di Salvo Vitale Giornalmente se ne studiano nuove, ma i principi di fondo sono quelli di sempre: E andiamo a casa nostra: è accertato da “Reporter sans frontière” che l’Italia occupa il cinquantaduesimo posto,( credo che quest’anno siamo scesi giù di altri quattro posti), tra i paesi semiliberi, per quel che riguarda la libertà di stampa e d’informazione. Peggio delle peggiori dittature africane o arabe. Attraverso il meccanismo della distribuzione pubblicitaria, quasi interamente dirottata su Mediaset e grazie ai finanziamenti statali, i giornali, soprattutto quelli di partito, hanno creato una rete di “giornalisti dipendenti”, proni alle direttive dei partiti che li pagano o dei padroni di testate che fanno riferimento a questi partiti o ricevono da essi commesse pubblicitarie. Giornalmente, una equipe di cervelli decide quali devono essere le notizie da prima pagina, quale la notizia d’apertura, quali sono i termini da usare per rendere il fatto appetibile o poco credibile, importante o irrilevante. Sulla base della linea giornaliera, per lo più indicata dai giornali al soldo del governo, gli altri si allineano riproducendone l’impostazione, con lievi differenze. E’ ormai passata come cosa abituale la foto giornaliera del premier, a dimensioni diverse, a colori o in bianconero, in abito blu su uno sfondo bianco o azzurro, in primo piano o in compagnia, col sorriso o con lo sguardo truce, a seconda degli eventi del giorno. Tutti i giornali, di maggioranza, di opposizione o quelli che si professano equidistanti, sono schiavi di questo ritratto, reso obbligatorio dal principio semplicissimo che il personaggio è ormai penetrato in ogni angolo e diventato indispensabile nell’immaginario collettivo: pertanto parlarne o diffonderne l’immagine aiuta a vendere.. In tal senso uno dei giornali più recidivi, è Repubblica, (e il suo partner settimanale, “L’Espresso”), la quale spesso pubblica, sul quotidiano o sul magazine tre o quattro foto del premier, cui si associano altrettante foto dei suoi lacchè, chiamali ministri o leccaculo di vario genere. Anche “Il Fatto quotidiano” di Travaglio cade spesso in questa trappola. In televisione, secondo una mia recente ricerca, il 28% dei telegiornali inizia con la parola “Berlusconi”, o, in ogni caso lo cita in secoda o terza notizia: segue una sorta di rassegna degli “uomini di regime” che ricorda, per molti aspetti il Politbureau e i sistemi di comunicazione sovietici. Non c’è proporzione con le immagini dell’opposizione, spesso inesistenti o irrilevanti. Una volta stabilita l’impostazione del notiziario del giorno, lanciato in prima stesura da Canale 5 e dal Giornale, questo viene passato, per lo più attraverso l’Ansa, a tutti i telegiornali, da Sky alla Rai, alla 7, che si allineano pedissequamente alla direttiva di regime. Pertanto il tutto è omogeneizzato in una dimensione monocromatica: stesse notizie, stesse parole, stessi giudizi, spesso nello stesso momento. Ci sono poi tecniche più raffinate, sino a rasentare il ridicolo, che caratterizzano i giornali interamente schiavizzati dai soldi del premier, ma non solo quelli: 1) Lanciare la notizia, possibilmente gossip, come un’esca all’amo. Aspettare che il giornalista, di opinione possibilmente opposta, abbocchi e poi stroncarlo come uno che invece di fare giornalismo serio cerca calunnie per infangare il nemico politico. La vicenda di Noemi, tirata fuori per prima dai giornali del Berlusca, o quella delle orge di Villa Certosa, disegna chiaramente questa strategia del boomerang che non torna ai furbi che lanciano lo strumento, ma a coloro che lo raccolgono per rilanciarlo, convinti di fare lo scoop. 2) Ribaltare la notizia, rivoltarla nel suo opposto, specie se essa è scarsamente credibile. “Libero” del 16-6 ce ne da un esempio: Berlusconi va alla corte di Obama, dopo avere ricevuto alla propria corte, con incredibili buffonate, Gheddafi. Obama non lo caca se non per quel che si può fare con un alleato ininfluente e da sempre asservito alle direttive americane. Il giornale del “duce”, Libero, spara un titolone in prima pagina: “Obama a Silvio: Aiutami”. Grandi risate: il capo della nazione più grande e più ricca del mondo chiede aiuto al guitto di una nazione che ha il debito pubblico più alto del mondo!!!! Eppure, chi ha studiato questo titolo ha cercato di trasmettere l’immagine del ragazzino Obama davanti allo scafato e saggio Berlusconi che dispensa consigli, gli fa il piacere (vedi che sforzo!!!) di mettere in prigione in Italia tre criminali del campo di concentramento americano di Guantanamo e gli mette a disposizione, come già deciso mesi fa, altri ottocento baldi soldati per rialzare le sorti languenti della guerra americana contro i talebani dell’ Afghanistan. “Silvio, Aiutami”. Figurarsi!!! Si può arrivare a questo grado di cialtroneria? Sì, e si può andare ancora oltre: si noti: per gli americani, dire, quando si incontra una qualsiasi persona conoscente la frase “Nice to see you, my friend” è un’abituale frase di saluto: i giornali schiavi hanno voluto far credere che Obama avesse detto a Berlusconi “E’ bello vederti amico mio”, come se fosse una spontanea dichiarazione d’amicizia, una sorta di “M’illumino d’immenso” davanti alla faccia splendente del Silvio internazionale. A proposito, anche quella di usare il nome, anziché il cognome o il titolo, è una tecnica per rendere più vicino il soggetto, per farlo sentire di casa: anche Repubblica, a “Silvio” dedica spesso esortazioni e comprensioni per le sue gaffe o per i commenti dei suoi cortigiani. 3) Tecnica del panino: inventata dal fedelissimo berlusconiano Mimun, ripristinata dal fedelissimo Minzolin, consiste nel dire l’opinione del governo, nel far seguire una critica, spesso “potata” e inconsistente dell’opposizione, e nel far seguire ancora la controreplica dei portavoce governativi: in tal senso i più gettonati e i peggiori sono nell’ordine Gasparri, Cicchitto , Bonaiuti e Capezzone; seguono, a distanza, Tremonti, La Russa, Maroni, Bossi, Calderoli, Bricolo e Quagliarella. Molto spesso i devotissimi della RAI, dopo una dichiarazione di qualche politico d’opposizione, si premurano di avvisare gli interessati della maggioranza per avere la controreplica e annullare subito il senso di qualche intervento timidamente polemico. 4) Tecnica della mistificazione: basta accompagnare l’informazione taroccata con espressioni o finte cifre per renderla più credibile: per esempio “Ci siamo adeguati alla normativa europea…”, che non esiste, ma non importa, basta inventarsela; oppure “Secondo un sondaggio diffuso da….