giovedì 1 ottobre 2009

Abruzzo


Il campo di nessuno sono una dozzina di tende che si fanno compagnia, strette l’una all’altra, in un piazzale che è diventato una discarica, tra brande e cartoni, materassi e barattoli. Tende dove abitano ancora la famiglia indigente, la signora disabile, il tossicodipendente, i paria del terremoto. Il campo di nessuno è quel che resta della tendopoli di piazza d’Armi – il simbolo dell’emergenza: più di 2500 sfollati presenti, per mesi l’antenna di ogni malessere e di ogni collegamento tivù –, smantellata in gran fretta un mese fa, con foglio di via per i residenti, spediti altrove. Verso camere d’albergo e provvisori appartamenti, lontani anche cento chilometri, in attesa del nuovo alloggiamento, quando e se verrà: tutto dipenderà dagli ultimi controlli sul censimento, dalla lista di collocazione, dall’alfabeto (A, casa agibile; B, che necessita lavori; C, maggiori lavori; E, inagibile; F, irraggiungibile) della propria abitabilità. Perché, sei mesi dopo, il futuro è una questione di lettere. E di numeri: 30mila persone da sistemare, di cui 9mila ancora in tenda tra i campi ufficiali, quelli chiusi a metà e l’anarchia di chi l’ha montata davanti a casa sua.

Scarica la prima parte della Silvio Story

E i soldi, all’improvviso, tanti, a fiumi, piovvero dal cielo.
Anzi dal soffitto, un soffitto buio, oscuro.
Nanni Moretti ne Il Caimano racconta così, nel 2006, l’origine della fortuna di Silvio Berlusconi. La verità è che nessuna delle sedici inchieste giudiziarie avviate, per lo più dal 1994 in poi, nei suoi confronti - reati in parte archiviati, per lo più prescritti o cancellati da aministia - è mai riuscita ad accertare chi c’era dietro le finanziarie svizzere che tra gli anni Sessanta e Settanta hanno concesso al giovane imprenditore accessi illimitati al credito, a fideiussioni e a garanzie bancarie.
È questo il nulla da cui emerge l’uomo del miracolo italiano. La Silvio Story va a ripercorrere gli anni dalle origini fino alla discesa in campo, alla nascita di Forza Italia. Ritrova Berlusconi ragazzino, lo segue negli anni del boom edilizio, quando diventa Sua Residenza prima ancora che Sua Emittenza. Mette gli occhi nei segreti della Banca Rasini finita poi al centro di inchieste sul riciclaggio di denari di Cosa Nostra. Racconta il gioco delle matrioske delle finanziarie svizzere, un labirinto senza uscita. Osserva il suo rapporto con le donne, con la prima moglie e poi con Veronica. A Berlusconi è sempre piaciuto fare il gallo e il macho. E vantarsene. Ognuno di noi ha attitudini congenite: lui è sempre stato attirato dalla bugia perché le immagini sono più importanti dei fatti, e il fine ha sempre giustificato i mezzi, truccare concessioni edilizie, aggirare norme, farsele fare su misura come accadde per le tivù. Ecco le prime otto puntate della Silvio Story. Accanto alla biografia non autorizzata, un’intervista, un intervento di autore, un’analisi, illuminerà un aspetto della story.

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http://www.unita.it/news/italia/89024/scarica_la_prima_parte_della_silvio_story

http://cerca.unita.it/?key=silvio+story&first=1&orderby=1&dbt=arc

Gli evasori fiscali hanno un nuovo inno: “Meno male che il Pd c’è!”

di Alessandro Robecchi, da alessandrorobecchi.it

Un sincero ringraziamento al Partito democratico e ai suoi leader che lottano per la segreteria è venuto ieri sera da mafiosi, evasori fiscali, riciclatori di denaro, appassionati del falso in bilancio e delinquenti vari che per anni hanno sottratto soldi al fisco e dunque ai cittadini italiani.

Ieri alla camera si votavano le eccezioni di costituzionalità del famoso Scudo Fiscale di Tremonti, un condono tombale per evasori fiscali che hanno accumulato all’estero oltre 300 miliardi di euro.

