venerdì 27 maggio 2011

Tangenti nella sanità piemontese. Indagato l’assessore regionale Caterina Ferrero. - di Andrea Giambartolomei


L'esponente del Pdl sarebbe coinvolta in un giro di tangenti e bandi truccati. Indagato anche un suo collaboratore. Misure cautelari per cinque persone. Contestati i reati di turbativa d'asta, corruzione

Scandalo sanità piemontese, conferenza stampa del Pdl. Nella foto Agostino Ghiglia ed Enzo Ghigo

Nuova, pesante tegola per la giunta di Roberto Cota. L’assessore alla Sanità, Caterina Ferrero, è indagata dalla Procura di Torino, mentre Piero Gambarino, per gli inquirenti il braccio destro dell’assessore, è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta che coinvolge anche Pierfrancesco Camerlengo, amministratore e socio di un grosso gruppo di cliniche private, e altre cinque persone.

Si tratta di una vasta “operazione chirurgica”, usando il gioco di parole del gip, partita da controlli su bandi e gare d’appalto “turbati” della Regione Piemonte per la fornitura di materiale sanitario e per l’assegnazione di una collaborazione ben remunerata. Gli altri episodi vanno dalla corruzione e turbativa d’asta, per la costruzione di una clinica privata, fino alla concussione, per bloccare la responsabile del servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro (Spresal). Secondo il gip che ha convalidato le misure cautelari emerge “un quadro a tinte fosche” in cui c’è un “sistematico sviamento a fini privati della funzione pubblica”.

Nell’autunno scorso alcuni bandi di gara della Società di committenza regionale (Scr), di cui Gambarino è consigliere, sollevano i dubbi della Guardia di Finanza. Andava assegnato il servizio di fornitura triennale di pannoloni e per il primo lotto, dall’importo di 50 milioni di euro, venne effettuata una gara, poi revocata con una delibera dell’assessore Ferrero per la revisione e la riorganizzazione del servizio. In realtà, secondo le fiamme gialle, era già stato definito un accordo tra Gambarino e due rappresentanti della Federfarma, la federazione dei titolari di farmacie, il presidente regionale Luciano Platter e il segretario cittadino Marco Cossolo, affinché la fornitura fosse data senza una gara alle farmacie, per un prezzo più alto delle base d’asta. Da questa mattina i due uomini di Federfarma sono agli arresti domiciliari. Un altro “sviamento a fini privati della funzione pubblica” riguarda l’assegnazione di un incarico a un “collaboratore designato”. Per attribuire l’incarico alla direzione regionale della sanità, Ferrero e Gambarino avrebbero fatto predisporre un bando “su misura” di un ex funzionario di un’Asl: laurea in economia e commercio, esperienza nella gestione di servizi sanitari e monitoraggio dei costi, conoscenza della normativa nazionale e regionale del servizio sanitario.

Gli altri episodi non riguardano l’assessore regionale, ma sempre il suo fido collaboratore. Un’asta ritenuta truccata per l’acquisto di ex capannoni industriali da trasformare in residenze sanitarie a Cavagnolo (To), definita grazie a un incontro promosso dal commissario dell’Asl 5 di Torino Vito Plastino (arrestato stamattina) tra Gambarino e un architetto collaboratore di Camerlengo,Pasqualino Fico, nella sede di un’impresa del gruppo della sanità privata. Nell’occasione il sindaco di Cavagnolo Franco Sampò aveva messo a disposizione l’ufficio tecnico del Comune, concordato i tempi di pubblicazione del bando (a ridosso delle festività natalizie, così che possa passare inosservato) e non aveva concesso la proroga dei termini richiesta da un concorrente. Per questa complicità anche lui è stato tratto in arresto. Risulta anche che Camerlengo, insieme all’odontoiatra Marco Mozzati, abbia corrotto Plastino con false fatture passate tramite lo studio dentistico di Mozzati. Infine Gambarino è indagato per concussione: su segnalazione di una consigliere regionale del Pdl ha cercato di rimuovere dall’incarico la responsabile dello Spresal, che aveva trovato delle irregolarità in un’azienda di un imprenditore vicino al consigliere trasmettendole in procura. “Mi ha detto tutto a posto – disse la Ferrero a Gambarino riportando l’apprezzamento del politico – grazie, sei stato bravissimo”.

