venerdì 4 giugno 2010

Luca Sofri: ecco chi è Minzolini e perchè Berlusconi l'ha voluto come direttore del Tg1


Tutti gli uomini (in tv) del Presidente - Luca Telese



4 giugno 2010
Per B. la telegenìa è tutto. Su tutte le furie dopo il flop di Tremonti a Ballarò

Adesso nel mirino c’è
Giulio Tremonti. Ma la leggenda (anzi, la storia della cronaca politica) narra che il primo a fare le spese della “vocazione telegenica” del Cavaliere fu Elio Vito. Il deputato azzurro, sofisticato azzeccagarbugli parlamentare, professionista della politica forgiato alla scuola radicale, ottimo tecnico legislativo aveva un problema non recuperabile. Un leggero strabismo che in televisione non si poteva non ignorare, soprattutto sotto lo sguardo impietoso del primo piano. Vito nella XV legislatura arriva a diventare addirittura capogruppo di Forza Italia. Ma poi, per via di questo innegabile difetto di telegenìa fu gradualmente disincentivato ad andare in televisione, fino a che non gli fu preferito Fabrizio Cicchitto. Adesso è ministro per i Rapporti con il Parlamento: ma in televisione non si vede più.

Telegenìa unica via. Insomma, per Berlusconi la telegenìa è l’unica via. Non è un mistero che nel 1994 la prima selezione dei candidati di Forza Italia fu fatta con dei provini davanti alla telecamera. E nemmeno che l’ex socialista Antonio Guidimalgrado la sua disabilità, fu considerato papabile per una poltrona governativa anche per la sua dimestichezza con il salotto di Maurizio Costanzo. Prima di sfidarlo nel 2001, Berlusconi considerò una dote decisiva la telegenia diFrancesco Rutelli (“Ma perché non vieni da noi in Forza Italia?”), scelse il neuropsichiatra Alessandro Meluzzi per gli stessi motivi, e ha mantenuto negli anni un legame inossidabile con Vittorio Sgarbi perché lo considerava un polemista corazzato nei talk-show. Ecco perché, in questo periodo di crisi del berlusconismo reale, l’attenzione spasmodica alla rappresentazione del berlusconismo catodico è diventata per il presidente del Consiglio un vero cruccio.

La bondeide. Esempio. Sandro Bondi finì sugli scudi, celebrato come un eroe a Palazzo Grazioli, per un duello incrociato a Ballarò. Berlusconi era furibondo perché nella primavera scorsa, nel pieno del Noemi-gate, si sentiva poco difeso dai suoi. Bondi duellò con Ezio Mauro e Franceschini (insieme con Belpietro) mettendoci l’anima: “Non si può dire che Sandro sia bello – commentò il premier – però è uno dei pochi che non si tira indietro”. Già, perché in quel periodo molti dei notabili del Cavaliere rifiutavano ogni invito. Sarà anche per quello show che Bondi si salvò dalle voci di rimpasto che lo inseguivano in quei giorni?

Il caso Quagliariello. Uno che al premier invece piace molto è Gaetano Quagliariello: si presenta bene, cosa che per Berlusconi è fondamentale, ma non disdegna il corpo a corpo quando c’è da menare le mani per difendere la causa. Episodio emblematico: durante la crisi con i finiani, Berlusconi fu informato che Quagliariello e Roberto Cota erano stati invitati in un talk-show in cui era presente anche Italo Bocchino: i due, dopo il consulto, furono invitati a chiedere di ottenere pari trattamento o a declinare l’invito.

Gli Avatar del Cavaliere. Le vicende politiche di questi mesi hanno creato, di fatto, la fortuna dei giornalisti di centrodestra che quasi sempre risultano più efficaci dei politici. Alcuni, come Maurizio Belpietro, televisivamente parlando contano più di un ministro. Hanno imparato a usare il linguaggio extraverbale come nessun altro: sorrisi ironici, interruzioni spezza-ritmo, cenni plateali di diniego. Ma soprattutto il politicamente scorretto: Alessandro Sallusti fu decisivo nel rievocare contro Massimo D’Alema la vicenda della casa di via Musolino: “Vada a farsi fottere!”, gridò D’Alema. Ma il punto è che non era piscologicamente preparato ad un attacco “non convenzionale”. Vuoi mettere l’efficacia di Sallusti contro la verbosità di Cicchitto, che fra l’altro ha un sorriso che in tv non viene bene?

