venerdì 16 aprile 2010

DL SALVALISTE: CAMERA APPROVA 'LEGGINA' SANATORIA CHE PASSA AL SENATO


Quando un governo fa leggi salva-liste con validità retroattiva per affermare la propria coercitiva autorità, e quella che dovrebbe essere l'opposizione le vota, vuol dire che la democrazia è andata a farsi benedire!

Vuol dire che a chi che ci governa interessa solo poter continuare a comandare e tenere in pugno noi cittadini costringendoci a subire ingiustizie e vessazioni!

Io mi dissocio da tutti i partiti che hanno votato questa infame legge.

Questo non è un governo, questo è una farsa, una presa per i fondelli, un'ignominia bell'e buona!


Pd, l'inciucio colpisce ancora - Marco Travaglio


Il Pd manifesta in piazza contro il decreto salva-liste, riesce a farlo cadere in Parlamento, ma poi fa marcia indietro. E vota una legge che lo ripesca con Pdl e Lega. L'opposizione che si oppone dura meno di 24 ore.

Siore e siori, sempre più difficile! Pur di non opporsi, l’opposizione all’italiana chiamata Pd s’è prodotta ieri in un triplo salto mortale carpiato con avvitamento e scappellamento a destra, un numero mai riuscito né provato prima d'ora. Ricordate il decreto salva-liste che sanava ex post le illegalità nella presentazione delle listePdl a Milano e Roma? Bene, era illegale, incostituzionale e inutile. Illegale perché una legge del 1988 vieta i decreti in materia elettorale (onde evitare il rischio che si voti con una regola e poi, se il decreto non viene convertito in legge, quella regola decada dopo il voto e si debba tornare alle urne). Incostituzionale perché sanava solo le irregolarità di alcune liste e non di altre e perché cambiava le regole del gioco a partita iniziata. Inutile perché modificava per via parlamentare una legge regionale. Incuranti di questi dettagliucci, i presidenti del Consiglio e della Repubblica lo firmarono a piè fermo. Il Pd gridò allo scandalo (ma solo per la firma di Berlusconi: quella di Napolitano era ottima e abbondante), annunciò la fine del "dialogo sulle riforme", portò la gente in piazza del Popolo a protestare contro l’atto eversivo.

Motivazione ufficiale, fremente di sdegno: "Se il governo indossa gli anfibi e scende in piazza con attacchi violenti contro le istituzioni, noi non restiamo certo in pantofole". Qualcuno, chiedendo scusa alle signore, parlò financo di regime. Non contenti, due giorni fa i piddini organizzarono un’imboscata per affossare il decreto alla Camera, bocciandone la conversione in legge grazie alle consuete assenze nella maggioranza e alle inconsuete presenze nell’opposizione. Un miracolo mai accaduto prima: l’opposizione più stracciacula della storia dell’umanità riesce a mandar sotto il governo, senza sopperire con le proprie assenze – come invece era accaduto sulla mozione anti-Cosentino e sullo scudo fiscale – a quelle endemiche del centrodestra. Ma niente paura: l’illusione di un’opposizione che si oppone è durata l’
espace d’un matin.

Ieri il
Pd, sgomento per l’inatteso e involontario successo, s’è subito pentito. Ha riposto gli anfibi, ha recuperato le pantofole di peluche ed è tornato al suo passatempo preferito: l’inciucio. Tenetevi forte, perché la notizia è grandiosa: onde evitare di invalidare le elezioni regionali appena tenute in base al decreto ormai defunto, la maggioranza più comica della storia ha presentato in fretta e furia una leggina per salvare gli effetti del decreto medesimo, ribattezzata dai magliari di Palazzo Chigi "legge salva-effetti", e sbrogliare il gran casino creato dal Banana con la partecipazione straordinaria di Napolitano.

Così il decreto, cacciato dalla porta, è rientrato dalla finestra in meno di 24 ore. A quel punto qualunque persona sana di mente avrebbe mantenuto le posizioni di partenza: la maggioranza pro-decreto avrebbe detto sì alla salva-effetti, l’opposizione anti-decreto avrebbe detto no. E infatti l’
Idv ha detto no e perfino l’Api di Rutelli s’è astenuta. Indovinate come ha votato il Pd? A favore (a parteFurio Colombo e poche altre persone serie), a braccetto col Pdl e la Lega. Ne saranno felici le migliaia di persone che si erano fatte convincere a calzare gli anfibi e a scendere in piazza del Popolo contro "l’attacco violento alle istituzioni".