(segue il nome della società cui è stato commissionato sia il sondaggio, sia il risultato da esibire) ; oppure “secondo voci di corridoio…” “pare che….” : una volta trasmesso l’input, ritirare la mano non è più possibile: il lancio della notizia falsa ottiene sempre risultati maggiori di quanto non ne ottenga una successiva smentita o rettifica. In pratica il pubblicitario “tipico dei finlandesi…” per dire che i finlandesi hanno tutti denti perfetti, non è stato confermato da alcuna seria ricerca, ma è dato come un’affermazione acquisita universalmente. 5) Tecnica del complotto: D’Alema, che ha parlato di un indebolimento dell’immagine del premier dopo le europee, Napolitano, presidente comunista, Bersani che ogni tanto si concede qualche blanda critica, si sono visti accusare di un complotto ordito, nientemeno che per destabilizzare il governo e sostituire il suo capo, che invece resta impavido in sella “tetragono ai cimenti e al fato avverso”. Artefici del complotto diventano, a turno, i giornalisti, i magistrati, i partiti d’opposizione, i mafiosi, gli industriali o non meglio identificati “poteri forti” che vogliono sbarazzarsi con l’inganno di chi invece merita solo rispetto e devozione ed è stato eletto dal popolo che lo ama. Appartiene anche a questa categoria la “tecnica del mandante occulto”, che non esiste, ma cui si da esistenza nell’immaginario collettivo, in modo da potere individuare in un referente misterioso il colpevole. Persone dignitose, come Scalfari, De Benedetti, Draghi, si sono a turno viste associare a questo ruolo. Che il complotto per liquidare la democrazia sia da tempo in atto è vero, ma a farlo non è D’Alema, il quale, tuttalpiù o è complice o non si è ancora reso conto che l’acquiescenza porta ogni giorno alla perdita di un pezzo di libertà. A farlo è proprio la cricca che gironzola attorno al neoduce, dalla mafia, alla P2, ai cosiddetti “padroni del vapore”, che, nonostante la crisi, non vogliono perdere nessuno dei privilegi goduti. 6) L’aggressione dell’avversario con il ribaltamento, su di lui dell’eventuale accusa infamante: il povero Di Pietro è stato, sin dai tempi di Tangentopoli, vittima di campagne di campagne di diffamazione studiate a tavolino, di false immagini che lo hanno presentato come pervertito, ladro, corrotto, arricchitosi indebitamente con i soldi del partito. Idem dicasi della Veronica, che dopo il suo atto di coraggio e la sua denuncia si è vista aggredire da infami calunnie, accreditare pretesi amanti ed è stata sbattuta, sempre sui giornali del padrone, con le tette al vento. Per non parlare della povera D’Addario, che, da puttana alla corte del gran Sultano è stata trasformata in invidiosa bugiarda prezzolata. O del povero Boffo, costretto alle dimissioni dall’Avvenire per una nota informativa successivamente dichiarata falsa dallo stesso killer Feltri che l’aveva tirata fuori. In pratica quello che tu dici a me lo rigetto su di te: vince chi ha più strumenti e giornali per far passare la propria posizione. 7) E’ il principio di Goebbels: “Una bugia detta mille volte diventa una verità”. Così sin dai tempi di Nerone, che incolpò i cristiani dell’incendio di Roma, per arrivare al caso di Telecom Serbia, il piano studiato a tavolino, con un falso testimone che avrebbe dovuto testimoniare che Prodi era un corrotto anche lui: addirittura sul caso Mitriomtikin si fece anche una commissione parlamentare che, grazie all’onesta di alcuni suoi componenti, non accertò nulla. Ma si pensi anche ai complotti dei magistrati “comunisti” che volevano e vogliono, a comando e a qualsiasi costo criminalizzare il premier verginello e innocente. Da Telecinco a Mills. Oppure ai giudici carogna di Mani Pulite che hanno causato il suicidio di tanti poveri innocenti, o l’esilio del nobile socialista Craxi. In altri termini il revisionismo storico si lega al principio della storia è scritta dai vincitori. 8) Tecnica dell’antipolitica: Berlusconi è uno cui si può perdonare tutto, perché non è un politico di professione, ma un imprenditore prestato alla politica. Grasse e grosse risate ci siamo fatti quando Obama è stato eletto presidente: Silvio, secondo il solito “Libero”, è l’ Obama italiano, , l’uomo nuovo che sa conquistare la gente. Non conosce il linguaggio e i trucchi della politica e perciò spesso si lascia andare a gaffe e a minchiate che, a seconda delle reazioni, vengono smentite subito dopo. Ma anche questa è una tecnica: lanciare la pietra e ritirare la mano.Per questo bisogna avere comprensione nei suoi riguardi: Tutta la fila dei suoi devotissimi, pronti sempre a dire “Il capo ha sempre ragione” si è astenuta dal fare commenti quando il padrone, in un raro accesso di sincerità ha sussurrato: “Certe volte quello che faccio mi fa schifo”. In questo caso “il capo è sincero”. 9) Tecnica del vittimismo: Si comincia sin dal primo giorno dell’elezione: “E adesso lasciamolo lavorare”. L’opposizione viene vista come un fastidioso disturbo che ostacola le giuste manovre del premier. Addirittura può diventare “eversiva” se si permette di dire che è ora di cambiare uomini e politica. Invece il Silvio passa per uno nei cui confronti si ordiscono complotti, si fabbricano false prove, si truccano i risultati elettorali, si inventano episodi inesistenti, insomma gli si appioppa tutto il male del mondo, mentre lui meriterebbe di essere santificato. Le veline al Parlamento europeo? Niente vero. I voli di stato carichi di puttanelle? Ma quando mai!!! Noemi che passa tre giorni nella sua villa? Calunnie. Veronica che si decide finalmente a chiedere il divorzio? E’ una poveraccia imbeccata dall’opposizione, ma la pagherà. Le orde dei comunisti si mobilitano in ogni parte della nazione per diffondere il male e l’odio, ma per fortuna c’è il partito dell’amore che trionfa. 10) Tecnica dell’apoteosi: Quella della santificazione è una strategia conforme a quelle che usavano e usano i regimi totalitari: il premier visto come colui che non dorme, ma riposa, con la finestra illuminata di notte, che sfibra le sue stanche ossa per servire il paese, che sa quando intervenire, che risolve con la bacchetta magica i problemi della monnezza napoletana o quelli del post-terremoto abruzzese, che siede tra i grandi accreditando l’immagine di statista di levatura mondiale, quando tutti invece ridono di lui. E giù oscene canzoni, dichiarazioni al limite dell’esaltazione religiosa, il tutto con contorno di pubblicazioni con foto truccate, al cui centro c’è sempre lui, il divino, l’ineffabile, il prescelto dal signore, con la storia commovente di chi si è fatto da sé. 11) Tecnica dell’oscuramento: un personaggio esiste finchè esiste in televisione: oscurarne l’immagine è come cancellarlo dal novero delle persone “esistenti”: esempi come quelli di Prodi, Veltroni, Bertinotti, Previti, Luttazzi, Guzzanti, scomparsi o eliminati dai teleschermi, ci danno l’idea di quanto la visibilità d’un personaggio ne confermi l’esistenza e la notorietà. Il suo contrario è dato dalla tecnica della sovraesposizione, in cui quotidianamente bisogna parlare del personaggio, qualsiasi cosa esso combini, sia quella di avere il torcicollo o di acchiappare a volo una mosca. 