Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 10 dicembre 2010
Sakineh, Nemat: "Teheran usa il caso per terrorizzare"
giovedì 9 dicembre 2010
Sakineh è libera!
La donna iraniana condannata alla lapidazione per il reato di adulterio non è più detenuta.
Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna condannata alla lapidazione per adulterio, suo figlio SajjadQaderzadeh e l’avvocato JavidHutan Kian “sono stati liberati”. Lo ha riferito l’attivista per i diritti umani Mina Ahadi, presidente delComitato internazionale contro la lapidazione, che ha sede in Germania. “Siamo felici”, ha detto, tra l’altro, Ahadi, commentando la notizia e sottolineando l’intervento, nel percorso che ha portato alla rilascio della donna, del presidente brasiliano, Ignacio Lula da Silva, e del suo successore, Dilma Rousseff, eletta di recente. “Sakineh Mohammadi-Ashtiani e’ stata liberata ieri, ma non sono ancora riuscita a parlare con lei“, ha precisato Mina Ahadi.
UN CALVARIO DI 4 ANNI – Sakineh Mohammadi Ashtiani fu condannata per la prima volta il 15 maggio 2006, a 99 frustate, da un tribunale di Tabriz, per il reato di “relazione illecita” con due uomini in seguito alla morte del marito. Qualche mese più in là fu condannata dopo che un tribunale penale accusò uno dei due uomini per il coinvolgimento nella morte di suo marito. Fu allora condannata alla lapidazione per adulterio. Viene accusata di avere una relazione con l’assassino di suo marito e per questo di nuovo messa sotto processo per adulterio e per complicita’ nell’omicidio. Una sentenza della Corte Suprema nel 2007 condanna Sakineh alla lapidazione, ma la sua esecuzione viene rinviata in seguito alla presentazione di un ricorso.
MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE – In difesa di Sakineh nei mesi scorsi si era schierata tutta la comunità internazionale. La campagna organizzata dai suoi due figli ha fermato la più volte annunciata esecuzione. L’ultima volta nell’estate scorsa. Hanno chiesto di fermare l’esecuzione diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani, come Avaaz, Amnesty International e Human Rights Watch. Per la sospensione della sentenza dagli Stati Uniti era partito un appello di premi Nobel e star di Hollywood, dalla Francia quello della premiere dame Carla Bruni (per questo definita ‘prostituta’ dalla stampa iraniana ultraconservatrice), dall’Italia quello di media comeAki-Adnkronos Internazional, a cui si associano politici, intellettuali e star dello sport, tra cuiFrancesco Totti.
GLI ULTIMI MESI - E’ l’inizio di settembre - ricostruisce l’Adnkronos - in un’intervista ad Aki, quando il figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh, annuncia che la madre e’ stata sottoposta aulteriori 99 frustate sulla base della falsa accusa di corruzione e indecenza per aver fornito al Times di Londra una sua foto senza velo. Una foto che in realta’ ritrae un’altra donna ed era stata erroneamente attribuita a Sakineh. Sajjad chiede inoltre l’intervento del governo italiano e del Vaticano per fermare la mano del boia. Intanto, soprattutto in Italia e Francia, le piazze si riempiono dimanifestanti pro-Sakineh e di gigantografie della donna, esposte anche sui municipi di Roma. Il Parlamento europeo, grazie all’attivismo di molti deputati, tra cui la vice presidente RobertaAngelilli, vota una risoluzione di condanna nei confronti di Teheran e chiede di salvare la vita della donna. Teheran comincia a sentirsi alle strette e il ministero degli Esteri, tramite il suo portavoceRamin Mehmanparast, accusa Italia e Francia di essersi attivate sulla base di informazioni false. Ma poi, l’8 settembre, e’ lo stesso Mehmanparast ad annunciare che la lapidazione di Sakineh e’ stata sospesa. Ma l’attenzione sul caso non cala, con l’avvocato della donna, Javid Houtan Kian, che afferma che non esiste un provvedimento formale di sospensione, che il suo ricorso alla Corte Suprema e’ bloccato e che molti atti relativi al caso sono scomparsi. Il 19 settembre, in modo inatteso, e’ il presidente Mahmoud Ahmadinejad a gettare acqua sul fuoco, assicurando in un’intervista alla Abc che la notizia della condanna alla lapidazione e’ falsa e che Sakineh ha “comunque diritto a quattro gradi di giudizio“. Il figlio e l’avvocato della donna erano stati arrestati il 10 ottobre dagli agenti dell’intelligence iraniana, mentre stavano rilasciando un’intervista a due giornalisti tedeschi. Della sorte dei due reporter europei non si hanno notizie.