La complicità dell’assessore in questo sistema getta ombre sulla giunta di Cota che, a giorni, potrebbe essere colpito da un’altra tegola. Martedì è attesa la sentenza per le firme false di Michele Giovine, consigliere regionale. Nel marzo scorso aveva ottenuto 32 mila voti, più del triplo dello scarto tra Cota e Mercedes Bresso.



G8: Carlà bacia tutti. Tranne Berlusconi.



L'arrivo dei capi di Stato accolti dalla consorte di Sarkozy. L'ex modella è affettuosa con tutti, un po' meno col premier italiano.



All' "Adotta un astensionista" c'è chi risponde con "Bruciacchia il tuo comitato".



Il finto attentato al comitato elettorale di Lettieri.
Si capisce subito che è stato organizzato ed anche male.


BERLUSCONI : OBAMA = SINDONA : REAGAN. - di Andrea Sceresini



Mentre il premier Berlusconi denuncia al presidente degli Usa Barack Obama: "Sono perseguitato dai giudici di sinistra, in Italia c'è una dittatura", riemerge dagli archivi una lettera dal carcere che Michele Sindona scrisse nel 1981 a Ronald Reagan e che rivela un inedito parallelo.


Quello che state per leggere è un documento inedito. Nel 1981 il banchiere Michele Sindona si trovava in carcere a Springfield, Missouri. Sul suo capo gravavano ben 65 accuse: frode, spergiuro, false dichiarazioni bancarie, appropriazione indebita di fondi bancari. Anche la giustizia italiana, oltre a quella statunitense, lo aveva ormai incastrato. Si sentiva in trappola. Così scrisse molte lettere, tra queste una, interminabile, destinata a Ronald Reagan, il presidente degli Stati Uniti.
La missiva fu inviata e ricevuta, ma non ottenne risposta. Per trent'anni un'unica copia di quel documento è rimasta sepolta nell'archivio del figlio di Sindona, Nino.
Oggi Nino Sindona, che era stato coinvolto nell'inchiesta giudiziaria per l'omicidio di Giorgio Ambrosoli da parte di un sicario ingaggiato dal banchiere siciliano e poi assolto, vive in Brasile, dove si è sposato e ha avuto un figlio. Gestisce una catena di ristoranti italiani, ma ha tagliato ogni ponte con il suo Paese d'origine. E' stato lui a decidere, dopo decenni di silenzio, di consegnarci una copia della "Lettera al Presidente". E' una lunga arringa difensiva: l'ultimo grido d'aiuto del potentissimo banchiere piduista, uno dei grandi vecchi della Prima Repubblica.

(GQ) Fa uno strano effetto il parallelismo tra le parole pronunciate oggi dal premier Silvio Berlusconi in presenza del presidente americano Barack Obama e quelle della lettera inedita del bancarottiere Michele Sindona all'allora presidente americano Ronald Reagan. Siamo nel 2011, la lettera è invece datata 1981. Sono passati trent'anni, ma i temi di fondo sono gli stessi: la magistratura è di sinistra e perseguita chiunque si metta contro i comunisti che dominano l'Italia. I valori patriottici di Sindona, come quelli di Berlusconi, vengono calpestati e i loro portatori diventano bersaglio di inchieste giudiziarie mirate a eliminarli. La sola differenza è il finale: Sindona rimase in un carcere americano nonostante la supplica a Reagan, Berlusconi è diventato presidente con il libero voto degli italiani e a Obama si rivolge mentre frequentano vertici internazionali.


Ecco il contenuto della lettera, che si può vedere nella gallery sopra. Domani, sempre su GQ.com, altri dettagli sulla lettera.

