sabato 24 aprile 2010

Energia pulita dall'acqua: grazie a un virus




Un virus opportunamente modificato ed elettrificato dall’energia solare potrebbe essere utilizzato per estrarre idrogeno dall’acqua: avremmo così una fonte energetica rinnovabile, inesauribile e completamente pulita. Il primo prototipo funzionante entro il 2012 (20 aprile 2010).

L’idrogeno ricavato dall’acqua grazie all’utilizzo di energia solare è probabilmente il carburante più pulito che si possa immaginare e nel giro di un paio d'anni potrebbe essere realtà. Secondo quanto pubblicato sull’ultimo numero della rivistaNature Nanotecnology un gruppo d ricercatori del MIT di Boston avrebbe messo a punto una nuova tecnica che consentirebbe di raggiungere questo straordinario risultato a bassissimo costo e con un impatto ambientale pari a zero.

Il team di scienziati guidato da Angela Belcher si è ispirato alle piante, che da miliardi di anni, grazie alla fotosintesi clorofilliana ricavano dall’acqua e dal Sole il glucosio, cioè il carburante che serve al vegetale per vivere. Il pigmento verde presente nella clorofilla cattura l’energia della luce solare e la utilizza per scomporre l’acqua in idrogeno e ossigeno "staccandone" gli elettroni e ricombinandoli con l’anidride carbonica.

Virus ricaricabili
La Belcher e il suo team hanno modificato alcuni virus chiamati M13 che solitamente infettano i batteri ma sono totalmente innocui per l’uomo e li hanno modificati legandoli a un catalizzatore e a un colorante biologico a base di zinco. Quest’ultimo cattura la luce solare come la clorofilla delle piante e la trasferisce al virus che, grazie al catalizzatore, si trasforma in una sorta di elettrodo vivente in grado di staccare gli atomi di ossigeno dalle molecole di acqua. Ciò che resta dopo questa reazione elettro-biochimica è idrogeno. Una speciale matrice di gel mantiene i virus "elettrificati" nella giusta posizione evitando che i campi magnetici li attirino l’uno verso l’altro rendendoli così inservibili.

Due anni di attesa
Per ora gli scienziati sono riusciti a eliminare l’ossigeno dall’acqua, ma non sono ancora in grado di stabilizzare l’idrogeno che tende a scomporsi in protoni ed elettroni. Ma al MIT regna l’ottimismo: la Belcher è convita di riuscire a mettere a punto un prototipo di impianto di dissociazione funzionante entro due anni.

Nel frattempo altri ricercatori studiano come utilizzare i virus per fare le pile e i batteri per produrre il metano...




Scajola, i servizi, Anemone e la casa al Colosseo - Marco Lillo


24 aprile 2010

Tre appartamenti comprati a Roma con gli assegni della "cricca". Vista mozzafiato sul Colosseo per il ministro. Ma nell'indagine ci sono anche due appartamenti del responsabile dell’area logistica dell’ex Sisde

L’appartamento è davvero un gioiello. Dal terrazzo di casa
Scajola sembra quasi di toccare il Colosseo. Parliamo del palazzo dei vip dove hanno comprato Raoul Bova, il segretario del Partito Repubblicano Francesco Nucara e Lory Del Santo. Proprio per gli abusi dell’attico della stellina lanciata da Arbore, il condominio ha già goduto di una certa notorietà nel settembre scorso.

Il ministro, secondo le notizie di ieri sulle indagini di Perugia, ha comprato un mega-appartamento grazie anche a un assegno di 500 mila euro dell’architetto
Zampolini, l’uomo di fiducia di Diego Anemone, arrestato per corruzione a febbraio per gli appalti della presidenza del Consiglio. La Procura di Perugia sta andando avanti su questo filone ed è intenzionata a sentire Scajola sull’appartamento del Colosseo, come testimone. Ieri Scajola ha annunciato querela ai quotidiani che avevano pubblicato la notizia (vera anche se imprecisa) dell’assegno. "L'unico immobile che la mia famiglia possiede", ha tuonato il minstro, "in Roma è stato pagato, per la quasi totalità dell’importo, con un mutuo ancora in essere. Escludo categoricamente che sia stata versata alcuna somma in mio favore per tale vicenda o per qualsiasi altra".

Da quello che risulta al
Fatto Quotidiano la sua versione è difficilmente conciliabile con quella dei venditori della casa. Questi ultimi avrebbero dichiarato che il prezzo dell’atto è pari a circa la metà del valore reale. L’evasione fiscale non sarebbe il problema più grave per Scajola: la differenza sarebbe stata coperta in parte proprio con l’assegno al centro dell’indagine. Tutto inizia nel 2004 quando l’allora ministro dell’Attuazione del programma, rientrato al governo nel 2003 dopo le dimissioni da ministro dell’Interno nel luglio 2002, compra la casa sul Colosseo: 9,5 vani catastali più cantina. Oggi dichiara di avere pagato solo grazie al mutuo di 700 mila euro e a un piccolo bonifico.

