sabato 4 giugno 2011

Alfano segretario: il regolamento del PdL lo vieta. Come faranno?



Berlusconi vuole promuovere Alfano coordinatore del Pdl, ma lo statuto del partito non lo permette. Per modificarlo ha bisogno di riunire almeno due terzi di tutti gli esponenti locali e nazionali del Pdl. La promozione politica del nuovo "delfino" berlusconiano risulta più difficile del previsto.

In molti nel Popolo della Libertà - dai vertici alla base - chiedono più democrazia interna. Insomma, esigono una svolta, dopo l'ultima catastrofe elettorale. Il Presidente del Consiglio risponde convocando in fretta e furia un "ufficio di presidenza", ed imponendo ai presenti la figura di Angelino Alfano, che lascerà il Ministero della Giustizia per diventare "segretario nazionale" del Pdl. Una nomina avvenuta "per acclamazione", "all'unanimità", "senza nessun intervento dissonante", ha spiegato orgoglioso il Premier. Per dirla in sintesi: ha deciso lui, e della democrazia interna, chi cacchio se ne fotte.

Ma il bello deve ancora venire. La figura di "segretario nazionale", all'interno del Pdl, non esiste mica. Lo statuto non la prevede affatto. I probiviri l'hanno cercata per giorni, all'interno delle pieghe del regolamento, ma niente. Per poterla istituire, e permettere ad Alfano di sverniciare il triumvirato composto da Verdini, La Russa e Bondi, bisogna convocare niente popo di meno che il "consiglio nazionale" del Partito. E seguire tutte le procedure del caso. Così ne raccontano su Italia Oggi:

Il "consiglio nazionale" del Pdl, a memoria, non pare essere mai stato riunito. Il sito internet del partito non ne dà notizia alcuna. Non ne elenca i componenti. Lo statuto prevede che ne facciano parte parlamentari nazionali ed europei, coordinatori regionali, provinciali, di capoluoghi, membri del governo, consiglieri regionali, capigruppo e vicecapigruppo nei consigli provinciali e nei maggiori comuni, e molti altri ancora. Sono parecchie centinaia di membri: quindi, un organismo impossibilitato ad agire e a dibattere. Al consiglio nazionale compete, fra un congresso e l'altro (ma quando mai si terrà il secondo congresso del Pdl, che sarebbe poi il primo vero?), modificare lo statuto. Viene la curiosità di sapere se avrà il numero legale per decidere, posto che occorre «il voto favorevole di 2/3 degli aventi diritto al voto». Sarà arduo riuscire ad avere presenti i 2/3 dei consiglieri, ammettendo che poi si esprimano all'unanimità.

Insomma, altroché "congratulazioni, Angelino!", piazzare il Ministro della Giustizia al vertice del Pdl potrebbe essere più difficile del previsto. Una bella grana. In ogni caso statene certi, ci sarà da divertirsi: nuovo lodo Alfano, autocertificazione congressuale, applauso breve, legittimo scavalcamento, quale improbabile cavillo caccerà stavolta il Premier, per sanare le trasgressioni alle regole che egli stesso si è dato?

http://www.agoravox.it/Alfano-segretario-il-regolamento.html

Quel bacio dimenticato tra Alfano e il boss.



Alla festa per il matrimonio della figlia di uno dei boss più in vista della provincia agrigentina l’ospite d’onore si fa largo tra gli altri invitati per abbracciare e baciare il padre della sposa. È un giovane avvocato venticinquenne, astro nascente della politica siciliana. Si chiama Angelino Alfano e diventerà in pochi anni ministro della Giustizia. Ma oggi che Berlusconi lo vorrebbe incoronare suo vice nessuno lo ricorda.

