venerdì 3 giugno 2011

Cina senz’acqua: la siccità mette a rischio la crescita economica.



La Cina rischia di rimanere completamente a secco. Quanto meno nelle province bagnate dallo Yangtze, dove le autorità stanno cercanto di trovare un modo per contrastare quella che sta per trasformarsi nellapeggiore siccità da più di cinquant’anni. Persino il lago Poyang, uno dei più grandi bacini d’acqua dolce della Repubblica popolare, si è quasiprosciugato, rendendo impossibile il transito delle navi da carico. Dal 2000 ad oggi Pechino ha visto scomparire 35 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, un crollo che ha avuto un impatto devastante non solo sulla pesca, sull’agricoltura -oltre un milione di ettari di terreno in sette province della Cina centrale sono rimaste a secco- e sulla vita quotidiana dei cinesi, ma anche sull’industria, che soffre il calo della produzione dienergia elettrica. Persino la Diga delle Tre Gole, per colpa della siccità, ha visto il proprio output energetico ridursi del 20%. E c’è chi è convito che presto diventeranno necessari i razionamenti.

Ad attenuare le devastanti conseguenze del riscaldamento globale e di una crescita esagerata dell’economia, sommate a una condizione pregressa di scarsità d’acqua cronica, non sono bastati i 4.000 razzi a ioduro d’argento che Pechino ha deciso di sparare per favorire la formazione di nubi capaci di produrre pioggia lungo il corso dello Yangtze. E ora il grande fiume cinese è diventato impraticabile in moltissimi punti, rendendo molto più complicata la distribuzione di merci e carburante nel paese, visto che su questa arteria sono sempre state trasportate almeno cento miliardi di tonnellate di merci all’anno.

Per evitare di perdere del tutto il controllo della situazione, il governo ha deciso di provare a far salire il livello del fiume rilasciando enormi quantità d’acqua proprio dalla Diga delle Tre Gole, ma più passa il tempo più risulta evidente che non basteranno interventi di emergenza a risolvere un problema fin troppo complesso. E’ infatti difficile trascurare che sullo Yangtze sono state costruite più di cento dighe, i cui serbatoi devono essere riempiti togliendo acqua al fiume. Contemporaneamente, sembra poco realistico immaginare che la Cina riesca a limitare l’uso dell’acqua puntando su fonti energetiche alternative e migliorando l’efficienza della rete di distribuzione delle risorse idriche nei centri urbani. Anche se, lamentano gli abitanti dei villaggi che circondano il lago Poyang, una buona parte dell’acqua cinese viene sprecata a causa della scarsa manutenzione degli impianti che alimentano le dighe o portano l’acqua ai villaggi più che alle città.

Chi ha perso i raccolti ormai non sa più che fare, anche perché da febbraio ad oggi ha piovuto solo una volta e secondo le previsioni per nuovi rovesci bisognerà aspettare la fine dell’anno. Il governo la settimana scorsa ha ammesso che il completamento della Diga delle Tre Gole ha compromesso l’equilibrio idrico e ambientale della zona, ma il punto è che gli effetti di questo disastro ecologico senza precedenti iniziano a farsi sentire anche nelle metropoli. A Shanghai, ad esempio, nei due serbatoi di acqua dolce più importanti è entrata acqua salata, un fenomeno che, in genere, si verifica nella stagione secca, in invernno o primavera, mai all’inizio dell’estate. E anche in virtù di una riduzione delle precipitazioni del 50% da gennaio a maggio le Nazioni Unite hanno deciso di inserire la metropoli tra le sei città al mondo più a corto di acqua.

Le infiltrazioni di acqua salata sono costose da gestire più che pericolose perché rendono necessario un doppio trattamento dell’acqua per farla tornare potabile, e la Cina non può certo permettersi di vedere salire alle stelle i costi di gestione delle riserve idriche in un momento in cui camion carichi di rifornimenti straordinari continuano a spostarsi da un punto all’altro del paese per rimediare a una situazione che si fa ogni giorno più preoccupante. Senza dimenticare che razionamenti e difficoltà nei trasporti potrebbero comportare una pericolosa battuta d’arresto per l’economia del gigante asiatico.

giovedì 2 giugno 2011

Pm Paci: ''Vero pericolo non minacce ma delegittimazioni''

paci-gaetano-web.jpgPalermo. «Le minacce della mafia non mi fanno paura anzi sono assolutamente 'messe in contò quando scegli di fare questo lavoro.


