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giovedì 17 marzo 2022

Guerra Russia-Ucraina, dalla normalizzazione fallita alla nuova crisi: i 5 mesi di colloqui Mosca-Washington prima dell’invasione.

 

L'inizio di questo processo, che ha anticipato di pochi mesi l'escalation militare con l'invasione russa dell'Ucraina, può essere individuato nell'incontro di metà giugno a Ginevra tra Joe Biden e Vladimir Putin. A questo sono seguiti il viaggio a Mosca del 'falco' Victoria Nuland e del direttore della Cia, William Burns. E' in questo lasso di tempo che, forse, il conflitto poteva essere evitato: ma i colloqui non hanno portato a risultati concreti.

16 giugno, 11 ottobre, 2 novembre 2021. Tre date che corrispondono ad altrettanti incontri di vario livello tra rappresentanti americani e russi e che, in poco meno di 5 mesi descrivono la breve parabola di un tentativo di riavvicinamento tra Washington e Mosca conclusosi, però, con un’escalation militare senza precedenti in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. È una storia di meeting di alto livello tra presidenti che non hanno mai nascosto la reciproca avversione, tra ‘falchi’ ai quali è stato chiesto di trasformarsi, senza successo, improvvisamente in ‘colombe’ e di spie inviate come ultimo tentativo di riallacciare rapporti (o a lanciare un ultimatum) con quello che, nel frattempo, era diventato, di nuovo, il principale avversario a livello internazionale.

L’inizio di questo processo, che ha anticipato di pochi mesi l’escalation militare con l’invasione russa dell’Ucraina, può essere individuato nell’incontro di metà giugno a Ginevra tra Joe Biden e Vladimir Putin. Il presidente americano era in carica da appena 6 mesi, ma i rapporti con Mosca si erano deteriorati già dall’inizio del suo mandato, dopo la stagione di distensione nell’era Trump. A marzo, il capo della Casa Bianca aveva definito il suo omologo “un killer”, mentre tra i due Paesi si stava ormai consumando una crisi diplomatica che aveva portato a espulsioni di diplomatici e soprattutto a un pericoloso, dal punto di vista americano, avvicinamento della Russia alla Cina di Xi Jinping. Un incontro che portava sul tavolo anche altri temi fondamentali, dal Nord Stream 2 alla vicenda Navalny, dall’Ucraina, appunto, agli attacchi cibernetici fino, ovviamente, alle sanzioni alla Russia imposte da Washington. Un tentativo di iniziare a ricucire i rapporti gravemente deteriorati, dopo il ritorno al governo dei Dem americani, che da quanto era trapelato al tempo si era concluso senza trionfalismi.

Appuntamento a 4 mesi dopo, l’11 ottobre, quando a Mosca vola la sottosegretaria di Stato Usa, Victoria Nuland. Non un nome qualsiasi. Nuland è considerata un ‘falco’ tra le file democratiche, sostenitrice della linea della fermezza nei confronti della Federazione russa. Fu lei, da Assistant Secretary of State dell’amministrazione Obama con incarico diplomatico in Ucraina, nel 2014, a pronunciare quelle parole poi finite in un leak diffuso poco dopo in cui sbottò con un “Fuck Eu”“fanculo la Ue”, parlando con l’allora ambasciatore americano a Kiev, Geoffrey Pyatt. Il riferimento era proprio all’indecisione, dovuta alle divisioni interne, dell’Europa sull’assumere un atteggiamento duro nei confronti di Mosca nell’ambito della crisi politica in Ucraina seguita alle proteste di EuroMaidan.

Ma il suo arrivo nella capitale russa venne visto in quei giorni come un importante segnale di distensione. Dal 2019, infatti, Nuland era stata inserita nella blacklist del Cremlino che le era costata un divieto di viaggio nel Paese. Questo travel ban è stato cancellato proprio per permetterle di recarsi in Russia a novembre, dove nell’arco di tre giorni ha incontrato Yuri Ushakov, ex ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergei Ryabkov, viceministro degli Esteri, e Dmitrij Kozak, vicecapo dello staff presidenziale. Gli Stati Uniti, dal canto loro, avevano compiuto il proprio passo in avanti togliendo dalla lista dei russi colpiti dalle sanzioni diversi cittadini della Federazione proprio pochi giorni prima dell’arrivo di Nuland nel Paese, come comunicò al tempo la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.

Le premesse erano, quindi, tutt’altro che negative, ma sull’esito dei vertici, ancora una volta, le dichiarazioni finali erano state di basso profilo. Da Washington si era parlato di incontro positivo, ma progressi concreti, di fatto, non sembrano essercene stati. Anzi, secondo alcuni osservatori è stato proprio in quell’occasione che i tentativi di pacificazione tra i due Paesi sarebbero di nuovo naufragati. Lo testimonierebbe anche il terzo e ultimo incontro, di un valore ben diverso, del 2 novembre, nemmeno un mese dopo. In quell’occasione, a volare a Mosca non è stato un diplomatico, bensì il direttore della Cia in persona, William Burns, che, facendo valere il suo passato da alto diplomatico, ha incontrato un alto consigliere del presidente Putin, Nikolai Patrushev, insieme al sottosegretario di Stato per gli Affari Europei ed Eurasiatici Usa, Karen Donfried. Anche in questo caso, i funzionari Usa fecero sapere in maniera informale che si trattava di un incontro sulla scia del processo di normalizzazione avviato a giugno a Ginevra.