7 settembre 1981

Al Presidente degli Stati Uniti
Casa Bianca
Washington, D.C. 20500

Signor Presidente:

Il mio nome è Michele Sindona. Sono un cittadino italiano e ho 61 anni. Sono un detenuto delle prigioni federali degli Stati Uniti d'America dal 7 febbraio 1980.

Attualmente sono nel Centro Medico della prigione federale di Springfield, Missouri. Il mio numero di matricola è 00450-054. Sono stato condannato due volte a 25 anni di carcere per bancarotta fraudolenta.

Io mi sono sempre sentito un amico degli Stati Uniti d'America. Sono stato perseguitato dalla Sinistra italiana soltanto perché mi sono battuto con tutte le mie forze per il rispetto delle istituzioni italiane e l'elezione di un governo veramente democratico che potesse onorare le alleanze con i Paesi occidentali, in primo luogo con gli Stati Uniti.

(…) Ho comprato un giornale italiano in lingua inglese per evitare che cadesse nelle mani della sinistra (…) Ho studiato il modo per evitare che la sinistra italiana prendesse il controllo della stampa e della televisione. Per questi miei tentativi la sinistra italiana ha fatto di me un bersaglio e ho rischiato la vita in più di una occasione.

(…) Il Consiglio superiore della magistratura, di cui fanno parte in maggioranza rappresentanti della sinistra, ha cacciato il presidente della Corte di Cassazione che aveva sottoposto un affidavit nel quale si affermava che i giudici italiani avevano illegalmente dichiarato che le mie banche fossero in bancarotta.

(…) Ho descritto solo una parte delle incredibili torture morali, psicologiche e talora perfino fisiche che ho dovuto subire. Ora mi rivolgo a Lei, signor presidente, con la speranza di ottenere protezione e serenità per la mia famiglia. Gli Stati Uniti hanno duramente criticato le dittature che perseguitano le famiglie di coloro i quali considerano criminali. Io mi sono soltanto battuto per la democrazia e la giustizia, e a causa di questo sono stato perseguitato dai comunisti italiani. Sono ancora convinto che gli Stati Uniti siano il solo Paese capace di salvare la mia patria e l'intero mondo libero dalla minaccia comunista. L'Italia ha bisogno di recuperare tre valori: lavoro, famiglia e fede. La propaganda di sinistra ha distrutto questi valori, così come ha distrutto la democrazia e il tessuto stesso dello Stato. Nessuno vuole più lavorare perché confida nell'assistenza sociale. La ricca famiglia italiana di un tempo è ora soltanto un ricordo. Quanto alla fede, un tempo valore stabilizzante, è stata perduta dagli italiani. (…) Io resto nella tempesta e da qui le grido: "E' questo quel che accade a un amico degli Stati Uniti?"

Rispettosamente suo,

Michele Sindona

http://www.gqitalia.it/viral-news/articles/2011/5/silvio-berlusconi-a-obama-come-michele-sindona-a-ronald-reagan-in-italia-giudici-di-sinistra#?refresh=ce


Berlusconi all’ultima spiaggia. - di Patrizia Rettori

Niente di nuovo sotto il sole. Berlusconi va in tv (ancora!) a dire che non è colpa sua: sono gli altri, i candidati deboli, gli alleati infidi, gli elettori senza cervello, ad azzopparlo. Ma state tranquilli, lui non se ne andrà, anche se perdesse Milano o Napoli o tutte e due. Davvero?

In realtà nel centro destra sembra accaduto qualcosa di irreparabile. Non è tanto la sconfitta al primo turno quanto il fatto che a quella sconfitta il capo non sia stato capace di reagire. Non si sono viste armi segrete, alzate d’ingegno, trovate sorprendenti. Solo il solito Berlusconi che ripropone all’infinito se stesso e il consueto armamentario propagandistico. Per ora gli elettori non hanno abboccato, e speriamo che confermino la scelta nei ballottaggi. Ma la sensazione inedita è che, comunque vada il voto, a non abboccare più siano le sue truppe.