A fare paura sono piuttosto le delegittimazioni da parte di alcuni rappresentanti delle istituzioni, queste sì che possono fare davvero male». Lo ha detto il sostituto procuratore di Palermo Gaetano Paci ai ragazzi dell'Istituto nautico di Palermo, dove ha preso oggi il via il progetto «Veleggiare nella legalità», promosso dall'Istituto tecnico nautico Gioeni - Trabia in collaborazione con il Centro studi Pio La Torre. All'incontro ha partecipato il magistrato, che si è intrattenuto con gli studenti rispondendo alle loro domande e curiosità, in un ambiente informale, utilizzando un linguaggio facilmente comprensibile per i ragazzi. Il progetto Veleggiare nella Legalità, che l'Istituto Nautico di Palermo porta avanti in gemellaggio con l'Istituto nautico di Trieste, proseguirà con altri incontri e dibattiti che vedranno coinvolti rappresentanti della lotta all'illegalità in diversi ambiti.



"Quei tre sono malati di gioco ma in A scommettono in tanti". - di CORRADO ZUNINO


Doni, Bettarini e Signori travolti dall'inchiesta di Cremona ma sarebbero solo la punta di un fenomeno molto più vasto. "La scommessa come fondo nero per fare il regalo all'amante..."

"Quei tre sono malati di gioco ma in A scommettono in tanti"
ROMA - Da cinquant'anni è nel calcio professionistico, con ruoli diversi. Da tempo ha scelto di collaborare con le procure italiane e raccontare il calcio sporco che gira intorno. L'abbiamo incontrato nelle Marche, area calda del nuovo scandalo del calcioscommesse, zona di calciatori biscazzieri e ricevitorie senza controllo. Dal 2006, l'anno di Calciopoli, segnalava il ritorno della scommessa taroccata sui campionati italiani, dalla serie A alla Lega Pro. "Evviva le procure", dice adesso, stanco, "dipendesse dalla Federcalcio italiana queste storie immonde non uscirebbero mai".
Ce li aveva indicati, in quell'incontro in un ristorante in collina: Doni, Bettarini, Sommese. "Il calcio sapeva che erano tornati a giocare. Tutti e tre sono stati coinvolti, e giudicati colpevoli, in scandali precedenti. Doni per Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia, il 2001, chiamò anche i cugini di terzo grado a scommettere sul pareggio. Bettarini e Sommese sono venuti fuori nell'inchiesta del 2004. Pene ridicole per calciatori al tramonto, chiusa l'attività sono tornati a fare quello che hanno sempre fatto. Sono malati di gioco. E Bettarini è diventato il centro del nuovo sistema".
Quei tre giocatori infedeli, ci segnalò nell'ultimo incontro, poi ne indicò altri sette. "Parlo solo di quelli che conosco in presa diretta, ma le partite vendute dai calciatori italiani sono diffuse dal Nord al Sud, dai professionisti alla Terza categoria. Dovete sapere che Bettarini aveva il suo centro scommesse in
largo Como, nel centro di Milano. E non era certo da solo. Bettarini, certo, era l'organizzatore, l'uomo che dava le indicazioni all'associazione: partite da addomesticare, risultato finale, giocatori su cui fare pressioni. Ma viaggiava sempre di scorta a un calciatore più famoso di lui, il centravanti degli anni '90, ogni anno una casacca diversa. Sono inseparabili: scommettono su tutto. Vedono un'auto passare in largo Como e uno dice all'altro: "Cento euro che la targa è dispari?". Così, scommesse a ruota libera, per dare un senso alla vita".

