lunedì 8 marzo 2010

La mia lettera al Presidente della Repubblica.

Egregio Presidente,

Ho letto che lei, con la sua firma sul decreto "salva lise" ha voluto:

"garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall'ufficio competente"

Parole sue.

Ora, Signor presidente, Lei sente di poter garantire a noi cittadini che la compagnia di "imbranati" componente la lista che lei ha garantito è in grado di governare una regione?

E' in grado di garantire a noi cittadini che i componenti della lista in questione, ignari delle regole e delle leggi, siano in grado, una volta eletti, di garantirci una sana governabilità in rispetto delle regole e delle leggi?

Il Suo ruolo, Signor Presidente, è garantire il rispetto della Costituzione, l'unica garanzia di legalità e giustizia di un popolo civile, non i politici di turno.

Chi non rispetta la mia Costituzione, non merita rispetto, chi non ne garantisce l'applicabilità, cambiando le regole alla bisogna, non merita il mio rispetto.

Lei, Signor Presidente, non è il mio Presidente!

In fede, Cettina ...........

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La Sua missiva è stata correttamente inoltrata.
Riceverà a breve una e-mail per confermarne l'invio.
La conferma è essenziale ai fini della ricezione e trattazione della sua missiva.

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Il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica ha ricevuto, attraverso il sito web, un messaggio all’interno del quale è indicato l’indirizzo di posta elettronica utilizzato per questa risposta.

Al fine, quindi, di garantire la correttezza dei dati trattati, La invitiamo a cliccare qui per confermare il messaggio già inviato.

Qualora, invece, non avesse inviato alcun messaggio, La invitiamo a cliccare qui.

Per ogni eventuale ulteriore comunicazione, La invitiamo ad utilizzare l’indirizzo https://servizi.quirinale.it/webmail, senza rispondere a questa mail.

Grazie per l’attenzione e la collaborazione.

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Presidenza della Repubblica
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Il messaggio è stato ricevuto.
https://servizi.quirinale.it/webmail/conferma.asp?MsgId=238590&Hash=620ea3f84d0b874c000bf82d115ab6eb&Conferma=1

www.firmoquellochetepare.it






7 marzo 2010
Redazione de Il Misfatto

Par condicio deve essere? E par condicio sia! Napolitano firma tutto! Ormai lo sappiamo e ve lo raccontiamo oggi nell'apertura de il Misfatto.
Ma possiamo noi accettare che il presidente della Repubblica si occupi solo delle alte (ironia?) cariche dello Stato e gli tolga le castagne dal fuoco? E no, vogliamo che firmi a tutti qualcosa! Avete cambiali in protesto, multe inevase, cartelle esattoriali scadute? Scrivetelo a Giorgio! Noi saremo il vostro megafono!
Chiedete a Napolitano che avalli, firmi e sottoscriva una richiesta che vi semplifichi la vita. Perché le regole non esistono. O se esistono sono flessibili. Molto, molto flessibili. Quindi...flettiamo queste regole e buona controfirma Napolitana a tutti!

sabato 6 marzo 2010

Benvenuti nella Repubblica Italiana delle Banane

di Pietro Orsatti - 6 marzo 2010
Questa mattina gli italiani si sono svegliati in un Paese che è si è chiamato fuori dal contesto delle democrazie occidentali.