«Il padre di Angelino Alfano mi ha chiesto voti per il figlio». A parlare, Giovanni Alongi, boss della famiglia mafiosa di Aragona. Almeno secondo il racconto di Ignazio Gagliardo, un pentito di mafia di Agrigento. Il 12 marzo 2009 i pm di Palermo lo interrogano nell’ambito della nuova inchiesta per mafia sull’ex governatore siciliano Tòtò Cuffaro, oggi in carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Il pentito racconta, e fa i nomi. Anche nomi eccellenti che i pm non si aspettavano di dovere ascoltare. Parla anche del Ministro della Giustizia in carica, che oggi Berlusconi vorrebbe promuovere segretario del suo partito. In carcere era un giorno qualunque, uguale a tutti gli altri. I boss, nelle loro celle, giravano i canali del televisore, finché vennero tutti sopresi dalle stesse immagini. E soprattutto dalle stesse parole. Davanti ai loro occhi il nuovo Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parlava di mafia e antimafia con i suoi soliti ritornelli retorici che chiunque lo abbia sentito parlare almeno una volta conosce a memoria: “Un tempo bisognava dire di essere antimafiosi, oggi bisogna esserselo con i fatti”, “Giovanni Falcone è l’eroe e l’esempio cui ci dobbiamo ispirare” perché la mafia, com’è noto, “fa schifo”. I boss, abituati dal governo Prodi a un ministro della Giustizia che con i mafiosi prima fa il testimone di nozze e poi tratta, come dimostrano le intercettazioni pubblicate da AgoraVox, tramite i suoi collaboratori al Ministero, non ci stanno. E quando s’incontrano per l’ora d’aria, esprimono tutto il loro risentimento per la presa di distanza del nuovo Ministro. «È un pezzo di merda», dicono. «Ora facciamo schifo ma non lo facevamo prima, quando ci chiedevano voti». Finché a sua difesa non interviene Alongi. «A questo putno – racconta Gagliardo – Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: “Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino. Anche il padre di Alfano era un politico”». Queste dichiarazioni non sono mai state riscontrate in un processo, e al momento Alfano non risulta nemmeno indagato. Ma questo racconto nelle innumerevoli biografie giornalistiche del nuovo “delfino” berlusconiano che i quotidiani stanno pubblicando in questi giorni è del tutto scomparso. Meglio ripiegare su più accomodanti agiografie come quelle stilate dal Giornale (“Angelino, il primo della classe che ha bruciato tutte le tappe”) o dal quotidiano indipendente La Stampa: “Sposo ideale, figlio ideale, genero ideale, e poi deputato ideale, alleato ideale, avversario ideale fino a ministro e segretario ideale. C’è qualcuno a cui non piaccia Angelino Alfano?” E giù una lenzuolata di motivi per cui Alfano “piace” (perché ha “il piglio”, perché ha fascino, “perché non esibisce il vizio e di conseguenza non è tenuto a esibire la virtù”, perché “si mantiene in forma”, perché piace e basta). Poi, a sorpresa, l’agiografo morde: “Se poi qualcuno insinua, ché la mano sbagliata capita sempre di stringerla, si addolora virilmente”. Di quali mani si stia parlando ai lettori della Stampa non è dato sapere, così come a tutti gli altri lettori di giornali. Eppure una mano sbagliata, di quelle da cui a tutti i costi bisognerebbe stare lontani, Alfano l’ha stretta. È la mano del capomafia di Palma di Montechiaro, Croce Napoli, morto ormai da dieci anni. O meglio, la guancia. Perché il boss Alfano l’ha anche baciato. E stavolta non c’entra il racconto de relato di un mafioso in carcere: a inchiodare il ministro c’è un filmato. Era l’estate del 1996, l’anno in cui il neo-delfino del Cavaliere ottenne quasi novemila voti alle regionali, risultando il primo dei non eletti. Si sposava la figlia del boss e Alfano era l’ospite d’onore. In una videocassetta del matrimonio lo si vede baciare il padre della sposa. Dopo il taglio della torta, Alfano si fa avanti con in mano il suo regalo di nozze, tra i saluti ossequiosi dei presenti, verso gli sposi. Prima bacia loro, poi abbraccia e bacia il capomafia padre della sposa. Tutto filmato e documentato. Interpellato sui fatti, Alfano prima negò tutto, dicendo di non ricordare e minacciando i giornalisti («attenti a pubblicare notizie del genere»). Poi, dopo ventiquattro ore, uscita la notizia, recuperò la memoria: «Adesso ricordo, (…) ricordo di esserci stato, ma su invito dello sposo e non della sposa». Racconta che non conosceva la sposa e «men che meno suo padre» della cui identità «non conoscevo nemmeno l’esistenza». Dunque «non ho nulla di cui giustificarmi», e via con il solito copione del ragazzo antimafioso «dai tempi del liceo». Certo, il racconto di un pentito non dimostra affatto una collusione mafiosa tra Alfano e Cosa nostra, né tantomeno un bacio dato a un boss forse per caso. Ma dell’opportunità di ricoprire le cariche di Ministro della Giustizia e a breve di segretario del primo partito del Paese (se Berlusconi riuscirà ad aggirarne i regolamenti) alla luce di queste storie occorrerebbe quantomeno discutere. Ma per poterne discutere, prima, bisognerebbe raccontare i fatti.

http://www.agoravox.it/Quel-bacio-dimenticato-tra-Alfano.html

I giovani siciliani si sono rotti Parte la rivolta delle forchette spezzate.