12) Tecnica del particolare come elemento per confermare la tesi di partenza: si tratta di inserire, in un contesto di dati citati a dimostrazione di un assunto, un particolare, spesso casuale, altre volte presunto, per dare un colore più forte alla dimostrazione: se Fini ha ammesso di avere fumato uno spinello, Fini diventa un individuo “sospetto” e non moralmente integro; se tra le persone che organizzano feste di vip c’è implicato un amico di un trafficante di cocaina, la cocaina diventa un elemento da associare all’insieme, anche se non giudiziariamente provato: esiste una verità giudiziaria, spesso calpestata, e una verità di fatto, maturata nell’opinione pubblica attraverso la gestione dei mass media, che finisce col prevalere sull’altra. 13) Tecnica del “pompaggio”: si individua tavolino la notizia, per lo più di cronaca, che si vuole gonfiare e verso la quale far convogliare l’attenzione della gente: in genere si tratta di situazioni che coinvolgono gli affetti familiari, come nel caso di Cogne, o dei fratellini Pappalardo, oppure piccole orge tra amici di una tranquilla provincia, come nel caso di Meredith, oppure mostri e serial killers pronti a colpire nell’ombra. Non è il pubblico a mostrare le sue “morbose” curiosità verso un fatto, ma il giornalista che, “pompando” quel fatto lo fa diventare oggetto d’interesse. Spesso tutto ciò serve a distrarre da problemi più gravi dai quali si vuole distogliere l’attenzione. Più sottile e perverso è il rapporto di cronaca con gli stranieri o gli extra-comunitari: se qualcuno di essi è coinvolto in un delitto, se ne trae occasione per montare una campagna di stampa sulla sicurezza e sulla necessità di chiudere le frontiere. Se si tratta di italiani, la cosa finisce col rientrare nella “normalità” della cronaca. Il pompaggio riguarda infiniti altri argomenti, come ad esempio la guerra di cifre dei partecipanti alle manifestazioni, tra quelle della questura e quelle denunciate dagli organizzatori. Esistono naturalmente altre sottili strategie, con l’uso sapiente delle quali si può fare giornalmente campagna elettorale e procacciare consensi in modo spregiudicato. Gli americani ne hanno studiato tante, ma almeno, tra di essi esistono persone e testate giornalistiche in grado di ritagliarsi una certa indipendenza e di denunciare e mettere in crisi gli intoccabili, a cominciare dal presidente. In Italia questo è ormai un principio irrimediabilmente perduto. Il dilagante “neofascismo morbido” si intrufola negli spazi della democrazia per eroderli giornalmente, lasciando credere che tutto è interno al contesto delle regole democratiche. http://www.antimafiaduemila.com/content/view/31009/78/ |
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 10 ottobre 2010
Tecniche di manipolazione dell'informazione
lunedì 4 ottobre 2010
Quattro vecchietti sfigati - Marco Travaglio
venerdì 1 ottobre 2010
mercoledì 29 settembre 2010
Uno spregiudicato illusionista.
Sig. presidente del Consiglio,
Lei è uno spregiudicato illusionista, anzi un pregiudicato illusionista che, anche oggi, ha raccontato un sacco di frottole agli italiani, descrivendo un’Italia che non c’è e proponendo azioni del Governo del tutto inesistenti e lontane dalla realtà.
Fuori da qui c’è un Paese reale che sta morendo di fame, di legalità e di democrazia e Lei è venuto qui in Parlamento a suonarci l’arpa della felicità come fece il suo predecessore Nerone mentre Roma bruciava.
Quella stessa Roma che anche oggi i barbari padani vogliono mandare al rogo, insieme alla bandiera e all’Unità d’Italia.
Sono sedici anni che racconta le stesse frottole, ma le uniche cose che ha saputo fare finora sono una miriade di leggi e provvedimenti per risolvere i suoi guai giudiziari o per sistemare i suoi affari personali.
Al massimo, ha pensato a qualche altro suo amico della cricca, assicurando a lui prebende illecite e impunità parlamentari, proprio come prevede il vangelo della P2, Cosentino, Dell’Utri e compagnia bella docet!
Anzi, no! Un’altra cosa lei è stato ed è bravissimo a fare, e lo ha dimostrato ancora una volta in questi giorni: comprare il consenso dei suoi alleati ed anche dei suoi avversari. I primi pagandoli letteralmente con moneta sonante, con incarichi istituzionali, con candidature e ricandidature di favore; i secondi ricattandoli con sistematiche azioni di dossieraggio e di killeraggio politico di cui lei è maestro.
Sì, perché Lei, sig. Berlusconi è un vero “maestro”: intendo dire un maestro della massoneria deviata, un piduista di primo e lungo corso, un precursore della collusione e della corruzione di Stato.
Anzi di più. Lei è l’inventore di una forma di corruzione di nuovo conio, più moderna e progredita: cambiare le leggi in modo da non far risultare più reato quel che prima lo era e in modo da non rendere più punibili coloro che prima potevano essere condannati.
Questa mattina, Lei si è gonfiato il petto ricordando un nobile principio liberale: “Ad ognuno deve essere consentito fare tutto tranne ciò che è vietato”.
Certo, ma chi, in Europa, ha scritto con il proprio sangue questo tassello di democrazia liberale non pensava affatto che un giorno si sarebbe trovato davanti ad un signorotto locale che avrebbe dichiarato “non vietato” tutto ciò che gli pareva e piaceva a lui e che non era la legge a governare il sistema ma doveva essere Lui a governare la legge.
Lei, sig. Berlusconi, non è un presidente del Consiglio ma è uno “stupratore della democrazia” che, dopo lo stupro, si è fatto una legge, anzi una ventina di leggi ad personam per non rispondere di stupro!
Lei non è, come alcuni l’hanno definito, uno dei tanti tentacoli della piovra.
Lei è la testa della piovra politica che in questi ultimi vent’anni si è appropriata delle istituzioni in modo antidemocratico e criminale per piegarle agli interessi personali suoi e dei suoi complici della setta massonica deviata di cui fa parte.
Lei, oggi, ci ha parlato della volontà del Governo di implementare la lotta alla corruzione, all’evasione fiscale, alla criminalità economica delle cricche.
E che fa si arresta da solo? O ha deciso di prendersi a schiaffi tutte le mattine appena si alza e si guarda allo specchio?
Lei si è impossessato e controlla il sistema bancario e finanziario del Paese.
Lei controlla le nomine degli organi di controllo che dovrebbero controllare il suo operato.
Lei fa il ministro dello Sviluppo Economico e, come tale, prende decisioni a favore del maggior imprenditore italiano, cioè Lei (e dico maggior imprenditore, non migliore come maggiore e non migliore è l’imprenditoria mafiosa).
A Lei non interessa nulla del bene comune perché si è messo a fare politica solo per sfuggire alla giustizia per i misfatti che ha commesso.
