di Andrea Scanzi
L’abbiamo attesa a lungo, per anni e per decenni. Cercavamo un’alba, un’eroina, una condottiera. Ed eccola, alfine: Laura Ravetto.La sua definitiva consacrazione si è avuta due giorni fa a Ballarò. Nulla sarà più lo stesso. Così come esiste una datazione avanti e dopo Cristo, d’ora in poi dovremo parlare di un’era pre-Ravetto e un’era post-Ravetto. Prima di Lei era solo tempesta e nebulosità. Ora la nebbia è fugata, il cuore sgombro e la mente aperta.
Vamos.
Laura Ravetto si è manifestata trillando e vibrando. Letteralmente. Durante gli interventi di Maurizio Gasparri (scusate) e Nichi Vendola, tra un Tabacci e un vaffanculo, si sentivano le tipiche scariche dei cellulari quando non sono stati spenti durante una diretta. Una, due, tre volte.
A vibrare, d’ardimento e passione, era proprio il telefono di Laura Ravetto, L’opposizione, guevarista e totalitarista, ha sostenuto che la biondocrinita pasionaria pidiellina tenesse acceso il cellulare per ricevere suggerimenti da qualche talpa azzurra. Insinuazione di esorbitante gravità. La Ravetto sapeva benissimo cosa dire. Non le si insegna nulla. Figurarsi: mica è comunista.
Quando Giovanni Floris le ha chiesto genericamente di “spegnere il telefonino”, si presume per una discutibile forma di par condicio elettromagnetica, Laura Ravetto ha risposto con erculea fierezza: “Non è un telefonino, è un Blackberry“.
Risposta meravigliosa, ne converrete. Diremmo anzi epocale. Sarebbe come dire: “Non è una macchina, è una Golf”. Oppure: “Non è un musicista, è un chitarrista”. Meglio ancora: “Non è un politico, è Cesare Salvi” (e questa già andrebbe bene).
Così profferendo, la Ravetto ha giustamente sottolineato con nettezza il suo status sociale. Suo e della sua classe (va be’) politica (va be’): lei non ha un semplice telefonino. Lei ha lo smartphone. Lei ha - addirittura - il blackberry. Mica è grigia e vecchia come quelli di sinistra.
A una prima analisi, Laura Ravetto sembrerebbe ricordare la parodia (audio, non video) della Miss Italia “acculturata” del programma 610 di Lillo e Greg. E’ però solo una sensazione anarchica, dettata dal vostro pregiudizio complottistico, calunnioso e criminoso. Vergognatevi.
La timbrica ravettiana, per quanto soave, è lievemente increspata, a metà strada tra l’afonia di un muezzin con la raucedine e un topinambur incastrato nelle adenoidi. La gestualità è guerreggiante, lo sguardo denota austero cipiglio. Tutto in lei ha un che di definitivo, di inesorabile: di ineluttabile, come una t-shirt di Calderoli. Non di rado suole increspare le labbra, come se mortalmente offesa dalla pochezza che la circonda (è solo un caso che a Ballarò avesse accanto Gasparri).
L’abbiamo attesa a lungo, per anni e per decenni. Cercavamo un’alba, un’eroina, una condottiera. Ed eccola, alfine: Laura Ravetto.La sua definitiva consacrazione si è avuta due giorni fa a Ballarò. Nulla sarà più lo stesso. Così come esiste una datazione avanti e dopo Cristo, d’ora in poi dovremo parlare di un’era pre-Ravetto e un’era post-Ravetto. Prima di Lei era solo tempesta e nebulosità. Ora la nebbia è fugata, il cuore sgombro e la mente aperta.
Vamos.
Laura Ravetto si è manifestata trillando e vibrando. Letteralmente. Durante gli interventi di Maurizio Gasparri (scusate) e Nichi Vendola, tra un Tabacci e un vaffanculo, si sentivano le tipiche scariche dei cellulari quando non sono stati spenti durante una diretta. Una, due, tre volte.
A vibrare, d’ardimento e passione, era proprio il telefono di Laura Ravetto, L’opposizione, guevarista e totalitarista, ha sostenuto che la biondocrinita pasionaria pidiellina tenesse acceso il cellulare per ricevere suggerimenti da qualche talpa azzurra. Insinuazione di esorbitante gravità. La Ravetto sapeva benissimo cosa dire. Non le si insegna nulla. Figurarsi: mica è comunista.
Quando Giovanni Floris le ha chiesto genericamente di “spegnere il telefonino”, si presume per una discutibile forma di par condicio elettromagnetica, Laura Ravetto ha risposto con erculea fierezza: “Non è un telefonino, è un Blackberry“.
Risposta meravigliosa, ne converrete. Diremmo anzi epocale. Sarebbe come dire: “Non è una macchina, è una Golf”. Oppure: “Non è un musicista, è un chitarrista”. Meglio ancora: “Non è un politico, è Cesare Salvi” (e questa già andrebbe bene).
Così profferendo, la Ravetto ha giustamente sottolineato con nettezza il suo status sociale. Suo e della sua classe (va be’) politica (va be’): lei non ha un semplice telefonino. Lei ha lo smartphone. Lei ha - addirittura - il blackberry. Mica è grigia e vecchia come quelli di sinistra.
