidarietà fra partner della zona euro non dovrà mai portare a una unione dell'indebitamento", ha aggiunto. "Vogliamo renderci un po' più indipendenti dal Fmi. 

Se l'eurozona è in pericolo, deve poter erogare crediti di lungo periodo per aiutare i paesi", continua Merkel nell'intervista. "Si tratta di crediti della durata di 30 anni, collegati a riforme strutturali - precisa -. Inoltre posso immaginare una linea di credito che abbia una durata più breve, ad esempio 5 anni. Così si potrebbe andare in soccorso a Paesi che, per cause esterne, finiscono in difficoltà". In cambio, i paesi interessati devono accettare che tale Fondo abbia diritto di controllo e di intervento nelle politiche nazionali, come oggi il Fondo monetario impone misure di austerità in cambio dei prestiti. Il Fondo europeo avrà il compito di "valutare la solvibilità degli Stati membri" e l'uso di "strumenti adeguati" per "ripristinare" questa solvibilità, qualora non fosse assicurata. La cancelliera parla inoltre di un budget dell'eurozona per gli investimenti, che potrebbe ammontare ad una "somma miliardaria a due cifre", non è ancora chiaro, aggiunge accennando al lavoro in corso con Macron, se debba essere incluso nel budget Ue oppure no. Infine, Merkel ha nuovamente escluso "una Unione del debito" nella zona euro. 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Germania-Merkel-presenta-la-sua-proposta-di-riforma-per-Ue-45c1db25-54b0-4c74-bfbd-6a4d89e4b9e1.html

mercoledì 30 agosto 2017

Merkel, sì a un Fondo monetario europeo. - Francesca Gerosa

Angela Merkel

La cancelliera tedesca è favorevole alla trasformazione dell'Esm in un Fondo monetario dei Paesi dell'area euro, a un ministro delle Finanze dell'eurozona e a un bilancio per l'euro, di piccola entità, per aiutare i Paesi che stanno facendo le riforme ma sono costretti ai limiti di spesa per rispettare il Patto di Stabilità.

Sì a un ministro delle Finanze dell'eurozona e alla proposta di trasformare l'Esm (il meccanismo europeo di stabilità) in una sorta di Fondo monetario dei Paesi dell'area euro. La cancelliera tedesca, Angela Merkel, durante una conferenza stampa oggi a Berlino, ha aperto a queste due possibilità e ha aggiunto di essere favorevole alla creazione di un bilancio per l'euro, però di piccola entità, per aiutare i Paesi che stanno facendo le riforme ma sono costretti ai limiti di spesa per rispettare il Patto di Stabilità.

"Sono a favore di un bilancio per l'euro", ha detto, "ma non di centinaia di milioni, bensì di piccole quantità per cominciare. Per fare le riforme quando non ci sia il margine a causa del Patto di stabilità e crescita". Secondo la cancelliera tedesca il principale scopo dell'iniziativa sarebbe quello di aiutare nella fase delle riforme i Paesi che altrimenti sarebbero costretti a fare dei tagli che non aiuterebbero la competitività. Angela Merkel ha citato esplicitamente la Spagna.
Inoltre, la cancelliera tedesca si è detta d'accordo con la proposta del ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che ha parlato di convertire il meccanismo europeo di stabilità in uno strumento simile al Fondo monetario. "Sarebbe una riforma importante", ha osservato in merito, "che dimostrerebbe al mondo che la Ue ha i meccanismi per superare situazioni inattese".

Lo scorso 20 aprile Schaeuble aveva affermato che il Fondo monetario internazionale "si è stancato di occuparsi sempre dei problemi europei". Ragion per cui gli europei dovrebbero considerare di effettuare eventuali futuri salvataggi senza l'aiuto del Fmi. In pratica, secondo il ministro tedesco delle Finanze, l'Esm potrebbe assumere le funzioni del Fmi in futuro.
Infine, Angela Merkel ha specificato di non avere nulla in contrario alla creazione di un ministero delle Finanze dell'eurozona, anche se restano le distanze con la posizione espressa dal presidente francese, Emmanuel Macron. "Un ministro dell'Economia e delle Finanze dell'eurozona che promuova la competitività e abbia la capacità di appoggiare finanziariamente i Paesi che presentano piani concreti di riforme sarebbe auspicabile", ha concluso.