Non lo dico solo io. Lo ha detto pure il direttore generale delle sue aziende, Fedele Confalonieri, ammettendo pubblicamente che “se Berlusconi non fosse entrato in politica noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera”.
Lei si è impossessato dell’informazione pubblica e privata e la manipola in modo scientifico e criminale.
Un esempio? La casa di Montecarlo venduta da Alleanza nazionale. Lei e i suoi amici dell’informazione avete fatto finta di scandalizzarvi nell’apprendere che, dietro quella compravendita, c’è una società off-shore situata in un paradiso fiscale.
Ma si guardi allo specchio, imputato Berlusconi: Lei di società off-shore ne ha fatte ben 64 proprio per nascondere i proventi dei suoi reati societari e fiscali e per pagare tangenti ai politici e ai magistrati e lo ha fatto ricorrendo a quell’avvocato inglese David Mills, condannato per essere stato, a sua volta, da lei corrotto per mentire ai giudici e così permetterle di ottenere un’assoluzione comprata a suon di bigliettoni.
Già! Perché la magistratura che Lei ha corrotto: quella a Lei piace.
Invece, non le piace quella che vuole giudicarla per i suoi misfatti, tanto è vero che ora, al primo punto del suo ”vero programma”, quello di cui oggi non ha parlato, c’è la reiterazione del Lodo Alfano, cioè proprio di quella legge che deve assicurarle l’impunità per un reato gravissimo che lei ha commesso: la corruzione di giudici e testimoni.
Solo per questo fatto, Lei non meriterebbe un minuto in più di rappresentare il Governo italiano e se ancora riesce a starci è solo perché compra i voti ricattando quei parlamentari che si rassegnano a vivere vigliaccamente senza onore o senza coraggio!
Questo è il ritratto che noi dell’Italia dei Valori abbiamo di Lei, sig. Berlusconi!
E Lei, oggi, viene a chiederci la fiducia?
Lo chieda, ma non a noi.
Lo chieda a quelli che ha comprato o ricattato.
Lo chieda ai parlamentari di Futuro e Libertà che finalmente si sono resi conto con chi avevano e hanno a che fare ma non trovano, o non hanno ancora trovato, il coraggio di dissociarsi dal macigno immorale che Lei rappresenta.
Lo chieda al presidente Fini che nel suo discorso estivo a Mirabello ha detto esattamente (ed anzi di più) delle cose che sto dicendo io e ancora indugia a staccare la spina, passando, suo malgrado, da vittima a complice delle sue malefatte!
Lo chieda a tutta quella pletora di disperati che in questi giorni ha convocato a casa sua per offrire loro prebende o per minacciare imbarazzanti rivelazioni e che ora , abbagliati da improvvisa ricchezza o intimoriti dai dossieraggi che Lei ha architettato e commissionato, hanno deciso di vendere la loro anima e il loro onore dandole una fiducia che non merita!
Non lo chieda a noi che siamo stati primi a smascherare le sue reali e criminali intenzioni.
http://www.antoniodipietro.com/2010/09/uno_pregiudicato_illusionista.html
martedì 28 settembre 2010
I SERVIZI SEGRETI NELL’AMBITO DEI TRE POTERI DELLO STATO
1. Premessa. La teoria della tripartizione.
Come abbiamo più volte sottolineato in questo blog, e come è noto a chi si informa da fonti non ufficiali, ogni cittadino, non solo italiano, viene bombardato di false notizie fin dall’infanzia, in modo che non abbia chiara la percezione di come funziona il mondo.
La disinformazione fa da padrona anche nell’Università, che in teoria dovrebbe essere il tempio del sapere.
Per quanto riguarda la facoltà di legge, una delle bufale che ci propinano fin dal primo anno, all’esame di diritto costituzionale, è quella della teoria della tripartizione.
Questa teoria risalirebbe a Montesquieu, e sarebbe valida ancora oggi perché lo stato moderno sarebbe fondato, secondo tutti gli studiosi concordi, sui suoi principi.
In base ad essa i poteri dello stato sarebbero tre:
legislativo (il parlamento);
esecutivo (il governo);
giudiziario (la magistratura).
Tale teoria la troviamo trasposta anche nella Costituzione, ove la parte II si intitola infatti “Ordinamento della Repubblica”, ed è divisa in: Parlamento, Governo, Magistratura.
Questi tre poteri sarebbero direttamente riconducibili alla volontà popolare, secondo l’articolo 1 che enuncia: “la sovranità appartiene al popolo”.
Il popolo infatti eleggerebbe i rappresentanti in parlamento: i politici eletti farebbero le leggi; il governo dovrebbe eseguire le leggi; e la magistratura dovrebbe vigilare sulla corretta applicazione delle leggi.
Tutti i poteri in altre parole discenderebbero dal popolo, che sarebbe, appunto, sovrano.
Questa ricostruzione è una balla colossale per due ragioni.
Anzitutto perché in realtà il popolo non è affatto sovrano, in quanto non ha il potere di scegliere i suoi rappresentanti; le ultime leggi elettorali, infatti, hanno completamente azzerato il rapporto diretto tra eletti ed elettori.
In secondo luogo, i politici dipendono strettamente dal potere economico, e dai servizi segreti, di cui eseguono supinamente le direttive.
Se ciò che dico pare esagerato, vediamo di affrontare meglio la questione.
2. Come funzionano i servizi segreti in teoria.
I servizi segreti, in ogni paese, sono quegli organi deputati alla difesa dello Stato, con il compito di raccogliere informazioni rilevanti per il governo e il parlamento; la loro particolarità è che possono agire anche con mezzi non ortodossi, ovverosia illegali, commettendo reati. E dispongono di fondi, molti dei quali fuori da ogni controllo istituzionale.
Per capire come funzionano i servizi segreti sono fondamentali due libri: quello di Aldo Giannuli, divulgativo e di facile lettura, che ne spiega il funzionamento in teoria (sia pure con molti esempi pratici); e quello di Giuseppe De Lutiis, I servizi segreti in Italia, che traccia la storia dei nostri servizi segreti, dimostrando, dati e fatti alla mano, come tale organo abbia influenzato la politica italiana nel corso di questi ultimi decenni, a tal punto che si può affermare che sono loro il vero motore del paese.
Partiamo da una prima constatazione. I servizi segreti sono denominati in realtà “servizi di informazione”.
I loro nomi sono infatti attualmente AISE (agenzia di informazioni e sicurezza esterna) e AISI (agenzia di informazioni e sicurezza interna).
Il vero compito di un servizio segreto, infatti, non è solo uccidere, combattere i servizi segreti di altri paesi, sventare attentati, sequestrare e uccidere politici come Moro, ecc. Quella è una parte poco rilevante dell’attività dei servizi, tra le meno importanti.
L’attività principale di un servizio segreto è quella di raccogliere informazioni.
In teoria un servizio segreto (un servizio segreto vero, intendo), che sia al soldo di un governo veramente democratico, dovrebbe raccogliere informazioni su chiunque (anche semplici cittadini, perché no? nonché politici, magistrati, ma soprattutto su criminalità organizzata, terrorismo, ecc.) e poi relazionare al governo, o agli organi che lo richiedono, affinché si neutralizzino i pericoli per la democrazia e il paese.