Da lì in poi, però, la situazione si è rapidamente deteriorata. Biden e Putin si parleranno un’altra volta il 7 dicembre, ma a quel punto la situazione era probabilmente già arrivata a un punto di non ritorno: la Russia aveva iniziato ad ammassare le truppe al confine con l’Ucraina, lo scambio di messaggi tra i due leader si era fatto più teso col passare dei giorni, fino all’ultimo vertice mai avvenuto tra i due. Joe Biden si era detto disponibile a incontrare di nuovo il presidente russo se questi non avesse invaso il Paese di Volodymyr Zelensky. Era il 21 febbraio, i carri armati russi stavano entrando nei territori autoproclamati indipendenti del Donbass: tre giorni dopo i razzi di Mosca colpivano Kiev e altre città ucraine dando così inizio all’invasione su larga scala del Paese.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/17/guerra-russia-ucraina-dalla-normalizzazione-fallita-alla-nuova-crisi-i-5-mesi-di-colloqui-mosca-washington-prima-dellinvasione/6527893/?utm_content=petergomez&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR1-64grvp-5FoSOZVF97gJ5sQeUau1NAxx1Cn7XP19B_PZJPDKHpypfFkY#Echobox=1647501697-1

martedì 22 febbraio 2022

Mosca e Kiev, una battuta ci seppellirà. Antonio Padellaro

 
                                                                                                                                                           Nella premiata linea di arredamento Cremlino, dopo il lettone di Putin, furoreggia il tavolone di Putin, con l’ospite di turno fatto accomodare lontano un chilometro. Per simboleggiare l’immensa distanza tra l’autocrate padrone dei destini del mondo e i premier-fantoccio delle democrazie alla canna del gas, costretti a omaggiarlo dopo sfibranti anticamere (Macron, Scholz e forse prossimamente anche Draghi, e sarebbe una gara di ego niente male). Nella stagione televisiva del non so nulla ma discetto su tutto, dopo la virologia “secondo me” furoreggiano gli opinionisti Foreign Office. Che interpellati sulla imminente invasione russa dell’Ucraina trattano la materia con la stessa sicumera con cui disegnano gli scenari del Calenda day (che, come il birillo rosso del bar centrale di Foligno, si considera l’ombelico del pianeta). A parte Lucio Caracciolo e gli esperti dell’Istituto Affari Internazionali, che studiano la politica estera da una vita, nei talk si susseguono sussiegose rimasticature (mal digerite) degli articoli usciti il giorno prima. E ci litigano pure. Mentre sono i protagonisti a buttarla sul cazzeggio, a riprova che non esiste nulla di più tragicamente ridicolo della guerra. Dall’uomo di Kiev, Zelenski, che si aggira per le trincee in tuta mimetica e borraccia come in una gita fuori porta: non a caso un comico prestato alla politica e, purtroppo, non restituito. Allo zar Vladimir, a cui dobbiamo la migliore battuta quando dopo i ripetuti annunci americani che l’invasione sarebbe scattata mercoledì scorso, chiede con quel sorriso di traverso in stile Kgb “Gli Usa hanno detto a che ora inizia la guerra?”. Di un umorismo involontario invece non difetta Fabio Fazio (che infatti nasce imitatore) quando è stato sentito domandare al direttore del Foglio, Claudio Cerasa se mai accadrà che un giorno le guerre spariranno dalla faccia della terra, “come è accaduto con il cannibalismo”. Lo sventurato rispose.                                                                                                                                                                          https://www.ilfattoquotidiano.it/in-dicola/articoli/2022/02/22/mosca-e-kiev-una-battuta-ci-seppellira/6502455/?fbclid=IwAR3d7_2AoQjradswlSLAtWk-7hRAW0i2hBeh7Mb8e-3nzQ6J9ZTMI3EiPuo

domenica 22 agosto 2021

Putin-Merkel, incontro a Mosca. La cancelliera: 'Ho chiesto di liberare Navalny'.

 

'La Germania resta uno dei principali partner della Russia', ha detto Putin. 'Il dialogo con la Russia è necessario nonostante distanze', ha affermato la cancelliera.


La cancelliera tedesca Angela Merkel a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin, proprio nel giorno dell'anniversario dell'attacco con il gas nervino contro il leader dell'opposizione Alexei Navalny, curato poi a Berlino.

In quella che sarà l'ultima visita della Merkel in Russia, lo staff della cancelliera ha chiarito che la tempistica dell'incontro non è casuale, dato che (come ha detto il suo portavoce Steffen Seibert) "le nostre richieste non sono ancora state soddisfatte", il caso è "irrisolto" ed è un "pesante fardello" sulle relazioni tra i due Paesi.

La Germania resta uno dei principali partner della Russia in Europa e nel mondo, ha detto Putin in apertura del suo incontro con Merkel. Putin si è detto convinto che il vertice non sarà solo un viaggio di commiato da parte della Merkel ma "zeppo di contenuti", riporta la Tass. 

La Russia e la Germania devono continuare il dialogo nonostante le controversie, ha affermato la cancelliera tedesca.  

"Ho chiesto ancora una volta al presidente la liberazione di Navalny", ha detto Angela Merkel in conferenza stampa a Mosca con Putin, sottolineando che la detenzione del dissidente sia "inaccettabile".

Secondo Putin, Alexei Navalny "non è stato condannato" per la sua attività politica ma per "i crimini commessi contro i partner stranieri" nel caso Yves Rocher. La guerra alla corruzione "è importante" ma non deve essere usata "come strumento di lotta politica", ha aggiunto Putin commentando l'articolo di Navalny pubblicato da diversi giornali internazionali. 

"Saremo sempre felici di vederla in Russia ancora, grazie per il lavoro di questi 16 anni",  ha detto ancora Putin.