Con tre articoli in un decreto legge striminzito che fa carta straccia delle regole e del diritto, il nostro Paese ha abdicato all’autoritarismo aziendalista del padrone del vapore, il miliardario gaudente plurinquisito circondato da “yes man” intenti a raccogliere le briciole del banchetto (o forse sarebbe meglio dire gli avanzi del saccheggio). Ci sono voluti solo 35 minuti di consiglio dei ministri, ieri sera, per varare definitivamente la Repubblica Italiana delle Banane. Riammettendo le liste del Pdl con dei cavillucci da avvocaticchi (termine che usato da un altro collega ha scatenato l’ira del destinatario e una querela milionaria) palesemente e formalmente presentate irregolarmente sia in Lombardia che nel Lazio. Non è stato un gesto motivato da chissà quale “emergenza democratica”. È stato un atto di assoluta arroganza, per umiliare ancora una volta laCostituzione, le istituzioni, la Presidenza della Repubblica. Attenzione, parlo dell’istituto della Presidenza della Repubblica e non dell’attuale Presidente Giorgio Napolitano, il quale, cedendo al ricatto e controfirmando quei tre articoli partoriti proprio da una trattativa fra Palazzo Chigi e Quirinale, ha di fatto abdicato.
Ma c’è un altro dato che nessuno, per ora, ha ancora valutato interamente. Gran parte dell’opposizione ha gravemente sottovalutato quello che si stava realizzando. Non credevano che il governo e la maggioranza arrivasse a tanto. Non credevano, soprattutto, che Napolitano avrebbe accettato di controfirmare. Basta andare a vedere le dichiarazioni di Massimo D’Alema e Walter Veltroni di ieri, che pur parlando di errore lasciano spiragli a una soluzione che non fosse quella del Tar.
E a proposito dei Tar, visto che ancora non si sono espressi sui due casi di Lazio e Lombardia, accetteranno di adeguarsi al decreto “interpretativo” o continueranno a seguire alla lettera le norme indicate dalla legge elettorale? Legge elettorale che tuttora è e rimane in vigore, visto che il decreto non emenda ma solo interpreta la normativa. Staremo a vedere. Con ben poche speranza.


Tratto da: orsatti.info




giudice denunciata per ABUSO D'ufficio.wmv


Premiata ditta Verdini & Co. -Peter Gomez

6 marzo 2010
Gli interventi del coordinatore del Pdl su Matteoli per truccare un appalto da 260 milioni di euro a Firenze

Alla fine la fotografia precisa della situazione l’ha scattata lui, il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. A Riccardo Fusi, il big boss della Baldassini Tognozzi Pontello (Btp), che il 5 agosto del 2008 chiedeva una mano per arrivare ad aggiudicarsi i lavori per la costruzione della scuola dei marescialli dei carabinieri a Firenze, Matteoli dopo i convenevoli dice per telefono: “Il tuo complice è già in vacanza però”. Il riferimento è tutto per il corpulento coordinatore del Pdl Denis Verdini, in quei mesi impegnato a testa bassa per far ottenere a Fusi quella commessa da 260 milioni di euro. Verdini, azionista de Il Foglio e presidente del locale Credito cooperativo, usa infatti la politica per fare affari. Nel partito, raccontano gli atti dell’inchiesta sulla cricca della via della Ferratella, lo sanno un po’ tutti. Alcuni parlamentari anzi partecipano con Verdini a incontri in cui si discute di appalti e favori.

Ma è in riva all’Arno che Verdini, con l’aiuto (“non penalmente rilevante” dice il giudice) di Matteoli, compie il suo capolavoro. Fusi che è suo amico da quando i due avevano i pantaloni corti ha un bisogno disperato di lavorare. La
Btp è sì la settima impresa di costruzioni italiana, ma è molto esposta (900 milioni) con le banche. Insomma deve fare cassa. E una delle strade per rimpinguare i suoi bilanci passa proprio per la scuola dei marescialli. L’appalto è già stato assegnato all’Astaldi (vedi articolo a pagina ? 4? ) che ha pure già aperto i cantieri. Ma non importa. Perchè la politica può tutto. Grazie al rapporto diretto con Matteoli, Verdini riesce a far nominare nel gennaio del 2009 uno degli uomini della cricca, Fabio De Santis, provveditore delle opere pubbliche per l’Italia centrale. De Santis non ha i titoli per ricoprire quell’incarico. È solo un dirigente di seconda fascia. A Porta Pia, sede del ministero delle Infrastrutture, i suoi colleghi più titolati protestano. Qualcuno di loro pensa ancora che meritocrazie e regolamenti contino qualcosa. E così, come dice per telefono Claudio Iafolla, il capo di gabinetto del ministro Matteoli, “rompono i coglioni”. Ma l’affare si deve fare, il ministro firma e la nomina arriva.

