martedì 16 febbraio 2010

E al telefono spunta la guerra degli architetti -

16 febbraio 2010

L’appalto per l’auditorium di Firenze e le "sponsorizzazioni di Rutelli e Veltroni"

di
Antonio Massari

Le pressioni di
Walter Veltroni e Francesco Rutelli, le gare aggiudicate prima dell’apertura delle buste, il ruolo devastante della politica che domina gli appalti. Presunzioni. Sospetti. Veleni. Accuse spiattellate al telefono, a partire dal novembre 2007, quando il governo pianifica il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Conversazioni che illuminano la pista investigativa e, passo dopo passo, portano agli uomini chiave della Protezione civile, come Angelo Balducci e Fabio De Santis, entrambi "soggetti attuatori" per il G8 de La Maddalena pochi mesi fa, entrambi arrestati.

Tutto nasce nel 2007: un decreto della presidenza del Consiglio istituisce il "Comitato dei ministri" per organizzare le celebrazioni e pianificare le opere del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Il 20 ottobre 2007 arriva la pubblicazione dei bandi di gara per l’aggiudicazione di 11 lavori. Tra questi, la realizzazione del Nuovo Parco della Musica e della Cultura a Firenze (appalto da 80 milioni di euro) e il Nuovo Palazzo del Cinema di Venezia Lido (72 milioni). La parola chiave, nell’inchiesta della Procura di Firenze sulla Protezione civile, è "sistema gelatinoso". Una definizione data al telefono, dall’architetto
Paolo Desideri, parlando con il suo rivale Marco Casamonti. È il momento centrale dell’indagine.

Su Desideri pende il sospetto, da parte dei colleghi, d’aver vinto la gara di Firenze grazie alle pressioni di Veltroni. Casamonti arriva secondo, nonostante lavori con l’imprenditore
Valerio Carducci, vicino a Rutelli, arrestato cinque giorni fa. L’impresa Baldassini Tognozzi Pontello (BTP) giunge terza. E il suo amministratore delegato, Vincenzo Di Nardo, inizia a lamentarsi telefonicamente: dal "liquido gelatinoso" iniziano a emergere gli altri protagonisti dell’inchiesta fiorentina: il bando di gara è firmato da Angelo Balducci, il commissario delegato è Fabio De Santis. Il bando di gara prevede tre criteri di valutazione: il merito tecnico dell’offerta vale 55 punti, tempo e modalità di esecuzione 10 punti, prezzo 35 punti. Il Palazzo del Cinema di Venezia viene aggiudicato all’impresa Sacaim.

Un ingegnere della
BTP commenta: "...guarda è fatta a tavolino...è troppo evidente...cioè la Sacaim avendo preso il massimo sulla parte tecnica...non era battibile da nessuno...è fatta ad arte". Il trucco, secondo i concorrenti, è semplice: il valore più alto, quello da 55 punti , è ampiamente discrezionale, e viene attribuito alla ditta prescelta con un margine tale da annullare la competizione. Tre ore dopo si sa chi ha vinto la gara fiorentina: la Sac-Igit. L’ingegnere della BTP riferisce ai colleghi che la Sac-Igit, per il progetto, ha avuto 55 punti. Un architetto chiede all’ad di BTP, Di Nardo, chi decide "in questa banda". Gli inquirenti ascoltano la risposta di Di Nardo: "...questo Balducci, che è l’ex provveditore alle Opere pubbliche di Roma, che è l’uomo di Rutelli dentro il ministero...capito?... e sono tutti uomini suoi... De Santis, che ha firmato il progetto è un dipendente sottostante a Balducci, capito?".

Di Nardo chiama Casamonti che, rispetto alla gara di Firenze, dice: "...io so com’è andata e quindi sono sereno...quell’architetto è di Veltroni...e il sindaco
Domeniciha preso gli ordini da Veltroni...è una vergogna...ma che vuoi fare? …detto fra me e te doveva vincere la Giafi...senonché è arrivato l’ordine di Veltroni e quindi... senti Venezia ha vinto perché c’era l’architetto di Rutelli... Lo sai te? … a Venezia ...io lo sapevo da due mesi...non c’era verso". Di Nardo conclude: "O diventi amico di Rutelli o Veltroni o puoi tornare a casa".