Dai primi accertamenti della Procura di Perugia a quella cifra bisogna aggiungere un assegno di circa 500 mila euro proveniente dal conto corrente dell’architetto Angelo Zampolini, che lavorava per Diego Anemone ed era tra l’altro il direttore dei cantieri del circolo
Salaria Village, simbolo degli affari della "cricca" della Protezione Civile. Diego Anemone non lavorava solo grazie ad Angelo Balducci con la presidenza del Consiglio. Nel 2002, per esempio, come ha raccontato Francesco Bonazzi sul Secolo XIX, ottiene dal servizio segreto civile, l’appalto milionario per costruire il Centro di piazza Zama a Roma. A rendere esplosiva l’indagine dei pm perugini Sergio Sottani e Alessia Tavernesi è una coincidenza. Sempre dal medesimo conto corrente dell’architetto Zampolini, dal quale parte l’assegno per casa Scajola, con le medesime modalità e nel medesimo periodo, sono partiti gli assegni usati per comprare due appartamenti intestati al generale Francesco Pittorru, proprio il responsabile dell’area logistica dell’Aisi, l’ex Sisde.

Gli investigatori riflettono sulla cronologia: nel 2002 Anemone - secondo
Il Secolo - ottiene l’appalto segretato dal Sisde, proprio nell’area dove lavora Pittorru. Il 2 aprile 2004 davanti al notaio Giancluca Napoleone di Civitavecchia il generale Pittorru con la moglie e i due figli compra (mantenendo per sé l’usufrutto) un appartamento di 5 vani a due passi dalla sede del servizio all’Esquilino. Il 7 luglio 2004 Claudio Scajola (ministro dell’Interno fino a luglio 2002) compra davanti allo stesso notaio l’appartamento vicino al Colosseo. Passano due anni e Pittorru compra un secondo appartamento, molto più grande (7,5 vani catastali) all’Esquilino, proprio di fronte al primo. Per gli acquisti di Pittorru e di Scajola, secondo i venditori, sono stati fatti pagamenti in nero mediante gli assegni di Zampolini, mentre non risulta nulla sulla casa della figlia di Scajola, Lucia, della quale parlavano ieri i giornali, che ha comprato una casa non a Roma bensì a Milano. Nel 2006 e - da quello che risulta al Fatto - senza assegni di Zampolini.

L’architetto di fiducia di Anemone sta per essere sentito in queste ore. E stavolta non potrà ripetere le dichiarazioni fumose del 2008. Per ben quattro volte i suoi movimenti bancari erano stati segnalati dall’Ufficio Italiano Cambi, senza citare Scajola e Pittorru. Nel 2007 il Nucleo Polizia valutaria sviluppa indagini amministrative. Nel 2008 Zampolini viene sentito due volte. Le sue risposte sono fumose e nel settembre 2009 la pratica finisce alla Polizia tributaria di Roma che segnala il caso in Procura. A Roma però nessuno fa il collegamento con Pittorru e Scajola. Solo dopo il trasferimento dell’inchiesta a Perugia per il coinvolgimento del procuratore romano Achille Toro, vengono sentiti i venditori delle case e si arriva ai grandi nomi. A breve il ministro Scajola sarà sentito. Per ora c’è la sua parola contro quella dei venditori. E la versione dei secondi sul prezzo pagato sembra più credibile. Contro il ministro non c’è solo la storia dell’assegno. Ma anche un affaccio unico al mondo.



Da il Fatto Quotidiano del 24 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2478743&title=2478743


venerdì 23 aprile 2010

E Berlusconi regala un suv a La Russa "Sapevo che stava per acquistarne uno..."


Subito dopo la presentazione del nuovo mezzo, nel cortile di
Palazzo Chigi, frutto della collaborazione fra la Sollers e la Fiat,
Il ministro ha accettato, ma devolverà il valore dell'auto in beneficienza

ROMA - Qualche maligno dirà subito che si è trattato di un primo regalo - per aver mollato Fini al suo destino - quello ricevuto stamattina dal ministro della difesa, Ignazio La Russa da Silvio Berlusconi. Ma tant'è: il premier ha detto di aver voluto mantenere la promessa di comprare il nuovo Suv della Sollers - lo Uaz 2300 diesel, dotato di tutti gli optional - all'ex "colonnello" di An, ex fedelissimo del presidente della Camera. Come ha annunciato lo stesso Berlusconi, ancora prima di vederlo nel cortile di palazzo Chigi lo aveva già regalato a La Russa. Il premier è sceso nel cortile di palazzo Chigi per presentare il modello frutto di una collaborazione con la Fiat.