Il compito di neutralizzare i pericoli non spetta poi al servizio segreto, ma a tre organi diversi:
1) alla polizia (quando si tratta di pericoli derivanti dalla criminalità comune),
2) all’esercito (quando il pericolo deriva da uno stato estero),
3) o al parlamento.
Ad esempio: i ministri di un governo da poco insediato, con politici magari al loro primo incarico, saranno completamente all’oscuro dei pericoli derivanti da stati esteri, del modo di agire delle varie mafie, delle cellule terroristiche presenti nel territorio, ecc. Spetterà quindi ai servizi segreti fare relazioni sui pericoli prioritari per la sicurezza nazionale, allertare chi di dovere di eventuali infiltrati negli apparati di governo, ecc.
E in base a queste informazioni il governo deciderà poi dove e come stanziare fondi, se per la lotta alla droga, alla mafia, al terrorismo, ecc., le zone in cui operare, ecc.
In tal modo è ovvio che si influenza in modo decisivo la linea di politica interna ed esterna.
Ora, date queste caratteristiche, le loro operazioni, nelle mani giuste (cioè con i politici giusti e con le leggi giuste) possono trasformare un paese in un’oasi di sicurezza e di pace.
In uno Stato realmente democratico, ove i funzionari dei servizi fossero scelti per meriti, per lealtà allo Stato, e per onestà, il servizio segreto sarebbe un organo vitale per la difesa dei cittadini e della democrazia.
3. Come funzionano i servizi segreti in pratica.
Fin qui la teoria.
Nella pratica però inizia il problema.
Nelle mani sbagliate i servizi segreti possono trasformarsi in un micidiale strumento di morte e di sopraffazione della popolazione.
Dal momento che sono in possesso di informazioni vitali su stati esteri, criminalità interna esterna, cittadini, politici, aziende, ecc., possono condizionare a loro piacimento la politica del paese.
Se i servizi segreti utilizzano male il loro potere, possono distorcere le informazioni, e piegare gli organi costituzionali, siano essi il governo, il parlamento o la magistratura, ai loro scopi.
Inoltre potendo operare nell’illegalità, e potendo trincerarsi dietro al “segreto” apposto sulle loro operazioni, possono compiere qualsiasi tipo di operazione illegale.
Qui nasce il pericolo.
Infatti il servizio segreto ha il potere di inventare pericoli inesistenti; di minimizzare il rischio derivante da singoli settori della criminalità, ecc.
Inventando pericoli militari inesistenti possono ad esempio far affluire soldi al ministro della difesa piuttosto che a quello dell’istruzione.
Minimizzando la potenza delle varie mafie distoglieranno fondi dalle forze di polizia, ecc.
Confezionando scandali ad hoc potranno far saltare poltrone, promuovere la nomina di determinate persone; possono uccidere testimoni scomodi, possono distruggere organizzazioni politiche infiltrandole ed eterodirigendone i fini, possono ricattare.
E questo pericolo è tanto più concreto, quanto più il sistema di reclutamento dei funzionari dei servizi sia poco trasparente e corrotto; ora, dal momento che è noto il grado di corruzione a tutti i livelli, dei politici e dei funzionari pubblici in generale, va da sé che con lo stesso metodo saranno reclutati i dipendenti del servizio segreto.
Con quale risultato è facile immaginare. E’ sufficiente rammentare alcuni fatti:
- in ogni strage italiana, da Capaci, a Portella della Ginestra, passando per casi eclatanti come il sequestro Moro, c’era sempre dietro lo zampino dei servizi che – quanto meno – hanno depistato e deviato le indagini.
In alcuni casi, come quello del sequestro Moro, c’è praticamente la certezza che i servizi abbiano organizzato e condotto tutto il sequestro, come abbiamo avuto modo di vedere proprio su questo blog.
Per le stragi di Capaci e via D’Amelio, è praticamente provato che il telecomando che fece saltare in aria Borsellino fu azionato dal Cerisde di Palermo, situato a Castel Utveggio, sede dei servizi segreti; e che dalla stessa sede partì la telefonata che avvertì Brusca dell’arrivo di Falcone a Punta Raisi.
Di più. La strage di Via D’Amelio pare sia stata organizzata dai SOLI servizi segreti, senza la mafia, che si è solo presa la colpa, così come a suo tempo i brigatisti rossi si presero la responsabilità del sequestro Moro (ma è stato dimostrato che i brigatisti più noti erano in realtà uomini dei servizi).
E questi sono esempi.
In compenso non esiste una sola strage in Italia, o un solo evento importante, che i servizi segreti abbiano contribuito a risolvere, facendo arrestare i colpevoli. Anzi. Nei vari processi per strage italiani, da Ustica a Piazza della Loggia, al Mostro di Firenze, si riscontra sempre, inevitabilmente, con una precisione quasi chirurgica, la morte di tutti i testimoni chiave, degli investigatori, ecc. Sono morti per incidenti, per malori improvvisi, ecc., ma – come abbiamo trattato diffusamente in molti articoli del nostro blog – si tratta di morti effettuate con la stessa tecnica, con le stesse modalità, con la stessa tempistica, addirittura con identici simbolismi; e queste morti non sono attribuibili alla mafia, o alla criminalità organizzata in genere. Tecniche così sofisticate e precise possono essere il frutto unicamente di un lavoro effettuato dai servizi segreti.
. Ricordiamo poi vicende come quella del Generale Santovito, imputato nel traffico d’armi in una vicenda che coinvolgeva OLP e BR, morto prima della sentenza. O quella del generale dei ROS Ganzer, condannato a 14 anni per traffico di stupefacenti; poi i depistaggi dei servizi nella vicenda Toni e De Palo, ecc. L’elenco è infinito e potrebbe continuare a lungo.
- i funzionari dei servizi corrotti, o implicati in qualche scandalo, sono stati non arrestati e degradati, come dovrebbe essere, ma addirittura promossi o collocati in posti di prestigio. Ricordiamo ad esempio il caso del generale Mori che, messo sotto inchiesta per la mancata perquisizione al covo di Riina, è stato prima nominato capo della sicurezza del Porto di Gioia Tauro, e poi capo della sicurezza del Comune di Roma, da Alemanno.
Il generale Miceli, capo del SID, arrestato per cospirazione contro lo stato, e sospettato di essere coinvolto in attentati, stragi, nel Golpe Borghese e delitti vari (in quanto faceva parte dell'organizzazione Rosa dei venti), coinvolto nella P2, fu assolto e promosso a generale d'armata. E, giusto per non farsi mancare niente, come ulteriore premio fu eletto deputato nell'MSI.
A questi dati ne dobbiamo aggiungere un altro:
- I vertici dei servizi, per anni, sono stati anche membri della P2 o della massoneria. Nella lista della P2 c'erano 22 generali dell'esercito e 12 generali dei Caraninieri. Nonchè tutti i vertici dei servizi segreti, Miceli, Santovito, Pelosi, Allavena, Grassini, La Bruna.
