giovedì 2 dicembre 2010

Il pentito e la Lega, Castelli: “Basta fango”



In un libro sulla 'ndrangheta il ruolo di "Gamma", figura con importanti incarichi di governo

La Lega non sostiene la ’ndrangheta. È la‘ndrangheta che sostiene la Lega. O almeno alcuni dei suoi uomini di spicco. Stando ad alcune anticipazioni pubblicate ieri dal Corriere della Sera eLibero, nel libro Metastasi (edizioni Chiarelettere) il pentito Giuseppe Di Bella ricostruisce come, dal 1990, il clan di Franco Coco Trovato (ergastolano al 41 bis) a Lecco scelse di sostenere un dirigente del Carroccio portandolo, a colpi di voti, fino a importanti incarichi di governo. Un politico che nel libro viene chiamato “gamma”, per coprirne l’identità in vista di possibili indagini.

E il 1990 è l’anno in cui la Lega registra il suo primo boom in Lombardia: 1 milione 183 mila voti, il 18,9% delle preferenze alle regionali. Un anno chiave, dunque. Immediata la reazione di Roberto Castelli: “Di Bella è uno dei tanti mistificatori che purtroppo abbondano nel mondo dei pentiti”.

Il senatore del Carroccio ha deciso di intervenire in difesa del suo partito. “Leggo su alcuni quotidiani – ha scritto ieri a metà pomeriggio sul suo profilo Facebook e immediatamente ripreso dalle agenzie di stampa – che sarebbe saltato fuori il solito pentito che parla di un esponente leghista che avrebbe fatto accordi con il clan Coco Trovato a Lecco nel 1990. In quegli anni soltanto la Lega combatteva la mafia”, sostiene Castelli. “È troppo comodo lanciare accuse e insinuazioni a cui non si può ribattere, con l’evidente tentativo di fermare l’avanzata della Lega in Lombardia”, aggiunge. “Invito questo ‘signor pentito’ a fare nomi e cognomi. I riscontri diranno se ha detto la verità o se è uno dei tanti mistificatori che purtroppo abbondano nel mondo dei pentiti. Da un lato ci sono le affermazioni di un mafioso, dall’altro la storia della Lega che è sotto gli occhi di tutti”.

Castelli la realtà di Lecco la conosce fin troppo bene. Qui è nato nel 1946, qui è cresciuto politicamente nel Carroccio. Qui è stato eletto per la prima volta alla Camera nel 1992. E da allora non è mai uscito dai Palazzi, riconfermandosi a ogni elezione tra i più votati. E’ stato ministro della Giustizia nel secondo e terzo governo Berlusconi, oggi è viceministro ai trasporti e alle infrastrutture. Importanti incarichi di governo svolti sempre con la benedizione del “capo” Umberto Bossi. Tanto che il senatùr lo vuole insediare alla presidenza della Regione Lombardia, patria del Carroccio. Ma è anche il territorio in cui la ‘ndrangheta ha allungato le mani sui grandi affari, dove si è insidiata e insediata nella gestione delle estorsioni, dell’usura, del traffico di droga.

Una realtà che Di Bella fotografa nel libro con dovizia di particolari. Racconta dell’ascesa al potere di Coco Trovato. Ricostruisce almeno quattro omicidi irrisolti e racconta episodi ormai finiti nel dimenticatoio dei “casi stravaganti”. Come il tentativo di trafugare le ceneri di Gianni Versace la notte di San Silvestro. “La ‘ndrangheta – riporta il
Corriere della Sera – ci aveva dato un anticipo di 150 milioni di lire e ci aveva ordinato di rubare l’urna con le ceneri dello stilista”. La parte più rilevante del libro, stando alle anticipazioni, rimane quella dedicata ai rapporti con la politica. Con la Lega, di nuovo tirata in ballo. Con ancora gli echi della polemica scaturita dalle dichiarazioni di Roberto Saviano. Quella frase, “l’organizzazione mafiosa al nord interloquisce con la Lega”, che ha scaturito la reazione scomposta del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Frase che il libro ripete, entrando nello specifico: città di Lecco, anno 1990, “gamma” grazie ai voti della ‘ndrangheta arriva a importanti incarichi di governo.



L’ex ambasciatore Usa: “Non abbiamo bisogno di Berlusconi. Sta diventando irritante”


E dentro il Pdl Cantoni avvertiva l'ambasciata: "Berlusconi è provato". Citato anche Gianni Letta. Entrambi smentiscono.