Tanto che De Santis, il 21 gennaio, scrive a Verdini in un
sms: “Grazie di cuore”. Il coordinatore del Pdl, non lo sa ancora, ma è in quel momento che le cose per lui cominciano a mettersi davvero male. L’accusa di concorso in corruzione, da cui si è già difeso il 23 gennaio scorso in un interrogatorio davanti ai pm di Firenze durante il quale ha finito per ammettere tutto (“pensavo di fare un favore a un amico” si è giustificato Verdini) ruota intorno alla nomina fuorilegge di De Santis. Per i magistrati il funzionario infedele in questo caso non ha ricevuto mazzette, ma si è fatto comprare in cambio dell’anomalo avanzamento di carriera. E poi si è messo a completa disposizione di Fusi e dei suoi amici. Verdini nel suo interrogatorio, sostiene però (in contrasto con quanto risulta dalle intercettazioni) di non aver ben capito perchè la nomina di De Santis fosse tanto importante.

Dice di aver solo intuito che la questione era “legata alla caserma dei marescialli dei carabinieri”. Ma che, in fondo la raccomandazione era per lui un fatto normale. “Sa”, spiega, “io ho un ruolo centrale nella politica... Ho fatto una telefonata al ministro che stava facendo le nomine, sostenendo la cosa. Me l’aveva chiesta Fusi, ma non posso dire di non averne parlato, per esempio, con il senatore
Cingolani, della Commissione lavori pubblici, e con altri parlamentari, perché sono cose di cui si parla”. Una giustificazione che, come sottolinea il gip Rosario Lupo, anche a volerne “dare una lettura benevola fa riflettere sulla scarsa consapevolezza da parte di soggetti che ricoprono cariche pubbliche e comunque ruoli pubblici molto rilevanti circa la negatività delle raccomandazioni specie quando queste riguardano posti di potere e, come nel caso di specie, non dei natura politica, ma tecnica”. Fatto sta comunque che De Santis il suo lavoro (sporco) lo sa fare bene. L’obiettivo è quello di sfilare alla Astaldi l’appalto della scuola. Ma per raggiungerlo è prima necessario fermare i cantieri.

Per questo al provveditorato viene affidata la responsabilità dell’opera, nasce una commissione (di cui De Santis fa parte) che deve giudicare sulla bontà del progetto e il funzionario arriva a rimuovere dall’incarico
Benedetto Mercuri, un dipendente pubblico onesto che si oppone inutilmente alla sospensione. Mercuri tenta di convincere De Santis a recedere dall’idea: “Lì ci stanno 350 operaio che saranno messi in cassa integrazione”, implora. Niente da fare. E il risultato, come finisce per ammettere proprio De Santis in un’intervista, è uno smacco per i contribuenti.

L’operazione in favore di Fusi e Verdini costa. Si rischiano di pagare penali. E così anche se lo stanziamento resterà di 260 milioni di euro il progetto dovrà per forza essere rivisto in modo che la spesa non superi i 200, perchè il resto se ne andrà in risarcimenti. Il coordinatore del Pdl viene costantemente tenuto al corrente da Fusi sugli sviluppi della vicenda. Diventa persino amico di
Angelo Balducci, l’ex braccio destro di Guido Bertolaso, ora in galera. E continua a fare pressioni su Matteoli. Tra Fusi e il ministro, Verdini fissa anche un incontro. Al termine del faccia a faccia l’imprenditore racconta euforico: “Sono uscito ora, si è fatto un programma”. Ma questo, dice il giudice, non è un reato. È solo, diciamo noi, una schifezza.