Dopo la spedizione di un migliaio di buste anonime ad esponenti della classe dirigente siciliana, nasce ufficialmente il movimento delle Forchette Rotte: "I giovani siciliani si sono rotti. Col nostro futuro non ci mangia piu’ nessuno”. Altri due blitz via mail a deputati regionali e rettori universitari per protestare contro la legge 104 e le parentopoli negli atenei isolani. I rivoluzionari delle forchette spezzate inoltre lanciano l'appuntamento per il 25 giugno a Palermo.


di Giuseppe Pipitone

Tutto è iniziato con un migliaio di buste chiuse recapitate due giorni fa a politici, amministratori comunali, industriali, rappresentanti degli ordini professionali, sindacalisti, docenti e amministratori universitari siciliani. Il mittente era anonimo. Ma non si trattava di una minaccia di massa alla classe dirigente siciliana. O meglio non di una minaccia di stampo mafioso o criminale (in quel caso si potrebbe anche parlare di un auto minaccia). Dentro le buste infatti non c’erano pallottole. E neanche disegni di croci o bare. Contenevano invece forchette di plastica spezzate. Sissignori. Una forchetta spezzata per ogni destinatario. Insieme alla posata di plastica anche un’anonima cartolina con scritto ”I giovani siciliani si sono rotti. Col nostro futuro non ci mangia piu’ nessuno”. Allegato al messaggio un non meglio precisato appuntamento per il 25 giugno a Palermo.

Così è partita in Sicilia la rivoluzione delle forchette spezzate. Anzi, come si definiscono loro, la rivoluzione delle “forchette rotte”. Neanche il tempo di metabolizzare lo storico atto di ribellione giovanile che le forchette rotte sono tornate nuovamente all’attacco. Con due rapidi blitz via mail. Il primo messaggio di posta elettronica è stato inviato ai 90 deputati regionali dell’isola: “In Sicilia succede che i laureati con 110 e lode – scrivono le “forchette rotte” – a 40 anni sono ancora disoccupati e alla Regione, grazie alla legge 104 in salsa siciliana, a 40 anni si è già super pensionati. Diciamo basta“. In pratica il movimento giovanile chiede l’immediata cancellazione della legge che consente di andare in pensione anticipata e di cui in Sicilia si è fatto un ampio utilizzo negli ultimi anni.

Subito dopo il messaggio ai consiglieri regionali il movimento ha inoltrato – proprio poche ore fa - un’altra mail, questa volta indirizzata ai rettori delle università dell’isola: Roberto Lagalla che guida l’ateneo di Palermo, Salvo Andò a capo di quello di Enna, Antonio Recca rettore dell’unversità di Catania e Francesco Tomasello a Messina. “I parenti salgono in cattedra e diventano docenti e i talenti prendono la valigia e diventano migranti – recita la cartolina telematica del movimento - A questo modello universitario diciamo basta e ai vertici dell’università siciliana diciamo che ci siamo rotti e che col nostro futuro non ci mangia più nessuno”. Alla fine del j’accuse nei confronti dei baroni dell’università isolana, le “forchette rotte” hanno nuovamente lanciato l’appuntamento nel capoluogo siciliano sempre per il 25 giugno.

Nel frattempo è nata anche la pagina su Facebook del movimento che in pochissime ore ha superato quota 500 amici. Sulla bacheca il movimento scrive di essere in attesa delle risposte dei politici, che verranno pubblicate sul social network: “Questione di trasparenza” ammettono. Nel frattempo è già stata anticipata una nuova spedizione per domani.