Pochi giorni dopo parte l’aggancio tra Di Nardo e De Santis. Il tramite è un altro imprenditore:
Francesco Piscicelli. Il sistema sembra svilupparsi sotto gli occhi degli inquirenti. Che ascoltano un’altra conversazione: Casamonti avrebbe scoperto che, per uno dei progetti in questione, l’impresa vincitrice, avrebbe iniziato a lavorare prima che vi fosse il bando. E avrebbe le prove: "Ho il progetto loro...uno è marcato 3 maggio". Risponde Di Nardo: "Se c’hanno un file datato 3 maggio vuol dire è una gara supertruccata". Quattro mesi dopo, è lo stesso Carducci, l’uomo vicino a Rutelli, che conferma a Casamonti la versione su Veltroni. "Era tutto...a nostro favore...è arrivata proprio tassativamente la telefonata da Veltroni eh! Capito?”. E quando Casamonti chiama "l’architetto di Veltroni", Paolo Desideri, quest’ultimo gli parla di un "sistema gelatinoso": "Le imprese fanno riferimento ad un… un incubatore… stanno immersi in un liquido gelatinoso che – dici giustamente te – è al limite dello scandalo". "È una totale follia - la risposta che arriva da fonti vicine a Veltroni - non sappiamo assolutamente nulla di ciò di cui si parla in quelle intercettazioni".

Da
il Fatto Quotidiano del 16 febbraio

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2439909&yy=2010&mm=02&dd=16&title=e_al_telefono_spunta_la_guerra


Berlusconi : se gli dici di fottersi ci fa un pensierino

Germania: pesante carro allegorico su Berlusconi




DUSSELDORF (GERMANIA) -

Non sono solo Rio de Janeiro e Viareggio che ospitano sfilate di carri a Carnevale.

Ma mentre il sindaco (rigorosamente del Pdl) di Viareggio ha imposto una pesante censura proibendo di fare carri che riguardassero il Presidente del Consiglio, all'estero non si fanno gli stessi problemi.

Per esempio a Dusseldorf, in Germania, hanno fatto il carro allegorico che riguarda Berlusconi.

E, come potete vedere dalla foto, è una rappresentazione molto volgare dei rapporti tra la mafia e il nostro Presidente del Consiglio SIlvio Berlusconi.


Alla luce delle tante dichiarazioni fatte dai vari Spatuzza, Massimo Ciancimino, e da altre decine di pentiti; alla luce delle tante leggi fatte - direttamente o indirettamente - a favore della malavita da questo governo; questa è l'impressione che evidentemente diamo all'estero, o almeno alla Germania.

E non è qualcosa di cui andare fieri, questo è sicuro.



Assalto alla diligenza - Marco Lillo



16 febbraio 2010
Un comitato d’affari padrone delle grandi opere pubbliche Con Bertolaso nel ruolo di "paravento" d’ordinanza.

Dimenticate la brasiliana bionda e l’italiana rossa, la trentenneMonica e la quarantenne Francesca.
Riponete in frigo lo champagne e la frutta dei festini di Guidao Meravigliao, la storia che emerge dai venti faldoni dell’indagine del Ros dei Carabinieri non ha niente a che vedere con questa spruzzata di ragazze e massaggi che sta riempendo le pagine dei giornali da una settimana. L’inchiesta coordinata dalla Procura di Firenze è la fotografia più nitida, spietata e - va detto - anche bipartisan, del grande comitato di affari che si è impadronito delle pubbliche opere in Italia negli ultimi tre anni. C’è anche l’ombra della massoneria e della mafia. Bertolaso fa in questa storia la figura del grande paravento. La sua immagine affidabile ed efficiente si sta rivelando sempre di più funzionale a coprire un grumo di interessi economici che probabilmente era la vera ragione dell’appoggio di chi lo sostiene oggi a spada tratta. Probabilmente Bertolaso si è talmente immedesimato nella parte da credere davvero di essere il leader della Protezione civile Spa, al punto da permettersi atteggiamenti arroganti imperdonabili. I Carabinieri allegano anche un’intercettazione del 12 marzo 2009, pochi giorni prima del sisma che ha distrutto L’Aquila. Al dirigente della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, che gli riporta l’allarme lanciato dal ricercatoreGiampaolo Giuliani: “ma chi è questo? Non è la prima volta che succede! Io lo denuncio per procurato allarme e viene massacrato. Quello è un coglione. Va be', quello lo sappiamo che un coglione. Quindi fai fare all’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) che quello lì domani verrà denunciato per procurato allarme e con lui gli organi di stampa che riportano queste notizie che sono notoriamente false”.