Era tutto uno scherzo. Il
Pd era contro il decreto, ma non contro i suoi effetti. Tant’è che ieri ha contribuito a ripescarli. Un voto del tutto inutile, vista la maggioranza bulgara Pdl-Lega, ma comunque indicativo dell’amorevole trepidazione con cui i diversamente concordi del Pd seguono le porcate del Banana. Lui li insulta e loro lo salvano anche se lui non vuole. Per questo sbaglia il capogruppo dell’Idv Massimo Donadi quando afferma che non si tratta comunque di inciucio "perché il Pd non ha avuto nulla in cambio". Gli inciuci dei centrosinistri col Banana sono sempre a senso unico: lui ci guadagna, quelli ci perdono. E’ un do ut des senza des. Ma quelli continuano. Si divertono così.

Estensione scudo fiscale.


Dopo aver visto "report", e quello che succede ai poveri cittadini che cadono nella rete dell"'Ufficio delle entrate" e delle società affidatarie per la riscossione dei contenziosi, ho sentito il dovere ed il bisogno di lanciare un'iniziativa su facebook, con la speranza che in molti vi aderiscano.
L'iniziativa è questa:


"Lanciamo l'iniziativa di estendere a tutti i cittadini che hanno un contenzioso con l'ufficio delle entrate l'applicazione dello "scudo fiscale" concesso, attualmente, solo ai grandi evasori.Noi cittadini "normali", in quanto cittadini impossibilitati ad ottemperare ai propri doveri, causa la crisi economica, vogliamo usufruire a pieno diritto dell'agevolazione concessa ai grandi evasori in virtù dell'art. 3 della Costituzione che recita:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."


Per non dimenticare, lo riporto sempra alla ribalta, qualcuno se ne assumerà l'incarico, spero.

Rimborso Iva sulla tassa rifiuti


Rimborso Iva sulla tassa rifiuti: dopo la sentenza della Corte Costituzionali, dalla Finanziaria non è scaturita alcuna decisione definitiva su questa opportunità. In attesa di chiarimenti, alcuni Comuni si stanno intando muovendo, ma in direzioni diverse. Una situazione insostenibile. Per fare chiarezza Altroconsumo ha scritto al Ministro Tremonti chiedendo la modifica del testo unico dell'Iva, che attualmente non include in nessuna parte questo tipo di servizio (in pratica per l'Iva lo smaltimento dei rifiuti non è né imponibile né esente, non c'è…) e, in deroga allo statuto del Contribuente che prevede la non retroattività delle norme, la richiesta di conversione di quanto fin'ora indebitamente pagato in un credito d'imposta da utilizzare in compensazione.

Il modulo per il rimborso
Qualche mese fa la Corte costituzionale aveva stabilito che sia la Tarsu (tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani) sia la Tia (tariffa igiene ambientale) sono imposte e come tali l'Iva non deve essere applicata. Abbiamo predisposto un modulo per chiederne il rimborso, lo trovate qui sotto. Ma su tutto questo pende ora la spada di Damocle delle decisioni del Governo, che ancora non è intervenuto. Noi abbiamo chiesto formalmente che la questione venga risolta. Purtroppo questa situazione di incertezza non aiuta a capire che fare nel caso in cui il Comune respinga la richiesta di rimborso. Il nostro suggerimento è di rivolgersi alla commissione tributaria provinciale, con tutte le incognite del caso.