A una prima analisi, Laura Ravetto sembrerebbe ricordare la parodia (audio, non video) della Miss Italia “acculturata” del programma 610 di Lillo e Greg. E’ però solo una sensazione anarchica, dettata dal vostro pregiudizio complottistico, calunnioso e criminoso. Vergognatevi.
La timbrica ravettiana, per quanto soave, è lievemente increspata, a metà strada tra l’afonia di un muezzin con la raucedine e un topinambur incastrato nelle adenoidi. La gestualità è guerreggiante, lo sguardo denota austero cipiglio. Tutto in lei ha un che di definitivo, di inesorabile: di ineluttabile, come una t-shirt di Calderoli. Non di rado suole increspare le labbra, come se mortalmente offesa dalla pochezza che la circonda (è solo un caso che a Ballarò avesse accanto Gasparri).
Reperto Ravettiano Uno: “Se non avessimo il Lodo Alfano, adesso probabilmente avremmo un Presidente del Consiglioooooo che senza probabilmente (lo vogliamo dire un’altra volta, “probabilmente”?) motivazioni realiiiii, sarebbe impegnato nelle aule giudiziarie invece di essere potuto (sic) ehmmh ggghuh (ogni tanto la Ravetto gargarizza: le serve per rifiatare) impegnare, come ha fatto, (qui comincia a elencare con la mano) 1) nella soluzione dei problemi dell’Abruzzo, 2) nella soluzione dei problemi di ‘apoli, 3) nella soluzione di questo sistema economico e nel sostegno aaai nooostri… (qui non le veniva la parola, si presume difficile)… cittadini (no, non era una parola difficile)”.
Traduzione. I processi sono dei sequestri (nota a margine: la Ravetto è avvocato). Berlusconi è un martire che lavora per noi. Berlusconi in pochi mesi ha risolto tutto. La Ravetto conosce una città chiamata ‘Apoli. La Ravetto gargarizza con sagacia. La Ravetto ha un uso disinvolto della lingua (in senso grammaticale, non fraintendete).
Reperto Ravettiano Due: (Alza con cipiglio la mano sinistra, sdegnata dal consesso). “Registro che sono circondata da garantisti… (lunga pausa di sgomento)… una sentenza verso un soggetto in primo grado… registro qui (indica teatralmente e con viva repulsione la misera plebe)… che siamo-circondati-da-garantis… (detto senza prendere fiato, troncando il finale e tradendo fretta improvvisa: forse la batteria del Blackberry si stava scaricando). E vengono attribuite delle questioni relative al Presidente del Consiglio Berlusconi che non è neanche coinvolto in questa situazione. (eh?) E scusate (di nulla, anzi è un piacere)… prendo atto che siete tuuuuuuttiiii (si noti l’insistito allungamento di vocali, à la Ivano Fossati ne La pianta del tè) al corrente di atti processuali… e prendo atto…”. Qui non prende atto e, di colpo, si ferma. Come se stanca di se stessa (e se fosse così, avrebbe il nostro plauso).
Traduzione. L’opposizione è garantista solo quando le conviene. Berlusconi non è implicato nel processo Mills. La Ravetto forse ascolta Fossati (ma di nascosto, ché è comunista pure lui). La Ravetto ritiene che tutti siano al corrente di atti processuali (magari più di lei). La Ravetto è una che prende atto. A differenza di voi (che siete comunisti).
Reperto Ravettiano Tre: “No ma ‘eamente (crasi ravettiana della parola “veramente”, NdA)… cioè… (inizio rutilante, ma il meglio deve arrivare). Allora… Parliamo di evidenti… che si portano avanti da anni…tentativi struuuuumentaaaali di processare il Presidente del Consiglio… fatti… ipotetici… non dimostrati…di quindici anni fa e oggi sento dirmi queste cose perlopiù-scusate-andiamo-sul-giuridico (sì, il Blackberry si stava scaricando). “Non ci sarà il processo”… si tratta di processi eventualmente congelati in frigorifero. Il Presidente del Consiglio quando non sarà più Presidente del Consiglio (ma una virgola?) verrà per l’ennesima volta sottratto alla sua vita dalla magistratura che tenterà in tutti i modi ancora di dimostrare cose (ma una virgola?) che non ha mai verificato e che si sono sempre ehmggeeggh (gargarizzazione) rivelate inveritiere (sic) punto” (ma niente virgole).
Traduzione (qui improba). I magistrati fanno i dispetti a Berlusconi. L’eventuale processo a Berlusconi è solo congelato (falso: grazie al Lodo Alfano il processo andrà avanti solo per Mills; quando Berlusconi non sarà più Presidente del Consiglio - mai - non potrà avere più la stessa corte e si dovrà ripartire da capo. Ovvero prescrizione assicurata).
Concludendo. La Ravetto è una che non ama le virgole. La Ravetto ha bisogno di una nuova batteria per il Blackberry. La Ravetto è una che ama allungare le vocali. La Ravetto è una che ama abbreviare la democrazia.
E ora scusate, vado a chiedere a Laura Ravetto l’amicizia su Facebook.