L'ex ambasciatore Usa in Italia Ronald Spogli

La salute psicofisica, gli scandali, il rapporto con Vladimir Putin, la bassa considerazione dell’ambasciata americana nei suoi confronti. Ma soprattutto le considerazioni interne al Pdl verso un uomo “fisicamente e politicamente provato”. I documenti di Wikileaks segnano una nuova giornata di rivelazioni sul presidente del Consiglio Berlusconi, agitano la politica e inducono a continue smentite. La tempesta di file riservati, tuttavia, sembra essere solo all’inizio. Solo 62 dei 652 documenti che includono il nome di Berlusconi sono stati finora esaminati dai giornali di mezzo mondo. Una decina in tutto i documenti pubblicati. Ecco i passaggi più importanti.

“FISICAMENTE E POLITICAMENTE PROVATO” (documento 231600)


“Il privato pesa su Berlusconi”. Apre così l’ennesimo documento di wikileaks svelato oggi dalGuardian. Ecco alcuni stralci del testo: “Due funzionari in conversazioni separate con l’ambasciata, hanno recentemente descritto il presidente del Consiglio con parole incredibilmente simili. Il 23 ottobre Gianni Letta ha detto che Berlusconi è “fisicamente e politicamente debole”, descrivendo il normalmente iperattivo Berlusconi come “senza energie”. L’amico di Berlusconi e presidente della Commissione difesa Giampiero Cantoni ha raccontato ad un funzionario politico dell’ambasciata il 22 ottobre che “tutti siamo preoccupati per la sua salute”, rilevando che Berlusconi era svenuto tre volte in pubblico in anni recenti e che i suoi test medici erano risultati “a complete mess”, un casino totale. Cantoni ha detto che le lunghe nottate di Berlusconi e la propensione per le grandi feste non lo fanno riposare abbastanza. La stampa italiana ha riportato, il 27 ottobre, che Berlusconi è stato colpito da una lieve forma di scarlattina, che lui dice aver contratto dal nipote. (Nota: Berlusconi si è assopito brevemente durante la chiamata di cortesia dell’ambasciatore in settembre, ed è sembrato distratto e stanco il 19 ottobre ad un evento cui era presente l’ambasciatore”.

Entrambi gli interessati, tuttavia, hanno smentito la veridicità delle affermazioni. A cominciare daGianni Letta: “E’ vero esattamente il contrario di quanto si legge sui siti che raccolgono le presunte rivelazioni di Wikileaks, dove peraltro il mio nome non compare. Di fronte alle voci ed alle insinuazioni che volevano un Berlusconi depresso e senza energia, ho sempre smentito – in ogni sede, pubblica e riservata – tale circostanza e affermato la pura verità. E cioè, che il Presidente del Consiglio era ed è in piena forma, con la vitalità che tutti gli riconoscono e ha sempre affrontato ogni situazione con l’abituale determinazione e la “grinta” di sempre”.

Il caso Marrazzo

Che Berlusconi fosse preoccupato , in realtà, emerge da altri passaggi del documento: “Cantoni disse che Tremonti, Fini e l’ex ministro Pisanu stavano gettando le basi per la battaglia di successione post Berlusconi”. Ma la preoccupazione era anche sul proprio privato: “Cantoni confidò che Berlusconi credeva che i servizi segreti italiani volessere deliberatamente incastrarlo con la presunta relazione con una minore”. Non a caso, più volte nel documento si parla di sospetti, complotti e teorie paranoiche.In particolare verso il caso Marrazzo. Il coinvolgimento di quattro carabinieri nel ricatto a sfondo sessuale ai danni del presidente della Regione Lazio, infatti, convinse il presidente del consiglio “di non potersi fidare dei suoi stessi servizi di intelligence”

L’OPINIONE DELL’AMBASCIATORE (documento 188773)


Solo due giorni fa Hillary Clinton si affrettava a commentare: “Berlusconi è il nostro migliore amico”. I nuovi file svelati da Wikileaks restituiscono però una immagine del tutto diversa dei rapporti tra Italia e Stati Uniti. “La relazione bilaterale con l’Italia è ottima, ma gli sforzi di Berlusconi per ricucire la relazione tra l’occidente e la Russia stanno minando la sua credibilità e diventano veramente irritantinella nostra relazione”. A parlare, o meglio a scrivere, è l’ex ambasciatore americano in Italia Ronald Spogli, non un oscuro funzionario. Dice Spogli il 26 gennaio 2009: “Lo possiamo riportare sulla giusta strada (Berlusconi, ndr.) mandandogli un chiaro segnale che gli Stati Uniti non hanno bisogno di un interlocutore per le proprie relazioni con la Russia e che la sua insistenza nel minare le strutture esistenti e i canali basati su comuni interessi e valori con l’alleanza in cambio di stabilità a breve termine non è una strategia che Washington intende perseguire”.

