5 per mille | ||
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C'è un modo di contribuire alle attività di Emergency a favore delle vittime della guerra e della povertà che non costa nulla: devolvere il 5 per mille della propria dichiarazione dei redditi a Emergency. http://www.emergency.it/menu.php?A=004&SA=021&P=161&ln=It |
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 14 aprile 2010
Oppure destinalo ad "Emergency"
Destina il tuo 5 per mille a Greenpeace.
Destina a Greenpeace il tuo 5x1000. Ci aiuterai a
contrastare i cambiamenti climatici, difendere gli oceani, proteggere le ultime foreste primarie del pianeta, lavorare per il disarmo e la pace, creare un futuro libero da sostanze tossiche, promuovere l'agricoltura sostenibile.
Dare il 5x1000 non significa pagare più tasse, ma decidere di destinarne una parte ad attività sociali.
Sali a bordo con noi, bastano due mosse:
1. Metti la tua firma nel riquadro “Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale...”
2. Inserisci nello spazio “codice fiscale del beneficiario” il codice fiscale di Greenpeace 97046630584.
http://www.greenpeace.it/5permille/
Lettera a Vespa di una cittadina de L'Aquila
13 aprile 2010
Egregio dottor Bruno Vespa,
sono Giusi Pitari, la cittadina aquilana che la sua redazione ha ripetutamente chiamato il 5 aprile in serata e poi il giorno successivo, in mattinata.
Lo scopo delle telefonate era quello di avermi ospite in trasmissione, quella speciale del 6 aprile sera, la giornata del lutto cittadino.
Ho declinato l’invito proprio perché non ritenevo opportuno, nel giorno del lutto, partecipare ad una trasmissione che non sapeva di lutto né di commemorazione, come ho potuto capire quando le sue collaboratrici mi hanno spiegato della presenza di Bertolaso, Chiodi e Cialente. Immagino che lei mi abbia cercato a seguito dell’articolo apparso sul Corriere della Sera che mi definiva “leader” delle carriole. La stampa e l’informazione, in generale, possono fare grandi danni: io non sono il leader delle carriole, perché quel movimento spontaneo ha un solo leader: L’Aquila.
Ad ogni modo, dopo aver seguito la trasmissione credo di aver capito che il suo intento era quello di decapitare il movimento, ma non sarebbe riuscito ugualmente, perché L’Aquila, la mia città è sempre lì, viva, grazie a tutti i cittadini che con carriole o senza carriole, la sognano, la guardano, la ricordano, la amano.
Ricordo perfettamente, e proprio poche ore fa ho rivisto il video, la sua immagine accanto a Bertolaso, dentro un autobus, in giro per L’Aquila, mentre illustravate a tutta L’Italia una delle tante bugie dette a proposito del centro storico e cioè che era di nuovo fruibile agli aquilani che, infatti, potevano vedere di nuovo Piazza Duomo, il Corso, Piazza San Bernardino e il Castello. Era giugno, e le vie riaperte erano effettivamente quelle, con la precisazione che Piazza Duomo era solo per metà aperta, così come il Corso, Piazza san Bernardino non fu neanche accessibile per passarci il Capodanno, e intorno al Castello non si poteva girare per intero.
Così già a giugno si doveva pensare che le case per gli aquilani erano in costruzione e il centro era di nuovo fruibile. Lei, che è aquilano, non può non sapere che il Centro dell’Aquila è grande, grandissimo (170 ettari) e che tutti i centri della città territorio erano ancora completamente inagibili. Invece ha accettato di dar luogo ad una farsa dannosissima per la città.
Ma non è tutto. Durante le telefonate che ho ricevuto tra il 5 e il 6 di aprile, le sue collaboratrici insistevano molto per avermi in trasmissione e, quando ho detto loro “sarà per la prossima volta”, mi è stato risposto: “E’ un’occasione unica, perché si riparlerà dell’Aquila il prossimo anno”. La ringrazio molto per l’attenzione che dedica ad una città capoluogo distrutta ma, data l’informazione che lei fa, è meglio che non ne parli più. Mai più.
Nella trasmissione del 6 aprile, non c’è stato cordoglio, né messaggi di solidarietà ai famigliari delle vittime, cosa che gli aquilani hanno dimostrato di saper fare bene, rimanendo in silenzio per molte ore attraverso la città (quel pezzettino di centro storico aperto, sempre lo stesso) per rendere onore ai loro angeli. La sua trasmissione è riuscita, forse, a spaccare la città, quel piccolo nucleo di socializzazione e di condivisionefinalmente sorto dopo mesi di dolore e solitudine è stato smembrato, spero non irreversibilmente, dalla strumentalizzazione che lei ha fatto di quei cittadini coraggiosi e ingenui che lei è riuscito a convincere ad apparire in un processo alle intenzioni degno di chi della informazione fa strumento politico.