Che significa questo?
Significa che è fortissimo il legame tra servizi segreti e massoneria. Per dirla tutta, e con parole chiare, il sospetto è che i servizi segreti dipendano in realtà non dal ministro in carica, ma dai vertici della massoneria. E che cariche, compiti, fini, siano decisi non a livello politico ma massonico.
I risultati pratici ed operativi di questa situazione possono essere riassunti con alcuni esempi.
Si deve far saltare la poltrona su cui siede Marrazzo? Ecco confezionato ad hoc lo scandalo dei trans. La firma dei servizi è inequivocabile, non solo per la tecnica usata, ma anche perché il luogo dello scandalo era quella famosa via Gradoli, dove dicono fu tenuto Moro prigioniero, che altro non è se non uno stabile di proprietà dei servizi segreti.
Si deve mandare un pesante avvertimento ad Andreotti? Ecco lì belli e pronti alcuni falsi pentiti che dichiarano pure di aver visto Andreotti baciarsi con Riina.
Beninteso: non sto dicendo che le accuse mosse ad Andreotti fossero false. Sto solo dicendo che ad essere falso era in realtà il processo, perché i sospetti sulla collusione di Andreotti con la mafia (per non dire le certezze) esistevano da molto tempo (dai tempi in cui Nando Dalla Chiesa scrisse “Delitto imperfetto”). Il punto è che le accuse sono emerse solo dopo molto tempo, e solo quando si trattava di punire Andreotti per ben altri motivi; motivi tutti interni alla massoneria internazionale, e che nulla hanno a che vedere con ragioni come legalità e giustizia.
Stessa cosa è stata fatta per Berlusconi. Le accuse di collusioni con la mafia ci sono da anni; sono note le vicende di Mangano, la condanna di Dell’Utri per associazione a delinquere di stampo mafioso, ecc., ma la notizia delle collusioni tra mafia e Forza Italia è stata sparata su tutti i giornali e sulle stesse TV di Berlusconi solo al momento giusto, quando cioè si trattava di dare un ulteriore colpo a Berlusconi, per affossarne la leadership. C’è poco da dubitare che le dichiarazioni del pentito Spatuzza (irrilevanti a livello giuridico, come abbiamo detto in un altro nostro articolo) siano un’operazione ben congegnata dei servizi.
Si deve mandare un messaggio trasversale, un ricatto, una minaccia? Ecco pronto il dossier sull’acquisto irregolare di una casa per Fini, per D’Alema, e per chiunque, detto in parole povere, rompa i coglioni.
E' nata un'organizzazione politica che si impegna troppo nel sociale? E' stato creato un centro sociale che potrebbe attivarsi troppo per far capire alla gente come funziona il sistema?
Ecco inviati un bel po' di infiltrati dei servizi, che in poco tempo distruggono l'organizzazione, o la rendono innocua uccidendo o mettendo fuori gioco i membri più pericolosi. Qualche esempio pratico? Eccolo.
Forza Nuova ha un programma troppo smaccatamente antisistema e troppo pericoloso? Ecco belli pronti e confezionati degli articoli di giornale che li presentano come razzisti e fascisti; ecco confezionato qualche bell'incidente che coinvolga i Forzanovisti, magari con qualche morto (come quello di Nicola Tommasoli) in modo che la gente associ il nome di Forza Nuova a quello di razzisti assassini. Non a caso Forza Nuova è l'unico movimento che si batte avendo tra i 9 punti del suo programma ufficiale l'abolizione dei servizi segreti.
Il centro sociale Leoncavallo è troppo attivo? Ecco qui belli e pronti incidenti stradali per i più pericolosi:
- un bel suicidio per l'avvocato del leoncavallo Lucio Iassa;
- una morte tra le fiamme, per Betty Altomare,
- un assassinio per Fausto e Iaio (ovviamente attribuito ai fascisti) ecc.
- Se poi qualche giornalista, come Mauro Brutto, inizia a sospettare che dietro ai due omicidi non ci sono i fascisti, ma i servizi segreti, no problem: lo si fa investire da una Simca 1100 che toglie di mezzo il rompicoglioni.
Delle morti sospette nei centri sociali ne abbiamo parlato più diffusamente qui.:
http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/01/lettere-da-una-lettrice-sui-centri.html
L’immenso potere dei servizi spiega, ad esempio, come possa essere eletto parlamentare un politico come D’Elia, che si è fatto venti anni di galera per aver ucciso a sangue freddo un poliziotto; non perché – come ha detto il prode difensore dei deboli Bertinotti – è un uomo che ha pagato il suo debito con la giustizia, ma perché era un uomo dei servizi, che ha agito sotto copertura, e che poi è stato premiato per il “servizio” reso ai “servizi”.
4. Il vero potere dello Stato. Il potere economico.
A questo punto però c’è da rispondere ad una domanda fondamentale.
A chi rispondono i servizi?
Se è vero infatti che sono questi l’organo più potente dello Stato, è anche vero che essi non hanno finalità proprie, ma dipendono a loro volta da altri poteri.
Per rispondere occorre conoscere la storia, il diritto, e la cronaca giudiziaria, per capire che sono tre gli enti cui fanno realmente capo i servizi, ma nessuno di essi è un organo regolare.
Andiamo con ordine.
Dal punto di vista giuridico, occorre leggere la nostra costituzione e alcune leggi che riguardano gli organi statali più importanti, e allora è facile individuare la prima risposta: le banche. Senza leggere teorie complottiste o autori notoriamente antisistema, è sufficiente leggere la legge con cui viene regolato il funzionamento della Banca D’Italia e della BCE, per capire che sono le banche i veri padroni del sistema in cui viviamo (capisaldi di questa legislazione delirante sono: le immunità di cui godono gli amministratori della BCE, la completa indipendenza da parlamenti e governi, e il totale assoggettamento delle banche centrali al potere delle banche private anche estere).
Dal punto di vista storico, un’analisi dei rapporti tra il nostro Stato e gli USA ci fa capire che noi siamo uno Stato a sovranità limitata, nel senso che dipendiamo sia economicamente sia dal punto di vista militare dagli USA, quindi dalla CIA. Lo dimostrano, a tacer d’altro, le innumerevoli basi NATO sparse sul territorio nazionale, che sarebbero impensabili in uno Stato veramente sovrano.
Infine, la cronaca giudiziaria – che ha dimostrato come i vertici dei servizi per decenni fossero tutti scelti all’interno della P2 – ha dimostrato che l’ente più potente, che comanda direttamente i servizi segreti, è un ente non statale: la massoneria.
Massoneria, banche e servizi segreti costituiscono quindi un connubio indissolubile, e sono portatori di interessi unitari; interessi che vengono perseguiti tramite i servizi segreti, che sono quindi un organo non al servizio del nostro governo (spesso i ministri in carica non sanno neanche come funzionano nella pratica, i servizi) ma al servizio del potere economico internazionale.