LEGGI:
Dennis chiama Angelo. Riccardo chiama Altero. Tutti pensano alle Grandi Opere di Antonio Massari

da
il Fatto Quotidiano del 6 marzo



venerdì 5 marzo 2010

Il Droide Stracquadanio, le lettere di Travaglio e molto altro ancora di Andrea Scanzi

Lo so, vi sono mancato. Lo capisco. Mi manco molto anch’io, di solito. Voi, invece, non mi siete mancati affatto. Siete sempre più tristi, comunisti, giustizialisti e insufflati di odio.

Ho però ricevuto molte domande, da parte vostra. Nessuna di esse era pervicace (una delle ultime parole nuove che ho imparato, insieme a parure e atticciato). Ciò nonostante, in virtù della mia spiccata democrazia, e quindi della mia non appartenenza ai vostri consessi eversivi, riuniti in poco allegre assisi (allitterazione), trovo qui attinente elaborare delle congrue risposte.

Vi sarà poi seria e certosina esegesi, la prima di una nuova serie, dedicata aiDroidi Berlusconiani. E sia chiaro che l’immagine Droide Berlusconiano è mia: chiunque la userà senza citarmi, sarà candidato nelle liste del Pd a tradimento.

Cosa hai fatto tutto questo tempo?

Sono andato a letto presto (cit).

Dai, sii serio una buona volta.

Uff, va bene. Ho fatto una luna seduta di trampling estremo con Rosario Dawson, e mi piaceva anche, poi però lei aveva una sessione di facebusting con Bonaiuti e mi ha lasciato. Ci sono rimasto male. Allora, per ammazzare l’attesa, mi sono ubriacato di cedrata guatemalteca allungandola con lo zenzero fermentato in botti di castagno glabro. Quindi, ebbro di effluvi boschivi, ho scritto la biografia di Luigi Amicone. Parlo di quella ufficiale, non il volume apocrifo scritto da quel cazzone dipietrista di Gianni Barbacetto (vi rendete conto dei nomi tristi che avete? Gomez, Barbacetto, Flores d’Arcais. Che razza di cognomi sono? Siete brutti anche all’anagrafe. Vuoi mettere, che so, un bel Porro? Anche solo a leggerlo, uno ha subito voglia di dermatite fulminante). La biografia di Amicone è venuta molto bene. Memorabile, in particolare, il capitolo in cui lui – con toni vibranti e commossi – racconta di quando, durante una recente seduta spiritica con alcuni camerata cattolici, voleva evocare Gianni Baget Bozzo. Solo che, dall’aldilà (tutto attaccato: io so scrivere, men), è spuntato Giolitti. Ne è nato un dialogo che quivi riporto. Amicone: “Giolitti, che onore!”. Giolitti: “E tu chi cazzo sei?”. Amicone: “Ma come? Sono il suo erede”. Giolitti: “Bevi di meno”. Amicone: “Non bevo, Maestro. Si figuri, neanche fumo”. Giolitti: “Ecco, allora vedi di cominciare. Così magari avrai un alibi per tutte le cazzate che dici”. Da tale dialogo, si evince che Giolitti era più sboccato di quanto fosse lecito supporre. Non me l’aspettavo, lo facevo più risorgimentale vecchio stampo.

Che ne pensi di quanto accaduto in Puglia?

Che il Pd ormai perde anche le primarie (questa non è mia, ma di Massimo Garlando).

Guarda che D’Alema è un fine stratega.

Certo. E Lady Serracchiani è l’erede di Nilde Iotti.

Allora D’Alema perché ha candidato Boccia?

Per bocciare una volta di più il pallino della sinistra. O quel che ne resta.

Ti esaltano gli editoriali di Minzolini?

Molto. Oltretutto, rispetto agli strali dell’Istituto Luce, sono pure a colori. Minzolini è bello anche solo a vedersi: sembra Mastro Lindo dopo una centrifuga nel diserbante. Ogni volta che lo guardo, pens0 che sarebbe perfetto nel remake di Ultimo tango a Parigi. Nel ruolo del burro.