Il tempo di accenderla, dare due accelerate e il Cavaliere ha spiegato ai cronisti che quella vettura appena acquistata non era già più sua. "Come avete potuto vedere abbiamo ospitato il primo esemplare di questo Suv prodotto in Russia, grazie a una collaborazione fra il gruppo Sollers e la nostra Fiat, una joint venture - ha aggiunto Berlusconi - che dovrebbe portare, anzi porterà, alla produzione di ben mezzo milione di veicoli entro il 2016".

l Cavaliere ha ripercorso la vicenda dell'acquisto, ricordando il suo impegno a comprare un modello del Suv nel caso i tempi di produzione fossero stati rispettati. Oggi, ha aggiunto Berlusconi, "c'è stato un seguito: questa mattina ho parlato di questo con Ignazio La Russa, il quale mi ha detto che aveva intenzione di comprare un Suv. Allora, in diretta, gliela ho regalata; quindi La Russa sarà il proprietario a cui verrà intestata questa automobile e lui la guiderà personalmente".

Il ministro, dal canto suo, pur avendo accettato il regalo ha detto che devolverà l'equivalente valore in denaro in beneficenza in favore di enti assistenziali della Difesa. "Guiderò personalmente il suv italo-russo sulle colline dell'Etna o del Monte Rosa, dove trascorro qualche giorno delle mie vacanze estive e natalizie".

Il presidente del Consiglio ha quindi accennato alla storia all'origine dell'acquisto di quella prima vettura italo-russa, poi regalata a La Russa. Quando visitò gli stabilimenti in Russia fece una scommessa con Vladimir Putin sulla possibilità di commercializzare il veicolo entro la fine dello scorso anno. Si era in ottobre e Berlusconi si impegnò ad acquistare il primo modello in caso contrario.

"Mi hanno telefonato - ha raccontato il premier - e ho confermato la mia volontà di acquistarla, il concessionario italiano mi ha mandato la fattura che ho prontamente onorato". Il distributore ufficiale Uaz in Italia ha quindi illustrato il nuovo 4x4, 2300 di cilindrata, diesel. Sarà commercializzato in Italia tra due o tre mesi, ma con un nome diverso da 'Patriot', perchè già usato dai modelli Jeep. Il modello consegnato al presidente del Consiglio è il top della gamma, costa circa 23mila euro, mentre il listino parte da circa 20mila euro.


http://www.repubblica.it/politica/2010/04/23/news/e_berlusconi_regala_un_suv_a_la_russa_sapevo_che_stava_per_acquistarne_uno_-3566430/

Fini e Berlusconi: l'amore trionfa - Marco Travaglio



23 aprile 2010

Questo Partito dell’Amore, visto in diretta senza rete, è proprio un amore. Colpivano gli sguardi, soprattutto. Tutti molto amorevoli. Teneri. Affettuosi. Si vede proprio che si amano. Lo zenith del sentimento si è registrato quando Fini ha proferito la parola "legalità". Berlusconi ha digrignato i denti e contratto i muscoli facciali, come per sbranarlo all’istante: se Verdini, seduto a fianco, non se lo fosse legato al polso con un bel paio di manette (le porta sempre con sé per ogni evenienza), sarebbe corso il sangue. Intanto l’intera sala, eccettuati alcuni incensurati, grugniva fremente di sdegno. Legalità a noi? Chi ti ha insegnato certe parolacce? Ma allora dillo che sei venuto a provocare! Vai subito in bagno e lavati la bocca col sapone! In effetti, in 16 anni di storia, nessuno aveva mai osato tanto: parlare di legalità in casa del corruttore di Mills, del principale diMangano, dell’amico di Dell’Utri e di Cosentino fortunatamente assenti: avevano subodorato qualcosa.

Non contento, il noto provocatore ha pure osato evocare la Sicilia, altro tabù proibitissimo, specie se accompagnato dal nome "
Micciché". Mancava che citasse pure Dell’Utri, poi lo menavano proprio. Ci voleva Fini per far uscire dai gangheri Berlusconi e insegnare come si fa al Pd, che in sedici anni non ci è mai riuscito: basta parlargli di legalità e di libertà d’informazione (due temi dai quali il Pd si tiene a debita distanza, per non passare per antiberlusconiano, non sia mai). E magari smontargli pure il federalismo fiscale (sul quale un anno fa il Pd si astenne e Idv votò sì), anziché ripetere che la Lega ha ragione, bisogna fare come la Lega e dialogare con la Lega. Infatti, con tutto quel che gli aveva detto Fini per un’ora e mezza, Berlusconi gli ha risposto solo su quei temi: del resto s’infischia allegramente (a parte un cenno ai 150 anni dell’Unità d’Italia, sui quali è molto preparato: infatti dice "i 150 anni della storia della nostra Repubblica", quella di re Vittorio Emanuele II di Savoia e del conte Cavour).