http://www.giornalettismo.com/archives/102649/sakineh-e-libera/
Razzi amari. - Piovono rane - Alessandro Gilioli.
"Io sono eletto nel partito dell’Italia dei Valori e tale voglio rimanere fino alla morte. E’ un rispetto verso coloro che mi hanno votato, io ho avuto circa 3.500 preferenze, chi glielo va a dire queste 3.500 persone che sono stato comprato da un partito Tizio e Caio? Una cosa scorretta. Come la vedo io, la dovrebbero vedere tutti gli altri deputati che non si dovrebbero fare comprare perché il cittadino non vuole queste cose, perché se il cittadino ti ha scelto a rappresentarlo, io credo che questo è un dovere di ogni parlamentare rappresentare i cittadini che l’hanno mandato lì".
Antonio Razzi, deputato dell’Italia dei Valori, il 16 settembre scorso.
Oggi Razzi ha lasciato l’Idv ed è passato nella maggioranza.
I parlamentari sono i mercenari della politica, combattono per chi li paga di più.
Ed è per questo che i cittadini non hanno più fiducia nella politica che è diventata un comitato d’affari.
Putin: “L’arresto di Assange è un gesto antidemocratico”
Nei dispacci rivelati da Wikileaks, il presidente russo veniva definito come “cane alpha”, maschio dominante in uno stato-mafia. Ora il presidente si prende il russo di ritorcere la critica al mittente, criticando i metodi con cui Assange è stato – almeno al momento – incarcerato. Intanto varie agenzie russe citano fonti del Cremlino, secondo cui “ad Assange dovrebbe esser consegnato il premio Nobel per la pace”.
Quale che sia la reale posizione di Putin e quali che siano le reali motivazioni con cui il presidente si è espresso, resta da capire come la diplomazia italiana commenterà l’uscita. Due giorni fa, alla notizia dell’arresto del fondatore di Wikileaks, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, era intervenuto con un liberatorio “era ora”. Che cosa diranno adesso il ministro e il premier Berlusconi, dopo che l’”amico Putin” si è pronunciato con un giudizio diametralmente opposto?
Governo, Bertone “offre” Casini a Berlusconi.
Il premier non si dimetterà. E' certo di avere i numeri alle Camere per incassare la fiducia, seppur di pochi voti. Poi salirà al Colle per il nuovo mandato e l'Udc entrerà nell'esecutivo. I finiani insistono: "Lasci o votiamo la sfiducia"
Il presidente della Camera è disposto a sostenere un Berlusconi bis a condizione che includa l’Udc e, soprattutto, che il Cavaliere si dimetta prima del passaggio in aula per la fiducia. Il presidente del Consiglio, invece, è disposto a coinvolgere nell’esecutivo gli uomini di Casini, ma a lasciare l’incarico prima del 14 dicembre non ci pensa neanche. Perché sarebbe la resa a Fli, significherebbe certificare che gli uomini di Futuro e Libertà sono determinanti. Il Cavaliere vuole incassare la fiducia per poi salire al Colle con una maggioranza risicata in mano, avendo così garanzie di ricevere dal Capo dello Stato il mandato esplorativo per individuare una nuova maggioranza. Che includerà anche l’Udc con almeno due ministeri e il sottosegretariato alla famiglia. Questa è la proposta che Silvio Berlusconi illustrerà al pranzo all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede dove incontrerà il Cardinale Tarcisio Bertone. I due si erano già visti settimana scorsa in Kazakhistan, ad Astana, in occasione del vertice dell’Ocse. In un incontro definito “casuale” avevano parlato di Casini. Il Cardinale vuole far riavvicinare l’Udc all’area di Governo. L’argomento era già stato affrontato da Gianni Letta quindici giorni fa durante una cena dal cardinale segretario di stato. E settimana scorsa il leader centrista è stato ricevuto dal cardinale Angelo Bagnasco che, seppur defilato, ha vagliato la disponibilità di Casini.