Meglio gli editoriali di Minzolini o le volèe di Seppi?

I primi. Almeno, quando sbaglia, Minzolini lo fa apposta.

Hai letto Travaglio?

Sii più specifico, lo leggo sempre (per conoscere il nemico).

Intendevo dire la lettera aperta a Santoro (e le 712 repliche).

Ah, quella. L’ho letta e mi è piaciuta. Gliel’ho anche detto. Due specifiche, però. La prima: quello di Porro e (soprattutto) Belpietro non è contraddittorio, macontroinsultorio. E’ soprattutto così che si muovono i Droidi. Per spostare l’attenzione dal fatto in sé, parlano sopra, provocano, non rispettano i tempi. Veicolano altrove il dibattito, come Berlusconi e Moussolinho (idolo, quest’ultimo, degli interisti di sinistra: tu pensa quanto sono citrulloni a sinistra). Travaglio ha fatto bene, anche se mediaticamente è una mossa in cui ha molto da perdere, perché ora passerà (ci sta già passando) per quello che non accetta le critiche, il permalosone che vuole la pulizia etnica ad Annozero. Marco è uno da monologo, va umanamente in difficoltà nell’head to head, crede così tanto nel suo lavoro da ritenere inconcepibile il colpo basso. Per questo, televisivamente, funziona soprattutto quando fa la sua arringa senza interruzioni. Non è un difetto: è una constatazione (capita anche a Beppe Grillo, per dire). Ma qui veniamo alla seconda specifica: Santoro. Travaglio è così innamorato dei (pochi) che gli danno la parola, da divinizzarli oltremodo. In questo modo si è accorto con anni di ritardo che Santoro è diversissimo da lui. Lui va a nozze nella rissa, è quello che cerca. Chiama Sgarbi (anche) apposta perché insulti Travaglio, chiama Porro e Belpietro (anche) apposta perché provochino Travaglio. Santoro è un gladiatore, un tribuno bravissimo che mira anzitutto (non soltanto, ma anzitutto) all’ascolto. Anche questo non è un difetto: è uno stile. Il fatto poi che spesso Travaglio e Santoro abbiano le stesse idee, è (quasi) una coincidenza. Sono giornalisti diversi, dallo stile opposto: Travaglio va in tivù per esporre dei fatti, Santoro va in tivù per fare la guerra e uscirne vincitore. Forse Marco (e molti suoi lettori) se ne sono accorti solo adesso.

E la replica di Nicola Porro l’hai letta?

Sì, come quella di Feltri. Era chiaro che Porro (che non è il peggiore) facesse la vittima. La sfida in tivù l’ha vinta lui, perché è più abituato a giocare sporco. Nella lettera dice di non avere insultato Travaglio: certo, ma solo se “deficiente” (e sinonimi) non sono un’offesa. Questa cosa dell’insultare (o provocare pesantemente) un avversario, per poi lamentarsi della sua scarsa democraticità non appena (giustamente) lo zimbellato si inalbera, è una delle ultime mode. Soprattutto con l’avvento della Rete. Capita anche a me, nei blog o su Facebook. A me diverte, rispondo a tono, cancello i contatti. Adoro avere un caratteraccio, lo coltivo con efferato narcisismo. Santoro esaspera questo atteggiamento, vantandosi dei suoi spigoli caratteriali in pubblico, elevando l’acclarata antipatia a scudo: in questo modo, nel piccolo schermo, è pressoché inespugnabile (poi in privato è più permaloso di una mina, cit, ma questo è un altro discorso). Travaglio è diverso. Più educato, più irreggimentato, più “classico”: lui ci sta male. Ne soffre. E su questa debolezza si è inserito Porro. Allo scriba del Giornaleva la mia solidarietà, se ha davvero ricevuto minacce rivolte a lui e alla famiglia. Detto questo, spero che provi un briciolo di imbarazzo tutte le volte che va a fare l’utile idiota (cit) in soccorso del vincitore. Quando Porro lamenta lo snobismo di una certa casta giustizialista, insultando Barbara Spinelli e altri ancora, parla di cose molto più grandi di lui (con uno stile peraltro non esaltante). Il fatto, poi, che nella lettera esalti Michele Santoro, è probabilmente sintomatico.