Insomma, gli Usa non hanno bisogno di Berlusconi-risolvi problemi. Ma c’è di più, perché sul premier si staglia per l’ennesima volta l’ombra degli affari personali: “La Georgia crede che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti dai gasdotti costruiti da Gazprom con Eni”.

“La relazione dell’Italia con la Russia è complessa” scrive Spogli.”La combinazione dei fattori” fa sì che “la politica estera italiana sia altamente ricettiva agli sforzi russi di guadagnare maggiore influenza politica nell’Unione Europea e sostenere gli sforzi russi nel diluire gli interessi di sicurezza americani in Europa”. “L’energia è il tema bilaterale più importante e la richiesta di stabili forniture energetiche dalla Russia di frequente spinge l’Italia a compromessi su temi politici e di sicurezza”.

L’amicizia Putin-Berlusconi
“Berlusconi crede che Putin sia suo amico intimo e personale e continua ad avere più contatti con Putin che con qualsiasi altro leader al mondo. Durante la crisi in Georgia, Berlusconi ha parlato con Putin tutti i giorni per almeno una settimana. La base della loro amicizia è difficile da determinare, ma molti interlocutori ci hanno detto che Berlusconi pensi che Putin abbia più fiducia in lui di qualsiasi altro leader europeo (un contatto nell’ufficio di presidenza ci ha detto che gli incontri sono accompagnati da doni sfarzosi). Berlusconi ammira lo stile di governo macho, decisionista e autoritario, e ritiene corrisponda al proprio”.

Il gas al centro dell’amicizia
“Esponenti della maggioranza di centrodestra e dell’opposizione del Pd credono che Berlusconi e i suoi amici stiano approfittando personalmente e in modo generoso dei tanti accordi intercorsi tra l’Italia e la Russia. Ritengono che Berlusconi e i suoi stiano personalmente traendo vantaggio da molti degli accordi tra Italia e Russia. L’ambasciatore georgiano a Roma ci ha detto che il suo governo ritiene che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti realizzati da qualsivoglia gasdotto sviluppato da Gazprom in coordinamento con Eni.

Valentini l’uomo-tramite di Berlusconi
Svelata l’identità del personaggio italiano che parla russo indicato nelle prime rivelazioni, che farebbe da tramite negli affari del premier in Russia. “Ogni volta che sollevavamo il problema dei rapporti tra Berlusconi e la Russia – scrive Spogli – le nostre fonti nel Pdl e nel Pd ci indicavano Valentino Valentini, un deputato e una figura in qualche modo misteriosa, come colui che opera come uomo chiave di Berlusconi in Russia, sebbene non abbia uno staff e nemmeno una segretaria. Valentini, che parla il russo e che si reca in Russia molte volte al mese, frequentemente appare al lato di Berlusconi quando incontra gli altri leader mondiali. Cosa faccia in questi viaggi così frequenti a Mosca non è chiaro. Ma si vocifera in modo ampio – ipotizza Spogli – che sia là per curare gli interessi e gli affari di Berlusconi in Russia”.

Frattini esautorato
“Durante una visita all’inizio di settembre il vicepresidente Cheney si è confrontato con Frattini sulla posizione pubblica e decisamente controproducente dell’Italia sul conflitto georgiano. Un Frattini frustrato rilevava che, nonostante avesse le sue forti opinioni in materia, nondimeno riceveva ordini diretti dal presidente del Consiglio”

“Berlusconi tratta la politica Russa allo stesso modo in cui si cura delle questioni interne – tatticamente, giorno per giorno. Il suo imponente desiderio è di rimanere nelle grazie di Putin e ha frequentemente dato voce a opinioni e dichiarazioni che gli erano state passate direttamente da Putin. Un esempio: nell’immediato dopo-crisi in Georgia, Berlusconi ha cominciato (e continua) a insistere che la Georgia fosse l’aggressore e che il governo georgiano fosse responsabile di molte centinaia di morti civili nel Sud Ossezia.”