Il pranzo di oggi sarà dunque occasione per individuare definitivamente il percorso di riavvicinamento dell’Udc, caldeggiato dalla Santa Sede. Seppure l’occasione sia la nomina di dieci cardinali, Berlusconi sarà accompagnato da mezzo Governo: il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il ministro degli esteri Franco Frattini, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, unica donna presente all’incontro e i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti. Subito dopo, Berlusconi porterà la proposta al vertice del Pdl nel primo pomeriggio. Il rientro di Casini nel Governo piace al Cavaliere perché così ucciderebbe sul nascere il terzo polo. Alfano ha anticipato l’unica certezza della giornata: “L’ipotesi di dimissioni di Berlusconi non è tra quelle contemplate né immaginate e conseguentemente l’ipotesi di un Berlusconi bis non esiste”, ha detto stamani. Mentre i finiani ribadiscono: “Prima di aprire qualsiasi discussione, Silvio Berlusconi deve dimettersi”. In caso contrario Futuro e libertà voterà la mozione di sfiducia già depositata a Montecitorio. Lo ha dettoil coordinatore di Fli, Adolfo Urso, al termine del vertice di stamani con Gianfranco Fini. Un incontro che il presidente del Consiglio ha aperto così: “Vedete cosa significa fidarsi di quest’uomo?”. Il riferimento è al premier e alla cena che ha avuto con Italo Bocchino, che, nonostante le smentite, c’è stata ma sulla quale Berlusconi aveva garantito assoluta segretezza. Fini aveva inviato il capogruppo a vagliare se ci fosse una disponibiltà di dialogo per evitare la crisi di Governo nel momento di grave difficoltà per il Paese ma il premier non è preoccupato dalla posizione di Fli: Berlusconi è convinto di farcela anche (e soprattutto) senza i finiani.
Se palazzo Madama è oggettivamente blindato (il Cavaliere conta su 163 voti contro una soglia di 158), la partita si combatte sui tavoli di Montecitorio. Dove pesa la doppia mozione di sfiducia (Pd-Idv e Fli-Udc-Api). Ad oggi l’ago pende a favore di Berlusconi con 314 voti a favore, 307 contrari e 3 astenuti. Situazione fluida, dunque. Il 14 dicembre (al Senato il premier parlerà il 13) in aula ci saranno anche due assenti. Causa gravidanza mancheranno Cosenza di Fli e Mogherini del Pd. Smentita, dunque, quanto annunciato da Bocchino due giorni fa: “Abbiamo 317 voti”. In realtà la conta finale ruota attorno a cinque nomi . Quattro sembrano ormai convinti. Si tratta di Massimo Calearo (ex Pd), Bruno Cesario (ex Api ora gruppo Misto), Maurizio Grassano (ex leghista, ora Lib-dem), Giampiero Catone (ex Fli ora gruppo Misto). Ultimo, ancora indeciso, è Scilipoti dell’Idv mentre è certo il sostegno del suo collega del partito di Antonio Di Pietro, Antonio Razzi che oggi ha annunciato di aver raggiunto la decisione “sofferta, di passare a Noi sud”. Dopodiché ci sono i sei deputati radicali (leggi l’articolo). Cosa faranno resta un mistero. Anche se l’incontro di ieri sera tra Marco Pannella e Silvio berlusconi fa pensare che una decisione sia già stata presa. A ratificare questa possibile scelta le parole del leader dei Radicali contro “logore e scredite ammucchiate, dette e riproposte come unità nazionale”.