Sull'Afghanistan, Putin che detto che "i Talebani ora controllano la maggior parte del Paese, inclusa Kabul, questa è la realtà e dobbiamo evitare la distruzione dello Stato afghano. Noi conosciamo il Paese molto bene, sappiamo quanto controproducente sia imporre altri modelli stranieri verso l'Afghanistan, non ha mai successo". "Non si può imporre il proprio stile di vita su altri popoli, perché hanno le loro tradizioni. Questa è la lezione da trarre da quanto accaduto in Afghanistan. D'ora in poi lo standard sarà il rispetto delle differenze, perché non si può esportare la democrazia, che uno lo voglia o no". "I talebani hanno avuto più sostegno di quello che avremmo auspicato. Dovremo cercare di parlare con loro", ha detto Angela Merkel per fare in modo che gli afghani che hanno aiutato la Germania "possano lasciare il paese". "Spero che si possano trovare delle strutture inclusive", ha aggiunto, per aiutare il popolo afghano, e "allo stesso tempo spero che il terrorismo non sia più in futuro una minaccia internazionale".

Affrontato anche il tema Ucraina: l'impressione è che le autorità di Kiev abbiano "rinunciato" alla risoluzione pacifica del conflitto del Donbass e la Russia trova "preoccupanti" le dichiarazioni dell'Ucraina sul suo effettivo rifiuto di attuare gli accordi di Minsk, ha detto Vladimir Putin in conferenza stampa con Angela Merkel, sottolineando che chiederà alla cancelliera tedesca di fare pressioni su Kiev, nel corso del suo viaggio di domenica prossima, perché l'Ucraina attui la sua parte di accordo. "Il formato Normandia è l'unico che c'è", secondo Merkel che ha aggiunto: "Io consiglio di tenere in vita i negoziati per la pace" in Ucraina, anche se i passi avanti non sono rapidi quanto si vorrebbe. 

L'impressione è che le autorità di Kiev abbiano "rinunciato" alla risoluzione pacifica del conflitto del Donbass e la Russia trova "preoccupanti" le dichiarazioni dell'Ucraina sul suo effettivo rifiuto di attuare gli accordi di Minsk. Lo ha detto Vladimir Putin in conferenza stampa con Angela Merkel, sottolineando che chiederà alla cancelliera tedesca di fare pressioni su Kiev, nel corso del suo viaggio di domenica prossima, perché l'Ucraina attui la sua parte di accordo.

"Con tutte le divergenze di opinioni, sono molto contenta del fatto che noi possiamo parlare", e il colloquio è stato "costruttivo" alla ricerca di "soluzioni comuni", ha detto Angela Merkel. La cancelliera ha citato le visite regolari tenute in Russia in 16 anni: "Ho sempre cercato il contatto, anche se non sempre è stato facile". Merkel ha sottolineato l'importanza del "tentativo di cercare un compromesso". "Non c'è alcuna ragionevole alternativa a questo", ha concluso.

Putin ha regalato un mazzo di fiori alla cancelliera in apertura dei negoziati. Merkel, accompagnata dalla sua delegazione, si è dunque seduta al suo posto, accanto al leader russo, per le prime annotazioni d'inizio vertice solitamente tenute davanti alle telecamere. Mentre Putin parlava, all'improvviso, si è udito un trillo e Merkel ha frettolosamente estratto il cellulare dalla tasca, per silenziarlo.

ANSA

martedì 11 agosto 2020

Coronavirus: Putin, Mosca ha registrato primo vaccino.



Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che Mosca ha registrato il primo vaccino contro il Covid-19, sviluppato dall'istituto Gamaleya.

"Stamattina per la prima volta al mondo un vaccino contro la nuova infezione da coronavirus è stato registrato", ha affermato Putin. La fase 3 dei test clinici è iniziata la settimana scorsa.

Putin ha dichiarato che anche a una delle sue figlie è stato somministrato il vaccino sperimentale russo contro il Covid-19 e sta bene. Lo riporta la Tass. Secondo il presidente russo, sua figlia, dopo la prima dose ha avuto la febbre a 38, che il giorno dopo è scesa poco sopra i 37 gradi. "Poi, dopo la seconda dose, ha avuto di nuovo una leggera febbre, e dopo tutto tutto era a posto, si sente bene e ha un alto numero di anticorpi".

Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che la vaccinazione deve essere effettuata "a condizioni assolutamente volontarie" in modo che tutti coloro che lo desiderano possano "sfruttare le conquiste degli scienziati russi". Lo riporta la Tass. Putin si aspetta poi che la Russia inizi la produzione di massa del vaccino contro il coronavirus "nel prossimo futuro". "So che altre istituti stanno lavorando su vaccini simili in Russia. Auguro successo a tutti gli specialisti. Dovremmo essere grati a coloro che hanno fatto questo primo passo estremamente importante per il nostro Paese e per il mondo intero", ha concluso Putin.


https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/08/11/coronavirus-putin-mosca-ha-registrato-primo-vaccino_549ed094-15da-4f75-bbe8-a00649e526d1.html

Da notare che la Russia ha mandato il primo uomo nello spazio, ora ha pronto il primo vaccino; 
- gli Usa hanno il primato della prima atomica sganciata sui civili di Hiroshima...

venerdì 25 settembre 2015

Siria, arrivano i primi caccia di Mosca. Prove di disgelo tra Usa e Russia.

Siria, arrivano i primi caccia di Mosca
Prove di disgelo tra Usa e Russia


Mentre cresce il pericolo di un'esplosiva escalation del conflitto, l'amministrazione Obama si appresta a cambiare strategia nel Paese.


 - La Russia avrebbe già spostato i suoi primi caccia da combattimento in una base in Siria, secondo quanto riferisce il Pentagono. Intanto, l'amministrazione Obama si appresta cambiare strategia nel Paese: secondo il Wall Street Journal, Casa Bianca e Pentagono starebbero progettando di creare piccole unità speciali siriane che avranno il compito principale di indicare agli Usa le aree in cui condurre i raid aerei contro l'Isis.

L'amministrazione Obama si appresta quindi a "rottamare" la sua strategia pro-ribelli, per gli osservatori vicina al collasso. Casa Bianca e Pentagono infatti starebbero riconsiderando quello che finora era stato l'obiettivo primario: creare attraverso l'addestramento dei ribelli moderati una forza militare su larga scala in grado di contrastare con efficacia l'Isis. 