Il Pd ha urlato, ha strepitato, si è opposto con tutte le sue forze. Ha scritto cose terribili sul suo sito, come per esempio che nello Scudo Fiscale c’è l’impunità per il falso in bilancio, che "Mediolanum già ne approfitta".

Sul sito del Pd ieri c’era un titolo che parlava chiaro: "Evasori e mafiosi, ecco chi ci guadagna con Tremonti". Coraggiosi, eh? Il segretario Franceschini ieri ha tuonato: "E’ uno schiaffo a tutti gli italiani onesti!".
Bravo! Purtroppo, la mozione sulla incostituzionalità dello Scudo non è passata. La mozione è stata battuta con 267 no, 215 sì e 3 astenuti.
Sarebbe bastato che i deputati del Pd fossero andati a votare.
Non tutti, ma qualcuno in più.

Erano invece assenti in 59, più di uno su quattro ha deciso che aveva di meglio da fare che combattere mafiosi e evasori.
Il Pd ha dunque oggettivamente regalato lo Scudo Fiscale al governo Berlusconi.

Bersani? Non c’era. D’Alema? Non c’era. Franceschini? Non c’era. Di fatto una vera e propria astensione: assente il 27 per cento del partito, complicità sufficiente a far passare la truffa dello Scudo Fiscale (che si poteva agevolmente bloccare per sempre) su cui oggi si vota la fiducia.

La base del Pd, ammesso che ci sia ancora una base, fa incetta di sacchetti per il vomito.

Gli evasori fiscali, invece ringraziano sentitamente e ieri sera hanno posto una targa che ricorda la luminosa giornata del Partito democratico e il suo prezioso apporto alla giustizia in Italia.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/gli-evasori-fiscali-hanno-un-nuovo-inno-%e2%80%9cmeno-male-che-il-pd-c%e2%80%99e%e2%80%9d/

mercoledì 30 settembre 2009

Berluscones in fuga




Nasce il primo sito per segnalare tutti gli ex fan del premier che hanno annusato l'aria e stanno cambiando parte politica. Un'iniziativa aperta a lettori e utenti della Rete, che possono mandare le loro segnalazioni.

Dopo l'ex vicedirettore del "Giornale" Paolo Guzzanti, il repubblicano Giorgio La Malfa e l'ex presidente del Senato Renato Pera. Le file degli ex berlusconiani d'assalto che ora si dichiarano «delusi dal premier» vanno ingrossandosi. Un problema di coscienza e di risveglio democratico? O un tentativo di scappare dalla nave prima che affondi, nella speranza di riciclarsi quando la caduta sarà avvenuta?


Nell'incertezza, è nato in Rete Topini in fuga, il primo sito a cui si possono segnalare i salti di barricata degli "azzurri".

Gradite soprattutto le indicazioni che sfuggono ai più: quelle locali, su assessori e consiglieri che dopo aver fiutato l'aria passano dall'altra parte. Ma anche editorialisti cartacei e non, dirigenti del sottopotere e semplici dirigenti o quadri del Pdl. L'Italia, si sa, è sempre quella del 25 aprile, quando in piazza e per strada non si trovava più uno che si dichiarasse fascista. Il sito Topini in fuga vuole essere quindi un elenco preventivo per elencare i voltagabbana più lesti. Dateci dentro.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/berluscones-in-fuga/2110947&ref=hpsp

Lo scudo fiscale.

Che schifo, che schifo, che schifo!

Non ho altro da dire su questa legge che probabilmente verrà non solo approvata dal parlamento con il beneplacito della finta opposizione, ma verrà probabilmente anche firmata da Napolitano e, quindi, varata per l'applicazione.

Io misera pensionata e con me tutti gli altri pensionati ed i lavoratori, quelli che ancora un lavoro ce l'hanno, pagheremo tutte le nostre tasse, senza sconti, senza alcuna agevolazione, per ottenere in cambio il niente che ci offrono, c'è, invece, chi, speculando sulla vita dei lavoratori in nero, pagherà solo il 5% degli ingenti capitali fatti sparire nei paradisi fiscali e dei quali non si saprà mai neanche la provenienza.

Danaro proveniente da grosse evasioni fiscali, danaro accumulato per aver utilizzato lavoratori in nero, danaro accumulato per traffico di droga.........