Modulo per rimborso Iva sulla tassa rifiuti con note esplicative

Scarica il documento in pdf.

giovedì 15 aprile 2010

Striscia filma la Polverini mentre parla di appalti e favori - Carlo Tecce



15 aprile 2010

Un grande elettore laziale, Vincenzo Zaccheo, presenta il conto alla neo-governatrice

La vena sindacalista di
Renata Polverini pulsa ancora. Seppur in dialetto romanesco: "A Vincè! 'A bello!". Il sindaco di Latina,Vincenzo Zaccheo - ex militante di Alleanza Nazionale - fa da promemoria: "Non ti dimenticare delle mie figlie!". E la governatrice del Lazio: "No, ma stai a scherzà?". Un incontro ufficiale e quindi pubblico, pizzicato dalle telecamere di Striscia la Notizia, diventa il manifesto politico dell'ex segretario dell'Ugl. La trascrizione integrale funziona senza orpelli né commenti.

Polverini: "Ciao Vincè...mi raccomando...hai portato 4 voti, hai portato!"

Zaccheo: "Ti voglio bene, guarda ci ho creduto. Ti devo dire una cosa: complimenti! Hai dimostrato di essere come me: una donna tenace! Io ho lottato, guarda, io sono andato a nuoto per te. Sono andato a Ponza, a Ventotene. A Ventotene sono andato a prendere 57 voti per te, non uno di meno. Il sindaco di Ventotene ti aspetta. Poi ho fatto…(sussurra all'orecchio della Polverini, ndr), non ti dimenticare delle mie figlie!"

P.: "No, ma stai scherzando? Domani mi faccio il calendario, mi faccio un giro".

Z.: "E soprattutto ti prego: non appaltare più a Fazzone".

P.: "No, no. Stai tranquillo".

Z.: "Ha perso 15.000 voti".

P.: "Ah bello!...(Si accorge delle telecamere e si defila, ndr) Non è che non ho chiare le cose come stanno".

Striscia la Notizia mostra le dinamiche della politica laziale: il 'corrispondente' da Latina fa il conto dei voti presi, uno per uno, racconta il suo sacrificio, le traversate a "nuoto". Amore per il partito, amore per la famiglia. Perché il sindaco di Latina nella mano destra offre il sostegno politico, nella sinistra chiede qualcosa in cambio. Un pensiero della Polverini per “le figlie”. Forse l'impegno di Zaccheo vale un doppio regalo: una rivisitazione geopolitica, l'invito a evitare "appalti" per il senatore Pdl Claudio Fazzone, il potente ras di Fondi, il comune in provincia di Latina che il Prefetto voleva sciogliere per infiltrazioni mafiose. Sembra che Fazzone stia lavorando alle caviglie di Zaccheo – con una raccolta di firme – per sfiduciare la sua amministrazione: "Falso allarmismo", aveva spento il fuoco Fazzone.

Il primo cittadino di Latina provava da giorni a incassare il successo della Polverini: "La vittoria di Renata sa davvero di trionfo. Ma mi piace sottolineare, ancora una volta, il ruolo decisivo che Latina ha avuto nel riconquistare al centrodestra la guida della Regione Lazio, piazzando tra gli eletti Stefano Galetto e Giovanni Di Giorgi con i quali ho condiviso la militanza politica in
An".

Occhio:
An, non Forza Italia né Pdl. E tra baci, abbracci e pacche sulle spalle, de visu, il grande elettore Zaccheo presenta il conto alla governatrice. Che oggi riceve la proclamazione ufficiale.

Da
il Fatto Quotidiano del 15 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2473052&yy=2010&mm=04&dd=15&title=striscia_filma_la_polverini_me


Se scompaiono i testimoni della guerra - Barbara Schiavulli

15 aprile 2010
Liberarsi di un testimone, di quello sguardo critico sulla guerra che nessuno vuole avere puntato, non è una nuova offensiva della guerra afgana. La chiusura dell’ospedale di Lashkarg Gah, oltre al danno che subiscono le vittime afgane, toglie di mezzo una voce, un mucchietto di occhi che vivevano radicati in una zona, quella del sud sempre più difficile da raccontare. La guerra in Afghanistan si dovrebbe raccontare in tanti modi esattamente quante le sfaccettature e le contraddizioni di questo paese, seguendo tutti i fronti. Eppure questo non accade più. Resta uno degli eventi che hanno più spazio nei giornali, ma tra quello che si riesce a scrivere e quello che si riesce a vedere, c’è di mezzo una landa desolata di persone che non si possono più incontrare, di terre che non si possono attraversare, di strade minate. Nel 2002, poco dopo la fine dell’invasione americana l’Afghanistan era accessibile a chiunque avesse voglia di visitarlo. Pericoloso, ma non troppo. I pericoli erano ancora quelli che vivevano tutti, le mine nei campi, i banditi, i signori della guerra. Da Tora Bora, dove Bin Laden si nascondeva in qualche caverna, rasa al suolo dagli americani, si poteva scendere verso l’umida Jalabad, spingersi verso la famigerata Kandahar, risalire verso Herat, attraversare quella meraviglia che è il Panshir, proseguire verso la provincia di Bamyan per sentire i fantasmi dei Budda distrutti dai talebani.