In attesa di capirci qualcosa il 25 giugno sembra proprio che in Sicilia stia nascendo qualcosa di nuovo e dal sapore storico. Quei giovani costretti a vendersi ai potenti di turno per vivere stanno finalmente cercando di alzare la testa. Le forchette con cui si sono mangiati il loro futuro si sono spezzate. Anzi, rotte.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=371


Il governo ricorre alla Consulta "Referendum inammissibile".


L'avvocatura dello Stato ha ricevuto il mandato di intervenire all'udienza della Corte Costituzionale sul nucleare con l'intento di bloccare la consultazione. Martedì la decisione.


di SILVIO BUZZANCA
ROMA - Silvio Berlusconi con una mano giura di voler rispettare il verdetto popolare sui referendum, soprattutto quello sul nucleare. Ma con l'altra lavora ancora al "sabotaggio" del quesito. Il governo, infatti, il primo giugno, con una lettera firmata da Gianni Letta, ha chiesto all'Avvocatura generale dello Stato, di "intervenire" all'udienza della Corte costituzionale sull'ammissibilità del nuovo quesito sul nucleare dopo il via libera dato dall'Ufficio per il referendum della Cassazione. Con il mandato chiarissimo di "evidenziare l'inammissibilità della consultazione".

Dunque gli avvocati dello Stato martedì chiederanno che ai cittadini sia impedito di votare sul nucleare. Mentre il premier giura in tv che "i referendum sono inutili e fuorvianti", ma che "il governo si rimetterà alla volontà dei cittadini; l'esito del referendum non ha nulla a che vedere con il governo: se i cittadini non vorranno il nucleare, il governo ne prenderà atto". "Inutili?", chiede Pierluigi Bersani: "Credo - dice - che quello del referendum sia un voto utilissimo". Gli avvocati nella loro memoria di fatto sollevano anche un conflitto di attribuzione "mascherato" su chi debba "verificare la permanenza dell'originaria intenzione del legislatore". E sostengono che il potere non spetta alla Cassazione. Nel merito, i legali di Palazzo Chigi spiegheranno ai giudici che non si deve andare a votare perchè il referendum avrebbe a questo punto "un oggetto del tutto difforme
rispetto al quesito in base al quale sono state raccolte le firme". Il quesito inoltre sarebbe inammissibile perché non sarebbe di tipo abrogativo, ma consultivo o propositivo.

Insomma il governo questo referendum non lo vuole proprio celebrare. E a Palazzo Chigi sperano ancora di potere ribaltare l'esito di una battaglia che al momento li vede perdenti. Lo rivela l'interesse con cui segue la vicenda il ministro Paolo Romani e quello che dice: "Ritengo che la Cassazione abbia riproposto un quesito referendario che non è stato sottoscritto da coloro che hanno chiesto di fare il referendum, quindi per dare un giudizio: aspetto la sentenza della Consulta". La questione si fa ancora più complessa alla luce delle motivazioni dell'Ufficio per il referendum che sono state rese note ieri. Intanto c'è da notare che il relatore non ha scritto la sentenza: segno di grande divisione fra i giudici. Che hanno constato, a maggioranza, che nelle nuove norme c'è una "manifesta contraddizione con le dichiarate abrogazioni" e si "dà luogo a una flessibile politica dell'energia che include e non esclude anche nei tempi più prossimi la produzione a mezzo di energia nucleare". Per i giudici il famoso comma 1 dell'articolo 5 "apre nell'immediato al nucleare (solo apparentemente cancellato". La sentenza appare molto "politica" e potrebbe prestare il fianco a qualche critica da parte dei giudici costituzionali, lasciando sul tappeto qualche dubbio sulla decisione della Consulta. Consulta che proprio lunedì eleggerà Alfonso Quaranta, che piace al centrodestra, nuovo presidente.



EUGENIO SCALFARI ''I sì ai referendum, un colpo da ko per il Cavaliere''




Referendum, la città si mobilita. Il lungo weekend dei 4 Sì /BLOG


Da Villa Giulia carovana fino a Mondello e ritorna in centro. I volontari batteranno le vie dello shopping per sensibilizzare i cittadini e invitarli ad andare alle urne il 13 e 14 giungo. Presidio continuo davanti al Massimo. Anche gli studenti scendono in campo, i fuorisede chiedono di potere votare a Palermo.


di CRISTOFORO SPINELLA

Una scacchiera umana davanti al Massimo per rovesciare lo spot "ingannevole" del Forum nucleare italiano. È partito ieri pomeriggio con lo "scacco matto al nucleare" il weekend caldo dei comitati referendari, che tra oggi e domani organizzeranno eventi in tutta la città e in provincia per promuovere i quattro sì al voto del 12 e 13 giugno prossimi.