Intanto di fronte al pericolo di un'esplosiva escalation del conflitto in Siria, legata anche alla presenza militare russa nel Paese, Washington e Mosca hanno deciso di provare a collaborare, con l'obiettivo di risolvere una situazione che appare sempre più senza uscita. 

Il segretario di Stato Usa, John Kerry, aveva rivelato in settimana l'esistenza di una proposta giunta da Mosca per l'avvio di colloqui a livello militare. Ora è arrivata la telefonata tra il numero uno del Pentagono, Ash Carter, e il suo omologo russo, Sergei Shoigu, che di fatto fa ripartire un dialogo che tra Stati Uniti e Russia mancava da tempo, soprattutto dopo il gelo calato tra i due Paesi a causa della crisi di Crimea e del conflitto nell'est dell'Ucraina. 

L'obiettivo è quello di individuare strategie comuni sia per porre fine a una sanguinosissima guerra civile sia per combattere la minaccia dell'Isis in Siria. Il tutto cercando di superare le tante divergenze tra Casa Bianca e Cremlino, specialmente per quel che riguarda l'atteggiamento da tenere verso il regime di Assad e la possibile transizione politica a Damasco. 

A dare un impulso a questo percorso di disgelo nei rapporti tra Stati Uniti e Russia potrebbe poi essere nei prossimi giorni un possibile faccia a faccia tra Barack Obama e Vladimir Putin a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Incontro che potrebbe avvenire il 28 settembre quando i due leader si ritroveranno entrambi al Palazzo di vetro dell'Onu.

sabato 15 novembre 2014

Putin lancia “Sputnik” in Occidente: è la neo-guerra fredda dell’informazione. - Leonardo Coen

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Per rilanciare la propria immagine nel mondo dopo la guerra in Ucraina, Mosca ha creato "Sputniknews.com", piattaforma informativa internazionale che nel 2015 sarà in 130 città di 34 Paesi, con redazioni da 30 a 70 giornalisti: "Il mondo è stanco di un punto di vista unipolare". Ecco come il leader del Cremlino e i suoi oligarchi controllano i media russi.