Il blocco sociale che lo sosteneva si va sgretolando: c’è un mondo, che va dagli imprenditori alla gerarchia cattolica, che non gli crede più e, anzi, lo ritiene ormai impresentabile. Fa impressione vedere un personaggio come AntonioD’Amato, leader della Confindustria più berlusconiana di sempre, tifare esplicitamente De Magistris. O un grande vecchio come Cesare Romiti dichiarare il suo appoggio a Pisapia. Per non parlare delle posizioni prese dal cardinale Tettamanzi e da giornali come Avvenire e Famiglia cristiana.

È ovvio che tutto questo disorienti lo schieramento politico di governo. Perdere supporter di quel calibro deve fare molto male. E nessuno, tranne qualche fedelissimo, vuole essere travolto dal crollo dell’imperatore. Non Bossi, che infatti già cerca di riposizionarsi e riduce al minimo sindacale il suo appoggio ai candidati berlusconiani. E nemmeno larghi settori del Pdl, che lavorano freneticamente a nuove aggregazioni capaci di avere un futuro.

Tutto questo lavorio verrà alla scoperto in fretta se Milano e Napoli saranno conquistate da Pisapia e De Magistris. Il fatto che Berlusconi abbia sentito il bisogno di dire e ripetere che non ci saranno contraccolpi sul governo significa proprio che si sente in allarme rosso. Ma la novità che si percepisce in queste ore convulse è che se pure accadesse l’imprevedibile, e cioè se Moratti e Lettieri la spuntassero, la situazione non sarebbe comunque più recuperabile. Certo, ci sarebbe una battuta d’arresto e in un primo momento si sprecherebbero le professioni di lealtà. Ma la consapevolezza di averla scampata per il rotto della cuffia e di essere all’ultima spiaggia riporterebbe presto alla luce tutte le tensioni nascoste. Pensate alla manovra economica che dovrà essere varata per far fronte agli impegni di risanamento presi con l’Europa: Bossi avrà la sua ricetta e nel Pdl ne verranno avanzate altre quattro o cinque. Ciascuno cercherà interlocutori dentro e fuori la maggioranza, e gli interlocutori detteranno le loro condizioni, la prima delle quali sarà di mettere da parte il Cavaliere. Né sembrano fondate le speranze dei berlusconiani ortodossi di cercare l’intesa con Casini.

Al leader dell’Udc si possono imputare molte cose, ma non la stupidità. Che senso avrebbe, per lui, trasformarsi in stampella per un premier a fine corsa? Nessuno. L’Udc ha un progetto preciso: cambiare la legge elettorale con un sistema alla tedesca e attuare una parte dimenticata della Costituzione attraverso una legge sulla democrazia nei partiti. E’ un’idea impegnativa, che ha molti difetti e però ha anche qualche pregio: prosciuga l’acqua del berlusconismo archiviando l’era del bipolarismo muscolare, e cancella il fenomeno dei partiti personali (Pdl compreso) rendendoli scalabili da parte di una nuova classe dirigente.

In ogni caso, il dibattito post elettorale si svolgerà su un terreno già deberlusconizzato. E sarà un bel banco di prova per la sinistra in generale e per il Pd in particolare. Ne parleremo. Ma ora l’importante è vincere i ballottaggi. Perché se ci riusciremo tutti i processi saranno accelerati, idee e proposte verranno allo scoperto e si potrà finalmente ragionare sul futuro.

http://www.libertaegiustizia.it/2011/05/26/berlusconi-allultima-spiaggia/



Le comiche finali. - di Arturo Meli.

Siamo alle comiche finali. Già, perché il fuori programma di Berlusconi che prende alle spalle Obama, gli dà un’affettuosa pacca, per “scippargli” un colloquio di due minuti, sotto l’occhio accigliato di Sarkozy e della Merkel, al G8 di Deauville, in Francia, è uno di quegli show che in tv fanno sbellicare dalle risate.

