lunedì 6 giugno 2011

Arezzo 13 maggio 2011 - Andrea Scanzi



Pungente intervento del noto giornalista Andrea Scanzi durante il comizio finale del Movimento 5 Stelle di Arezzo per le Elezioni Amministrative del 2011.


Referendum, quattro sì per voltare pagina.





Allarme NUCLEARE altro che GIAPPONE Lannes



http://informarexresistere.fr/category/lotte-resistenze/gianni-lannes-lotte-r...
IL giornalista Gianni Lannes è stato a Caorso, nella più importante centrale nucleare e qui ha scoperto entrando di nascosto, senza autorizzazione, che il governo Berlusconi ha affidato lo smantellamento delle centrali nucleari alla ndrangheta, che sta dietro una società che si chiama Ecoge che ha sede a Genova. Questa società carica i rifiuti nucleari in dei container che da Caorso vanno a Genova e poi a La Spezia, in attesa di navi su cui caricarli e verranno affondate.

La Stampa ha impedito a Lannes di pubblicare l'inchiesta e nessun altro giornale l'ha voluta questa inchiesta.

Guarda anche la video-inchiesta:

http://www.youtube.com/watch?v=xATSW_xDI80

Per saperne di più:
http://www.giornalettismo.com/archives/51594/nave-veleni-lannes/2/

Tutte le inchieste censurate di Gianni Lannes
http://congiannilannes.blogspot.com/

Articoli di Gianni Lannes
http://informarexresistere.fr/category/lotte-resistenze/gianni-lannes-lotte-r...


Gruppo du Facebook ufficiale:
http://www.facebook.com/pages/ItaliaTerraNostra-II/203013339718910



Il sorpasso. - di Tommaso Labate



Azzurri in allarme. In un foglietto sulla scrivania del Cav. c’è scritto che, se si votasse domani, per lui sarebbe la fine. L’era Alfano inquieta Tremonti.

L’allarme rosso ha la forma di un foglietto di carta, che venerdì è passato da Palazzo Grazioli allo stanzone del Pdl che attende il neo-segretario Alfano. Sul foglietto c’è scritto: Pd 29,2 per cento, Pdl 27,5 per cento.
Fossero veri i dati in possesso dei vertici berlusconiani (Ipsos), per la prima volta il Partito democratico avrebbe sorpassato il Popolo delle libertà. E le “sorprese” contenute nella rilevazione demoscopica non sono finite. Basta guardare il capitolo sulla popolarità dei leader. Crolla quella di Silvio Berlusconi (l’asticella è ferma al 26,9 per cento), cresce quella del leader democratico Pier Luigi Bersani (45 per cento).
Sull’asse che unisce la war room del presidente del Consiglio e il sancta sanctorum pidiellino di via dell’Umiltà, il morale è sotto i tacchi. E al dramma dei numeri si aggiunge la paura per quello che potrebbe succedere la settimana prossima se, come gli sherpa del Cavaliere cominciano a sospettare, la percentuale degli italiani che si recherà alle urne «sarà tale da superare il quorum», che a quel punto determinerebbe la validità della consultazione referendaria.
Chi ha avuto occasione di confrontarsi col «Capo» nelle ultime quaratott’ore giura che «Berlusconi è disperato». I numeri dei sondaggi, che hanno orientato tutte le sue mosse dal 1994, stavolta lo stanno spingendo verso un cul de sac.
C’è un esempio che vale più di molti altri. Come spiega un ministro a lui vicino, «durante la sua ormai lunga carriera da presidente del Consiglio, in ogni momento di grave difficoltà il Presidente ha minacciato il ricorso alle elezioni anticipate». Stavolta, invece, «della minaccia di “provocare” lo scioglimento anticipato della legislatura non c’è traccia da nessuna parte». Niente. La solita arma fine-di-mondo, che Berlusconi usava puntualmente per mettere paura all’opposizione, è scomparsa da tempo da qualsiasi radar.
Il perché sta nel «foglietto di carta» di cui sopra, nel capitoletto dedicato al «testa a testa» tra centrosinistra e centrodestra. La forbice tra le due coalizioni vede lo schieramento trainato dal Pd in vantaggio di 9 punti rispetto a quello “capitanato” dal Pdl. Un vantaggio che, nel caso in cui il «Terzo Polo» si schierasse col Nuovo Ulivo (Pd, Sel, Idv), salirebbe addirittura a 17 punti percentuale.
E non è tutto. Il primo «sondaggio riservato» del dopo-amministrative fa paura al Cavaliere anche perché alle difficoltà di un Pdl al 27,5 per cento si accompagna una sostanziale “tenuta” del Carroccio. La Lega, infatti, rimane comunque ancorata alla doppia cifra (poco più del 10%). Uno score, spiegano da via Bellerio, che ovviamente «crescerebbe a dismisura qualora la nostra strada si separasse da quella di Berlusconi».
Alla débâcle post-elettorale dei berluscones si accompagna un centrosinistra trainato dall’effetto-amministrative. Pd al 29.2, Sinistra e libertà al 9, Italia dei valori al 6, Udc al 5.5. E, al di là delle cifre attribuite ai singoli partiti, nel sondaggio in questione si annota che la percentuale degli italiani convinti che «sarà il centrosinistra a vincere le prossime elezioni» (42%) è superiore a quella degli elettori che scommettono su una riconferma dell’attuale maggioranza berlusconiana (solo il 31,9% degli interpellati è convinto che, se si votasse domani, il centrodestra rivincerebbe le elezioni).
Tolta la nomina di Alfano a segretario, nel Pdl le contromosse sembrano toppe peggiori del buco. Intervistato da Repubblica, Claudio Scajola ha invitato a «buttare via» la creatura politica del Cavaliere. «Serve una casa dei moderati che ci riunifichi all’Udc», è l’opinione dell’ex ministro. Non quella di Fabrizio Cicchitto, però. «Il Pdl va rinnovato, non smontato», ha messo a verbale il capogruppo a Montecitorio.
La proposta di Scajola, tra l’altro, è stata respinta al mittente dal Terzo Polo. Con un coro di niet che ha raggiunto la vetta massima con un caustico commento che Enzo Carra ha pubblicato sul suo blog. «In case pagate da ignoti, noi dell’Udc non vogliamo abitarci», ha scritto il deputato centristra evocando lo scandalo di Affittopoli che l’anno scorso costrinse Scajola a dimettersi dal governo.
Intanto Alfano ha affidato a un’intervista al Corriere della sera il suo manifesto sulla forma-partito del Pdl. Primarie e congressi sì, «e subito». Correnti «no». Sembra di rivivere, anche nell’utilizzo dei termini, lo stesso calvario attraversato dal Pd fino all’anno scorso. Con una differenza. Nell’eterogeneo mondo del berlusconismo, ci sono big che ancora non hanno mostrato le loro carte. Uno su tutti, Giulio Tremonti.
Il ministro dell’Economia, che nei desiderata del Cavaliere dovrebbe “accontentarsi” di un posto da vicepremier (insieme a Roberto Calderoli) e in cambio sotterrare l’ascia di guerra, ha liquidato i cronisti che gli chiedevano di Alfano facendo ricorso al «cuius regio, eius religio». Significa che il suddito deve conformarsi alla religione del principe dello Stato in cui vive. Ma nel gruppetto (bipartisan) di parlamentari con cui si confronta spesso, c’è chi giura che l’ultimo successore di Quintino Sella ha timore di finire risucchiato dentro «una nuova Democrazia cristiana», come si configurerebbe quel partito «che ha Alfano alla segreteria». Da qui i rumors, che si faranno sempre più insistenti, sulla possibilità che «Giuletto» abbandoni il Pdl con un gesto plateale. Magari all’indomani dei referendum.




