Il vento populista che ancora soffia potrebbe tornare presto anche da noi e le vecchie caste politiche e giornalistiche tremano. Pensavano che la loro vittoria restauratrice fosse definitiva e di essersi tolti per sempre dai piedi quei bifolchi populisti. Ed invece no. Stravince Trump mentre in Europa imperversa il voto di protesta e l’astensione. Anche da noi, dove le vecchie caste erano convinte che passata la sbornia populista gli elettori sarebbero tornati all’ovile ed invece non vota più nessuno e ancora meno leggono i loro giornali. Il popolo preferisce farsi gli affari propri che sostenere un sistema in cui non si riconosce e detesta. Ne ha tutto il diritto e in una democrazia sana non deve essere il popolo a cambiare, ma la politica. Una democrazia sana comprende il malcontento e cerca di rappresentarlo, non di sopprimerlo come successo da noi. In Italia il popolo ha votato cambiamento radicale e si è ritrovato la restaurazione. Ed ecco i risultati. Il fossato tra popolo e classi dirigenti ha raggiunto proporzioni spaventose. Siamo una democrazia senza popolo e quindi spenta e ammosciata. Un paese politicamente inconsistente. Senza rotta, senza idee, senza slancio. In mano a vecchie caste politiche e giornalistiche che se la cantano e se la suonano tra loro mentre procediamo a rimorchio di un’America che ci ripudia e di un Europa che non esiste. Davvero una bella vittoria per i restauratori. Con la ciliegina della guerra tornata di moda. In Italia i populisti erano i vituperati gialloverdi che al governo hanno riacceso la luce dopo decenni di buio pesto. Il problema è che quella luce si è rispenta solo un anno dopo. Un po' colpa loro, un po' degli altri, sta di fatto che oggi di quella stagione rimane poco o nulla, ma l’astensionismo di massa e la stracciante vittoria di Trump confermano che i populisti nostrani hanno tirato i remi in barca troppo presto. È mesta cronaca. Quando la verde bolla salviniana esplose, gonfiò quella grigiastra della Meloni, ma da quando i fratelli d’Italia sono al potere, di populismo se n’è visto ben poco. Tipico. In campagna elettorale leoni, nei palazzi pecoroni. Già, imperversa l’era del pensiero unico neoliberista e quindi del conformismo di natura egoistica un po' ovunque. Anche i gialli del Movimento si sono dati una calmata e da anni fanno la corte al Pd per essere accettati al camposanto della fu sinistra, per aderire cioè ad un establishment che un tempo volevano cacciare. Una inspiegabile strategia suicida ma pare che le ennesime emorragie di voti abbiano fatto sorgere qualche dubbio ai reggenti. Meglio tardi che mai. Del resto il messaggio che giunge dall’America è chiaro. I populisti devono rimettere i remi in acqua e ricominciare a remare contro un establishment e un modo di fare politica che ha fatto il suo tempo. Già, ma gialli e verdi hanno un grosso problema di credibilità dato che la loro occasione storica l’hanno sprecata. Non gli basterà togliersi le cravatte e rimettersi le magliette, non gli basterà tornare a parlare come mangiano o un nuovo logo. Perfino una totale rifondazione potrebbe non bastare. L’uomo brand Trump ce l’ha fatta a tornare in sella, ma lui non ha mai rinnegato il suo populismo e un sistema bipartitico lo ha favorito. Da noi vedremo, di certo vi sono praterie politiche immense per nuovi movimenti che dalla società civile abbiano l’ambizione populista di rimettere il popolo al centro della democrazia e concretizzare politicamente le loro nuove consapevolezze. Una battaglia sacrosanta. La politica deve rappresentare il popolo non i politicanti e i loro amichetti delle lobby. La democrazia deve esprimere in maniera genuina la volontà popolare che piaccia o meno a Lorsignori. Già, i restauratori si sono illusi e gli ex populisti si sono arresi troppo in fretta, ma i popoli non tornano mai indietro perché sono espressione della storia e quindi evolvono con essa. Lorsignori possono ostacolare il cambiamento ma non fermarlo. E il salutare vento populista che ancora soffia potrebbe presto tornare anche da noi.
Nessun commento:
Posta un commento