Sugli attacchi del suo
Giornale a Fini, ha risposto amorevole e sofferente: "Io sulGiornale non ho alcun modo di influire" (versione moderna del "sono forse io il custode di mio fratello?", by Caino). Poi ha aggiunto che il Giornale è in vendita e se Fini ha un amico a cui farlo comprare il problema è risolto, e comunque lo attacca anche Libero, edito dal suo amico senatore Angelucci: dal che si potrebbe dedurre che forse gli attacchi dei giornali di destra a Fini dipendono dai padroni che hanno. Notevole anche il concetto di "super partes" illustrato dal ducetto: Fini non è un presidente della Camera super partes perché ogni tanto critica il governo. Ecco, per lui è super partes solo chi è sempre d’accordo con lui.

Anzi, meglio: chi è di sua proprietà. Tipo
Schifani, per dire. Quanto al federalismo fiscale, Fini s’è permesso di ricordare l’impegno di abolire le province (altro tema astutamente disertato dal Pd). Il 31 marzo 2008 il Cavaliere dichiarò nellavideochat del corriere.it  : "Non parlo di province, perché bisogna eliminarle...Dimezzare i costi della politica significa innanzitutto dimezzare il numero dei politici di mestiere ed eliminare tanti enti inutili, province, comunità montane...". A Matrix ribadì: "E’ necessario eliminare le province". E a Porta a Porta: "Le province sono tutte inutili e fonte di costi per i cittadini. E’ pacifico che vanno abolite". Ieri invece ha detto: "Aboliremo solo quelle non utili”, tanto abolirle tutte farebbe risparmiare “solo 200 milioni" (falso: sarebbero 6 miliardi l’anno solo per il personale), e soprattutto "non ne faremo di nuove".

Un po’ come per le tasse: in campagna elettorale giurava di tagliarle, ora invece si vanta di non averle aumentate. Come promettere un collier alla fidanzata e poi, se quella si lamenta perché non l’ha ricevuto, replicare: "Ma cara, in compenso non ti ho presa a calci in culo, cosa pretendi di più?".
Ps.
Bersani ha commentato l’epico scazzo con una dichiarazione listata a lutto: "Sono divisi, non faranno le riforme". Una bella perdita.

Da
il Fatto Quotidiano del 23 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2478141&title=2478141


«È finito e ora comprerò tutti i suoi uomini» - Giovanni Palumbo


In un attimo si è consumato uno scontro durato quasi quindici anni. Perchè Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini in realtà si sono sopportati, ma mai amati. In un attimo si sono detti apertamente tutto quello che è rimasto sempre chiuso nelle segrete stanze. Lo “show down” di ieri è stato voluto da entrambi.

È stato un “match” senza precedenti: l’arena è l’Auditorium della Conciliazione (il nome è tutto un programma) di Roma, i due pugili se le sono date di santa ragione. Entrambi ieri portavano i segni sul volto, con quegli scatti d’ira, il dito puntato, il continuo gesticolare, la voce del premier che risuona per la sala, la replica stizzita del presidente della Camera. Il Cavaliere non ha voluto ascoltare nessuna colomba questa volta, Gianni Letta oggi non è neanche venuto: «Io non mi faccio ricattare da nessuno, rispondo al mio popolo non al Palazzo. La verità - si è sfogato Berlusconi - è che Fini ha già un progetto per il futuro ed è venuto qui solo per ricordarmelo…».

Ma il prossimo campo di battaglia sarà proprio l’Aula e l’inquilino di Montecitorio ha promesso guerriglia, anzi “scintille”. La strategia della terza carica dello Stato è evidente: giocherà a fare la vittima, «il cerino in mano ce l’ha Berlusconi, sarà lui a bruciarsi», ha scommesso con i suoi. Con la reazione fredda di chi ha già studiato la contromossa come risposta a un documento sprezzante: «Non gli faremo passare nulla in Parlamento, ormai è finito e non lo sa ancora».

Berlusconi, però, è disposto a tutto. Anche a pilotare una crisi di governo e sfidare il presidente della Repubblica per andare alle elezioni anticipate. Ieri sera ha chiamato al telefono il fidato leader della Lega nord, Umberto Bossi, per raccontargli lo scontro: «Umberto - gli avrebbe detto al telefono -, Fini sembrava un pugile suonato. Nessuno lo capiva più, neanche lui sapeva cosa volesse. Alla fine lo seguiranno quattro gatti… ».

Al momento Berlusconi ha raggiunto il risultato che sperava: da oggi avrà la possibilità di “licenziare” il presidente della Camera e ha già fatto notare ai suoi che Fini ha solo il 6% del partito, che «adesso non può più rappresentare». Il primo obiettivo è «togliere la tessera» al cofondatore del Pdl, alla prima occasione lui e i suoi uomini «sono fuori». Le munizioni sono già pronte per essere sparate, l’organismo dei Probiviri porterà di fronte al plotone d’esecuzione anche la terza carica dello Stato. «Se sbaglia paga, dovrà fare il suo gruppo e sarà finito». Nel partito di via dell’Umiltà si sono fatti i conti, con la sicurezza che «c’è un margine certo per poter governare». E qualcuno già sta scrivendo una mozione di sfiducia per Italo Bocchino, il più fedele tra i fedelissimi di Fini, da preparare e presentare in queste stesse ore. Questione di tempo.