Il referendum dei pasticci. - di Flavia Amabile


Esclusi dal voto gli studenti Erasmus e i cooperanti. Sugli italiani all'estero ancora confusione.

Un pasticcio così non si vedeva da un po'. Solo in Italia si poteva creare una situazione così equivoca in nome della libertà di scelta e in queste ore i comitati di italiani all’estero sono sul piede di guerra mentre si scopre che anche i cooperanti all’estero e gli studenti dell’Erasmus non potranno votare a meno di rientrare in patria.

Tutto ha inizio con il colpo di mano del governo che ha abrogato le norme che consentono la produzione e l'installazione di centrali nucleari, rendendo inutile il referendum. La Corte di Cassazione ha risposto la scorsa settimana precisando che, è vero, le norme sul nucleare sono state abrogate, ma hanno introdotto due norme totalmente diverse in materia di strategia energetica. E, dunque, il quesito va riscritto e comunque posto agli elettori nella nuova formula, in cui si parla di strategia energetica e non di centrali nucleari. Tutt'altra cosa, insomma, rispetto a quanto proposto dai comitati referendari e su cui si sono raccolte le firme.

Fa nulla, hanno avvertito i sostenitori del referendum, bisogna andare a votare lo stesso. A questo punto gran parte di quelli che andranno a votare penseranno di esprimere con il loro sì, il no alle nuove centrali nucleari. In realtà si parlerà di altro. Ma se dovesse arrivare una valanga di sì tutti interpreterebbero comunque la scelta come un chiaro segnale di stop agli impianti anche se nel quesito non ce n'è traccia. Geniale, no?

Il governo, invece, ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale attraverso una richiesta di inammissibilità dell’Avvocatura dello Stato, mentre il Pd ha presentato un’istanza di rigetto. La sentenza è attesa per domani, quando mancheranno cinque giorni all’apertura delle urne.

In caso di sentenza favorevole alla riscrittura del quesito i sostenitori del Sì esulterebbero perché vorrebbe dire poter esprimere la propria opinione sul nucleare in Italia, a dispetto dei tentativi del governo di far scomparire la domanda. Ma un istante dopo, lo sanno bene, inizierebbero i problemi.

In cinque giorni vanno ristampate e spedite di nuovo 50 milioni e oltre di schede. Finché si tratta di mandarle ai seggi italiani si tratta di un’impresa difficile e costosa ma non impossibile. Il problema vero si pone quando si considera che all’interno dei 50 milioni ve ne sono 3 che votano all’estero, e per estero si intende il mondo intero. E’ il nodo irrisolvibile legato alla sentenza della Corte Costituzionale, un dilemma che può diventare decisivo anche ai fini dell’esito del referendum.