Non si è stupito affatto che un masterplan per la città dell’Aquila sia un segreto, come se lei considerasse normale che chi vive in una città, non debba sapere cosa è in progetto, affidandosi a chi neanche dice quali nomi ci siano dietro il progetto.
Qualcuno ha chiamato il movimento spontaneo nato in città “Popolo delle carriole” e siccome le parole sono importanti, con questa definizione se ne è connotata sin dall’inizio la derivazione politica e quella sociale. Cosicché in molti hanno potuto dire che la rinascita dipende dalla borghesia e non dal popolo. Mi piacerebbe sapere se lei sa chi sono i cittadini che la domenica si incontrano. Certamente no, altrimenti li avrebbe difesi.
Dopo mesi di emarginazione, L’Aquila si ritrova in centro, si parla, si discute, si ride, si toccano le proprie spoglie e lei parla di container.
Lo sa lei che a L’Aquila c’è chi dorme nei container? Chi? Gli studenti universitari, caro Vespa, quelli che lei pensa siano a posto. Quelli sono eroi, perché per studiare non pagano le tasse, ma al contempo pagano un altissimo tributo, quello di viaggiare e non avere null’altro che le aule dove si fa lezione. Poche parole per i 55 studenti morti, specie sulle responsabilità, del mancato allarme.
Inutile girarci intorno, il terremoto dell’Aquila è stato un gran successo e nessuno lo deve rovinare.
Neanche una città che muore.
Giusi Pitari
Tratto da: 6aprile2009.it
BERLUSCONI PER UN’ORA ASPETTA PER ESSERE RIACCOMPAGNATO IN ALBERGO.
martedì 13 aprile 2010 |
Cinquanta minuti sul marciapiede in attesa di essere riaccompagnati in albergo. E’ stata questa la disavventura accaduta ieri a Silvio Berlusconi e alla sua delegazione dopo la prima giornata del Nuclear Security summit che si conclude oggi a Washington. Berlusconi andava su e giù sul marciapiede. Anche se ieri e oggi a Washington si sono incrociate per la città le delegazioni di 47 paesi, dimenticarsi o quasi della delegazione italiana non è stato carino da parte del cerimoniale a stelle e strisce. Soprattutto se si tratta di un esponente del G8 che sotto i cancelli ormai chiusi del "Convention Center", andava su e giù sul marciapiede. La tentazione di farsela a piedi sino all’hotel Willard è stata frenata solo dal secco "no" degli uomini del Secret Service americano che hanno pronunciato un drastico quanto classico «non vogliamo grane», che ha fatto rinunciare tutta la delegazione alla passeggiata. Dopo quasi un’ora l’arrivo del corteo di auto, con tanto di van neri e lampeggianti, è stato salutato dal Cavaliere con una smorfia. La stessa che stamane ha fatto quando gli hanno detto che «l’arrivo del rappresentanza italiana era già in ritardo di un’ora». «Ho aspettato io, ora aspettano loro», ha sostenuto il Cavaliere arrivando stamane nel palazzo del summit a ridosso di Barak Obama. I due sono entrati quasi insieme nel salone dove è stata scattata la classica foto di famiglia.MATTINO .IT http://www.napolipuntoacapo.it/npc/eventi.asp?id=1230&title=BERLUSCONI+PER+UN%26%238217;ORA+ASPETTA+PER+ESSERE+RIACCOMPAGNATO+IN+ALBERGO. |
Berlusconi a Washington: attende 40 minuti l’ auto sul marciapiede
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è rimasto quaranta minuti ad attendere la sua auto sul marciapiede, nei pressi del Washington Convention Center.
Berlusconi, terminata la cena offerta dal presidente americano Obama, si è recato fuori dall’ edificio, ma a causa di un disguido sulle precedenze dei cortei delle delegazioni, le macchine del Cavaliere sono arrivate con un forte ritardo.
Nell’ attesa, il Premier italiano, spazientito, ha chiesto di poter tornare a piedi al suo Hotel, situato a otto isolati di distanza, ma la richiesta gli è stata negata dal responsabile del servizio segreto americano.
