“Lo denuncio per procurato allarme e viene massacrato, fai fare all' Istituto di vulcanologia un comunicato che quello lì domani verrà denunciato e con lui gli organi di stampa che riportano queste notizie” disse Bertolaso parlando al telefono con il suo collaboratore Fabrizio Curcio intercettato dai Ros di Firenze. Sul terreno restano fatti scientificamente provati e ignorati dalla Commissione Grandi Rischi e dalla Protezione Civile. Esattamente come accadde nel 1703 quando il sisma uccise 600 persone nella Chiesa di San Domenico mentre pregavano Sant’Emidio, patrono del terremoto. Anche allora vi furono molte scosse prima di quella fatale ma non esisteva una macchina da guerra governata da super Bertolaso che tutto vede e a tutto provvede.
La Protezione Civile non ha neppure allestito un centro di raccolta non ha offerto pasti caldi coperte alle tante persone che da una settimana dormivano in macchina al gelo limitandosi a dire che non c’era alcun pericolo che il terremoto non si può prevedere. Eppure il silenzio sismico degli ultimi 12 anni a cui erano seguiti eventi che avevano rilasciato energie di quella portata era una prova scientifica che in una zona ad alto grado sismico come quella dell’Aquila sarebbe seguita una scossa di intensità superiore. Ma la commissione Grandi Rischi presieduta da Franco Barberi alla presenza del vice di Bertolaso Bernardo De Berardinis, dal assessore regionale della Protezione Civile, al sindaco de L’Aquila, dal direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Boschi dal direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione Civile Dolce riunitasi il 31 marzo in meno di un’ora ha sentenziato che non vi erano elementi per decretare lo stato di allerta scambiando l’enorme scarico di energia per un fatto positivo.
Subito dopo la riunione Barberi chiama Bertolaso: “Stiamo rientrando con Chicco da L' Aquila. Mi sembra che quello che dovevamo fare l' abbiamo fatto, compreso quello di dare qualche parola chiara sull' impossibilità di previsione. Quindi sul fatto che questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità e poi anche una valutazione della situazione che, per quello che si può..., mi pare tutto bene”. Bertolaso: “Okay molto bene”.
Tant’è che il 5 aprile dopo le scosse delle 22,30 e quella di mezzanotte e quaranta, alle persone in strada viene detto di tornare a casa, nei loro letti divenuti per molti una tomba. Curcio chiama Bertolaso: “Un po' di spavento, ma niente di che... Una notizia... Me l' hanno data adesso... C' è stata una replica di un 3.9 e adesso di un 3.5 a L' Aquila”. Il 6 aprile otto minuti dopo la devastazione Curcio chiama Bertolaso: “Parlano di un 5.9 a L' Aquila”; Bertolaso: “Sì, va bene”; Curcio: “Non sappiamo la profondità...”; Bertolaso: “Comunque subito tutti in sala operativa”.
Sarebbe bastato informare la popolazione del pericolo dire di prestare attenzione di dormire in auto come fece Giuliani con circa 200 persone che quella notte si sono salvate grazie al fatto che alcune seguivano il suo sito di rilevamento radon e altre lo chiamavano al telefono. Invece a Giuliani è stato impedito di partecipare alla riunione della Commissione Grandi Rischi in quanto la Protezione Civile lo aveva definito un ciarlatano “Se dovesse arrivare quel tal Giuliani non gli fate oltrepassare la soglia” disse Bernardinis il vice di Bertolaso. Stesso trattamento fu riservato al sismologo ricercatore dell’Università de L’Aquila, Antonio Moretti quando si presentò per dare conto dei suoi studi. “Non abbiamo bisogno di altri esperti siamo al completo”. Testimonianze preziose per i magistrati che sarebbero supportate anche da conversazioni intercettate tra Giuliani il sindaco di Sulmona e Barberi. Nel frattempo Giuliani è stato scagionato il suo studio acquisito da un progetto finanziato dagli Stati Uniti con ricercatori giapponesi che verrà presentato il mese prossimo a Vienna. Mentre i membri della Commissione Grandi Rischi sono tutti al loro posto e Bertolaso è diventato l’eroe della ricostruzione. Sotto le macerie quella notte indimenticabile sono rimasti 308 morti e a distanza di un anno il numero è salito a 2000 tra feriti che non ce l’hanno fatta e persone anziane decedute a causa del trauma psicologico. Sergio Bianchi che ha perso il figlio Nicola di 22 anni ha raccontato ai magistrati che Nicola era preoccupato per le scosse ma anche in qualche modo rassicurato dal fatto che l’Università non era stata chiusa e a lui che non vedeva l’ora di laurearsi era sembrato positivo. Bianchi ha scritto una lettera molto dura a Bertolaso che gli ha risposto concludendo: “Ammetto di far parte di una classe politica che ha sbagliato”. Parole forse sfuggite al controllo di un uomo che ogni tanto dimentica, come è accaduto ad Haiti, di essere al servizio di Berlusconi, che dovrà spiegare ai magistrati che hanno acquisito la sua lettera.
da Il Fatto Quotidiano del 6 aprile 2010
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