Berlusconi non esclude di sentirsi ostaggio, di dover affrontare una crisi di maggioranza ma – questa la premessa ripetuta in questi giorni ai suoi interlocutori – «non me ne importa più, la cosa più importante – ha ripetuto – era buttare fuori Fini e ci siamo ancora riusciti». Di tutt’altra opinione il presidente della Camera che, al di là del progetto futuro del Partito della Nazione con Casini, Montezemolo e una parte del Pd, ormai ha nel mirino solo un traguardo: «Voglio la fine di Berlusconi».

http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/italia/2010/04/23/AMJU7KdD-finito_uomini_comprero.shtml


Il 25 aprile e la Costituzione tradita


In prossimità del 25 aprile mi piacerebbe sollecitare un’ampia riflessione prendendo spunto dal tema della Costituzione, visto che il momento attuale ci consegna un quadro politico di segno neoconsociativo e un clima di feroce ostilità e di seria minaccia per la democrazia italica, da sempre fragile e mutilata, sancita solo sulla Carta Costituzionale.
Personalmente sono convinto che la Costituzione del 1948 non abbia bisogno di lifting o rifacimenti, non debba essere aggiornata o revisionata, e tantomeno abolita, come insinuano i suoi detrattori, ma deve essere semplicemente e finalmente applicata. Solo concretizzando i dettami costituzionali sarà possibile far rinascere il Paese, sarà possibile promuovere un’effettiva emancipazione in senso espansivo e progressista della società in cui viviamo, liberando le straordinarie potenzialità civili e culturali, etiche e spirituali in essa presenti, ma anche le forze produttive imprigionate ed umiliate nell’attuale fase storica di regressione e di imbarbarimento politico, morale e culturale.
Tuttavia, se devo essere sincero, sono piuttosto perplesso e pessimista. In primo luogo perché temo che la nostra bellissima Costituzione sia in qualche misura eversiva e inapplicabile nell’attuale ordinamento economico, politico e sociale, segnato da profonde e insanabili contraddizioni, che si possono eliminare solo abbattendo e superando il sistema capitalistico che le ha generate e che contribuisce a perpetuarle.
In secondo luogo, con il quadro parlamentare e governativo uscito rafforzato dalle recenti elezioni regionali, francamente non riesco a far finta di nulla e non posso non nutrire seri dubbi sulle effettive possibilità di applicare finalmente il dettato costituzionale. Invece, mi pare più facile immaginare e prevedere un’iniziativa per stravolgere il testo costituzionale mediante una sorta di “grande inciucio” , ossia un’ampia intesa parlamentare di stampo neoconsociativo sul tema delle cosiddette “riforme costituzionali” (ma sarebbe più corretto definirle “controriforme” ), tanto attese e invocate non solo dalla coalizione di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi.
Occorre ricordare la matrice sovversiva e criminale della banda filo-berlusconiana giunta stabilmente al governo, che sta sfasciando le istituzioni, i diritti e le garanzie costituzionali. Il pericolo costituito dal nuovo fascismo, dalle forze che governano l'Italia, è persino più grave del passato, considerando il mix di populismo, razzismo e affarismo sfrenato che ispira il blocco politico e sociale che fa capo al bandito di Arcore.
Dunque, in Italia incombe una vera emergenza democratica. Persino in Parlamento è stata eliminata ogni forma di dissenso e libera opposizione. Tranne forse Di Pietro, resta in campo la finta ed evanescente "opposizione" di D’Alema, Bersani e soci, dietro cui si annida una pratica neoconsociativa. Suggerirei di riflettere su quanto scriveva Antonio Gramsci a proposito del “sovversivismo delle classi dirigenti” . Inoltre, 35 anni fa Pasolini aveva preconizzato l'avvento di un nuovo fascismo, a condizione che questo si auto-proclami “democratico” e si ripari sotto le mentite spoglie dell’ "antifascismo" . Mi pare che ciò rispecchi esattamente il quadro storico in cui si è compiuta la “ metamorfosi” della destra neofascista (ex MSI) per accedere al governo del Paese, sdoganata e traghettata verso il PDL dal populismo berlusconiano. Ma la citazione di Pasolini si adatta anche per inquadrare la “metamorfosi” degli eredi del PCI, in primo luogo il PD.
Il sottoscritto si schiera tra quanti sono convinti che non esista alcuna differenza tra PD e PDL, eccetto la "L" in più nella sigla del partito di plastica di Berlusconi. Per il resto conviene stendere un velo pietoso. Non a caso fu coniata la formula "Veltrusconismo" per designare la funzionalità di entrambi (PD e PDL) ad un progetto neogolpista attuato in forme apparentemente soffici e indolori, un disegno di stabilizzazione neocentrista e neoconservatrice che fa capo ai due soggetti "protagonisti e antagonisti" della scena politica nazionale, destinati a governare insieme la fase della “Terza Repubblica” .