BLOG L'astensionismo? Buttiamolo a mare


A poco più di una settimana dalla consultazione su acqua, nucleare e legittimo impedimento, si moltiplicano volantinaggi e porta a porta per cercare di convincere i siciliani ad andare a votare per raggiungere il quorum. Ieri, i volontari hanno distribuito fogli informativi in mezza città, da viale Strasburgo a corso Calatafimi, mentre in provincia è partito il porta a porta a Balestrate. Ma saranno oggi e domani i giorni più caldi per i referendari. Si partirà con i volantinaggi in centro e in periferia, fino a Borgo Nuovo e Brancaccio, e con i banchetti informativi in provincia, da Bagheria a Partinico.

La campagna per il sì cercherà di sfruttare al massimo la presenza massiccia dei palermitani nelle vie dello shopping. Dalle 16,30 fino a mezzanotte, piazza Massimo si trasformerà in un grande spazio tematico dedicato all'informazione sui temi del voto.

L'evento "Fata", acronimo per indicare i quattro elementi naturali (fuoco, acqua, terra e aria), farà leva sui temi ambientali che caratterizzano la consultazione. Dai banchetti informativi di Greenpeace alle esibizioni di cantanti e artisti, una giornata chiave per la campagna organizzata dai comitati che coinvolgono decine di sigle, dai partiti del centrosinistra al movimento 5 stelle, dall'Arci a Legambiente. Sempre oggi pomeriggio prenderà il via nel gazebo montato in via Magliocco la "staffetta del digiuno" che durerà fino a venerdì prossimo e dovrebbe coinvolgere decine di persone.

Ma non c'è solo l'impegno nelle piazze. Partita dal Foro Italico alle 10 di questa mattina la carovana metropolitana per i referendum: un percorso itinerante con tutti i mezzi, dalla bici all'autobus, che da Villa Giulia porterà a Mondello per poi tornare alle 19 al Politeama e alle 20,30 a piazza Marina. I volontari porteranno in giro sound-system, striscioni e migliaia di volantini da distribuire ai semafori o sui mezzi pubblici.

Alle 21, l'ultimo appuntamento della giornata. A margine di "Una marina di libri", l'evento che allo Steri vedrà la presenza di decine di case editrici, verrà proiettato un video sull'acqua pubblica curato dal comitato referendario nazionale cui seguirà un dibattito. Insomma, un programma molto intenso perché, spiegano i referendari, "i tempi stringono e c'è bisogno di informare i cittadini". Anche per questo, non sono esclusi neppure blitz pacifici in giro per la città, con l'esposizione di striscioni e manifesti nei punti nevralgici del traffico.

Gli studenti. È una mobilitazione massiccia quella degli studenti siciliani in vista dei referendum. Sono centinaia gli universitari fuorisede che hanno chiesto di poter votare a Palermo per dare il loro contributo alla consultazione del 12 e 13 giugno. Per non penalizzare quelli che dovranno tornare a casa, comunque, è già stata presentata al rettore Roberto Lagalla la richiesta di sospensione delle attività accademiche per il 13 e 14 giugno.

La campagna informativa dei comitati nell'Ateneo palermitano è partita già da qualche giorno, con l'esposizione di striscioni agli ingressi della facoltà di Lettere e del pensionato Santi Romano. Qui martedì prossimo alle 16,30 si svolgerà un dibattito sui quesiti referendari promosso dalle associazioni studentesche che hanno aderito ai comitati. A esporre le ragioni del Sì saranno quattro relatori che dialogheranno con gli studenti "per un'informazione consapevole su temi chiave per il futuro dei giovani".