Il problema è che, come accade quando c’è di mezzo il Cavaliere, la farsa confina con la tragedia.

Le iniziative del premier meriterebbero di essere sepolte sotto una grossa risata, ma sono un dramma per la dignità del Paese che lui è chiamato a rappresentare.

Le telecamere hanno captato il fuori onda dell’inatteso siparietto.

E, allora, di che cosa ha parlato Berlusconi con il presidente americano? Forse della crisi libica, dei tempi di una guerra che ci tocca da vicino? Proprio no. Il Cavaliere ha riproposto la sua ossessione giudiziaria: la “dittatura dei giudici di sinistra”, che intende cancellare con la sua riforma “epocale” della giustizia. Dunque, il capo del potere esecutivo attacca e denigra, al vertice tra i grandi della democrazia mondiale, il potere giudiziario, e presenta un’Italia in cui la democrazia è a rischio. Pare che, sul finire, il Cavaliere sia riuscito, con una battuta, a far sorridere l’aggrondata Angela Merkel. Come pubblico intrattenitore, in realtà, Berlusconi incontra. Il guaio è che fa il presidente del Consiglio. E che, in questa veste, gode all’estero di un impressionante discredito.

L’ennesima “bizzarria” (è un eufemismo) di Berlusconi dà il suggello a un voto amministrativo che ha gettato nel panico il centrodestra. Lui, il “grande comunicatore”, il “grande seduttore”, è in crisi. E’ stanco come è stanca la sua faccia, vecchio come vecchie sono le sue parole, gli slogan che ripete ossessivamente. L’estremismo è il capitolo principale della sua propaganda perché non ci può essere mai moderazione negli schemi della sua democrazia mediatica, personalistica e spettacolare. Ma questa volta la vecchia arma non paga. Come si può credere alle bugie su una Milano che si trasformerebbe, qualora vincesse Pisapia, in una zingaropoli, centro d’attrazione per rom, terroristi islamici, estremisti d’ogni tipo, froci, lesbiche, drogati? Una campagna grottesca, che offende anzitutto il buon senso. Berlusconi rappresenta una leadership incapace di ritrovare una rotta appena credibile. Paventa la sconfitta. E mette le mani avanti. Per salvarsi, adotta la vecchia pratica dello scaricabarile: se le cose non vanno bene, è colpa dei candidati che sono deboli e non tirano. Scava la sua trincea perché non ha alcuna intenzione di mollare. Ma così lascia allo sbando i suoi. Che si sentono indifesi nel caos politico e organizzativo dal quale il Pdl è attanagliato.

È chiaro che da lunedì sera nulla potrà più essere come prima. La Lega ha già intrapreso la sua marcia di smarcamento. Certo, la questione dei ministeri al Nord non ha nulla da spartire con l’idea di un buon federalismo. E, quando il ministro Calderoli minaccia lo sciopero fiscale per ottenerne il trasferimento, e chiede addirittura di portare il Quirinale a Milano, siamo alla provocazione bella e buona. In queste forzature, nell’affermazione che i lombardi devono sentirsi “rappresentati come entità autonoma”, c’è chi vede profilarsi di nuovo il fantasma della secessione. È più probabile, invece, che la Lega, al momento, si preoccupi soprattutto di parlare alla pancia del partito, di risollevare una base abbattuta dalla sconfitta inattesa, che ha subito al primo turno elettorale. Sta di fatto comunque che nel centrodestra gli scontenti si stanno organizzando e che la tenaglia si stringe intorno a una premiership sempre più imbalsamata. È difficile, però, avanzare previsioni; molte sono le varibabili di un processo che potrebbe essere lungo. Affrontiamo il voto con il massimo impegno, dunque. La ragione spinge all’ottimismo, ma la prudenza consiglia di restare vigili fino all’ultimo. Se si vuole la svolta, bisogna per prima cosa vincere.

http://www.libertaegiustizia.it/2011/05/27/le-comiche-finali/



Berlusconi: “Giustizia italiana è una patologia della democrazia. Devo spiegarlo all’estero”