Tuttavia, al di là di queste note pessimistiche, faccio prevalere ciò che Gramsci definiva “l’ottimismo della volontà” . Per cui, non solo in veste di cittadino, ma altresì di insegnante, sono interessato a trasmettere alle nuove generazioni i valori ideali insiti nella Costituzione, di cui bisogna far conoscere ed apprezzare la bellezza poetica. Non a caso, alla stesura del testo costituzionale parteciparono le migliori menti politiche e letterarie dell’epoca: su tutti cito la straordinaria figura di Piero Calamandrei.
La Costituzione è la madre della democrazia italiana, indubbiamente scalcagnata e malandata per varie ragioni storiche e politiche. La Costituzione ne incarna idealmente il ricco patrimonio valoriale, perciò leggerla è il miglior modo per festeggiarla e proporla ai giovani, ed è forse il miglior modo per educare ed ispirare le nuove generazioni.
Pertanto, approfitto per denunciare una grave mistificazione ideologica che si perpetua da anni nel nostro sciagurato Paese. Quella di occultare le origini della democrazia italiana, benché istituita solo sulla carta. E' opportuno ricordare che la Costituzione del 1948 (e, con essa, la democrazia, sebbene solo formale) affonda le sue radici storiche e ideali nella Resistenza contro l’occupazione nazi-fascista imposta durante la seconda guerra mondiale. Dalle ceneri della monarchia sabauda e della dittatura fascista di Mussolini è nata la Costituzione ed è risorta la civiltà democratica del popolo italiano.
Il 25 aprile è senza dubbio una festa partigiana, cioè di parte, e non può essere diversamente. Pretendere che il 25 aprile diventi una "festa di tutti" , una sorta di ricorrenza “neutrale” , equivale a snaturare e azzerare il valore simbolico e politico di quella che è la Festa per antonomasia della Resistenza partigiana e antifascista. Infatti, il 25 aprile si festeggia, ovvero si dovrebbe rievocare e, in qualche misura, rinnovare la vittoria della Resistenza popolare partigiana contro l'invasione nazista e contro i fascisti che flagellarono l’Italia per un tragico ventennio, conducendo il Paese verso la rovina, costringendo il nostro popolo alla catastrofe della seconda guerra mondiale, in cui intere generazioni di giovani proletari furono sfruttati come carne da macello per arricchire e ingrassare una ristretta minoranza di affaristi, speculatori e guerrafondai senza scrupoli.
Da quella Liberazione nacque la Costituzione del 1948, scritta non tanto con la penna, quanto con il sangue di tante donne e uomini che sacrificarono la propria vita per la libertà delle generazioni successive: donne e uomini chiamati "partigiani" proprio perché schierati e militanti da una parte precisa, contro il fascismo, l'imperialismo e la guerra.
Il carattere apertamente antifascista e partigiano, egualitario, democratico e pluralista, pacifista e internazionalista della Costituzione, la rende un testo all’avanguardia, addirittura rivoluzionario sul piano internazionale, ma è anche il motivo principale per cui essa è invisa, temuta e osteggiata nei settori più oltranzisti e reazionari della società italiana, ed è la medesima ragione per cui essa è negata e disattesa nella realtà concreta. E’ superfluo elencare gli articoli della Costituzione reiteratamente violati e traditi, a cominciare dall’art. 11, in cui emerge lo spirito pacifista e internazionalista della Costituzione del 1948: “l’Italia ripudia la guerra (…) ” , è l’incipit dell'articolo.
Questa è una preziosa lezione della storia che oggi, in tempi bui, dominati dall'indifferenza, dal fatalismo, dall'apatia e antipatia politica, si tenta di mettere in discussione e addirittura negare alle giovani generazioni. Questo "fatalismo" , assai diffuso tra la gente, è il peggior nemico della gente stessa, in quanto induce a pensare che nulla possa cambiare e tutto sia già deciso da una sorta di destino superiore, una forza trascendente contro cui i miserabili sarebbero impotenti, ma così non è.
In materia di fatalismo, indifferenza e apatia politica, non si può non citare un famoso pezzo giovanile di Antonio Gramsci, "Odio gli indifferenti" , in cui il grande comunista sardo scriveva che vivere vuol dire "Essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia (...) Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti" . Questo è il miglior messaggio che si possa trasmettere ai giovani, una sorta di inno che esprime in forma lirica e nel contempo in modo inequivocabile, l'amore per la vita e la libertà, tradotte in termini di partecipazione attiva alle decisioni che riguardano il destino della collettività umana.