Federica Ivaldi
martedì 13 aprile 2010
Pil in crescita al 2 per cento? Ecco il 'miracolo' del governo - Superbonus
Mentre Berlusconi parlava agli industriali riuniti a Parma il direttore generale del Tesoro Grilli era a Bruxelles per discutere il piano di salvataggio della Grecia. Forse per questo ha detto “avremmo potuto fare la fine della Grecia… chapeau aTremonti che ha saputo resistere, con l’aiuto del presidente del Consiglio, a quelli che lo tiravano da tutte le parti”. Chi ha creduto nelle promesse elettorali del Cavaliere ora sa che: non verrà abolita l’Irap, non ci sarà la graduale detassazione delle tredicesime e degli straordinari, niente graduale ritorno della tassazione sotto il 40% e che, infine, si continuerà a pagare il bollo auto come sempre. In cambio abbiamo la promessa di una riforma fiscale federalista che nessuno dice se sarà a parità di gettito.
Roulette di numeri. È l’immagine di un leader e di un governo che iniziano a prendere coscienza della fragilità dell’Italia di fronte ai mercati internazionali. Lo conferma il ministro Scajola che parlando a Canale 5 ieri mattina sembrava che leggesse il Fatto Quotidiano di novembre 2009: "Arrivare ad una crescita del 2% del Pil nei prossimi 3 anni sarebbe un miracolo". Peccato che tale miracolo è stato inserito all’interno del Dpef licenziato dal governo e sul quale si basano tutte le previsioni di entrate e di spesa per i prossimi anni. Le affermazioni di Scajola contengono l’annuncio di una manovra di 50 miliardi per i prossimi 3 anni, esattamente quanto da noi pronosticato e smentito ripetutamente dal ministero dell’Economia.
La realtà dei fatti inizia a stridere con la prosopopea propagandistica dei vertici Pdle si sta tentando di correggere la rotta rapidamente, come se le promesse non fossero mai state fatte e la legge finanziaria l’avesse scritta un altro governo. La maggioranza di governo non può neanche sperare che tutto si aggiusti rapidamente, il salvataggio della Grecia appare un pasticcio di cui presto o tardi pagheremo tutti il conto. Il prestito ad un tasso del 5% concesso da tutti i Paesi Ue, compresi i più indebitati, è una soluzione fragile e di breve termine, in termini economici è un trasferimento netto di ricchezza da Atene a Berlino e non viceversa. È come se qualcuno in difficoltà a pagare le rate del mutuo si fosse rivolto ad un padre, a sua volta indebitato, che invece di soccorrere con altruismo il figlio avesse applicato interessi un poco più bassi di quelli dell’usuraio sotto casa. Il lapsus di Berlusconi al convegno di Confindustria "non stiamo come la Grecia e come fra poco starà la Spagna" tradisce una preoccupazione che circola nelle cancellerie europee e nelle sale cambi: il costo del salvataggio della Grecia non sarebbe stato eccessivo, anche in termini più generosi; il Portogallo è un paese ancora più piccolo in termini economici, ma la Spagna è la quarta economia dell’eurozona con un Pil di oltre mille miliardi di euro, cosa succederebbe a questo punto?
Berlusconi, con la sua esperienza d’imprenditore, ha capito che i rapporti con le banche (gli investitori) sono tesi e che se l’azienda (l’Italia) non presenta i conti in ordine e senza un credibile piano di rientro verranno ritirati i fidi. Il problema è adesso comunicarlo al Paese, e lo fa con un gioco spregiudicato: le promesse elettorali si dimenticano allegramente, si smentiscono, per ora, manovre aggiuntive e si mandano i ministri in televisione a dire che le previsioni di crescita "purtroppo", e non per colpa del governo non si sono rivelate giuste.
Se nel frattempo si scatenasse una bufera finanziaria in nome dell’emergenza si farebbe una manovra in fretta e furia, manovra che i ben informati dicono essere già nei cassetti del ministero del Tesoro. Il sassolino nella scarpa siamo noi delFatto Quotidiano e pochi altri commentatori che hanno subito denunciato le previsioni irrealistiche di crescita inserite del Dpef che servivano solo a giustificare una Finanziaria "senza tagli ne tasse" rimandando al futuro i problemi di finanza pubblica.
Dillo alla luna. Un sassolino anche per l’opposizione che, invece di fare una battaglia in Parlamento sulle previsioni irrealistiche, ha preferito chiedere la luna cadendo di fronte alla semplice e banale domanda di Tremonti "dove troviamo le coperture?". Noi non sappiamo cosa succederà nei prossimi mesi e soprattutto nel 2011, possiamo solo dirvi che il barometro ci segnala tempesta e che il comandante che guida la nave ci ha portato vicinissimi agli scogli ed ora tenterà un virata pericolosa e difficile. Sappiamo anche che chi avrebbe dovuto controllarlo ha preferito girare lo sguardo da un’altra parte e non ha, per il momento, una rotta alternativa. A noi poveri "passeggeri di terza classe" non resta che sperare di non trovarci in una canzone di De Gregori.
Da il Fatto Quotidiano del 13 aprile