Il racconto del dirigente di lungo corso segnala una squadra intera di calciatori scommettitori, gran parte in attività. C'è il prolifico attaccante del Nord-Est. Il vecchio centravanti a cui il fisico appesantito non concede più le prestazioni che l'hanno portato alla nazionale. Spesso i taroccatori sono attaccanti, "un ruolo sensibile, che può cambiarti la partita". E spesso le scommesse si fermano al primo tempo delle gare: la conformazione delle scommesse, la loro ampiezza, oggi facilità i brogli. "Chievo-Bologna di quest'anno grida ancora vendetta". Nel mazzo degli atleti citati c'è il ragazzo che si è ritirato a soli 28 anni, centrocampista del Frosinone, e quello dell'Albinoleffe, stretto amico di Bettarini. "I calciatori sono la parte peggiore del calcio. Quelli in attività scommettono perché hanno gli ingaggi blindati dalla famiglia, spesso dalle fidanzate, e allora hanno bisogno dei diecimila euro per fare il regalo all'amante. Scommettono nei ritiri, al computer. Scommettono il sabato sulle partite che giocheranno il giorno dopo. E questa non è un'abitudine solo dei calciatori". E di chi altri? "Nel nuovo giro ci sono allenatori, procuratori, presidenti del calcio. Sì, alcuni presidenti scommettono: a loro serve per sistemare i bilanci".

Al capezzale di Papi Silvio per salvare l’impero. - di Sara Nicoli.



Salvare le aziende. Anche ieri sera a cena a Palazzo Grazioli, Papi Silvio ha parlato di questo con quattro dei suoi cinque rampolli (Piersilvio, Marina, Luigi e Barbara, Eleonora è rimasta in America). Il Cavaliere non è come Bossi, ma ha anche lui un discreto fiuto politico, soprattutto quando si tratta della salvaguardia dei gioielli di famiglia e quello che è apparso subito chiaro dai numeri emersi dalle urne di Milano, è che adesso per lui non sarà solo difficile tenere in piedi il governo, ma soprattutto salvaguardare il patrimonio di famiglia.

L’attesa sentenza sul Lodo Mondadori, che dovrebbe arrivare tra la metà e la fine di giugno, è solo la punta dell’iceberg di quelli che sono i reali problemi sul futuro delle imprese della real casa del Biscione. Il primo aspetto riguarda la costante dissipazione dell’immagine internazionale del Cavaliere, dovuta più che altro agli scandali riportati dalla stampa estera con lo stupore che si prova quando un uomo politico così compromesso resta aggrappato alla poltrona anzichè dimettersi. Berlusconi, dimostrandosi un piccolo despota disposto a tutto pur di mantenere il potere, ha finito con il farsi il vuoto attorno; l’immagine di un Obama imbarazzato mentre lui tenta di trovare scuse, come un discolo qualsiasi, sui suoi guai con la giustizia, è stata la pietra tombale della sua credibilità. Il guaio è che il Cavaliere ha costruito la sua fortuna economica anche con lo sfruttamento dei rapporti politici internazionali ottenuti attraverso gli incarichi istituzionali. Qualche nome per tutti: Putin, Gheddafi (finchè è durato), ma anche Sarcozy. Accanto, ormai, gli è rimasto solo Putin e forse non per molto ancora. In prospettiva, dunque, c’è da mettere un discreto abbattimento delle potenzialità economiche internazionali, sia quelle in essere che quelle, ovviamente, possibili e future. Un conto è trattare da presidente del Consiglio, un conto come semplice imprenditore.

L’altro aspetto riguarda il futuro delle sue televisioni. Mediaset e Fininvest sono gravate da forti debiti con le banche, Sky è ormai una realtà ineludibile del panorama televisivo (nonostante gli sforzi fatti da Romani per boicottarne la crescita) e ora si rincorrono le voci secondo cui De Benedetti potrebbe usare il denaro del multone Mondadori (forse “solo” 500 milioni di euro anzichè 750) per comprare La7 da Telecom e farne l’arma letale mediatica proprio contro il nemico Silvio.

E, ancora, i guai di famiglia, con la moglie Veronica che ancora aspetta la decisione definitiva del tribunale sul suo – s’immagina- più che congruo vitalizio e il Milan. Che sì, ha vinto lo scudetto, ma non è servito a riempire le urne di Milano. Insomma, tutto sembra congiurare contro il Cavaliere. E i figli sono preoccupati. Intanto: secondo i calcoli della vera manager di famiglia, la figlia Marina, il danno economico derivante dal multone Mondadori costringerà a ridimensionare – almeno per un po’ – l’impero Mediaset; sono previsti possibili tagli al personale per le produzioni interne mentre non verrebbe toccata Endemol, che continua ad essere una gallina dalle uova d’oro. I tagli potrebbero invece riguardare proprio Mondadori ed Einaudi che potrebbe essere messa in vendita per ripianare almeno una parte del buco. E, comunque, forse non basterebbe neppure.