Hanno la sfacciataggine di far passare una mannaia per aiuto umanitario ...
Il loro unico problema è aumentare il numero di figure istituzionali per tenersi buoni gli epurati e avere la possibilità di tenere sotto ricatto intere popolazioni tramite i loro governanti.
Pecunia non olet.
PS. Subito dopo l'approvazione, preparatevi ad un adeguato aumento delle tasse....

giovedì 1 ottobre 2015

E se il “dieselgate” fosse l’anticamera del post-Maya? - Sergio Di Cori Modigliani


Oggi, 30 Settembre, le borse guadagnano e, questa sera, i telegiornali ci spiegheranno che è ritornato l’ottimismo, la crisi Volkswagen è ormai stata assorbita e il presente è sereno e positivo. 
Quantomeno, in Italia. Nel senso che i nostri oligarchi hanno sostituito la psicologia alla buona gestione dell’economia e della politica e sono convinti -almeno questo è ciò che vogliono far credere- che i problemi dell’Italia sono “essenzialmente di natura psicologica e non sono strutturali; il nostro è un paese molto ricco ed è una nazione di risparmiatori paurosi. 
In Italia i cittadini non spendono perché hanno paura, ma i soldi ci sono. Basta educarli al consumo: è quello che stiamo facendo“, così il nostro caro leader presentava la situazione della nostra nazione nel più importante incontro politico internazionale della sua agenda newyorchese: l’incontro nella sede della Black Rock (il più importante fondo di speculazione finanziaria del mondo, presente in Italia da protagonista) con una decina di grossi investitori, e alla presenza dei dieci più importanti e agguerriti giornalisti economici del pianeta. Si trattava di un incontro fondamentale, perché lì, in quanto premier, dotato di delega a rappresentare la nazione, doveva riuscire a conquistare la fiducia -e quindi massicci investimenti- di potenti mega miliardari che davvero contano.  
Il risultato è stato una totale catastrofe. L’esito di questo meeting è stato talmente raccapricciante che il sottoscritto (nel senso patriottico, cioè uno che tifa per l’Italia) si è trovato nella situazione di provare rispettosa nostalgia per Mario Monti. Se non altro, dopo i suoi tre viaggi ufficiali in Usa, era riuscito a ottenere risultati tangibili, visto che nei successivi quaranta giorni erano arrivati complessivamente circa 200 miliardi di dollari che sono stati investiti in bpt nazionali, salvando il paese dalla bancarotta verso la quale ci stavano portando allegramente, con irresponsabile cipiglio i vari Berlusconi, Tremonti, Maroni, Casini, Bossi, Meloni, Bersani, Cicchitto, Alfano, Weltroni, Napolitano, e allegra compagnia danzante. Diamo a Cesare ciò che è di Cesare. Va da sè che stanno ancora tutti lì, tranne Monti che è stato spedito a casa. Ennesimo paradosso italiano.
Neanche a dirlo, in Italia, le riprese televisive di questo meeting (diffuso in tutto il continente americano dall’emittente Bloomberg, ma di sicuro visto anche in Europa dai nostri partner continentali) non sono state nè diffuse, nè adeguatamente relazionate, commentate, documentate. La cupola mediatica, ahinoi, funziona così. In quell’occasione, appunto, mentre venivano rivolte al caro leader diverse domande di economia (semplici, dirette, chiare) lui rispondeva con la psicologia, pensando di avere a che fare con la consueta pattuglia di impiegati dell’informazione, deferenti e servili, sonnacchiosi e complici, cui lui è abituato, nella sua miope ottica provinciale. Spiegando perchè era vantaggioso investire in Italia, il caro leader ha sentenziato: “L’Italia è un paese sano ed economicamente molto forte, in grande espansione. La ripresa è talmente dirompente che posso tranquillamente prevedere che entro la decade, l’Italia, sarà il faro e il vero leader dell’Europa. Saremo più forti della Germania“. A quel punto, prima del parapiglia dei professionisti