Ti mancherà Annozero questo mese?

No. Almeno eviterò di vedere Morgan che fa finta di essere Captain Beefheart, davanti a Santoro che fa finta di essere Maurizio Seymandi.

Veramente?

No, (un po’) scherzavo. Delle inchieste di Sandro Ruotolo e Corrado Formigli, bravissimi, c’è bisogno. Mi consolerò con Riccardo Iacona (titanico). Senza mai dimenticare un dato di fatto inconfutabile: Annozero non sposta mezzo voto. Radicalizza i punti di vista, favorevoli e contrari. Come Luttazzi, come Grillo, come (i) Guzzanti. Paradossalmente è più pericoloso (per la maggioranza) Floris, perché meno estremista e più capace di spostare voti (anche se non credo sia quello il suo intento). La chiusura di Annozero è un danno qualitativo, ma non avrà alcuna ripercussione sulle urne.

Qual è il tuo programma politico preferito?

I porno.

Ah, non sapevo che ti piacesse Monica Setta.

Eh.

Cosa pensi di Di Pietro che appoggia De Luca?

Che non voterei De Luca neanche sotto tortura, però voi bolscevichi dovete mettervi d’accordo: cosa volete fare da grandi? Dire no e basta? Se è così, allora fate bene ad arrabbiarvi con Di Pietro. Se però il vostro obiettivo è abbattere – a qualsiasi costo – l’anomalia berlusconiana, allora non capisco tutti ‘sti strali. Di Pietro, con la consueta ruspantezza, ha provato a diventare non solo di lotta ma pure di governo. Lo ha fatto male, come spesso gli capita, ma ci ha provato. L’alternativa sono i Casalesi. Cosa facciamo, ragazzi? Continuiamo a guardarci allo specchio, vantandoci di essere gli unici depositari del Verbo e del Giusto, oppure ogni tanto ci sporchiamo le mani?

Hanno bloccato le liste di Formigoni e Polverini.

Le solite toghe rosse.

Cosa ne pensi del popolo viola?

Che il viola ha talento e bellezza, ma non piace agli arbitri.

Ti è piaciuto Giorgio Bocca da Fabiofazio?

Mi è piaciuto come Fabiofazio ha trattato un ospite ingestibile, riuscendo a disinnescarlo mediante domande esistenziali e aneddoti analcolici. In questo è bravissimo. Se un giorno intervistasse il Subcomandante Markos, gli chiederebbe se il passamontagna irrita la pelle o come ha sopperito alla mancanza di bidet.

La Santanché ha fatto pace con Berlusconi.

Mo’ me lo segno (cit).

La Ravetto è diventata sottosegretario.

Non è un sottosegretario, è un blackberry (cit).

Credi in questo governo?

Io credo nella mia cultura e nella mia religione, per questo io non ho paura di esprimere la mia opinione. Io sento battere più forte il cuore di un’Italia sola, che oggi – più serenamente – si specchia in tutta la sua storia (sìììììììììììììììììììììììììììììììì, stasera sono quiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, per dire al mondo e a Dio, Italia amore miooooooo).

Esegesi dei Droidi Berlusconiani

Cosa sono i droidi? Automi, dotati di programmazioni particolari. Il droide è più intelligente del robot ma meno dell’androide. Queste cose le so perché leggo testi importanti, tipo Nathan Never, non come voi che vi finite gli occhi con le seghine apologetiche di Noam Chomsky.
Il droide berlusconiano è multiforme. Può essere porriano, capezzoniano, bondiano, belpietriano, ghediniano, eccetera. Ogni Droide è programmato per difendere Berlusconi, ma le tecniche variano.
Saltuariamente, con scadenza varia perché scrivo quando mi pare, analizzeremo con serie esegesi le dinamiche dei Droidi.