Ignazio “Larissa”. Se c’è uno che a Berlusconi piace è sicuramente Ignazio La Russa. Il ministro della Difesa viene impiegato in prima linea per tutte le “missioni impossibili”. La Russa passa dalla lingua para-istituzionale di Porta a Porta a quella gladiatoria messa in campo a Linea notte contro Antonio Di Pietro. È un maestro dell’attacco personalizzato, del colpo basso. Nel talk-show di Bianca Berlinguercostrinse Antonio Di Pietro ad alzarsi gridandogli: “Che c’è, hai paura?”. ABallarò insultò Concita De Gregorio. A Matrix si è messo a urlare controRitanna Armeni: “Lei è una brutta persona! Si vergogni! Si vergogni!”. Al contrario dei dirigenti del Pd, che sono sempre educatini pacati, e portati a soccombere, gli uomini che piacciono al Cavaliere menano come Fabbri.

Un giorno da Lupi. Un altro caso esemplare, quello di Maurizio Lupi. Il vicepresidente della Camera si è ritagliato uno spazio fisso a Ballarò (al pari diGiulio Tremonti e Renata Polverini). Ormai è un mago nel cercare le telecamere accese quando deve prendere il controllo della situazione, e si è specializzato nell’intervento “pirata” quando sta per essere chiamata la pubblicità: “Un momento, Floris, un momento...” E così parla due volte: sia prima che dopo lo spot.

I due Tremonti. Sembra in declino, invece, l‘astro di Tremonti. Rivedere, per credere, l’ultima performance a Ballarò: dialogante prima della telefonata di Berlusconi, combattivo con il coltello tra i denti, subito dopo. “Devo difendermi da solo”, ha commentato il premier. Che poi è il suo sogno.

Da il Fatto Quotidiano del 4 giugno

Il Fatto Quotidiano sbarca sul web e chiede aiuto alla Rete






4 giugno 2010
Fra poche settimane lanceremo la nostra nuova edizione on line. Ma per garantire la libertà di informazione tutti quelli che hanno un blogo gestiscono un sito devono darci una mano

Dunque ci siamo. Tra poche settimane
Il Fatto Quotidiano sarà finalmente on line. In queste ore i nostri tecnici e i nostri giornalisti sono al lavoro per stabilire la data definitiva dell'uscita del sito in versione Beta. Poi, per tutta l'estate vedremo come funzionano le cose, ascolteremo i suggerimenti che ci arriveranno dalla rete, e entro l'autunno lanceremo la versione definitiva. Abbiamo molte idee. Le principali sono comunque due. La prima: fare anche sul web informazione senza padroni e censure. La seconda: dar vita a un sito che possa accogliere le opinioni e i pensieri di tutti, selezionando quanto ci sarà inviato o troveremo in Rete.

La sfida, non lo nascondiamo, è molto difficile. In redazione siamo in pochi e questa volta per coprire le spese e avere i capitali necessari per i nuovi investimenti dovremo raccogliere pubblicità. Per questo
Il Fatto Quotidiano on-line dovrà avere tantissimi visitatori. Noi contiamo di riuscirci continuando a dire le cose che gli altri non dicono, raccontando storie e notizie che è impossibile leggere altrove. Ma questo non basta. Dobbiamo farci conoscere. Ed è qui che chiunque tiene alla libertà di parola, chiunque pensa che l'informazione nel nostro Paese sia messa in ginocchio non solo dalle leggi bavaglio, ma anche da giornali e tv al servizio del potente di turno, può darci una grossa mano. Vogliamo che tutti, ma proprio tutti, sappiano che il nuovo sito de il Fatto Quotidiano sta venendo alla luce. Per questo chiediamo ai blogger e a chi gestisce un sito di aiutarci mettendo a disposizione i loro spazi sul web per la nostra campagna di lancio. Stiamo lavorando a dei bannerdavvero poco convenzionali. Se siete disposti a ospitarli segnalate il vostro link a questa mail: iosupporto@ilfattoquotidiano.it

Entro pochi giorni verrete ricontattati e vi verrà fornito l'indirizzo di un link da dove potrete prendere il codice da inserire nella vostra pagina internet. La nostra richiesta è di tenere il tutto on line nel periodo di lancio del sito, che vi verrà comunicato quanto prima.

Del banner non convenzionale vi verranno anche fornite le specifiche tecniche e un tutorial utile per inserirlo correttamente . In alternativa abbiamo a disposizione anche un banner, per così dire, normale. In ogni caso l'importante è essere in tanti. Perché l'informazione libera è un bene di tutti e solo tutti assieme possiamo difenderla. E farla crescere.