increduli, sarebbe bastato aggiungere un “mi piacerebbe, magari fosse così” o qualcosa del genere. Pressato, invece, ha confermato. Forse nessuno ha spiegato al caro leader che il nostro pil è pari a circa 1.870 miliardi di dollari l’anno, mentre quello della Germania è di 3.560. Per battere la Germania, quindi, l’Italia dovrebbe -entro la fine di quest’anno- riuscire ad aumentare del 12% il proprio pil, magari assumendo circa un milione di persone a tempo indeterminato. Non solo. Nei successivi cinque anni, dovrebbe aumentare del 20% annuo mentre la Germania cessa di produrre e rimane ferma. Un’ipotesi nè realistica nè probabile, neppure immaginabile a livello di fantasia teorica. Non arriverà, temo, nessun investimento, è bene saperlo.
Tutt’altra cosa per la Germania. Ed è il tema del post del giorno. Vediamo di capire che cosa bolle in pentola. Prima parliamo un po’ di cifre nude e crude, è essenziale per comprendere il nuovo teatro.
Circa tre mesi fa, Herr Martin Winterkorn, allora amministratore delegato della Volkswagen, apriva un convegno della confindustria tedesca in Bassa Sassonia. In quell’occasione (eravamo al 30 Giugno) il manager annunciava con comprensibile euforia che i nuovi dati numerici indicavano la Volkswagen, per la prima volta, come leader nel pianeta, autentico locomotore della grande industria tedesca. In quel momento, mentre lui parlava, il titolo alla borsa di Francoforte valeva 232 euro. In quell’occasione, parlarono anche i responsabili dei fortissimi sindacati che annunciarono di aver chiuso poche ore prima un accordo aziendale: nel nome della “gestione sociale comune” (loro la chiamano così), il management aveva deciso di attribuire al personale, la prima settimana di Dicembre, una super tredicesima comprensiva di bonus, premio di produttività, regalia una tantum, sotto forma di azioni al portatore. Le previsioni dei cervelloni dell’azienda davano il titolo (a quella data) intorno ai 300/350 euro ad azione. Il numero di azioni era stato sancito a fine giugno, così si rischiava tutti insieme. Applausi, lacrime e orgoglio. In quell’occasione, Herr Winterkorn, ci aggiunse qualcosa di suo -eravamo al centro della tempesta Grexit e nel momento della satanizzazione di Yanis Varoufakis- spiegando che mai la Germania avrebbe accettato l’idea di pagare il prezzo di quei fannulloni truffatori dei greci. A conclusione del discorso, specificò (anche se non c’era alcun bisogno) che l’accordo sindacale era talmente forte che consentiva ai potenziali destinatari di farselo scontare in banca perchè la BCE aveva accettato come garanzia l’intera cartolizzazione dei derivati finanziari della Vokswagen, aprendo una linea di credito praticamente eterna. 
Due mesi dopo, l’euforia si era placata e i primi sintomi che qualcosa non stava funzionando giravano già in tutti gli ambienti economici planetari. Segnali arrivavano dagli Usa e dal Giappone che preannunciavano la contestazione poi esplosa. Ma il management scelse di far finta di niente. Dieci giorni fa scoppia il dieselgate, che trascina al ribasso il titolo in borsa, facendolo scendere a 122 euro il martedì 23 Settembre. Non riescono a fermarlo e così, il 29 Settembre, il titolo, alla borsa di Francoforte, viene quotato a 95 euro ad azione, ritornando alla situazione del 2005. La perdita di valore in borsa è di circa il 65%. Tenendo presente che l’indotto raggiunge circa 1.500.000 lavoratori in Germania, circa 4 milioni in Europa, di cui ben 300.000 addetti nella Repubblica Italiana, il dieselgate non è più (giustamente) considerato “uno scandalo” bensì “un evento di importanza strategica geo-politica per l’intera Europa” (la definizione è ufficiale ed è del governo tedesco). Direi del mondo.