Cominceremo con il Droide Stracquadanio. Già il cognome, a metà strada tra una sciarada dozzinale e una cortese imprecazione, promette molto. E infatti. Il nome, Giorgio Clelio, rimanda all’antica Roma, anche se a guardarlo viene più in mente l’immortale Fortis di A voi romani. “Sui tombini delle fogne/ come tanti scudi antichi/ ci scrivete ancora SPQR/ ma guardatevi, a dottori/ siete molli come fichi/ e poi andiamo non è più tempo di guerre” (uuuuueeeee, lalalalala, glialalala glialalililigliala: trascrizione onomotapeica del vocalizzo originale).

La carriera di Giorgio Clelio Stracquadanio è importante. Membro del Partito Radicale Transnazionale (ehhh?). Equiparazione delle stragi naziste con le azioni militari israeliane in Libano (daje mo’). Editorialista del Tempo. Giornalista e politico. Consigliere del Ministro Gelmini (ahahahahah).

Qualche giorno fa, il Droide Giorgio Clelius II è comparso all’Infedele, il format trotzkista di Gad Lerner. Ne sia quivi riportata trascrizione aurea.

“Che la gente possa essere indispettita quando ci sono malversazioni (parola del Pleistocene), io sono il primo a essere indispettito (e anche il primo a elaborare consecutio temporum ad minchiam). Questo non ci sono dubbi alcuno (anche sulla sua conoscenza della lingua italiana, non ci sono dubbi). Però vorrei… per uscire dal llghh (sì, forse è il caso di uscire dal llghh)… dall’indignazione che diventa poi intignamento (eh, quando diventa intignamento poi non puoi più fare nulla). Sulle stesse questioni, cercare di riportare questa discussione su termini concreti (ad esempio “intignamento”, termine concretissimo – non “indignamento”, come asseriscono gli eversivi che hanno postato il video su Youtube. Stracquadanio fa qui allusione alla tigna, all’incancrenirsi di una data opinione a lui non gradita). La prima considerazione che faccio: io sono un fan del regno di Sua Maestà britannica (e un bello sticazzi ce lo vogliamo mettere?),ma non lomplo (?) non mi permetterei in questi giorni di presentarla come un esempio di etica pubblica visto lo scandalo dei rimborsi falsi che ha coinvolto un numero alto di parlamentari” (una vicenda identica a quella di Bertolaso, come no).

Qui parte un pippone che non c’entra nulla – ovviamente – col tema originario: “i birbantelli”. Andiamo avanti. Stracquadanio, al minuto 2.45, se la prende con il “Dottor Trento” (un dipietrista palesemente empio).

“Forse lei da quando è diventato dipietrista ha perso l’orizzonte della realtà che prima da studioso aveva (classica Tecnica-Droide: nel dubbio, insultiamo Di Pietro. Qualcosa nascerà)… Nooooooo!!! (ma stai calmo, via) perché li avete nominati voi li avete nominati voi (ogni tanto i Droidi vanno in loop) Balducci lo ha nominato il suo capopartito (Di Pietro: il caso Bertolaso è colpa sua, lo si ammetta) quando era Ministro delle Infrastrutture di che stiamo parlando? (boh) Di che stiamo parlando? (ma io che ne so, sei tu che parli: mica io) Allora!!! Ognuno si dghhh si dà si tiene i nominati suoi (ma cosa stai dicendo, Clelius?)Quindi (eh, “quindi”: la fai facile) Balducci Martone in Campania che se dobbiamo fare i processi ai processandi processiamo (???) innanzitutto il Dottor Di Pietro (oh, eccola lì: processiamo Di Pietro. E poi fuciliamolo. Fischiettando e con le mani in tasca)”.