Peter Gomez e Marco Travaglio


Una Manovra contro le rinnovabili



Contro l’inedia ambientale del governo e in particolare della manovra finanziaria, scende in campo anche un pezzo di Confindustria. Non il vertice nazionale, impegnato con la presidente Emma Marcegaglia a fare lobbing per impedire all’Europa di alzare al 30% l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 al 2020, ma Federambiente che insieme a Fise Assoambiente denuncia come l’Italia rischi un blocco dello sviluppo delle fonti rinnovabili, “oggi già ampiamente sotto la media europea e sempre più lontane dall’obiettivo 17% di energia prodotta previsto per il 2020″.

Le associazioni che rappresentano le imprese pubbliche e private di gestione rifiuti sottolineano in una nota che saranno queste le conseguenze di quanto previsto all’articolo 45 della manovra finanziaria “che stabilisce come il Gestore dei servizi energetici (Gse) non sarà più obbligato a riacquistare i certificati verdi in eccesso rispetto agli obblighi dei produttori”.

“Sino a oggi – ricorda la nota – il Gse era tenuto a ritirare ogni anno i certificati verdi invenduti che eccedevano gli obblighi d’acquisto in capo alle imprese interessate dell’anno precedente a un prezzo certo. Questa misura aveva l’obiettivo di mantenere l’equilibrio nel mercato dei certificati verdi in caso d’eccesso d’offerta, come ora. Il nuovo provvedimento varato, con il venir meno della certezza d’un importo comunque legato al valore storico di mercato, aggrava ulteriormente l’esposizione finanziaria delle imprese che gestiscono impianti di recupero energetico dei rifiuti”.

Anche se la catalogazione dell’energia prodotta dai rifiuti come “rinnovabile” è quanto mai opinabile e andrebbe senz’altro ristretta alla produzione di biogas e pochi altri casi, la protesta di Federambiente e Fise Assoambiente punta l’indice contro l’ostracismo che questo governo mostra nella gestione delle tematiche ambientali.

Il nuovo regime in materia di certificati verdi era già stato duramente contestato infatti da associazioni ambientaliste e produttori di energia da fonti rinnovabili, anche perché, come sottolinea Edoardo Zanchini di Legambiente, “questo provvedimento non avrebbe alcun effetto per le entrate dello Stato, visto che non sono finanziamenti pubblici ma un meccanismo di mercato che obbliga le aziende del settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici”.

Ma il problema non si esaurisce qui. Legambiente denuncia infatti inoltre che “le fonti energetiche pulite sono state lasciate in un ‘far west’ normativo; si attendono dal 2003 le ‘Linee guida’ per i progetti da fonti rinnovabili, e non si hanno notizie né degli incentivi in conto energia per il solare fotovoltaico, né della detrazione del 55% per il solare termico”.

Un’inerzia sospetta, che secondo Zanchini “sembra l’ennesima dimostrazione di come il rilancio del nucleare si porti dietro l’abbandono delle fonti rinnovabili”.

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Il principio del paraculo - Blog di Beppe Grillo


I sacrifici necessari


Quando vinse le elezioni due anni fa si dava per scontato che il Cavaliere sarebbe arrivato saldo in sella a fine legislatura.
Io sono stato tra i pochi dubitosi perché prevedevo (il 12 novembre 2009) che il successo di Bossi avrebbe creato un Pdl troppo concentrato al Sud e quindi in conflitto di interessi con il Nord. Nel frattempo gli economisti si sono finalmente accorti — in colpevole ritardo —, di aver allevato una perfetta catastrofe economica. Berlusconi ha fatto il sordo finché ha potuto, ma oramai ammette che la crisi c’è e così si trova anche lui impigliato in problemi che non ama e che non conosce. Sì, l’economia domestica, l’economia della sua «masserizia» (come la chiamava Leon Battista Alberti) il Nostro la conosce a perfezione; ma del resto, dello Stato e del suo bilancio, si deve occupare Tremonti, non lui. Sulla «stangata» si è defilato e se ne chiama fuori adducendo, poverino, di non avere «poteri», quasi fosse il prestanome di chissà chi. Però, bravo.

Finora gli va riconosciuto di essersi mosso con impareggiabile astuzia. Ma siamo soltanto all’anteprima della vicenda. La stangata è stata soltanto preannunziata, ed è ancora materia di trattativa e di ritocchi. A tutt’oggi si discute e basta. Ma i tagli della stangata arriveranno prestino, perché per l’euro e per l’Europa noi siamo importanti. Fino a pochissimo tempo fa l’Italia rischiava di precipitare nel gruppetto dei cosiddetti pigs, la sigla o l’acronimo per Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna: appunto, i Paesi sull’orlo del collasso. Però, salvo uno, Paesi di secondaria importanza. La Grecia ha 11 milioni di abitanti, il Portogallo 10 milioni, e l’Irlanda appena 4 e mezzo. Dei quattro pigs (vuole il caso che la parola significhi in inglese «maiali») il caso allarmante è la Spagna: 45 milioni di abitanti e, da sempre, di alta disoccupazione.