L’impatto è molto forte. Angela Merkel si è mossa subito per tirar fuori il meglio della Germania. Ha imposto, con una telefonata, le immediate dimissioni di Herr Winterkorn, ottenendole subito. Hanno affidato alla Saatchi & Saatchi di Londra (la più importante agenzia planetaria nel campo della pubblicità, analisi di big data e di megatrend) una consulenza per avere ragguagli in merito. La prima risposta immediata è stato il suggerimento di togliere la pubblicità. Nella sola giornata di martedì scorso, infatti, sul web si toccava la punta di 100 milioni di scherzi, barzellette, improperi, con la satira e la creatività di tutti gli utenti scatenata nell’attaccare il marchio. Sono stati quindi annullati circa 12 milioni di contratti. Sparita la pubblicità Volkswagen. Rimane quella dell’Audi, Seat e Skoda ma soltanto in territori considerati minori, ovvero quelli in cui l’informazione è molto bassa e la gente ignora che siano della Volkswagen (l’Italia è tra questi). Il contraccolpo ha comportato un abbassamento del 9% in pubblicità che nei prossimi tre mesi provocherà un restringimento del pil europeo di uno 0,4% provocando allarme nella BCE e nel Fondo Monetario Internazionale. Da noi, tanto per fare un esempio, a farci subito le spese è stata Mediaset, che ha perso in una settimana circa il 10% del proprio valore per questo motivo. 
L’effetto domino ha cominciato a serpeggiare dovunque. Il secondo suggerimento londinese (conoscono la mentalità tedesca del loro cliente) attribuisce un valore di 287 punti -la cancellazione della pubblicità sono 234 punti- all’idea di mettere in galera Herr Winterkorn. L’idea è riuscita graditissima al governo Merkel, quelli sono tedeschi, mica italiani. Nel bene e nel male. Il governo teutonico, infatti, sta valutando l’ipotesi di presentarsi parte civile nella denuncia penale per truffa nei confronti dell’ex amministratore delegato che la maggioranza dei tedeschi ha già fatto sapere vorrebbero vedere portato via in manette. Rischia sei anni di galera. E si può anche tenere la sua miliardaria buona uscita, se la godranno i suoi familiari. I tedeschi sono fatti così. In Italia, alcuni giornalisti economici, interpellati da varie televisioni, hanno espresso il loro illuminante parere sul dieselgate, sostenendo che si tratta di far passare la buriana e in un paio di mesi sarà tutto risolto. Contemporaneamente, i giornalisti tedeschi sostengono che ci vorranno “almeno cinque anni, forse addirittura dieci”.  Il carico da undici l’ha messo giù il ministro delle finanze Schauble che qualche ora fa ha dichiarato: “Da oggi, la Germania non sarà più la stessa, non so neppure se la Volkswagen sarà in grado di riprendersi”.
Non vorrei stare nei panni di Herr Winterkorn.
Non è facile da comprendere per il pubblico italiano, il quale non è certo aiutato dai professionisti della cupola mediatica, che in questi giorni, a mio parere, stanno offrendo uno spettacolo indecoroso di mancanza di informazioni, spiegazioni, dettagli, connessioni.
L’attuale teatro, infatti, fa parte della vera guerra in corso, l’unica guerra in atto, il cui teatro è arduo da presentare agli italiani. Volgarmente, nonché sfacciatamente, i mammalucchi leghisti, fascisti, comunisti, mitomani e analfabeti vari, insistono nel sostenere che siamo “in clima di neo guerra fredda tra Usa e Russia”. Non credo che questo sia vero. Paese fazioso e acritico, l’Italia offre l’indecente spettacolo di commentatori che in questi giorni se la prendono con Obama e/o con Putin perché è il modo più facile per ottenere subito consensi. Roba per palati grossolani. Basterebbe un unico esempio per comprendere che non è così: poche ore fa (a Washington erano le 9 del mattino) Obama ha ricevuto il comandante in capo dell’aereonautica militare statunitense per un colloquio di mezz’ora. Insieme, hanno poi ricevuto l’ambasciatore russo a