Nella nuova “neoguerra fredda” che vede Putin e il suo cerchio magico contro il Resto del Mondo, la propaganda è diventata una questione assillante, fondamentale, quasi paranoica per il Cremlino, assediato dalle sanzioni per le vicende ucraine, l’economia russa in crisi, il declassamento del debito pubblico al livello Baa2, col rublo in picchiata (ha perso quasi il 20 per cento) e i prezzi del petrolio che calano bruscamente: meno introiti, più difficoltà dello Stato a far quadrare i conti, e la non remota prospettiva di forti aumenti delle bollette, quanto ai prezzi, quelli già corrono, e l’inflazione pure (8,3 per cento a ottobre). Putin rischia un infelice calo di popolarità anche nella sua Russia, dopo aver visto la sua immagine in grande sofferenza presso l’opinione pubblica mondiale. Poco importa se la rivista Forbes sostiene che è l’uomo più potente del mondo, il problema di Putin è molto semplice: bisogna ridare forza all’anima russa, al nostro orgoglio di grande nazione, “la Russia deve essere trattata con rispetto”. Già, la parola uvajenie (rispetto, ndr.) è sempre più citata nei discorsi del presidente russo, così come alcune considerazioni sull’America che cerca di imporre al mondo il suo “modello” e il suo “diktat unilaterale” sono sempre più ricorrenti. E forse, è l’idea putiniana, qualcuno in Occidente la pensa come me. Dunque, perché non creare uno strumento mediatico internazionale che controbatta lo strapotere dei media Usa? Cominciando a raccontare una versione della Storia diversa?
Fin qui, nulla da eccepire se gli eredi dell’Impero del Male – formula sprezzante usata dagli anticomunisti più feroci – chiedono d’essere ascoltati e non demonizzati. Così, sorprende poco la notizia che Mosca ha deciso di varare l’ambizioso progetto di Sputniknews, definita l’altro giorno da Dmitri Kisilev, direttore dell’agenzia Rossia Sivodnija (Russia Oggi), nata sulle spoglie di Ria Novosti (Notizie russe), “una voce alternativa all’Occidente”, sorellastra dell’emittente governativa in lingua inglese Russia Today. Il pelato Kisilev è stato un popolare anchorman televisivo, fedelissimo portavoce putiniano, zelante al punto da creare qualche situazione incresciosa, successe per esempio ai Giochi Invernali di Soci, quando ebbe un’infelice uscita sui gay… l’infortunio creò parecchio imbarazzo al Cremlino, qualcuno pensò che prima o poi Putin l’avrebbe punito. Può darsi che la missione di Sputniknews.com possa essere impossibile e che Kisilev si giochi il futuro. Ma a sentire i russi, su essa si riverseranno ingenti risorse finanziarie, si dice nell’ordine di almeno 500 milioni di dollari, un sacco di quattrini in un momento in cui si chiudono ospedali e si tagliano le spese,a cominciare dagli aiuti alla Crimea… Non è una cifra sparata a caso: lo ha confermato lo stesso governo russo che nel bilancio 2015-2017 è contabilizzato un cospicuo aumento dei contributi per i media statali, in modo particolare di quelli internazionali, cioè la tv Russia Today e l’agenzia Rossija Sivodnija, alle quali andranno oltre mezzo miliardo di dollari.
Imponente, di sicuro, è il progetto: la piattaforma informativa internazionale – cito l’ufficiale ItarTass – prevede una collocazione on line e supporti radiofonici (più avanti, anche web tv) in 130 città di 34 Paesi, inizialmente trasmetterà  per 800 ore quotidiane in quattro lingue (russo, inglese, spagnolo, arabo). Dal primo dicembre si aggiungerà il cinese. Ogni redazione sarà composta da 30 sino a 70 redattori. Insomma, un multimedia hub che dovrebbe costare un occhio della testa. Sputniknews.com lavorerà in sinergia con Rossia Sivodnia e Russia Today. Lo slogan del lancio è assai significativo: “Telling the untold”, parlare di ciò che è taciuto. Assicurazioni professionali, “saremo affidabili. Offriremo interpretazioni alternative che sono, indubbiamente, in crescente richiesta nel mondo. Pensiamo che il mondo sia stanco di un punto di vista unipolare. Crediamo che la base di un tale mondo multicolore e multipolare sia la legge internazionale, un mondo in base alla legge”.
Peccato che la realtà russa sia assai poco multicolore, tantomeno multipolare. E che la legge sia spesso ingabbiata dalla deriva autoritaria del potere, sempre più in mano ai siloviki – i rappresentanti delle cosiddette ‘istituzioni di forza’ (servizi segreti, ministero degli Interni, ministero degli Esteri e forze armate) – e sempre più in proficua sintonia con gli oligarchi sopravvissuti alle brutali ri-nazionalizzazioni operate da Putin. Lo Stato è tornato padrone, limitando fortemente le tendenze neoliberiste, con l’alibi (giustificato) che avevano sconquassato l’economia russa negli anni Novanta, dimenticando però l’assalto alla diligenza di oligarchi ed ex funzionari sovietici. Una terapia d’urto che si è riverberata pure nel mondo dei media. Poco per volta, giornali e tv, radio e portali sono finiti nelle mani degli oligarchi “amici” di Putin. O meglio, degli oligarchi che devono assecondarlo se vogliono continuare a fare affari ed arricchirsi. Di fatto, solo un’infima percentuale di media può ancora ritenersi indipendente. Il giornalismo libero è quasi inesistente: farlo, è rischioso. Ci si lascia la pelle. Chiedere a Muratov, il direttore di Novaja gazeta, il giornale bisettimanale di Anna Politkovskaja: molti colleghi di Anna sono stati uccisi o feriti, altri sono in esilio. Mutavo dirige il giornale come se stesse sul filo di una lama… ogni numero, è una battaglia: per la distribuzione, per la sopravvivenza.
Mica come le testate del magnate uzbeko Alisher Usmanov, considerato l’uomo più ricco della Russia, primo produttore di ferro con la sua Metalloinvest, azionista dell’Arsenal, mille investimenti in giro per il mondo, anche negli States, ma soprattutto il boss di mail.ru, la più importante azienda internet russa, controllata tramite la società sudafricana Naspers e New Media Technologies. E’ proprietario del prestigioso quotidiano economico Kommersant, dei settimanali Denghi (soldi), Vlast (potere), Ogoniok Week-end. Ha la maggioranza del canale tematico Disney russo, nonché di You-tvMustv (sorta di Mtv). Tramite Af-Telekom, detiene il 31 per cento di MegaFon (telefonia mobile).
Più spettacolare, in ogni senso, l’irruzione dell’avvenente Alina Kabaeva, 32 anni, detta la “zarina”, ex campionessa olimpica di ginnastica artistica (Atene 2004), copertine di VogueMaxim,Glamour, Cosmopolitan (le edizioni russe, ovviamente), incontro fatale con Putin nel 2000 e deputata alla Duma per Russia Unita, il partito del presidente, nel 2007, ad appena 24 anni. Fa gavetta in tv dapprima come ospite, poi come conduttrice di trasmissioni di varietà. Viene rieletta nel 2011, diventa vicepresidente della commissione gioventù, sport e cultura fisica, ma in aula parla poco, appena tre volte. In compenso la blogosfera russa da tempo sostiene che sia l’amante segreta di Putin: per lei il presidente ha divorziato da Ljudmila. Da lei avrebbe avuto due figli segreti, uno di 5 e l’altro di due anni. Il gossip accompagna la sua straordinaria ascesa. Culminata poche settimane fa con l’annuncio: Alina Maratovna Kabaeva è nominata presidente della NMG, il Nazionalna Media Group.
Proprietario è l’oligarca Yurij Kovalchuck, 64 anni, un fedelissimo putiniano. Si dice sia il suo cassiere personale, di sicuro lo chiamano il Murdoch russo. E’ entrato nel mirino delle sanzioni Usa e Ue, poiché presiede la Banca Rossija, di cui è il maggiore azionista, “considerata la banca personale dei funzionari di alto grado della Federazione russa”, recita la motivazione del provvedimento. Una banca di invidiabili performances, se in quindici anni ha visto moltiplicarsi i suoi attivi da 4 milioni a 11 miliardi di dollari. La Rossija controlla a sua volta le compagnie di assicurazioni Sogas e Transneft. Il gruppo dispone del 25 per cento di Prvij Kanal (il Primo Canale in cui al 49 per cento c’è Roman Abramovich), che è il più seguito del Paese. Poi, nel portafoglio ci sono Canale 5 e Ren Tv (rispettivamente quinta e ottava nella classifica delle emittenti russe). Inoltre, ha il 23 per cento della prestigiosa testata storica Izvestija, il tabloid Tvoi Dien, il quotidiano gratuito Metro di San Pietroburgo, il diffuso Rossiskaja gazeta, la Parlamentariji gazeta, la radio Russkaja Sluzhba Novostej(Servizio russo delle notizie) e radio Montecarlo russa. Guarda caso, a far da corona a tutto questo ben di Dio mediatico nella dote della Kabaeva, spunta l’Agenzia Internazionale di Informazione (Mia)Rossija Sivodnia, nata in seguito alla sospetta liquidazione di Ria Novosti dello scorso anno, dalla cui costola è partorito Sputniknews.com, diretto formalmente da Kisilev: per finanziare il progetto sono previsti 75 milioni di dollari l’anno.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito. Non c’è oligarca che non abbia un giornale o una tv, la normalizzazione imposta da Putin è stata accettata senza tanti rimorsi. Il bavaglio rende pesante l’atmosfera giornalistica. Nazionalismo e patriottismo sono enfatizzati, soprattutto in tv. Usmanov, tramite Mail.ru, ha scucito un miliardo e mezzo di dollari per acquisire il pieno controllo di Vkontakte, clone russo di Facebook che è abbastanza popolare anche nei Paesi dell’ex Urss e vanta 270 milioni di account. La scalata, iniziata in sordina nel 2007, è costata in totale oltre due miliardi e 100 milioni di dollari. Gazprom Media ha inglobato ProfMedia (1,5 miliardi di dollari). La Rambler-Afisha che fa capo a Vladimir Potanin e Alexandre Mamut è stato uno dei primi motori di ricerca del web russo: da esso dipende Sup Media che è proprietaria di Live Journal, molto influente nella vita politica del Paese. Inter-Ros, grosso fondo di investimenti di Potanin, detieneProfMedia. Cioè pubblicazioni, tv e radio (Avtoradio, Energy,Humour Fm, Radio Romantica).
Lenta.ru, portale assai frequentato, fa parte di Medio Imperio, altra società del gruppo. Come Gazeta.ru, che è stato il primo giornale russo interamente on line. La prima pagina in Rete apparve il 28 febbraio del 1999. Poi, dopo l’avvento di Putin, apparvero gli oligarchi pronti a papparsi Gazeta.ru. Nel 2005 passò alla Sekret Firmy Publishing di Usmanov che la cedette poco dopo alla Sup Fabrik. Nel 2012 il passaggio alla Sup Media di Alexandre Mamut fu definitivo. Nel 2013 nasce Afisha.Rambler.SUP, e lì va a finire Gazeta. Il bavaglio è ben stretto, ormai. Quanto ai media stranieri, una legge approvata di recente stabilisce che il tetto delle quote siano abbassate dal 50 al 20 per cento, compreso quelli controllati indirettamente da partner russi. Vittima illustre, il quotidiano economico Vedomosti, sovente critico nei confronti delle scelte governative. Il gruppo finlandese Sanoma che lo controlla voleva già disfarsene. Sinora, senza successo. L’ultimo atto, riguarderà Internet: social networks e blogger equiparati ai media e quindi ai loro oneri. Dulcis in fundo, dal primo gennaio tutte le società di comunicazione, pure le straniere, online saranno obbligate a tenere i loro server in Russia. I media serve(r) del Cremlino.