Il linguaggio dei Droidi (Come esasperare il nemico)

La trasmissione va avanti e il Droide Giorgio Clelius II è ormai trasfigurato. Paonazzo, livido, divelto (?) dalla foga oratoria. In studio lo zimbellano tutti, ma lui non se ne accorge (il Droide non percepisce l’ironia). Bruno Tabacci, in uno dei due o tre momenti cazzuti della sua vita, parte con una riuscita invettiva sul senso delle istituzioni e cita il terrorismo.

Il Droide, che nulla sa né di storia (e quindi terrorismo) né di senso delle istituzioni, per un attimo è smarrito. Non favella. Poi però ritrova il consueto piglio demolitorio e, al minuto 7, dà del “cafone” a Tabacci. Ora: dare del cafone a Tabacci, è come dare della “bella topona” alla Binetti: non esiste. Il Droide, con questo insulto fuori target, tradisce così un difetto di programmazione (infatti è usato dal potere solo in contesti meno rilevanti: è un Droide di seconda fila). Peraltro, l’insulto è nato da una frase di Tabacci, “Io non ho padroni, lei sì”, che non conteneva nulla di insultante per il Droide.

Una volta resettati i microchip infuocati, il Droide Stracquadanio ripete: “Io sono calmissimo, lei è moderatore e non può permettere che mi insultino”. Tale frase, lo si vedrà nei prossimi episodi, rientra nei mantra postulatori dei Droidi. La si usa a fine invettiva, dopo avere insultato il mondo, lamentando a propria volta una persecuzione di cui si è improvvisamente oggetti e vittima (come Porro con Travaglio).

Memorabile il minuto 8.25. Il Droide, annoiato perché costretto ad ascoltare una relatrice che parla di donne, la interrompe e butta là una frase lisergica: “Mi permetta (locuzione desunta letteralmente dal Deus ex Droide, il Cavalier Banana) però, quando ne entra qualcuna giovane che non passa attraverso la sinistra viene subito bollata di velina, e questo dipende anchedaghrmrvghr”.

La frase, del tutto priva di logica, è rilevante per l’accenno finale adAnchedaghrmrvghr, verosimilmente la nemesi saudita di Goldrake.

Gran Finale (Perle di Saggezza Stracquadanea)

Ci avviciniamo al gran finale. E’ il minuto 10 del reperto audio-video. Ascoltiamo il Droide Giorgio Clelius II: “Perché lei non chiede a me come sono stato candidato? (se lo chiedono in molti, in effetti). Perché la malizia è nell’occhi (sic) di chi guarda, lo sa, no? (no, e comunque guardando Stracquadanio uno tutto prova tranne malizia. Al massimo, malore). La democrazia rappresentativa è tale se è rappresentativa (perle di saggezza socratica) e nella società c’è tutto (anche gli Stracquadanio) e quindi è giusto che tutti abbiano possibilità di accedere alle cariche pubbliche, o dobbiamo stabilire che esiste un’elite (di cui lui sicuramente non fa parte) della quale (?) possiamo selezionare questa elite (??) deve aver hhhuuuuuuauto (eh, quando una elite non ha hhhhuuuuauto, non è credibile: senza hhhuuuuuauto non vai da nessuna parte, al giorno d’oggi) un curriculum di qualche tipo… Ohhhhhhhh Ooooooohhhhhh (parole forti)… no no (parla da solo) non solo il diritto mi perdoni anche la legittimità politica… La rappresentatività di una società è completa quando ci sono quelli che hanno fatto diversi lavori”.

Adesso che vi sentite tutti più ricchi, satolli di scibile e avvolti nella giusta sicumera democratica, vi saluto. Non prima di avervi ricordato che la malizia è nell’occhi (cit) e voi siete solo capaci di odiare. Mentre noi, noi del partito dell’amore, crediamo nella nostra cultura: cioè siamo agnostici.

P.S. E ora scusate, vado a chiedere l’amicizia a Giorgio Clelio Stracquadanio.


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