Insomma, tempi duri all’orizzonte che hanno convinto il Cavaliere a tentare, comunque, di blindare le prossime nomine Rai per non incorrere nel problema (in caso di un’accelerazione ulteriore della crisi del sistema) di trovarsi pure la tv pubblica contro. Prima di partire per Bucarest, Berlusconi avrebbe visto a cena alcuni consiglieri d’amministrazione Rai (Rositani, Gorla, Verro) per raccomandare la massima coesione su quanto proporrà il neo dg Lorenza Lei, ovvero nomine che vanno da Susanna Petruni al Tg2 al fedelissimo Carlo Nardello al personale. Insomma, il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Detto questo, la famiglia resta in grande apprensione, soprattutto sul fronte degli affari televisivi. In caso di acquisto de La7 da parte di De Benedetti (o di una società da lui partecipata) si dovrebbero mettere in campo dei seri sbarramenti per tutelare la torta pubblicitaria che oggi fagocita da sola Mediaset e che si troverebbe, inevitabilmente, sotto tiro. E un conto è essere a capo del governo, un altro essere solo un concorrente sul mercato. Su questo ha messo l’accento la figlia Marina, altro che invito alle dimissioni, al ritiro a vita privata; il Caimano dovrà restare sul campo fino a consunzione; quando c’è di mezzo la cassaforte di famiglia, ogni sacrifico è lecito.



I Giovani della Lega mollano Berlusconi. - di Lorenzo De Cicco


Lorenzo De CiccoMentre i leader del Carroccio, almeno formalmente, rimangono fedeli al presidente del Consiglio, l’universo dei Giovani padani, il movimento giovanile della Lega Nord, è in subbuglio. Per molti seguaci di Renzo Bossi la sconfitta di Milano è stata l’ennesima prova che l’alleanza con Berlusconi è giunta al capolinea. Per rendersi conto di cosa bolle in pentola, basta farsi un giro sul forum ufficioso* dell’organizzazione. “Abbandonare Berlusconi è vitale per noi leghisti”, scrive Alsesto22, che ammette: “Molti di noi non sono andati a votare perchè ormai hanno le scatole piene di Scilipoti, Berlusconi e compagnia cantante. La Moratti ha perso perchè contro di lei vi è stato un voto di protesta contro Berlusconi”. La “favoletta dei ministeri a Milano” da queste parti non ha convinto nessuno: “La Lega deve abbandonare questa alleanza. Credo che il Bossi di dieci anni fa non avrebbe avuto nessun dubbio a lasciare Berlusconi”.

Qualcuno che difende il premier c’è, ma più per opportunismo che per convinzione. “Dividere il centrodestra mentre la sinistra si sta unendo in un gozzoviglio non è una cosa saggia”, scrive Quasarnova, che però poi aggiunge: “Io sono il primo che spero che Berlusconi vada fuori dalle palle anche perché fa prendere voti alla sinistra e smerda la destra”.

L’insoddisfazione della base nasce da lontano. La batosta rimediata nel capoluogo meneghino ha solo rigirato il dito nella piaga. Già prima dell’elezione, sul forum del Mgp figuravano appelli espliciti: “Non votate la Moratti”, o “Chi è leghista davvero vota Pisapia”. Mentre subito dopo il voto gli applausi sono tutti per Matteo Salvini, l’unico dirigente che ha criticato apertamente il Pdl. E spuntano fuori vecchi rancori: “Il Ministero dell’Agricoltura ci spettava per diritto. Ma Berlusconi ha preferito accontentare i furbetti”.

Secondo molti militanti la via per uscire dal pantano è quella “di fare riforme condivise, cosa impossibile finché esisterà Berlusconi”. “Ma non sarà ora che il popolo di centrodestra capisca che si può fare anche a meno di Berlusconi? – scrive un altro utente – Può mai da un solo uomo dipendere il destino di una nazione intera?”.