Lo strapotere dell’Eni
“Eni, la più importante società energetica parastatale, ha un immenso potere politico; la sua strategia di business si è concentrata su complessi ambienti geopolitici, solitamente considerati eccessivamente rischiosi da molti dei suoi concorrenti internazionali” (…) Anche solo a giudicare dalla stampa, si può pensare che il primo ministro Berlusconi garantisca al suo presidente, Paolo Scaroni, tanto accesso quanto al suo proprio ministro degli esteri. (…) Durante un evento diplomatico nel 2007, una conferenza sull’Asia centrale, i rappresentanti dell’Eni e di Edison ebbero 30 minuti ciascuno per parlare, mentre i quattro ministri degli Esteri e i cinque vice ministri di cinque stati centro asiatici furono infilati tutti in un’ora sola. C’è il sospetto che l’Eni mantenga a libro paga alcuni giornalisti.

Spogli aggiunge poi che ”la visione dell’Eni sulla situazione energetica europea in modo preoccupante simile a quella di Gazprom e del Cremlino” e constata come ”un membro del Pd” abbia riferito ”che la presenza dell’Eni in Russia supera quella dell’ambasciata italiana a Mosca che è a corto di personale”.

OBAMA INFORMATO SU BERLUSCONI (documento 210920)
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama era stato messo in guardia dai comportamenti di Berlusconi. Così si legge in un altro cablogramma pubblicato oggi dal Guardian. Già note le anticipazioni sulle opinioni diffuse dalla funzionaria dell’ambasciata Elizabeth Dibble, oggi il quotidiano inglese ha pubblicato il testo completo. Dibble ripercorre la “perdita di influenza” del governo italiano. Ricorda alcuni passi falsi del premier e i conseguenti grattacapi internazionali, in special modo nell’attività diplomatica con l’Iran a cui somma passaggi già evidenziati altrove sul rapporto tra Berlusconi e Putin.


mercoledì 1 dicembre 2010

Nicola Cosentino al processo: accusato di mafia.

L’ultima esalazione di una Giustizia moribonda? No, soltanto fumo negli occhi.

Nicola Cosentino, accusato di essere l’uomo ombra, il tramite tra Stato e camorra.

Il clan dei casalesi lo avrebbe sostenuto in tutte le elezioni alle quali ha preso parte, dal 1980 a oggi. Accusato di aver condizionato e gestito le strategie politiche in materia di rifiuti in Campania; l’uomo degli appalti controllati, delle aree da comprare, rilevare, gestire, violare, l’uomo a cui spettava decidere delle assunzioni aiutato dagli amici corrotti o soci negli affari sporchi. Amici istituzionali e mafiosi. L’uomo che grazie alla complicità di ministri, presidenti di inchieste e di commissione, di dirigenti e di soldati infilati sulle poltrone giuste, grazie alle relazioni con due imprenditori ritenuti legati alla criminalità organizzata, Sergio e Michele Orsi, quest’ultimo ucciso nel giugno 2008 poco dopo aver iniziato a rendere dichiarazioni ai magistrati, ha tenuto e tiene tutta la Campania chiusa in un pugno.

Un anno dopo l’ordinanza cautelare firmata dal gip Piccirillo e non autorizzata dal Parlamento e anche grazie al divieto di usare le intercettazioni a carico di Cosentino che lo inchiodavano al di la ogni ragionevole dubbio, la giustizia torna a bussare alla porta di Nicola Cosentino.