martedì 21 ottobre 2014

Christophe De Margerie, morto l’ad di Total. Jet si schianta vicino a Mosca.

Christophe De Margerie, morto l’ad di Total. Jet si schianta vicino a Mosca

Il Falcon-50 di Christophe de Margerie, numero uno del gruppo petrolifero francese, si è schiantato contro uno spazzaneve mentre decollava dall'aeroporto di Vnukovo. Hanno perso la vita anche i tre membri dell'equipaggio. Secondo il portavoce del comitato di investigazione russo il conducente del mezzo spazzaneve, che non è rimasto neanche ferito, era "sotto l’influenza dell’alcol".
Christophe de Margerie, amministratore delegato del gruppo petrolifero francese Total, è morto nello schianto del suo jet privato nello scalo di Vnukovo, vicino a Mosca. 
Ne danno notizia i media russi, citando fonti aeroportuali e di polizia. 
L’aereo, un Falcon-50, si è scontrato contro uno spazzaneve mentre decollava. Nell’incidente sono morti anche i tre membri francesi dell’equipaggio. 
L’incidente è avvenuto alle 11.57 di lunedì sera. La visibilità al momento della tragedia era di 350 metri, hanno spiegato le autorità aeroportuali all’agenzia Tass. 
Il portavoce del comitato di investigazione russo, Vladimir Markin, ha detto che il conducente dello spazzaneve, che non è rimasto neanche ferito, era ”sotto l’influenza dell’alcol”. 
Arrivano anche le condoglianze alla famiglia dell’imprenditore da parte di Vladimir Putin che aveva trovato in de Margerie un alleato importante contro le sanzioni imposte dall’Unione Europea. Il presidente russo “conosceva de Margerie da molto tempo e ha mantenuto uno stretto contatto di lavoro con lui”, ha detto il portavoce del CremlinoDmitry Peskov. Putin, ha aggiunto il portavoce, “apprezzava molto le qualità imprenditoriali di de Margerie, così come il suo impegno convinto per la promozione delle relazioni tra Russia e Francia e della loro mutua cooperazione”.
La notizia della morte di de Margerie, che aveva 63 anni e guidava Total dal 2007, è stata confermata dalla società in due note: la prima esprime cordoglio e vicinanza alla famiglia del manager e dei membri dell’equipaggio del Falcon, la seconda annuncia l’immediata convocazione del consiglio di amministrazione. La Total, dopo l’annuncio della morte, ha perso il 2,2% sulla Borsa di Parigi.

sabato 1 marzo 2014

Kiev: "La Russia ha inviato 2000 parà". Obama: "L'invasione avrebbe un costo"



Pericolosi venti di guerra in Crimea. Kiev grida all'invasione: Mosca avrebbe inviato 2.000 parà. Dalla Casa Bianca filtra la notizia di un possibile boicottaggio del G8 di Sochi a giugno da parte del presidente Usa. Il presidente ucraino Turcinov accusa apertamente la Russia di voler provocare un conflitto. Putin chiama Merkel, Cameron e Van Rompuy: evitare escalation di violenze.

Non nasconde la sua determinazione Barack Obama quando entra nella sala conferenze della Casa Bianca. Deve parlare di Russia, di Ucraina. Il suo tono è molto deciso e preoccupato: le informazioni che arrivano dalla Crimea non sono molto rassicuranti. 