Oggi Giuliani a
Il Fatto replica: “io ho corso su e giù per l’Abruzzo perché volevo salvare le vite e lui diceva queste cose su di me”. A parte questa nota di colore su Bertolaso, l’inchiesta si basa su fatti molto più solidi e su migliaia di intercettazioni telefonicheche svelano i meccanismi dell’assalto alla diligenza delle opere pubbliche da parte delle lobby composte di camorristi, imprenditori e politici. I nomi che appaiono nelle intercettazioni sono di primo piano: il ministro delle infrastruttureAltero Matteoli, il coordinatore del Pdl Denis Verdini, il fratello del premierPaolo Berlusconi, il presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro e poi ancora anche i nomi degli ex leader del centrosinistra dell’era Prodi. Paolo Berlusconi è intercettato mentre parla con Angelo Balducci, poi arrestato. E il capo dei cantieri delle strutture del G8 alla Maddalena si lamenta di avere dovuto accettare l’impresa Facchini, che non apprezza, perché è raccomandata daBerlusconi. Ma il vero protagonista del sistema dei lavori pubblici del Pdl è Denis Verdini. Organizza incontri nella sede del Pdl con un altro esemplare di imprenditore-politico come lui, l’eurodeputato Pdl Vito Bonsignore. Verdini teorizza la figura del “polimprenditore”.

Al telefono si vanta di non avere accettato il ministero dell’ambiente, che pure gli era stato offerto da Berlusconi, per avere le mani libere negli affari. Ed effettivamente il banchiere prestato alla politica (è presidente del Credito Cooperativo Fiorentino) sembra più a suo agio quando si parla di società e crediti piuttosto che di strategie. Il politico-lobbista dà il meglio di sé in tandm con l’amico (anche lui imprenditore-onorevole del Pdl)
Rocco Giralda, più noto come editore del Giornale dell’Umbria e presidente della Fondazione Italia-Usa. Giralda è stato fino a pochi anni fa consigliere di amministrazione del cementificio Baretti e punta a ottenere dal più grande gruppo di costruzioni fiorentino, la Btp, una fornitura di calcestruzzi da 40 milioni di euro: quella per costruire l’autostrada del Quadrilateroche unirà Marche e Umbria. Fusi, che nel frattempo sta cercando di vincere una grossa gara nella quale spera di essere appoggiato da Verdini e compagni, però temporeggia . Dopo l’ennesima telefonata a vuoto, Giralda fa scendere in campo Verdini: “Riccardo, sono qui con Rocco che mi domanda: c’è qualche problema lì? Li avete risolti i problemi o no?”. Fusi si mette sull’attenti e balbetta: “no... allora... detto... ascolta me... allora... io venerdì vado giù”. E Verdini, tronfio, rivolgendosi a Girlanda con il tono di chi dice: vedi come fa il bravo? dice a voce alta: “venerdì viene giù, ora te lo passo”. Fusi parte docile: “io quando ti do una parola, è un contratto”. E Fusi: “Riccardo, io sono andato da Denis dicendo ‘dobbiamo sistemare una cosa’ e quindi la posso legare dalla parte mia solo in quel rapporto”. A quel punto Fusi capisce che la cosa si fa delicata e si infuria e chiude subito arrabbiato dicendo: “ma che dici? Io partecipo alla gara e poi non vi devo niente, ciao”. E anche Denis Verdini richiama apposta per dire che la gara che interessa a Fusi e il calcestruzzo che interessa a Girlanda: “sono cose distinte e separate”. E chi aveva mai dubitato del contrario.



Per non dimenticare - Mani pulite - tangentopoli.



In formato pdf l'articolo de "l'espresso" dell'8 marzo 1992:


Per una visione più ampia:


Dal 1992 nulla è cambiato, o quasi, forse solo le denominazioni dei partiti, non certo il comportamento dei politici.

lunedì 15 febbraio 2010

Chi è chi?

Siamo nell'era delle grandi opere:

Il G8 in Sardegna, poi trasferito all'Aquila,

il ponte sullo stretto,

le centrali nucleari,

tutto a nostre spese, contro la nostra volontà.

Ora abbiamo capito perchè: ce lo hanno insegnato, sghignazzando alle tre di notte, i potenti d'Italia, mentre la gente moriva sotto le macerie all'Aquila!

Ora sappiamo anche che sono i potenti di turno a decidere da chi dobbiamo essere governati, i nostri "consensi" non hanno alcun valore, non ne hanno neanche le ideologie: sono soltanto "loro" a decidere per noi.


I Bertoladri - Marco Travaglio