Dovrà difendersi in una aula di tribunale dall’accusa schiacciante di concorso in associazione camorristica. Il Pd gli chiede di lasciare lo scranno a Montecitorio. “Deve rinunciare immediatamente all’immunità parlamentare e farsi processare”, dice il segretario regionale dei Democratici Enzo Amendola. Sulla stessa linea i responsabili nazionali giustizia e sicurezza Andrea Orlando ed Emanuele Fiano, che parlano di “stridente incompatibilità tra le condotte di cui le indagini danno conto e gli incarichi politici e istituzionali” di Cosentino. “Deve lasciare la guida del Pdl in Campania”. Tutti personaggi che sanno e sapevano chi era e cosa rappresentava Cosentino. Ma adesso possono parlare. L’avviso di conclusione delle indagini è stato firmato dai pm Giuseppe Narducci e Alessandro Milita. Secondo gli inquirenti, Cosentino avrebbe“garantito il permanere dei rapporti fra imprenditoria mafiosa, pubbliche amministrazioni ed enti a partecipazione pubblica” e avrebbe anche “contribuito al riciclaggio e al reimpiego delle provviste finanziarie provenienti dal clan dei Casalesi” mirava ad “un ciclo integrato dei rifiuti alternativo e concorrenziale”, boicottando le società affidatarie per creare “un’illecita autonoma gestione a livello provinciale, la cosiddetta “provincializzazione del ciclo rifiuti”", controllando la gestione delle discariche, attivandosi per la costruzione di un termovalorizzatore e strumentalizzando le attività del commissariato di governo”. Noi diciamo che non strumentalizzava le azioni del governo, noi preferiamo dire che, assieme al governo, strumentalizzava una emergenza creata ad arte nominando commissari collusi e complici di questa rete infamante e criminale.

Ha venti giorni di tempo per replicare prima della richiesta di rinvio a giudizio. Si annuncia battaglia sull’attendibilità dei collaboratori di giustizia, come Gaetano Vassallo e Luigi Guida. Afferma l’avvocato Stefano Montone, legale di Cosentino con Agostino De Caro: “Avevamo chiesto più volte un interrogatorio al pm, anche prima dell’ordinanza, ma non ci avevano mai convocato. A questo punto ritengo che non ripeteremo la richiesta ma interloquiremo direttamente con il giudice. Finalmente avremo accesso alle carte e potremo difenderci come è nel nostro diritto”.

Vorremmo ricordare al legale di Cosentino che hanno sempre avuto accesso alle carte, e ai filoni investigativi della magistratura. Infatti, il legale, avvalendosi dello stretto rapporto fatto di amicizia, collaborazione e complicità del Cosentino con il presidente del Consiglio e quindi, ma non per caso, con il ministro di giustizia e degli interni, egli, ha sempre potuto, quando richiesto, leggere le carte segrete della commissione parlamentare di inchiesta, quindi ha potuto leggere le audizioni, anche quando segretate, dei vari investigatori, procuratori, magistrati ect.

Il legale insomma, conosce ogni punto e virgola sia delle accuse mosse nei confronti del suo assistito, sia le manovre investigatrici degli inquirenti.

Nicola Cosentino nasce a Casal di Principe il , 2 gennaio 1959.

Parente acquisito di diversi camorristi: suo fratello Mario è sposato con Mirella Russo, sorella del boss dei casalesi Giuseppe Russo detto Peppe O’ Padrino, che sta scontando un ergastolo per omicidio e associazione mafiosa; un altro fratello, Giovanni, è sposato con la figlia del boss Costantino Diana, deceduto. Ha 3 figli.

Erede della società attiva nel commercio di gas e carburante fondata dal padre, O’mericano, nome datogli per i rapporti commerciali con le basi americane. Attualmente fuori dalla gestione della società, condotta dai fratelli Giovanni, Mario e Antonio, imparentati con i boss.

A 19 anni diventa consigliere comunale nel suo comune nativo negli anni 1978-80, poi consigliere della Provincia di Caserta (1980) e assessore provinciale con delega ai servizi sociali dal 1983 al 1985. Rieletto alla Provincia di Caserta nel 1985, viene nominato assessore provinciale alla Pubblica Istruzione. Al suo terzo mandato come consigliere provinciale ricopre l’incarico di assessore provinciale all’Agricoltura.

Il 23 aprile 1995 è eletto consigliere regionale della Campania, riportando 12.851 preferenze, pari al 31,50% dei voti di preferenza espressi nella sola Provincia di Caserta.

Nel 1996, è eletto alla Camera dei Deputati per Forza Italia, nel collegio Capua – Piedimonte Matese, riportando 35.560 voti. Viene scelto dai colleghi di partito componente del direttivo parlamentare di Forza Italia e dal 17 ottobre 1996 è membro della Commissione parlamentare per le questioni regionali e della Commissione Difesa.

Il 24 settembre 1997 è designato coordinatore di Forza Italia per la Provincia di Caserta. Viene poi eletto vice-coordinatore regionale della stessa formazione per la Campania, con delega agli enti locali, per poi divenirne coordinatore regionale nel giugno 2005.