"Gli Stati Uniti - dice il presidente - sono profondamente preoccupati dalle informazioni di movimenti di militari della Federazione Russa in Ucraina". 
Obama, che ha disertato i Giochi di Sochi, ammonisce Mosca: "Ogni intervento armato nella crisi ucraina sarebbe profondamente destabilizzante per l'Ucraina e potenzialmente pericoloso" e, "sarebbe una chiara violazione dell'impegno russo al rispetto dell'indipendenza, della sovranità e delle frontiere dell'Ucraina, delle leggi internazionali". 
Soprattutto, sottolinea Obama, avrebbe "un costo". Possibile boicottaggio del G8 di Sochi Le questioni sul tavolo sono tante. In più - cosa che se succedesse potrebbe davvero scatenare una serie di problemi internazionali - nella notte, proprio dalla Casa Bianca, è filtrata l'ipotesi che il presidente sta pensando di non partecipare al prossimo vertice del G8 in programma a giugno a Sochi. 
La stessa idea starebbe balendando anche nelle cancellerie degli altri alleati: boicottare il summit. 
Al termine di una giornata contrassegnata da un'escalation di informazioni in arrivo dalla Crimea e da Kiev, il presidente americano ha convocato con un breve preavviso i giornalisti della Casa Bianca e in una breve dichiarazione ha sottolineato che "la Russia ha relazioni storiche con l'Ucraina, comprese relazioni culturali ed economiche, e ha installazioni militari in Crimea, ma ogni violazione della sovranità dell'Ucraina sarebbe profondamente destabilizzante, e questo non è nell'interesse dell'Ucraina, della Russia o dell'Europa". 

"Ogni intervento militare in Ucraina avrebbe un costo" Obama ha quindi sottolineato che un intervento armato russo sarebbe una "interferenza in questioni che devono essere determinate dal popolo ucraino" e "solo pochi giorni dopo che il mondo è andato in Russia per i giochi olimpici, susciterebbe la condanna delle Nazioni del mondo. 

E, certamente, gli Stati Uniti saranno accanto alla comunità internazionale nell'affermare che ogni intervento militare in Ucraina avrà un costo". 
"Alcuni giorni fa ho parlato con il presidente Putin e la mia amministrazione è stata in contatto ogni giorno con i dirigenti russi, e abbiamo messo in chiaro che potrebbero essere parte degli sforzi della comunità internazionale per sostenere la stabilità e il successo di un'Ucraina unita, che è nell' interesse del popolo ucraino ma anche della Russia", ha detto ancora il presidente americano, aggiungendo che "la situazione rimane molto fluida. 
Il vice presidente Biden ha appena parlato con il primo ministro ucraino, per rassicurarlo che in questi momenti difficili gli Stati Uniti sostengono gli sforzi del suo governo e la sovranità territoriale, l'integrità e il futuro democratico dell'Ucraina". Kiev: Mosca ha inviato 2mila parà in Crimea Tensione altissima, quindi, nella penisola ucraina della Crimea. L'Ucraina accusa Mosca di aggressione dopo l'"invasione", come l'ha definita ieri il ministro dell'Interno di Kiev, di due aeroporti in Crimea. Secondo Kiev avrebbe inviato in Crimea 2mila paracadutisti a bordo di13 aerei militari. Onu, Consiglio di Sicurezza straordinario. Usa: serve mediazione internazionale Convocato su richiesta di Kiev, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha tenuto un vertice di emergenza dove l'ambasciatore ucraino, Iuri Sergeyev ha chiesto "aiuto perché si preservi l'integrità territoriale". L'ambasciatrice Usa, Samantha Power, ha chiesto che si attivi subito una "mediazione internazionale" per tutelare l'incolumità e la sovranità del territorio.  Crimea, il controllo di due aeroporti Da tempo la Crimea vive una situazione difficile. La maggioranza della poplazione è infatti di origini russe, pur facendo parte dell'Ucraina. E la rivoluzione di Kiev, nata soprattutto per il desiderio di avvicinarsi all'Europa, in Crimea non piace. Ieri notte due importanti aeroporti della penisola russofona ucraina sono caduti in mano ai miliziani filorussi: quello della capitale Simferopoli e quello di Belbek, a 20 chilometri da Sebastopoli, dove è di stanza la flotta russa del Mar Nero. Non è ben chiaro se gli autori di questi blitz siano paramilitari filorussi o truppe regolari di Mosca, sulle cui mimetiche non c'è alcun segno distintivo. La flotta di stanza nel Mar Nero ha negato qualsiasi coinvolgimento. Kiev denuncia anche la violazione dello spazio aereo da parte di elicotteri russi.  Il presidente ucraino Turchynov: aggressione Crimea finalizzata all'annessione Già ieri mattina il ministro dell'Interno ucraino, Arsen Avakov, aveva accusato Mosca di "invasione armata". Il neopremieri Oleksander Turchynov aveva lanciato un appello a Putin via TV per lo stop immediato dell'aggressione che, secondo Kiev, avrebbe come obiettivo provocare una reazione ucraina e annettere poi con la forza la Crimea. Le forze di Kiev non hanno più il controllo della penisola  Mosca: passaporto russo ai Berkut, le teste di cuoio accusate di violenze contro i manifestanti  Da Mosca, intanto, ieri è arrivata la direttiva al Consolato Russo di Sinferopoli: rilasciare il passaporto russo ai Berkut, le teste di cuoio accusate di numerosi crimini per reprimere la rivolta filoeuropeista anti Yanukovich. Il presidente deposto da Rostov sul Don ha dichiarato che continuerà a lottare per sconfiggere i "giovani neofascisti" e che non si candiderà alle presidenziali di maggio perchè le considera illegittime. E mentre la Procura Generale di Kiev annuncia di aver spiccato mandati di arresto per una decina di figure di spicco del suo regime anticipa anche che chiederà la sua estradizione dalla Russia. Putin: evitare escalation, necessaria normalizzazione Ieri pomeriggio la notizia che da giorni, se non da settimane ci si attendeva: Vladimir Putin ha rotto il silenzio sull'Ucraina. In una nota il Cremlino riferisce che il presidente ha telefonato al premier britannico David Cameron, alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al presidente Ue, Herman Van Rompuy per sottolineare l'estrema importanza di evitare qualsiasi ulteriore escalation di violenza" in Ucraina e "la necessità di una rapida normalizzazione della situazione". "Gli ultimi sviluppi della crisi ucraina - continua il comunicato - sono stati affrontati (nei colloqui) in modo sostanziali.  Yanukovich: no a separazione Crimea da Ucraina, sì a rapporti con Russia E proprio dalla Russia, ieri pomeriggio verso le 14 ora italiana il presidente deposto ucraino Viktor Yanukovich ha tenuto la sua prima conferenza stampa da latitante. L'ex "uomo forte di Kiev" ha fatto sapere che "la Crimea deve rimanere parte integrante dell'Ucraina pur mantenendo legami con la Russia". Di nuovo ha denunciato quello che chiama un golpe per la rottura dell'accordo firmato il 21 febbraio con le opposizioni. Intanto Svizzera, Autria e Lichetenstein hanno congelato i beni di una ventina di leader ucraini. Lui compreso.  Kiev: caccia a Yanukovich e ai suoi fedelissimi Il nuovo governo chiederà alla Russia l'estradizione di Yanukovich mentre cerca i suoi uomini forti all'interno dei confini nazionali. La Procura Generale ucraina ha spiccato mandati d'arresto a carico di dieci esponenti del passato regime tra cui Viktor Pshonka, gli ex ministri dell'Interno e della Giustizia. L'accusa, per tutti, è di concorso in strage.  