Il segnale per far capire ai leader nazionali del partito che la strategia deve cambiare può essere il referendum del 12 e 13 giugno. “Io vado a votare fosse l’ultima cosa che faccio nella vita – scrive Albertos – Se Berlusconi e Bossi vogliono farmi una centrale sotto casa me lo devono chiedere. Non siamo i loro sudditi”. “Sarebbe giusto che la Lega dia un segno stavolta – scrive un altro visitatore – L’aria è cambiata e se non vuole proprio affondare del tutto con B, si deve schierare da qualche parte”.




2 giugno, Berlusconi tra i fischi. Presenti 80 delegazioni diplomatiche del mondo.


Nel 150esimo dell'Unità d'Italia, la Capitale diventa punto d'incontro delle diplomazie mondiali. In programma oggi, insieme alle tradizionali cerimonie, incontri trilaterali tra il premier e alcuni capi di Stato. Accoglienza tra gli applausi per Napolitano, arrivano i fischi della folla per Berlusconi. In una città blindata

Nel 150esimo dell’Unità d’Italia, la Festa della Repubblica si fa più internazionale che mai. Le delegazioni diplomatiche di 80 Paesi sono volate in una Roma blindata, guidate da diversi capi di Stato. Almeno 40, tra cui il presidente russoDmitrij Medvedev, quello israeliano Shimon Peres, quello dell’Autorità nazionale palestineseAbu Mazen, re Juan Carlos di Spagna e il segretario di Stato delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. In rappresentanza degli Stati Uniti partecipa il vicepresidente Joe Biden. Accolto tra moltissimi applausi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mentre alcuni fischi hanno raggiunto il premier Silvio Berlusconi. Per la prima volta alle celebrazioni partecipa anche il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.

Accanto ai tradizionali festeggiamenti – come la deposizione della corona d’alloro sulla tomba del Milite ignoto, all’Altare della Patria, e la parata militare ai Fori imperiali – il presidente del Consiglio,Silvio Berlusconi, ha in programma una serie di incontri. Prima un trilaterale con Medvedev e Biden, seguito subito dopo da quello con il presidente dell’Unione europea, Herman VanRompuy, e quello afgano Hamid Karzai. Che intanto ha parlato fitto il vicepresidente Usa, seduto accanto a lui, poco prima dell’inizio delle celebrazioni. Domani per Berlusconi appuntamento con il presidente dell’Anp Abu Mazen. Chiusura con il gran galà al Quirinale: un’affollata cena e un concerto, omaggio del presidente della Repubblica alle delegazioni. E proprio GiorgioNapolitano aveva già incontrato ieri la presidente dell’Argentina, Cristina Kirchner, il segretario dell’Onu Ban Ki-moon e il vicepresidente cinese Xi Jinping, oltre a Biden e Medvedev.

I media israeliani non escludono oggi neanche un incontro a tre fra il rappresentante statunitense Biden e i presidenti di Israele e Anp, a margine delle celebrazioni del 2 giugno. Prima della partenza per Roma, Peres si era detto “pronto” a incontrare e a “stringere la mano come sempre” ad Abu Mazen. Che è stato definito dal collega “un partner per la pace” e “un interlocutore credibile”. Una linea più morbida, scelta da Peres, rispetto a quella del premier israelianoBenjamin Netanyahu.

Per l’evento, comunque, la città è blindata. Alla massiccia presenza internazionale corrisponde un dispiegamento di forze dell’ordine. Con più di 2mila tra soldati e agenti, tiratori scelti sui tetti e forze speciali. Vietato sorvolare la Capitale dall’alba fino alle 22 di stasera, mentre per l’accesso al pubblico all’area della celebrazione sono stati previsti due varchi, uno in piazza Venezia e l’altro in piazza del Colosseo. Già ieri, Roma era sotto controllo, con la bonifica delle sedi dove alloggiano le delegazioni e servizi di scorta per i loro spostamenti.



Berlusconi ''rimprovera'' la scrutatrice.



Pretendere che tutti gli sorridano e gli stringano la mano, non è da clima dittatoriale?