Dopo le sue lamentele di ieri con il presidente Usa Obama a proposito della "dittatura dei giudici", il premier risponde in una conferenza stampa. E rilancia: "I giudici vogliono favorire la sinistra e l'informazione delegittima le istituzioni"

“Nuovo mondo, nuove idee”. La fida campeggia alle sue spalle, nella scenografia del G8 diDeauville. Ma il premier rispolvera le sue ossessioni: la giustizia e l’informazione parziale. Argomenti non nuovi, ma sempreverdi, tanto da essere portati in sede internazionale. “E’ mio preciso dovere istituzionale, ogni volta in cui incontro capi di Stato e di governo, informare sulla situazione in Italia” spiega Silvio Berlusconi in una conferenza stampa in conclusione del vertice. E’ la sua risposta alle critiche per “la conversazione informale”, come la definisce, avuta ieri con il presidente statunitense Barack Obama. Al G8 si sarebbe dovuto discutere di Libia, Siria, sicurezza nucleare, ma il premier ha trovato spazio per sfogarsi con il presidente Usa riguardo alla “dittatura dei giudici” presente in Italia. “Abbiamo presentato una riforma della giustizia che per noi è fondamentale – registrano la voce del Cavaliere le telecamere a circuito chiuso – perché in questo momento abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra” [Leggi la cronaca].

“Dalla stampa è stato riportato solo un frammento della mia conservazione con il presidente – spiega oggi il premier -, il ragionamento era più ampio e di giustizia si è parlato solo per tre minuti”. Sarebbe stato poco lo spazio dedicato alla “patologia della democrazia”, definizione della giustizia appena più limata rispetto a quella di “cancro”. Scopo della sua chiacchierata con Obama, riferisce, era quello di approfondire “vicende che potrebbero minare la credibilità di chi deve guidare il Paese”. Cioè le sue traversie giudiziarie. E così torna ad attaccare la magistratura. “Si è interferito nella vita politica italiana – spiega – creando crisi di governo e caduta di governi democraticamente eletti”. Di questo tipo la strategia messa in atto nei suoi confronti, “per favorire un mio avversario politico e la sinistra”, continua. Stavolta però il premier aggiunge un dettaglio a quella che lui stesso definì la “strategia eversiva dei pm”. “Mi vogliono aggredire anche sul piano patrimoniale”, denuncia.

In questa “situazione intollerabile”, un ruolo fondamentale è giocato dall’informazione. Che, secondo il premier, “delegittima le istituzioni” e molto spesso devia dalla verità. Proprio come nel caso della conversazione con il presidente Usa: un dovere, secondo il presidente, informare i colleghi all’estero dell’accanimento italiano contro di lui; una polemica gonfiata invece dalla stampa, ancora secondo il Cavaliere. “Una sua ossessione” è invece il commento del segretario generale del Pd, Pier Luigi Bersani, secondo cui il premier si trova “dentro un film” e intanto il Paese “è in caduta libera nella credibilità internazionale” e “sta andando con il pilota automatico da mesi e mesi”. “E’ molto grave che sia accaduto all’estero – dichiarava ieri Luca Palamara, presidente dell’associazione nazionale magistrati – e che una fondamentale istituzione dello Stato venga denigrata anche agli occhi di uno dei più potenti capi di Stato al mondo”. Impossibile invece per Berlusconi non accorgersi del fatto che ormai “sono venuti meno quei bilanciamenti previsti dalla Costituzione”, e così i magistrati responsabili di persecuzioni, come quella nei suoi confronti, “non sono mai stati riconosciuti colpevoli”. “E’ assurdo – aggiunge il premier rivolto ai cronisti – che voi giornalisti non vi scandalizziate quando avete avuto la prova, per 24 volte, che le accuse nei miei confronti erano infondate”. Anzi, aggiunge: “Vergognatevi”. E promette di non lasciare la politica “fino a quando non ci sarà una giustizia giusta”.