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/ucraina-obama-kiev-russia-usa-putin-8774cbfb-3112-46f6-a54b-eded47379f02.html

martedì 27 agosto 2013

Siria, Usa verso attacco anche senza ok Onu. Cancellato vertice con Mosca.

Siria, Usa verso attacco anche senza ok Onu. Cancellato vertice con Mosca


Obama, secondo quanto anticipato dal Washington Post, valuta un intervento a Damasco a prescindere dal via libera del Consiglio di sicurezza, dato il veto certo della Russia. Ma l'Iran avverte: l'azione avrebbe “gravi conseguenze” in “tutta la regione mediorientale”.

Un attacco limitato, della durata di “non più di due giorni”, per fermare la guerra in Siria. Il presidente Usa Barack Obama, a fronte degli scontri a Damasco, sta valutando anche questa opzione per rispondere all’uso di armi chimiche del regime di Bashar al-Assad. Un intervento da portare a termine anche senza il via libera dell’Onu, dato il veto certo della Russia. E proprio il sicuro no di Mosca ha spinto gli Stati Uniti ad annullare il vertice bilaterale tra i due Paesi. L’Iran spinge però verso una soluzione politica e si augura che i “leader europei” prendano “sagge decisioni” evitando l’attacco che, spiegano da Teheran, avrebbe “gravi conseguenze” in “tutta la regione mediorientale”.
Gli Stati Uniti intanto proseguono le consultazioni con gli alleati e avrebbero abbandonato le speranze di ottenere un’autorizzazione all’azione da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, visto che la Russia voterebbe certamente contro. E la tensione tra i due Paesi ha portato Washington ad annullare l’incontro all’Aia per la discussione della convocazione della conferenza di pace sulla Siria. La tempistica dell’attacco – afferma il Washington Post – dipenderebbe da tre fattori: il completamento del rapporto dell’intelligence che determini la colpevolezza del regime di Assad, le consultazioni con gli alleati e il Congresso e una giustificazione a intervenire in base alla legge internazionale. Gli avvocati dell’amministrazione starebbero infatti esaminando una possibile giustificazione legale sulla base della violazione delle norme internazionali che vietano l’uso di armi chimiche o una richiesta di assistenza da parte di uno stato vicino, come laTurchia. Nei prossimi giorni le agenzie di intelligence rappresenteranno informazioni che sostengono la tesi dell’uso di gas da parte del governo di Assad, incluse intercettazioni radio e telefoniche fra i comandanti dell’esercito siriano. “Un’azione militare – afferma la stampa americana citando fonti – potrebbe essere ancora evitata in caso di un dietro front del governo di Assad e del governo russo che lo appoggia. Ma le attese che questo possa accadere sono basse”.
Tuttavia, in un’intervista all’emittente al-Manar il ministro dell’Informazione di Damasco, Omran al-Zoubi nega che la Siria abbia utilizzato armi chimiche e ha aggiunto che ”gli Usa non ne hanno alcuna prova”. Nel caso gli ispettori Onu al contrario potessero dimostrarne  l’utilizzo, la responsabilità cadrebbe sulle “bande terroriste”, termine con cui il regime si riferisce ai ribelli. “Qualsiasi aggressione alla Siria è illegittima”, ha precisato al-Zoubi, aggiungendo che “il team Onu incaricato di indagare sull’uso di armi chimiche in Siria non ha ancora completato la sua missione e non ha redatto un rapporto in merito. I siriani – ha concluso – non hanno altra scelta che difendere il loro Paese”.
Sull’ipotesi di un attacco americano, il portavoce iraniano, Abbas Araqchi, ha precisato che le “gravi conseguenze” sarebbero provocate da “qualsiasi azione militare” contro la Siria e ha sottolineato che questo è il momento di essere cauti per evitare che la situazione vada “fuori controllo”: uno sviluppo, ha detto il portavoce iraniano, “che speriamo non accada”. Teheran comunque, ha annunciato Araqchi, farà “del suo meglio” per evitare un conflitto e “speriamo che tutti tornino indietro” alla ricerca di una “soluzione politica”.