A tal proposito mi ricordo un colloquio che ebbi con l’onorevole Falco Accame, tempo fa, il quale mi disse che all’epoca in cui fu nominato sottosegretario alla Difesa, passando per gli uffici della Difesa notava degli uffici con scritto “Ufficio SB”; racconta che con alcuni suoi amici, non sapendo di cosa si trattasse, e non riuscendo a capire quali funzioni avessero questi uffici, ironizzava su di essi e li chiamavano “uffici servizi bassi”. Solo dopo molto tempo capì che era “ufficio Stay Behind”: Gladio, insomma.
5. Ricadute giuridiche di questa situazione.
In altre parole, e concludendo, viviamo in un paese ove l’organo più delicato e potente dello Stato non ha alcuna garanzia costituzionale e opera fuori da ogni controllo e al soldo di poteri che non sono affatto previsti dalla Costituzione.
Le ricadute di questa situazione dal punto di vista giuridico sono molteplici.
Primo. La sovranità non appartiene al popolo, ma al potere economico. Non a caso la sovranità monetaria, una delle più importanti forme di sovranità statale, è in mano alle banche private.
Se ne va a farsi benedire quindi l’articolo 1 della Costituzione.
Secondo. Il diritto all’informazione è una vana chimera. La verità è che le informazioni sono filtrate, manipolate, condizionate dai servizi segreti. Talvolta le notizie non sono semplicemente manipolate: sono addirittura create ad hoc (si pensi al falso dossier sulle famigerate armi chimiche inesistenti di Saddam Hussein, preparato dal nostro governo, che fu – ufficialmente – la scintilla che fece scoppiare la guerra in Iraq).
Viene vanificato cioè l’articolo 21 della Costituzione.
Terzo. Il diritto alla giustizia è, nei casi più gravi, nulla più che una chimera. I processi più importanti sono manipolati in modo da lasciare impuniti i colpevoli, in quanto la giustizia viene condizionata in vario modo, dall’uccisione dei testimoni alla corruzione dei magistrati, fino all’eliminazione fisica di magistrati, poliziotti o carabinieri che conducono seriamente le indagini.
Come abbiamo detto, è da spiegare nell’intervento costante dei servizi segreti in ogni strage italiana, nonché nei delitti più importanti, il motivo della mancata assicurazione alla giustizia dei responsabili.
In poche parole, viene reso come carta straccia tutto il titolo IV della Costituzione, dedicato alla magistratura.
Quarto. Una chimera senza fondamento è l’articolo 28, secondo cui i funzionari dello Stato sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. La recente legge sui servizi segreti, infatti, la L. 124/2007 ha addirittura rafforzato per i dipendenti di questi organi, la possibilità di commettere reati e l’impunità per la loro commissione.
Quindi la verità è che ad essere responsabili saranno tutt’al più alcuni dipendenti pubblici in settori non vitali della Repubblica; ma i funzionari che ricoprono incarichi più delicati potranno fare quello che vogliono, sicuri della totale immunità.
6. Conclusioni e prospettive di riforma.
La situazione che abbiamo delineato sembrerebbe drammatica ma non lo è così tanto, sol che si pensi che la nostra nazione è diventata democratica da poco più di un secolo; e la monarchia è scomparsa definitivamente solo dal ’47 in poi.
Poco più di sessanta anni non possono garantire un passaggio da millenni di stato assoluto ad uno stato democratico. Per far questo ci vorranno ancora molti decenni, molto sangue, molte ingiustizie.
Presa coscienza del problema, i primi progetti politici seri dovranno essere quelli di una riforma dei servizi in senso democratico, dando a questo organo delle garanzie costituzionali; riforma non disgiunta da una completa revisione della Costituzione, in modo che siano veramente assicurati i diritti fondamentali ad ogni individuo.
In particolare, sarà necessario adeguare sempre di più i servizi al quel principio di trasparenza che, in teoria, dovrebbe permeare tutto il sistema amministrativo italiano, ricordandoci che anche tali organi sono pur sempre organi amministrativi, soggetti alle regole del diritto costituzionale e amministrativo.
Per ora, noi cittadini dobbiamo accontentarci di capire il sistema, sperando che sensibilizzando un numero maggiore di persone, venga presto il giorno in cui saranno in molti a chiedere una riforma dei servizi segreti, per trasformarli in un organo realmente a difesa del cittadino.
Tale trasformazione dovrebbe essere chiesta anche dagli appartenenti ai servizi stessi, perché i primi a pagare il prezzo di questo sistema sono i dipendenti dei servizi stessi, che – vivendo nell’illegalità e nell’ombra – possono essere uccisi da un momento all’altro quando giudicati scomodi per qualche motivo, o quando siano portatori di segreti troppo pericolosi.
Per esemplificare la drammatica situazione in cui vivono i dipendenti dei servizi stessi, concludo con il racconto di un mio amico di infanzia, il cui padre era un funzionario dei servizi segreti. All’età di dodici anni gli uccisero il padre, e la cosa – manco a dirlo – fu fatta passare per suicidio. In quello stesso periodo si “suicidarono” altri due funzionari dei servizi nel paese in cui viveva, Bracciano.
7. Una storia finale.
Per esemplificare la drammatica situazione in cui hanno sempre vissuto i dipendenti dei servizi stessi, concludo con il racconto di un mio amico di infanzia, che per comodità potremmo chiamare Giulio, Adriano o Cesare.
Il padre era un funzionario dei servizi segreti durante gli “anni di piombo”.
All’età di dodici anni perse il padre, secondo quella che definirei una “moda intramontabile”, ovvero il suicidio. Naturalmente, con il passare del tempo e l’aumento di queste morti a dir poco sospette, la storia ufficiale ha riconosciuto, con un abile gioco di parole, che non “si suicidarono” ma “furono suicidati”. D’altronde - mi racconta Giulio - era in corso una vera e propria guerra, nella quale era difficile comprendere quali fazioni fossero al servizio dello Stato e quali invece fossero “deviate”, tanto che fin troppo spesso questa verità era ignota anche agli stessi agenti.
Il trasferimento da un nuovo incarico, anche di maggior prestigio, non rappresentava quasi mai una promozione, ma solo la morte di un collega: per questo, appena giunta la notizia del richiamo in patria, il padre di Giulio comprese immediatamente la situazione. Sapeva che sarebbe morto e ne rese partecipe la famiglia, cercando di prepararla alle difficili situazioni che sarebbero seguite.