Washington, il ministro degli esteri Lavrov, e il comandante in capo dell’aereonautica militare russa, intrattenendosi in un colloquio formale. Dopodichè, i due generali -entrambi parlano sia l’inglese che il russo- sono stati accompagnati in un ufficio del Pentagono per gestire una riunione strategica zeppa di agenti della CIA e di agenti della FSB, i servizi americani e russi. Per fare che cosa? Per scambiarsi tutti i piani di volo militari delle due rispettive forze aeree. Ce lo hanno raccontato Obama e Putin, in un comunicato congiunto, spiegando che “in questo momento delicato, l’ultima cosa che vogliamo è quella di correre il rischio di un incidente casuale in aria tra i nostri velivoli militari e quindi abbiamo deciso di muoverci in maniera congiunta”.
Non è quella la vera guerra. Mi dispiace per i refusi e zombie della politica italiana che disperatamente tentano di rientrare dalla finestra fornendo opinioni che usano parametri obsoleti, di un tempo che fu. La guerra non è tra Usa e Russia, tra Usa e Cina, tra Europa e Cina, tra civiltà cattolica e mondo musulmano, tra Iran e Usa, tra Russia e Cina.
Io la vedo così: questa è la prima guerra post-moderna, quella in cui le classi sociali non esistono più ma il mondo si divide in due grandi categorie: produttori e consumatori. Ci sono nazioni che producono molto e nazioni che non producono nulla; ci sono nazioni che consumano ciò che producono e nazioni che consumano ciò che altri producono. 
Ciò che il dieselgate sta (forse) per scatenare -e io me lo auguro proprio- è la guerra vera tra le due parti in causa: i progressisti evolutivi in ogni parte del mondo, da una parte; i conservatori liberisti, dall’altra. Dopo 40 anni di martellante esercizio del potere da parte dei liberisti, oggi settembre 2015, grazie anche all’esistenza del web e quindi all’impossibilità di nascondere con facilità gli eventi reali, appare sempre chiaro a tutti che quell’esperienza è stata un disastro per la collettività planetaria. Nel frattempo però, in questi 40 anni, il pianeta è diventato più piccolo e la consapevolezza delle masse mondiali è aumentata molto. La guerra è tra due concezioni del mondo diverse, tra due parametri distinti. E in Europa (come ben detto da Yannis Varoufakis, l’unico a introdurre questa saggia argomentazione) la guerra è tra la Francia e la Germania. Grazie al dieselgate diventa molto ma molto più facile andare all’attacco di una Europa “troppo tedesca” e di una Germania “troppo poco europea”. 
Lo ha capito subito la Francia, che era la sua occasione d’oro, approfittando per prendere due piccioni, anzi tre, con una fava. 
1). Da sola, contravvenendo ogni dispositivo della giurisdizione internazionale, se ne è andata a bombardare l’Isis in Siria sostenendo ufficialmente “non possiamo perderci nelle pastoie della burocrazia europea che non decide mai nulla”; così facendo ha placato l’opposizione interna di destra: i sondaggi indicano un recupero di 8 punti per Hollande e una perdita di 12 punti di Marie Le Pen, costretta ad approvare la scelta di Monsieur Hollande. 
2). La Francia si presenta come interlocutore quindi ben più solido della Germania, in questo momento, per cambiare le carte dei destini europei vantando la sua egemonia contro “i crucchi truffaldini”. 
3). La Francia si auto-promuove a grande potenza internazionale, rilanciando l’Europa come parte dello scacchiere planetario, lanciando (hanno già fatto l’annuncio) un tavolo di negoziati da tenersi a Versailles dove  siederanno insieme Usa, Russia, Iran, Turchia, Arabia Saudita e Francia per decidere il destino della Siria. Da risolvere il dissidio attuale tra Obama e Putin. Obama pretende che a quella riunione (di fatto accettata e quindi la Francia sta già incassando dal dieselgate) siano presenti i quattro esponenti politici che rappresentano la vera opposizione musulmana ad Assad; Putin, invece, pretende che partecipi anche Assad che rimane presidente della Siria. Presumo che stiano cercando una soluzione.