Sempre in tema di assenteismo e non partecipazione alla vita politica, rammento un celebre brano di Bertolt Brecht: "Il peggior analfabeta è l'analfabeta politico" . Non c'è nulla di più vero e più saggio. Brecht sostiene che l'analfabeta politico "non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell'affitto, delle scarpe e delle medicine dipendono dalle decisioni politiche. L'analfabeta politico è talmente asino che si inorgoglisce, petto in fuori, nel dire che odia la politica. Non sa, l'imbecille, che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il minore abbandonato, il rapinatore e il peggiore di tutti i banditi, che è il politico disonesto, leccapiedi delle imprese nazionali e multinazionali." . Ed io vorrei aggiungere: "delle imprese locali" .
Nella circostanza odierna mi preme rilanciare l’idea della Politica in quanto espressione della volontà popolare e della libera creatività dell’animo umano, che si concretizza nel confronto interpersonale, nella pacifica convivenza e nella dialettica democratica e pluralista tra persone libere ed uguali, ovviamente diverse sul versante spirituale e culturale. Inoltre, la Politica dovrebbe essere un mezzo di aggregazione e partecipazione sociale, uno strumento diretto e corale per intervenire concretamente sui processi decisionali che investono l’intera comunità, una modalità di socializzazione tra gli individui, la più elevata e raffinata forma di socialità umana. Del resto, l’antica etimologia del termine, dal greco “Polis” (città), indica il senso della più nobile attività dell’uomo, denota la somma manifestazione delle potenzialità e delle prerogative attitudinali dell’essere umano in quanto “animale politico” . Tale capacità dell’uomo si estrinseca nella Politica come organizzazione dell'autogoverno della Città.
Il senso originario della Politica si è svuotato ed è degenerato nella più ignobile “professione” , nell’esercizio del potere fine a se stesso, riservato agli “addetti ai lavori” , ai carrieristi e affaristi della politica. Quella che un tempo era una “nobile arte” , la suprema occupazione dell’uomo, oggi è percepita e praticata come mezzo per impadronirsi della città e delle sue risorse territoriali, una squallida carriera per mettere le proprie luride mani sulle ricchezze del bilancio economico comunale. Un bene che, invece, dovrebbe appartenere a tutti ed essere gestito dalla comunità dei cittadini.
La nuova Resistenza è l'opposizione a questo stato di cose, è la rivolta contro una visione e una pratica del potere come appannaggio di un’esigua minoranza di privilegiati, ossia i padroni del Palazzo. Tale situazione va respinta e combattuta con fermezza, perché il soggetto che si organizza in comitato o partito politico, convenzionalmente definito “ceto politico dirigente” , non appena conquista il privilegio derivante dal potere esclusivo sulla Città, si disinteressa del bene comune per occuparsi dei loschi affari della casta, o dei singoli individui. Questo stato di corruzione della politica, che non coincide con un’esperienza di autogoverno dei cittadini, ma risponde agli interessi egoistici e corporativi di una cerchia elitaria e circoscritta, è la causa principale che genera un sentimento di indifferenza e disaffezione dei cittadini verso la politica, cioè il governo della Polis, in quanto rappresentativo degli interessi privati di pochi affaristi, nella misura in cui tali vicende sono recepite come estranee agli interessi della gente.
Pertanto, occorre rilanciare l’idea dell’autogestione e dell’autogoverno dei cittadini, sperimentando nelle comunità locali l’idea della politica come rifiuto radicale del potere scisso dalla collettività, come partecipazione diretta della popolazione ai processi decisionali, ai canali di controllo e gestione del bilancio economico comunale.
L’utopia della democrazia diretta non è solo possibile e praticabile localmente, ma è necessaria di fronte all’avvento di un fenomeno autoritario globale che minaccia quel poco di sovranità democratica vigente in alcuni Stati nazionali. I quali sono soppiantati da organismi economici sovranazionali che dirigono le dinamiche dell’economia e dei suoi assetti bancari e finanziari. Questo fenomeno di globo-colonizzazione ha favorito l’ascesa dei gruppi finanziari più forti e delle corporation multinazionali, con danni irreparabili per i diritti civili e sindacali, le libertà democratiche, i redditi dei lavoratori del sistema produttivo, la cui condizione si fa sempre più precaria e ricattabile.
21/04/2010 LUCIO GAROFALO redazione@varesenews.it