L’Italia, allora. Come reagirà il Paese quando la mannaia comincerà davvero a decapitare? Con ragionevole, seppur dolentissima rassegnazione, oppure con un crescendo di ribellismo? Beato chi lo sa. Nelle emergenze la dottrina prevede tre soluzioni. Primo, un «governissimo», detto di solito governo di unità nazionale, un governo con tutti dentro. Secondo, una grosse Koalition alla tedesca, un governo dei partiti maggiori, o comunque di una larga maggioranza compatibile, e cioè in grado di mettersi d’accordo, di volta in volta, sui provvedimenti necessari e urgenti. Infine, terzo, un governo tecnico (pur sempre sottoposto, s’intende, al controllo del Parlamento) i cui dicasteri sono affidati a tecnici invece che a politici di mestiere.

Queste soluzioni sono ovviamente molto diverse, ma sono legate da una logica comune. Se tutti i governanti impongono decisioni impopolari, e anzi le stesse misure impopolari, l’elettorato non sa più chi punire. O il castigo popolare si distribuisce più o meno a caso, oppure si attenua: se la stessa stangata viene appioppata da tutti, può darsi che sia davvero inevitabile. La formula tedesca della più larga coalizione possibile è la più razionale ma resta esposta ai ricatti degli estremisti che ne restano fuori. È pertanto la più rischiosa per chi governa.

Giovanni Sartori
02 giugno 2010

http://www.corriere.it/editoriali/10_giugno_02/sartori_f0c5b9aa-6e04-11df-b855-00144f02aabe.shtml


Quale premier mondiale non ha commentato l’attacco israeliano?


Indovinate quale premier mondiale non ha ancora aperto bocca sull’attacco israeliano alla nave turca? E nemmeno ha espresso le proprie condoglianze per i morti?


Quale premier mondiale non ha commentato l'attacco israeliano?
Esprimo “profondo rincrescimento per la perdita di vite e per i feriti. Stiamo lavorando per comprendere le circostanze della tragedia”. E’ importante “apprendere tutti i fatti e le circostanze il più presto possibile”
[link].Barack Obama, Usa

E’ necessaria un’ inchiesta “imparziale, credibile, trasparente e conforme ai criteri internazionali. Condanno l’uso sproporzionato della forza da parte di Israele” [link]
Nicolas Sarkozy, Francia

Il raid israeliano contro la flottiglia navale pacifista e’ “totalmente inaccettabile”. Esprimo “le condoglianze ai cittadini che hanno perso la vita” nell’attacco [link]
David Cameron, Uk

L’attuale situazione in Medio Oriente “è molto seria”. La cosa è importante “è che non assistiamo a un’escalation, ma che si contribuisca a calmare la situazione con la trasparenza e i colloqui”. Chiedo un “chiarimento al piu’ presto” sull’accaduto. “Si pone la questione se la reazione sia stata proporzionata” [link]
Angela Merkel, Germania

“La morte di uomini in seguito all’attacco al convoglio umanitario che si stava dirigendo verso la Striscia di Gaza, è una perdita irreparabile e non motivata” [link]
Dmitrij Medvedev, Russia

“Condanno l’azione militare che ha causato un alto numero di vittime”. “Totalmente sproporzionata”. “Attacchi gravi e preoccupanti” [link]
Luis Zapatero, Spagna

“Ho in mano un sondaggio di Euromedia che dice che il 62% degli italiani sta col presidente del Consiglio e il mio governo ha un gradimento del 50%. Tanto vi dovevo” [link]
Silvio Berlusconi, Italia

Giusto per non dare giudizi sulla vicenda. Ma per segnalare come Berlusconi non abbia aperto bocca sui fatti di Freedom Flotilla, rifuggendo dalle sue responsabilità di Capo di Governo. Non tanto per condannare l’attacco d’Israele – sia mai detto! – quanto per racimolare due parole sui morti. O sugli italiani a bordo.

http://www.agoravox.it/Quale-premier-mondiale-non-ha.html

Che fa il nesci, Eccellenza? o non l'ha letto?
Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi,
in tutt'altre faccende affaccendato,
a questa roba è morto e sotterrato.

(Sant'Ambrogio - Giuseppe Giusti)