Nel frattempo, sia Putin che Obama incassano successi per loro importanti. 
Putin fa dimenticare l’Ucraina e quindi dà la guazza ai suoi generali. 
Obama, dal canto suo, prende due piccioni con una fava grazie al dieselgate, non a caso esploso esattamente nella stessa giornata in cui, a Tokyo, i deputati in parlamento si picchiavano a pugni sotto gli occhi allibiti dell’imperatore e del pubblico nipponico. Dopo 70 anni, infatti, il Giappone riarma il proprio esercito. 
Per Obama è un’ottima notizia, che è riuscito a far digerire al congresso. Gli Usa hanno dato il via cancellando la clausola che lo impediva. Il che vuol dire che dal 1 Gennaio 2016, l’amministrazione americana risparmia 850 miliardi di dollari all’anno (questo è il costo per mantenere le forze armate nel Pacifico) perché ci penseranno i giapponesi. 
Così ha trovato i soldi per coprire i costi della sua riforma sanitaria e zittire i repubblicani. Contemporaneamente, l’amministrazione Usa sta valutando il rapporto della General Motors (non a caso se la voleva comprare subito quel furbone di Marchionne) che sta sulla sua scrivania: è pronta a dire addio al fossile come carburante degli autoveicoli e lanciare sul mercato americano vetture a batterie elettriche e a idrogeno. Perché parte dell’accordo militare con il Giappone presuppone il via all’ingresso nel mercato Usa della Toyota con suoi analoghi modelli, e quindi, per amor di patria, si sostiene la propria industria e si seduce l’opinione pubblica ambientalista. 
Gli orientali sono etnie pazienti, lungimiranti, capaci di avere visioni di lungo respiro. Dieci anni fa, per il ventesimo anno consecutivo, la Toyota era la prima azienda automobilistica del pianeta. Ci fu uno “scandalo”. Alcuni modelli vennero considerati difettosi e diverse persone morirono in incidenti stradali in Usa, causati da errori meccanici. Fu un disastro per i giapponesi, che cominciarono a perdere quote d mercato. La Toyota venne letteralmente massacrata dai tedeschi che lanciarono in Usa e in tutta l’Asia una campagna pubblicitaria per spiegare che i tedeschi erano più attendibili dei giapponesi, fino al trionfo del Giugno 2015, con il sorpasso agognato da parte della Volkswagen. E’ durato 50 giorni.
Perché i tempi, intanto, erano cambiati. Le circostanze sono diverse. Mentre i tedeschi (e gli italiani) hanno scelto di investire risorse sul diesel per rilanciare l’economia, i giapponesi e la General Motors hanno scelto il motore ecologico sostenibile. Hanno investito nel futuro. 
La Germania no. E meno che meno l’Italia. Tanto è vero che il caro leader -compiendo un errore marchiano- è andato a sponsorizzare Marchionne che riapre a Mirafiori, con annunci trionfalistici, nuove catene di produzione per il modello “maserati suv turbodiesel” nel segmento lusso. Roba da mitomani. Tra sei mesi, quel piano industriale si rivelerà un colossale fallimento, procurando all’Italia l’ennesima delusione, oltre che inevitabili perdite di quote di mercato.
Ciò che il dieselgate ci sta fornendo è la possibilità e l’opportunità potenziale di andare incontro alla guerra vera contro il liberismo, nel nome di un nuovo paradigma economico, socialmente, economicamente, esistenzialmente, politicamente sostenibile da ogni singola nazione, paese, popolo.
Altrimenti, non se ne esce. E lo sanno tutti.
In conclusione, vi allego un estratto di un articolo pubblicato ieri su Ilsole24ore a firma Andrea Malan. E’ un buon articolo, onesto, puntuale, redatto da un professionista che conosce il suo mestiere e sa di che cosa parla e di che cosa scrivere. Ci regala accurate informazioni vere.