Milano: 'Appalti truccati alle case popolari' - Davide Milosa


23 aprile 2010

Sos racket presenta un esposto contro i vertici dell'Aler: "Tangenti ai dirigenti e gare manipolate per favorire gli amici di un consigliere comunale". L'azienda regionale smentisce e minaccia denuncie. Fibrillazione a palazzo Marino.

Tangenti alle case popolari. Meglio, mazzette del 5% su ogni appalto vinto. Denaro che gli imprenditori avrebbero pagato ad alcuni dirigenti di
Aler, l’azienda regionale che gestisce le case popolari di Milano. E ancora appalti truccati per il verde da distribuire a imprese amiche. Questo è il contenuto di un esposto depositato alla Procura di Milano il 19 marzo scorso e preso in carico dal procuratore aggiuntoAlberto Nobili che lo ha passato, per competenza, ai magistrati che si occupano di reati nella pubblica amministrazione. Il documento è firmato da Frediano Manzi, presidente dell’associazione Sos Racket Usura.

L’annuncio è stato dato dallo stesso Manzi a margine dell’incontro organizzato dalla sua associazione per denunciare l’ennesima amnesia del sindaco
Letizia Moratti. In poche parole, ha sottolineato più volte Manzi “il sindaco si è rifiutato di darci la sede”. Sì, perché tra le altre cose, l’unica associazione che a Milano si occupa di combattere il racket della criminalità organizzata oggi non ha un luogo dove riunirsi.

In realtà, la notizia più importante è quella sull'
Aler ed è deflagrata come una bomba a palazzo Marino, sede del comune. Sì, perché nell’esposto si fanno i nomi del direttore generale dell'azienda delle case popolari, Domenico Ippolito e di quello del direttore gestionale Marco Osnato, consigliere comunale, uomo di punta delPdl milanese e parente del ministro della Difesa Ignazio La Russa.

Nel documento vengono riportate le affermazioni, ancora tutte da verificare, di un ingegnere che ha lavorato per l'
Aler per anni partecipando a bandi e gare d’appalto. “E’ prassi consolidata – sostiene il professionista – sin dal 1991 che le aziende che partecipano a bandi indetti dall’Aler paghino una tangente del valore del 5% dell’importo sull’appalto all’attuale direttore generale di Aler, Domenico Ippolito”. Lo stesso che avrebbe fatto da "collettore delle tangenti che presumibilmente distribuisce ad altri soggetti". Anche per questo, l’ingegnere consiglia di “verificare lo stato patrimoniale del direttore generale dell’Aler”. Dopodiché il documento entra nei particolari, facendo nomi e chiarendo le modalità di un’impresa, ad esempio, specializzata in pulizie "che ha sempre pagato il 5% di tangente a Ippolito". Non sembra finita, perché oltre alle mazzette ci sarebbero anche appalti disegnati ad hoc per favorire certe imprese. Tra queste una specializzata nello sgombero delle case occupate (rimozione di calcinacci e mobili). "Mi viene riferito – scrive Manzi - di un bando ad hoc creato appositamente per l’ unica azienda che da 20 anni si occupa degli sloggi degli occupanti abusivi, che addirittura non avendo concorrenti applica all’Aler il 40% in più del valore di mercato del suo servizio. Servizio che si vede rinnovare puntualmente l’ assegnazione del bando di gara".

Ma, per
Sos Racket, ci sono anche i bandi spezzatino ideati per favorire una stretta cerchia di amici. Sul punto si cita l’esempio di un appalto da 7,8 milioni di euro per la gestione del verde nei palazzi Aler della provincia di Milano. Appalto che sarebbe "stato assegnato ad amministratori evitando di fatto di indire un bando pubblico, commettendo il reato di abuso di ufficio per frazionamento gara di appalto". Documento firmato oltre che da Osnato e Ippolito, anche da un geometra. E questo, si legge nell’esposto, "nonostante ci fosse parere negativo da parte del capo ufficio appalti avv. Irene Comizzoli". In particolare, si tratterebbe di diversi lotti da 240.000 euro l’uno. Tutti finiti “agli amici di Osnato” che si sarebbero aggiudicati i vari lotti mascherandosi dietro a diverse imprese sempre riconducibili a loro. In serata Aler ha diffuso un comunicato per "diffidare il signor Manzi a rilasciare dichiarazioni lesive degli interessi di Aler, riservandosi di denunciare davanti alle autorità competenti questi episodi".

In realtà, l’incontro con il presidente dell’associazione
Sos racket usura doveva rappresentare l’ennesima denuncia alla distrazione della giunta Moratti. E in effetti così è stato. L’appuntamento era in piazzetta Capuana nel cuore di Quarto Oggiaro, quartiere ad alto tasso di criminalità ricavato alla periferia nord della città. Un tavolino, due sedie e un telefono senza fili. Allestimento simbolico, ma fino a un certo punto. Perché, al di là, di tutto e della sede che ancora non c’è, il senso di questa iniziativa era dimostrare la presenza sul territorio. Presenza attiva, tanto che sempre oggi, Manzi ha presentato un questionario di undici domande da far girare nei palazzi popolari di Quarto Oggiaro e di altre tre zone della città, tra cui via Padova.

Al centro la necessità di smascherare il
racket degli alloggi abusivi, quasi sempre gestito da appartamenti alla criminalità organizzata. Tra i sostenitori dell’iniziativa anche l’attore sotto scorta Giulio Cavalli, appena eletto consigliere regionale nelle fila dell'Idv, che dal prossimo giovedì accompagnerà Manzi casa per casa a distribuire il questionario.

Da
il Fatto Quotidiano del 23 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2477948&yy=2010&mm=04&dd=23&title=milano_appalti_truccati_alle_c