Durante il suo mandato Forza Italia risale, dall’11% dei consensi registrati nelle elezioni regionali dell’aprile 2005, al 27% delle politiche del 9 aprile 2006, tornando ad essere il primo partito della Campania.

Rieletto deputato nelle elezioni del 13-14 aprile 2008 nelle liste del Popolo della Libertà, la nuova formazione politica guidata da Silvio Berlusconi, Cosentino è stato nominato Sottosegretario di Stato all’Economia e alle Finanze del quarto Governo Berlusconi. Le prime accuse di collusione con la camorra arrivano dopo la pubblicazione su L’Espresso di una dichiarazione del boss pentito Carmine Schiavone, che confermerebbe un patto elettorale siglato con Cosentino:

«Io era amico di Nicola Cosentino… Io intervenni anche per far votare Cosentino… Però il Riccardi mi sembra che si candidò anche lui, quindi furono divisi questi voti tra il Riccardi e il Cosentino. Ma ci andò solo Cosentino.» (Carmine Schiavone)

Tali affermazioni sono state successivamente giudicate false dal pm Raffaele Cantone, ragione per cui le indagini sono state archiviate. Sulla base di quale principio giuridico e morale il pm abbia ritenuto inattendibili le affermazioni del pentito ci sfugge; ci sfugge pensando a tutte le altre prove raccolte, tra cui le stesse intercettazioni, e realtà investigative che invece confermavano le stesse dichiarazioni del pentito Schiavone.

Nel settembre 2008 viene accusato di aver avuto un ruolo di primo piano nell’ambito del riciclaggio abusivo di rifiuti tossici attraverso la società per lo smaltimento dei rifiuti Eco4, emerse dalle rivelazioni di Gaetano Vassallo, un imprenditore reo confesso di aver smaltito abusivamente rifiuti tossici in Campania attraverso la corruzione di politici e funzionari. «Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società Eco4 gestita dai fratelli Orsi. Ai fratelli Orsi era stata fissata una tangente mensile di 50 mila euro… Posso dire che la società Eco4 era controllata dall’onorevole Nicola Cosentino e anche l’onorevole Mario Landolfi (AN) vi aveva svariati interessi. [...] Presenziai personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi a Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest’ultimo a Casal di Principe. [...] Ricordo che Cosentino ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio mi informò del suo contenuto» (Gaetano Vassallo).

Nel novembre 2009, dai magistrati inquirenti fu inviata alla Camera dei deputati una richiesta di autorizzazione a procedere per l’esecuzione della custodia cautelare per il reato di concorso esterno in associazione camorristica. Il testo del mandato di arresto riportava le seguenti motivazioni:

«Cosentino contribuiva con continuità e stabilità, sin dagli anni ‘90, a rafforzare vertici e attività del gruppo camorrista che faceva capo alle famiglie Bidognetti e Schiavone, dal quale sodalizio riceveva puntuale sostegno elettorale [...] creando e co-gestendo monopoli d’impresa in attività controllate dalle famiglie mafiose, quali l’Eco4 spa, e nella quale Cosentino esercitava il reale potere direttivo e di gestione, consentendo lo stabile reimpiego dei proventi illeciti, sfruttando dette attività di impresa per scopi elettorali»

La richiesta fu respinta dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera.

A fine 2009 un pentito di Camorra Luigi Guida, detto O’ndrink, rilascia dichiarazioni ai magistrati in merito alla gestione della società Eco4. Guida rivela lo stretto rapporto e la corresponsabilità nello smaltimento abusivo di rifiuti tra Cosentino e i fratelli Sergio e Michele Orsi, collusi con la Camorra, il primo fu arrestato per associazione a delinquere, il secondo fu assassinato nel 2008 per aver denunciato dei camorristi.

Il 28 gennaio 2010 la Corte di Cassazione confermò le misure cautelari a carico di Cosentino. Il 19 febbraio la richiesta di dimissioni dagli incarichi fu respinta da Silvio Berlusconi.