Otto anni dopo tutto è cambiato. A Kabul ci si muove con circospezione, fingendo di non vedere i messaggi di allarme che ogni giorno ti manda l’ambasciata. "Segnalata Toyota pericolosa nella zona delle Nazioni Unite", oppure "Segnalato pericolo di attentati agli uffici del ministero degli Interni". Quasi mai la minaccia è reale, ma a volte sì. Un tempo si parlava con la gente, ci si tuffava nei mercati, si andava a mangiare nei ristoranti. Ora l’Afghanistan per molti che lo raccontano si è ristretto. Tutto quello che accade fuori Kabul è difficile da verificare. Mentre una volta si prendeva una macchina, il proprio autista, quello di sempre, di cui ci si fida e che rischia con te, oggi nemmeno loro si azzardano se non è necessario. Lo straniero è diventato una gallina d’oro per i talebani tornati in forze. Ciò non toglie che ci possono essere a volte, con qualche trucco e molta fortuna, delle possibilità. I colleghi stranieri, americani e inglesi, hanno reti di giornalisti locali che lavorano per loro e monitorano la situazione. Ma gli inviati stranieri scalpitano. É frustrante continuare a raccontare senza poter vedere.

Dopo il sequestro
Mastrogiacomo tornare a Kandahar sembrava impossibile, ma non se il giornalista della tv katariota al Jazeera, tra le più viste nel mondo arabo, ti presta il suo traduttore, dicendogli che sei una giornalista libanese e non italiana. Non è impossibile quando ti vesti come loro e sembri una di loro, e non perdi tempo. Ma non si può sempre azzardare. Raccontare la gente è sempre più difficile, perché il rischio di non tornare a scrivere è elevato. Solo qualche mese fa, un giornalista inglese del New York Times, correva nella provincia di Kunduz per cercare di parlare con qualcuno che aveva visto uno degli ultimi massacri della Nato, quando su richiesta dei militari tedeschi gli americani bombardarono un’autocisterna che era stata sequestrata dai talebani, ma nel farlo uccisero decine di civili.

All’inizio negarono, poi davanti all’evidenza dei giornalisti locali che raccontarono, si limitarono ad ammettere e chiedere scusa. I talebani non vogliono i giornalisti tra i piedi perché non riescono a capirne la funzione, i militari della Nato invece auspicano di far vedere il meno possibile le brutture di un’offensiva, perché il sangue sporca anche se è solo scritto sulle pagine di un giornale. Ma i giornalisti li tollerano nelle basi, purché la macchina della propaganda funzioni. Per molti, l’unico aspetto possibile da raccontare l’Afghanistan è "intruppandosi" con i soldati stranieri, che siano italiani nella zona ovest, con gli americani a sud o con gli inglesi nel cuore dei combattimenti. Si ha una visione da dentro il combattimento, ma ne è solo una porzione, che va coperta, ma che non deve essere l’unica per non essere di parte. Tra poco scatterà l’offensiva di Kandahar, la più grande lanciata dagli americani, già ne parlano da settimane, alcuni fortunati saranno con i soldati, altri staranno nelle retrovie ad accontentarsi di veline.