Purtroppo al peggio non c’è limite e neanche il momento di maggior dolore è in grado di allontanare la “guerra” dai superstiti, i familiari, vittime anch’essi di questi giochi di potere. La storia delle famiglie di almeno un’ottantina di fedeli servitori dello Stato è stata sempre la stessa:
- sequestro dei corpi ed esami autoptici condotti da medici legali “autorizzati”;
- perquisizioni effettuate tra i parenti in lacrime, finalizzate alla ricerca di armi, documenti ed effetti personali;
- funerali blindati, ai quali non è mai intervenuta nessuna autorità, né collega;
- blocco dei conti bancari noti ed insabbiamento delle pratiche pensionistiche, qualora una famiglia osi chiedere il riconoscimento della morte in servizio o per cause inerenti il servizio: in questo caso, nell’ottica che infangare è più semplice che premiare (ovvero spiegare al popolo fatti oggettivamente scomodi), sono stati versati fiumi di veleno che giustificassero quanto avvenuto. Il padre di Giulio, come gli altri, fu descritto come uno che aveva avuto relazioni extraconiugali, debiti, che amava la bella vita, le auto di lusso e le donne: al tempo stesso però, la sera era sempre rientrato a casa, giocava con i figli e non litigava mai con la moglie. Aveva un orticello dove coltivava la terra e trascorreva le poche giornate libere con la famiglia e gli amici e Giulio non vide mai queste belle donne e queste macchine.
Fortunatamente però le giornate duravano solo 24 ore anche per gli agenti dei servizi segreti, e quindi Giulio non credette mai a quanto veniva riportato dai giornali. Sua madre, una donna dal carattere molto forte e legata al marito da un amore indissolubile, gli ricordò quanto aveva detto suo padre ed intraprese la strada più difficile, passando attraverso tutte le tappe, tra ricatti, difficoltà economiche e minacce di morte.
Ad ogni loro mossa venivano avvicinati da uno sconosciuto che gli consigliava di salutarsi, perché magari Giulio non sarebbe tornato da scuola o non avrebbe trovato la madre al suo ritorno. Ogni mattina Giulio trovava sul cammino da casa a scuola uno sconosciuto che gli diceva "Bambino, saluta tua madre, perchè non sai se la rivedrai al tuo ritorno". Con questo stato d’animo Giulio veniva a scuola senza raccontare a nessuno quel che gli succedeva, perché non avrebbero capito. In questa situazione hanno vissuto e vivono tuttora molte famiglie di persone che sono morte credendo di fare qualcosa di buono per lo stato; credendo che il loro lavoro servisse per un fine più nobile di uno sporco gioco di potere.
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A Giulio che ho rincontrato dopo oltre venti anni e che è rimasto come allora.
Quando eravamo adolescenti dicevo spesso “mi sta molto simpatico ma nasconde qualcosa. Ride troppo e scherza troppo”.
Oggi ho capito cosa nascondeva.
Che il sacrificio di tuo padre in futuro si trasformi in energia positiva e possa essere un piccolo contributo per un miglioramento futuro della nostra società.
E che questa carneficina possa finire un giorno.
Paolo Franceschetti
Fonte: http://paolofranceschetti.blogspot.com
Link: http://paolofranceschetti.blogspot.com/2010/09/i-servizi-segreti-nellambito-dei-tre.html
24.09.2010
Ue, conti pubblici. Berlino detta la linea dura. E per l’Italia sono guai. - Matteo Cavallito
Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble difende il giro di vite e propone sanzioni severe per i trasgressori. Con un debito pari al 116% del Pil, l’Italia rischia di farsi sommergere da multe e penalizzazioni
In attesa di presentare in via ufficiale il proprio progetto il commissario Ue Barroso e il numero uno agli affari monetari dell’Unione Holli Rehn avrebbero già incassato un sostegno importantissimo: quello della Germania. A rivelarlo il Financial Times, citando una lettera inviata dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ai 26 colleghi europei. Una missiva, quella di Berlino, che conterrebbe proposte serissime pensate con un solo obiettivo: sistemare i conti dell’Unione prima che sia troppo tardi.
Al centro della questione, ovviamente, c’è la drastica dieta dimagrante da imporre al disavanzo pubblico. I Paesi caratterizzati da un rapporto debito/Pil superiore al 60% dovranno infatti tagliare l’eccesso del proprio debito di almeno un ventesimo all’anno se vorranno evitare di incorrere nelle sanzioni di Bruxelles. Per una Paese come la Francia, che secondo le previsioni dovrebbe chiudere il 2010 con debito pari all’83% del prodotto nazionale si tratterebbe di tagliare 4 punti percentuali all’anno per i prossimi tre anni. Per l’Italia, che con il suo 116% detiene il peggior quoziente d’Europa, sarebbe necessario tagliarne ben otto. Per un totale di circa 130 miliardi. Proprio Italia e Francia, manco a dirlo, rappresentano oggi i leader indiscussi della linea “morbida” di chi si oppone al piano tedesco e, in particolare, al principio delle sanzioni automatiche pronte a scattare senza appello di fronte al mancato raggiungimento degli obiettivi.
Il progetto tedesco, sostenuto anche da Olanda e Gran Bretagna, sembra rimarcare in modo inequivocabile ciò che per molti analisti è già una verità consolidata: in Europa non c’è più tempo da perdere. La crisi greca, i guai di Spagna, Irlanda e Portogallo, e il generale deterioramento dei conti pubblici prodotto dagli interventi di soccorso al sistema finanziario rischiano di scavare una voragine incolmabile nei bilanci degli Stati membri. Alla fine del 2009, il Fondo Monetario Internazionale aveva lanciato l’allarme sull’evoluzione del rapporto debito/Pil nelle economie più avanzate. Secondo le previsioni del Fmi, il valore del quoziente tedesco dovrebbe passare dal 78,7 all’89,3% entro il 2013, quello inglese dal 68,7 al 98,3, quello francese dall’83 al 96,3. Lo stato dei conti italiani, infine, sarebbe pronto ad andare fuori controllo facendo segnare ancora una volta un poco invidiabile primato: 128,5%. In assenza di drastiche manovre, insomma, la situazione sarebbe destinata ad esplodere.
Le sanzioni
In questo quadro, sembrano molto rigide anche le ‘punizioni’ per chi trasgredirà i limiti. Multemilionarie per chi non riuscirà a ridurre sufficientemente il proprio debito, tagli ai fondi per lo sviluppo e ai sussidi agricoli, sospensione del diritto di voto nel Consiglio dei ministri dell’Unione per quegli Stati membri incapaci di adeguarsi alle direttive. Le ipotesi lanciate da Schäuble identificano una linea strategica ancor più radicale del previsto. Già da qualche giorno, infatti, si era parlato apertamente di requisiti contabili più stringenti rispetto al passato ma le proposte tedesche sulle sanzioni rischiano ora di cogliere di sorpresa anche coloro che ultimamente si erano preparati al peggio.
In attesa di sapere se la linea tedesca saprà prevalere, il contenuto generale del piano Barroso-Rehn ha già inflitto una chiara sconfitta alle velleità espresse nel recente passato dal governo italiano. In estate, Giulio Tremonti aveva espresso soddisfazione per la decisione dell’Ue di includere il debito netto dei privati nel suo indice di sostenibilità sovrana. Una scelta che penalizzava nazioni come la Gran Bretagna caratterizzate da più elevati livelli di indebitamento presso famiglie, banche e imprese. Il nuovo Patto di Stabilità, al contrario, rilancia prepotentemente il peso del rapporto tra debito pubblico e prodotto nazionale. Un vero e proprio tallone d’Achille per l’Italia che, nella classifica mondiale per valore del quoziente, è superata da appena cinque Paesi.