Sono tre milioni e oltre di voti, possono rivelarsi determinanti per il raggiungimento del quorum. Ma che cosa succederebbe se si chiedesse loro di votare di nuovo? Lo deciderà la Corte Costituzionale chiamata oggi a nominare il suo nuovo presidente.

Antonio Di Pietro lo scrive a chiare lettere sul suo blog e comunque domani sarà insieme ad una delegazione dell’Idv alla Corte Costituzionale come Comitato promotore a chiedere che il quesito venga ammesso: «C’è un problema nei referendum: il quorum. Bisogna raggiungerlo sapendo che non è del 50 ma del 60%. Questa volta, infatti, ci troviamo in una situazione delicatissima provocata da questo governo. Ci sono tre milioni e mezzo di italiani all’estero che hanno già votato sull’altro quesito referendario, quello modificato dalla Corte di Cassazione. Il risultato è che noi, per stare tranquilli, dobbiamo superare abbondantemente il 50%, perché altrimenti son pronto a scommettere che il ministero degli Interni farà il possibile per non conteggiare i voti degli italiani all’estero».

I parlamentari dell’opposizione in una lettera al governo hanno prospettato due soluzioni: «considerare valido per l’estero il vecchio quesito o, nel peggiore dei casi, non considerare il voto all’estero ai fini del conteggio del quorum». Soluzione che fa andare su tutte le furie i comitati di italiani all’estero. Una lettera ufficiale è partita dalla Svizzera, altre dovrebbero arrivare.

Anche studenti Erasmus e cooperanti delle Onlus non potranno partecipare al voto. Lo denuncia Franco Narducci, deputato del Pd: «La norma li esclude e il decreto è arrivato in aula con un ritardo tale da tendere impossibile un aggiustamento». Chi vuole può tornare in Italia a votare. Il biglietto verrà rimborsato, facendo crescere ancora il costo del referendum per le casse dello Stato.




Consulta, Quaranta nuovo presidente «Referendum? Non penso a nostro alt».

E' stato eletto con dieci voti favorevoli e tre schede bianche. E' il 35esimo della storia.

Alfonso Quaranta (Ansa)
Alfonso Quaranta (Ansa)
ROMA - Alfonso Quaranta, magistrato del Consiglio di Stato, giudice costituzionale dal 27 gennaio 2004, è il nuovo presidente della Corte Costituzionale. La camera di consiglio lo ha eletto questa mattina con dieci voti favorevoli e tre schede bianche. Erano presenti 13 giudici, a fronte di un plenum di 15, perché il Parlamento non ha ancora eletto il successore di Ugo De Siervo e perché il giudice Maria Rita Saulle è assente per malattia.

«REFERENDUM? NON CREDO NOSTRO ALT» - Il neo-presidente ha subito fatto sentire la propria voce pubblicamente. E ha scelto un tema particolarmente caldo in questi giorni, quello del referendum sul nucleare. «Personalmente ritengo che non sia nei poteri della Corte bloccare il referendum» ha detto incontrando i giornalisti dopo la sua elezione. «Per la decisione - ha aggiunto - occorre attendere martedì. La Corte deciderà con rapidità». La Consulta è stata chiamata infatti ad esprimersi sul quesito relativo al nucleare, dopo che la Cassazione lo ha di fatto riscritto rendendolo ammissibile nonostante la moratoria prevista dal governo nel decreto Omnibus. Un escamotage, quello adottato dall'esecutivo, che si proponeva esplicitamente (era stato lo stesso Berlusconi a confermarlo) di evitare che gli italiani tornassero ad esprimersi sul futuro del nucleare con ancora nella mente le immagini del reattore nucleare di Fukushima, in Giappone, andato distrutto dopo lo tsunami di marzo con conseguente perdita di radiazioni.

IL NUMERO 35 - Quaranta è il 35esimo presidente della storia di Palazzo della Consulta. Succede a Ugo de Siervo, il cui mandato è scaduto lo scorso 29 aprile. Npn sarà però il giudice più anziano in carica, come vorrebbe una consuetudine che tuttavia già in passato ha conosciuto le sue eccezioni: Paolo Maddalena, che in quest'ultimo mese ha temporaneamente esercitato la funzione di presidente in attesa della nomina parlamentare del giudice che andrà al posto di De Siervo, ha infatti rinunciato alla corsa per lo scranno più alto della Corte e ha pertanto spianato la strada all'altro candidato forte, Alfonso Quaranta, più gradito al centrodestra, che già lo scorso dicembre aveva fatto traballare per un voto l'elezione di De Siervo. Maddalena sarà però vice di Quaranta, assieme ad Alfio Finocchiaro.

http://www.corriere.it/politica/11_giugno_06/corte-costituzionale-quaranta-nuovo-presidente_abd87dbe-901d-11e0-bd7e-24c232303fed.shtml


VOTARE SI AI REFERENDUM , NON HA PREZZO ..wmv