I fondamentali giornalisti locali proveranno a raccontare l’altra parte quella che ogni altro giornalista straniero vorrebbe vedere, ma che non riuscirà a farlo anche perché i giornali che viaggiano sempre più in ristrettezze economiche preferiscono mandare i propri giornalisti con i militari che non costano niente piuttosto che pagare, hotel, traduttori, qualcuno perfino la scorta, che in realtà, diventando più visibili, aumenta il rischio. L’Afghanistan abbandonato quando iniziò la guerra in Iraq, è tornato sulla notizia con la elezioni di
Obama, ma le grandi inchieste, le grandi storie, faticano ad uscire. Ma per quel poco che si può fare, proprio come un ospedale che riesce a curare anche solo un ferito, si deve continuare ad andare, perché come disse Shermeen, una traduttrice straordinaria, "se voi non venite a raccontare, noi, che la guerra la subiamo ogni giorno, per il resto del mondo non esistiamo".

Da
il Fatto Quotidiano del 15 aprile



Adro, rivolta contro il benefattore dei bimbi - Elisabetta Reguitti

15 aprile 2010

Nel paese del Bresciano le mamme contro il "pasto per tutti". In 200 scrivono al Comune per sostenere il sindaco leghista

Mamme in piazza per sostenere il sindaco che ha deciso di sospendere il pranzo ai bambini delle famiglie che non pagano la retta. Duecento genitori che scrivono annunciando che la mensa o la pagano tutti o tutti non la pagheranno. Il gesto di "saldare" le pendenze delle famiglie morose (ora sono 24 sulle 40 iniziali) fatto dall’imprenditore bresciano ha innescato proteste e una ancora più forte solidarietà al sindaco leghista di Adro
Silvano Lancini, che guardacaso si chiama nello stesso identico modo del "rivoluzionario" benefattore. Segno forse che la politica dell’uno contro l’altro funziona.

Adro, 7 mila abitanti. Una sede leghista con una grande vetrata nella quale è appeso un enorme rosario. Adro, il paese in cui l’unica sala pubblica costa mille euro; così si evita di incentivare le eventuali riunioni pubbliche delle associazioni. Adro, dove il sindaco ha rinunciato al contributo regionale di oltre 50 mila euro per il
bonus della casa (per tutti stranieri compresi) ma ha istituito un fondo comunale riservato soltanto per gli italiani.

Ma torniamo alla vicenda della mensa: molti bambini erano "colpevoli" di essere figli di genitori che non avevano pagato ciò che dovevano. Cifre che oscillavano dai 30 fino ad un massimo di 400 euro per un totale di ammanco di 16mila euro.

Come pensiero pasquale ai bambini vengono consegnate delle buste chiuse in cui i genitori vengono invitati a pagare. Diversamente, al rientro, ci sarebbe stato il "salto del pasto". Alcuni pagano altri no. Ma chi sono quelli che non pagano e soprattutto perché? Una domanda che l’amministrazione sembra non essersi posta. Di solito in questi casi ci sono assistenti sociali che cercano di capire le situazioni. Ad Adro no. E dunque: leghisti (magari in cassa integrazione) contro stranieri (magari pure loro in cassa integrazione). A queste latitudini sembra il mondo alla rovescia. Dove anche la Chiesa tace. Parlano magari le associazioni ma non i preti. Chi parla e cerca una soluzione è la
Cgil di Brescia. Il neo-segretario Damiano Galletti crede che un sindacato debba unire anziché dividere e quindi propone, parla con il sindaco, scende in piazza cercando di fare qualcosa che serva. Qui il concetto che i bambini vengano prima di tutto sembra secondario. "Questi sono i frutti della politica di divisione della Lega. Genitori che fanno fatica a pagare la retta che anziché pretendere che il comune si occupi di loro attaccano gli altri".

I temi di cui parla la
Cgil sono due e sono davvero semplici: il primo è attuare una seria valutazione di chi è in difficoltà da chi magari, invece, fa il "furbetto". Il secondo è più ampio e riguarda la sfera educativa. Considerare l’ora di pranzo (per i piccoli dell’asilo e delle elementari) inserita a pieno titolo nell’attività educativa e dunque meritevole di essere sostenuta anche dal piano economico delle istituzioni.

LEGGI

Digiuno e castigo: scene dalla nuova Italia di Dario Fo e Franca Rame

Il prezzo del pane di Elisabetta Reguitti

Da il Fatto Quotidiano del 15 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2473301&title=2473301