Danaro accumulato sulla vita di quegli eroi morti sul posto di lavoro perchè si è risparmiato sulle misure di protezione!

Questo governo protegge i delinquenti, tartassa i poveri, non è che ci voglia molto a capirlo!

lunedì 28 settembre 2009

La storia di Flavio Briatore.




di Gianni Barbacetto

Ora è fuori dalla Formula 1, Flavio Briatore, dopo essere stato accusato di aver pianificato l’incidente volontario di Nelson Piquet jr, che il 28 settembre 2008 a Singapore ha fatto vincere la Renault di Fernando Alonso e ha soffiato il titolo alla Ferrari. Ma il personaggio ci ha abituato a repentine cadute e a rapide resurrezioni. Briatore ha una storia piena di sorprese, che parte dall’autobomba che nel 1979 uccide il suo primo datore di lavoro, il finanziere di Cuneo Attilio Dutto, e arriva fino ai rapporti con Marcello Dell’Utri. Nel 2007 è stato interrogato a Palermo dal pubblico ministero Antonio Ingroia, nell’ambito di una indagine sul riciclaggio internazionale: «Ho conosciuto alcuni esponenti delle famiglie Gambino e Genovese, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta», ha ammesso Briatore. «Ricordo di averli conosciuti in occasione di un concerto tenuto da Iva Zanicchi e Riccardo Fogli a Brooklyn, erano loro che avevano organizzato questa manifestazione, ma con costoro non ho mai avuto rapporti di nessun tipo». Ecco i passaggi cruciali della sua vita da Formula 1, tratti dal libro “Campioni d’Italia” (G. ?Barbacetto, Tropea editore).

Partenza in salita. Giovanotto, a Cuneo lo ricordano un po’ playboy, un po’ gigolo. Il nomignolo che gli sibilano alle spalle, quando passa sotto i portici di corso Nizza, è Tribüla: in Piemonte si dice di uno che fa fatica, che si arrabatta. Ma Flavio Briatore ha fretta di arrivare. Gli sembra di aver fatto un bel salto quando diventa l’assistente di Attilio Dutto, che tra l’altro aveva rilevato la Paramatti Vernici, una ex azienda di Michele Sindona. Ma alle 8 di un mattino fine anni Settanta, Dutto salta in aria insieme alla sua auto: gran finale libanese per un piccolo uomo d’affari cuneese. La verità su quel botto del 1979 non si è mai saputa; in compenso sono fiorite leggende di provincia, secondo cui a far saltare in aria il finanziere sarebbe stato la mafia.

Di certo c’è solo che il Tribüla, dopo quel fuoco d’artificio, sparisce da Cuneo. Ricompare a Milano. Casa in piazza Tricolore, molta ricchezza esibita, occupazione incerta. Si dà arie da finanziere. Riesce a convincere il conte Achille Caproni a rilevare la Paramatti e ad affidargli la gestione della Cgi, la holding dei conti Caproni. Risultati disastrosi: la Paramatti naufraga nel crac; la Cgi lascia un buco di 14 miliardi. Briatore, però, non se ne preoccupa: per un certo periodo si presenta in pubblico come discografico, gira per feste e salotti con una cantante al seguito: Iva Zanicchi.

Milano da bere. Il Tribüla continua faticosamente a inseguire il colpo grosso, a sognare il grande affare. Nell’attesa, trova una compagnia da Amici miei con cui tira scherzi birboni ai polli di turno, spennati al tavolo verde. Cadono nella rete, tra gli altri, l’imprenditore Teofilo Sanson, quello dei gelati, il cantante Pupo, l’ex presidente della Confagricoltura Giandomenico Serra (che perde un miliardo tondo tondo, in buona parte in assegni intestati a Emilio Fede). Un gruppo di malavitosi di rango, eredi del boss Francis Turatello, aveva pianificato una truffa alla grande e Briatore era a capo di quello che i giudici chiamano “il gruppo di Milano”. Il gioco s’interrompe con una retata, una serie d’arresti, un’inchiesta giudiziaria e un paio di processi. Fede è assolto per insufficienza di prove, Briatore è condannato in primo grado a un anno e sei mesi a Bergamo, a tre anni a Milano. Ma non si fa un solo giorno di carcere, perché scappa per tempo a Saint Thomas, nelle isole Vergini, e poi una bella amnistia all’italiana cancella ogni peccato. Cancella anche dalla memoria un numero di telefono di New York (212-833337) segnato nell’agenda di Briatore accanto al nome “Genovese” e riportato negli atti giudiziari del processo per le bische: «È un numero intestato alla ditta G&G Concrete Corporation di John Gambino. Tanto il Gambino quanto il Genovese sono schedati dagli uffici di polizia americana quali esponenti di rilievo nell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra».