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/06/04/news/referendum_la_citt_si_mobilita_il_lungo_weekend_dei_4_s_blog-17197982/


La7 fa campagna acquisti Due big scomodi dalla Rai. - di Carlo Tecce


L'ad Giovanni Stella conferma: nella rosa Fazio, Santoro, Floris e Gabanelli. Mentre sul futuro societario assicura: "Entro la fine dell'anno avremo un nuovo azionista di maggioranza relativa"

Qualche giorno fa, più diplomatico che incisivo,Giovanni Stella parlava per metafore. L’amministratore delegato di La7 si paragonava a un paziente addestratore che aspetta i macachi-conduttori che scendono frastornati dal banano Rai. Adesso l’ad Stella torna a fare onore al suo soprannome, “il canaro”, un dirigente concreto nel maneggiare affari e dichiarazioni. Mira al banano di viale Mazzini: “Uno o due fra Michele Santoro,Milena Gabanelli, Giovanni Floris e Fabio Fazio verranno a La7”. E poi pettina le disordinate indiscrezioni sul futuro di Telecom Italia Media, la società del gruppo La7 che fa capo a Telecom: “Entro fine anno avremo un azionista di maggioranza relativa con il 40 per cento del capitale, il 37 all’attuale proprietà e il 23 sul mercato”.

Qualcuno avvisi viale Mazzini. Come cambiare l’immagine di un Cda Rai che in apparenza conferma i programmi sgraditi al Cavaliere e in pratica tiene in bilico mezza Raitre (oltre Annozero)? E come spiegare la sfilata dei direttori di rete che illustrano i progetti al direttore generale Lorenza Lei e scopriranno di aver sbagliato previsioni? Ecco come la racconta chi aspetta un cenno per firmare i contratti: “Manca un particolare: il voto del Cda Rai. Le porte sono aperte e noi – aggiunge Stella – abbiamo un accordo di massima con almeno due conduttori del servizio pubblico. Posso dire che uno o due verranno a La7, ma preferisco usare il condizionale: potrebbero. Vedremo nei titoli di coda chi avrà ragione”. Con chi discute l’amministratore delegato di La7? Sente Beppe Caschetto, l’agente di Floris e Fazio? “Spesso”. E Santoro? “Anche”.

Stella è in piena campagna acquisti nel servizio pubblico che per pubblicità, canone e ascolti dovrebbe sovrastare l’emittente di Telecom; ma la politica e il governo frantumano la solidità di viale Mazzini e così La7 è l’unico approdo sicuro. Fermi, le trattative sono chiuse, però Stella sigilla le buste con i nominati: “Ripeto: uno o due dei quattro che ho citato. Ora osserviamo le mosse della Rai”. E poi fa intuire che Santoro è tra i più indiziati assieme a uno fra Fazio e Floris. É facile capire i motivi. Sul giornalista di Annozero pende il ricorso di viale Mazzini contro il suo reintegro: la sentenza in Cassazione arriverà mercoledì. E la Rai nasconde le carte a Fazio – senza contratto come Floris – per la terza serata di Che tempo che fa, che compare e scompare come nei giochi di prestigio.

Stella offre libertà editoriale più che accordi milionari: contratti a rendimento, un minimo garantito e premi per i risultati Auditel. L’indice share e il conto in banca cresceranno con la stessa velocità sul modello Enrico Mentana: la scommessa era il 7,5 per cento del telegiornale, ora veleggia sul 10. Per investire Telecom ha bisogno di capitali freschi: “Avremo un compagno di viaggio per sanare i conti e migliorare il prodotto”. In corsa (nonostante la smentita) c’è l’ingegnere Carlo De Benedetti con il gruppo Espresso-Repubblica: “È una fra le tante ipotesi”, dice Stella. Il valore in Borsa di Telecom Italia Media è di 278 milioni di euro, il 40 per cento vale circa 300 milioni fra capitale azionario e offerta pubblica di acquisto (opa). E quanto vale La7? Nei primi tre mesi del 2011 ha incassato il 22% in più di pubblicità, passando dai 27,5 milioni nel trimestre 2010 ai 33,5 milioni nel 2011, in proporzione cala il passivo fra costi e ricavi. I numeri migliori sono fuori dal bilancio. É l’abbondante 10 di share di Mentana che trascina Otto e Mezzo, l’Infedele e In Onda e fissa la fascia 18-20:30 al 4,26% (media giornaliera al 3,4). Dal 2009 a oggi, i canali generalisti di Rai e Mediaset hanno perso l’8% di share, ma La 7 è cresciuta soltanto di mezzo punto. Ecco perché Stella s’è piazzato sotto il banano più grosso e masochista.