Volkswagen, indagato l’ex ceo Winterkorn

……….La procura della Bassa Sassonia ha intanto avviato un’indagine penale sull’ormai ex numero uno Martin Winterkorn; l’accusa è di «frode nella vendita di auto con dati sulle emissione manipolati». La denuncia è stata presentata da una decina di persone fisiche; si aggiunge a quella che la stessa Vw ha presentato contro ignoti e a quella aperta negli Usa dal dipartimento della Giustizia. Secondo «Handelsblatt», anzi, il gruppo potrebbe rivalersi contro l’ex numero uno nel caso in cui fossero accertate sue responsabilità.
L’apertura dell’inchiesta tedesca su Winterkorn rende ancora più delicato il tema della liquidazione da 32 milioni di euro che il manager dovrebbe in teoria ricevere dal gruppo per la sua uscita anticipata. Secondo l’agenzia Bloomberg – che cita fonti vicine al dossier – il presidente ad interim del consiglio di sorveglianza (e sindacalista di IG Metall) Berthold Huber e altri esponenti sindacali sono contrari ad accettarla. Winterkorn, fra l’altro, è ancora (almeno per il momento) al vertice della Porsche SE, la holding attraverso la quale le famiglie Porsche e Piëch controllano il gruppo.
In una lettera ai dipendenti del gruppo Matthias Müller, che ha sostituito Winterkorn al vertice, ha espresso «grande rispetto» per i risultati ottenuti dal suo precedessore e ha detto che nell’opera di controllo in corso «la diligenza è più importante della rapidità». Per ora non ci sono conferme del repulisti ai massimi livelli del settore tecnico del gruppo, ma le voci proseguono insistenti: secondo la Faz Volkmart Tannenberger diventerà nuovo responsabile ricerca e sviluppo della marca Vw, al posto di Heinz-Jakob Neusser che sarebbe stato sospeso dall’incarico. Sul mercato azionario cresce l’impazienza, e la situazione di incertezza anche sulle conseguenze finanziarie dello scandalo ha di nuovo spinto al ribasso ieri il titolo Vw e l’intero settore. Volkswagen ha ceduto il 7,5% chiudendo sotto quota 100 euro (99,3 per le privilegiate), ma tutto il comparto ha vissuto una giornata da incubo: male le rivali tedesche di Volkswagen (Bmw -2,9%, Daimler -3,3%) e male anche le francesi (Peugeot -5,2%, Renault -4,6%). Le azioni Fiat Chrysler sono state sospese per eccesso di ribasso ed hanno poi chiuso a 11,14 euro, con un calo del 4,95%, ai minimi da gennaio. «Il mercato teme l’incertezza – dice Gabriele Gambarova, analista di Banca Akros -. Dopo la vicenda Volkswagen i punti aperti sono ancora numerosi: dall’eventuale scoperta di altri casi di irregolarità all’atteggiamento futuro dei governi. In questa situazione ha buon gioco chi vuole realizzare i guadagni, visto che il settore era andato molto bene fino a qualche mese fa». A numerosi investitori internazionali non è piaciuta la scelta di Matthias Müller come erede di Winterkorn alla guida del gruppo, scelta vista come troppo di continuità rispetto alla precedente gestione: Hans-Christoph Hirt della Hermes EOS ha «seri dubbi» che la necessità di ripartire da zero sia davvero stata capita. L’autorità tedesca sui Trasporti ha dato intanto al gruppo Vw tempo fino al 7 ottobre per pubblicare le date esatte in cui i vari modelli rispetteranno le norme antinquinamento, minacciando in caso contrario di bloccarne la vendita. Il numero uno della marca Vw, Herbert Diess, ha detto che l’azienda sta lavorando a un miglioramento tecnico per le auto interessate. Il dettaglio di quali modelli di quali anni siano interessati non è ancora stato pubblicato; per ora sono emersi solo i numeri delle varie marche comprese negli 11 milioni i cui motori diesel ospitavano il software con il trucco: 2,1 milioni di Audi e 1,8 milioni di veicoli commerciali, che si aggiungono agli oltre 5 milioni della marca Volkswagen. Volkswagen ha sottolineato che i modelli con motore Euro 6, quelli in vendita attualmente, non sono coinvolti. Non è chiaro se si tratterà solo di una modifica al software o se dovranno essere installati dispositivi addizionali, ed è difficile per questo valutare i costi dell’operazione. 
(P.S. Dedicato ai tifosi della serie cinematografica di James Bond, agente 007: Herr Winterkon non vi sembra sia il sosia dell’attore tedesco Gert Frobe, indimenticabile protagonista del film “Agente 007 Goldfinger” uscito nel 1964, interpretato da uno storico Sean Connery?)