Generali in giro. Nei primi anni Ottanta, il Tribüla entra anche nella vicenda complicata di un pacchetto di oltre 330 miliardi di azioni delle Generali. Protagonisti: Mazed Rashad Pharson, sceicco arabo, e Florio Fiorini, padrone della Sasea ed ex manager Eni. Il pacchetto di Generali passa di mano per sette anni, prima di tornare in Italia, perché diventa la garanzia di opache transazioni internazionali: di petrolio tra la Libia e l’Eni, di armi ed elicotteri da guerra che dopo qualche triangolazione finiscono a Gheddafi malgrado l’embargo. La vicenda è rimasta oscura. Certo è che, nel suo giro del mondo, il superpacchetto di Generali è passato anche per una sconosciuta fiduciaria milanese, la Finclaus, fondata nel 1978 da Luigi Clausetti, ma per qualche tempo nelle mani di Flavio Briatore.

Donne e motori. Dopo l’“incidente” delle bische, Flavio, ricercato, condannato e latitante, proprio alle isole Vergini spicca il volo definitivo verso il successo. Prima della tempesta, ai bei tempi della casa di piazza Tricolore, aveva conosciuto Luciano Benetton. A presentarglielo era stato Romano Luzi, maestro di tennis di Silvio Berlusconi e poi suo fabbricante di fondi neri. Briatore apre alle isole Vergini qualche negozio Benetton, ma fa rapidamente carriera. Come venditore è bravo, la sua specialità sono però gli affari off shore. E che cosa c’è di più off shore della Formula 1? All’inizio degli anni Novanta prende in mano la scuderia Benetton, nata sulle ceneri della Toleman. «La Formula 1 non è uno sport, è un business», ripete il Tribüla ormai arrivato al successo. Da questo business (off shore per definizione, fuori da ogni regola e da ogni trasparenza) sa spremere miliardi. E anche successi sportivi: nel 1994 e nel 1995, con Michael Schumacher come pilota, vince il titolo mondiale. A Londra, dove prende casa, Flavio diventa amico di Bernie Eccleston, il re della Formula 1, ma anche di David Mills, l’avvocato londinese specialista nella costruzione di sistemi finanziari internazionali “riservati”, che ha lavorato per Berlusconi, ma anche per la Benetton.

Stinchi di santo. Negli anni Novanta, Briatore finisce dritto in una megainchiesta antimafia dei magistrati di Catania. Niente di penalmente rilevante, intendiamoci; ma la sua voce resta registrata in conversazioni con personaggi come Felice Cultrera, uomo d’affari catanese ritenuto all’epoca vicino al boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola. Nel maggio 1992, Cultrera si offre come mediatore di un contrasto nella fornitura di motori che era scoppiato tra Briatore e Cipriani jr (il figlio di Arrigo, quello dell’Harris Bar), che diceva di avere alle spalle boss come Angelo Bonanno, Tommaso Spadaro, Tanino Corallo. Pochi mesi dopo, il 10 febbraio 1993, una bomba esplode (è la seconda, nella vita di Briatore) davanti alla porta della sua splendida casa londinese in Cadogan Place, distruggendo una colonna del porticato, sporcando di calcinacci i libri finti della libreria e facendo saltare i vetri tutt’attorno. Ma i giornali inglesi scrivono che Flavio non c’entra: è solo una “piccola bomba” dell’Ira.

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578

Il Fatto Quotidiano - pag 1 del n. 5 anno 1.



http://ia311006.us.archive.org/1/items/IlFattoQuotidianoN527Settembre2009/27primailfattoquotidiano.PDF