Il 22 settembre 2010 la Camera dei Deputati ha negato, con scrutinio segreto,l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni telefoniche di Cosentino, richiesta dai pm di Napoli (308 no contro 285 sì). Nel luglio 2010 l’imprenditore Flavio Carboni, personaggio legato a vario titolo in gravi scandali e inchieste della Prima Repubblica, definito uomo ombra della Strategia della Tensione, amico di Pippo Calò, coinvolto nel caso Calvi, collaboratore di Gelli, accusato di complicità con i servizi segreti durante gli anni di piombo, resta coinvolto a Roma in un’inchiesta su irregolarità nella gestione degli appalti per degli impianti eolici in Sardegna; in questo ambito viene indagato anche il governatore Cappellacci. Carboni è stato arrestato insieme a Pasquale Lombardi, geometra ed ex esponente della Democrazia cristiana nonché ex sindaco del suo paese di origine, Cervinara (Avellino), e all’imprenditore Arcangelo Martino, ex assessore comunale di Napoli.

A tali personaggi i pm romani contestano, inoltre, l’accusa di: ”aver esercitato pressioni sui giudici della Corte Costituzionale al fine di favorire la legittimità del Lodo Alfano, aver sostenuto la riammissione della lista civica regionale ” Per la Lombardia”, aver favorito la nomina a presidente della Corte d’Appello di Milano del pm Alfonso Marra, effettivamente ottenne la nomina. ”

Questa “struttura riservata”, come si trova definita all’interno dell’informativa del 18 giugno redatta dai carabinieri di Roma, avrebbe orchestrato (secondo la stessa informativa) una campagna denigratoria all’interno del PDL campano al fine di far decadere la candidatura di Caldoro, al fine di promuovere quella dell’ex sottosegretario all’economia Nicola Cosentino, la cui corsa alla poltrona di presidente della regione era venuta meno a seguito dell’indagine a suo carico sul reato di associazione camorristica.

Torniamo all’accusa a carico di Cosentino per i fatti riguardanti la gestione rifiuti in Campania.

Una eredità partita da lontano.

Il 24 ottobre del 1997 una delegazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, nel corso di un sopralluogo a Pontinia, individuò 11.600 fusti e due cisterne colme di liquido classificato, in seguito, rifiuto pericoloso: rifiuti provenienti, come accertato dagli inquirenti, da aziende di rilevanza internazionale, operanti nel campo dell’informatica e della farmaceutica.

L’inquietante scoperta portò la commissione a costituire un gruppo di lavoro ad hoc per “valutare l’esistenza o meno di una sorta di holding affaristico-criminale attiva sul territorio nazionale nel ciclo dei rifiuti”. Incrociando i dati documentati dalle fatturazioni emesse dalla società proprietaria dell’impianto e verificando gli assetti societari della holding, veniva realizzato il primissimo database che consentì una vera e propria mappatura di uno degli affari più redditizi. Proprio Scalia ci consegna un documento fondamentale che se, fosse stato preso subito in considerazione e se, l’Italia non fosse prigioniera di lobby occulte e deviate, la Campania e gran parte di Italia non avrebbe conosciuto questi lunghi venticinque anni di inquinamento, criminalità organizzata e sofferenza. Nel documento una complessa trama del business collegato ai rifiuti, ancora oggi in attesa del termine dell’istruttoria della DDA sulla vicenda dei rifiuti in Campania. L’avvocato di Nicola Cosentino non dovrebbe perdere tempo nel preparare una strategia difensiva ma deve pretendere dalle procure e dai magistrati si istruisca un maxi processo per tutti coloro che, assieme a Cosentino, hanno agito illegalmente. Non è giusto che a pagare sia solo un uomo; e per un uomo, anche se del calibro di Cosentino, da solo, sarebbe stato impossibile metter su un sistema tanto accurato come quello che ha gestito i rifiuti in Campania e che ancora lo gestisce. Impossibile non ci sia stata la complicità di tutti quegli enti, pubblici e privati, di tutte quelle istituzioni chiamate a controllare, di tutte quelle banche che hanno partecipato o finanziato appalti o mezzi, di tutti quegli imprenditori chiamati a gestire i rifiuti in Campania. Del resto le commissioni parlamentari di inchiesta sapevano già tutto e dagli anni novanta. Quindi non vogliamo il sacrificio di uno solo per la salvezza di tutti gli altri criminali. Noi vogliamo un maxi processo, noi vogliamo venga abolita la prescrizione e l’archiviazione per tutti i commissari straordinari che in Campania si son succeduti dal 1994 al 2010.

http://www.agoravox.it/Nicola-Cosentino-al-processo.html