venerdì 10 giugno 2011

Acqua ai privati, i numeri del flop Denunce dai Comuni, utenti infuriati.


La privatizzazione è partita ormai da 17 anni. Da Roma, alla Campania, alla Toscana piovono contestazioni, mentre si fanno strada sospetti per l'attenzione alle norme di sicurezza.


di CORRADO ZUNINO

ROMA - La privatizzazione dell'acqua pubblica italiana, avvenuta negli ultimi 17 anni, non è stata fin qui un successo. Innanzitutto perché ha peggiorato le cose per gli utenti. Sono 114 le società che gestiscono il ciclo delle acque in Italia: 7 private, 22 a capitale misto con partner selezionato tramite gara, 9 controllate da società quotate in Borsa e 58 interamente pubbliche. Ci sono problemi, sul fronte privato, a Roma e provincia, a Rieti, a Frosinone, in alcuni acquedotti toscani (sei aperture al mercato realizzate del centrosinistra), in Umbria, in Campania, in Sicilia. Il rapporto fra utenti è gestori è sempre più conflittuale: bollette pazze, distacchi per morosità non riconosciute, letture contestate, calcoli imprecisi. E problemi per la salute, come dimostra l'arsenico trovato in concentrazioni elevate nei rubinetti dei Castelli romani e nel litorale della capitale.

L'Acea holding, quotata in Borsa, in mano al Comune di Roma al 51 per cento e con Francesco Gaetano Caltagirone primo privato con il 15, debiti per due miliardi e 350 milioni di euro, è la società che ha mostrato il maggiore interesse sul controllo dell'acqua. Gestisce il servizio idrico in dodici aree italiane attraverso società controllate. Dalla capitale al Beneventano, dal Senese al Basso Valdarno all'Umbria al Trasimeno: 8 milioni e 400 mila utenti. A Frosinone i cittadini hanno dichiarato guerra alla sua Ato5, società per azioni sull'orlo del crack visto il dissesto da oltre 40 milioni di euro.
Investimenti promessi ai Comuni da servire mai realizzati e aumenti tariffari retroattivi (mai incassati per la ribellione degli utenti) nel tentativo di riempire la voragine del debito. Una pessima gestione quella di Acea Ato5, passata nel frattempo dai manager graditi alla sinistra a quelli del centrodestra (con Gianni Alemanno azionista di maggioranza). Oggi i vertici, che hanno preannunciato la consegna dei libri contabili al Tribunale fallimentare, sono sotto inchiesta alla Procura di Frosinone.
Publiacqua, sede a Firenze, copre 49 comuni allargati su quattro province toscane e viaggia con deficit milionari da tre esercizi. Il Comitato di vigilanza sulle risorse idriche del ministero dell'Ambiente ha comminato alla società una sanzione di 6 milioni e 200mila euro: non poteva chiedere ai clienti, insieme all'aumento delle tariffe, un "deposito cauzionale".

Acea Ato2 spa (Roma e Provincia) ha aumentato le tariffe, ma i suoi conti non sono in equilibrio. E' nell'acqua che distribuisce che sono state trovate tracce di arsenico. Ad Aprilia (provincia di Latina) settemila famiglie si rifiutano di pagare gli aumenti alla società Acqualatina, partecipata dalla multinazionale francese Veolia: preferiscono continuare a versare "il giusto", ovvero le tariffe decise dal Consiglio comunale, sul conto corrente del Comune. La spa ha risposto scatenando Equitalia, il riscossore più potente del paese, e mandando i vigilantes ad abbassare la potenza dell'erogazione a chi praticava l'autoriduzione. Il Consiglio comunale di Aprilia, con una sentenza del Consiglio di Stato in mano e sfidando la volontà della Provincia, ha già chiesto la restituzione dell'acquedotto anticipando così le istanze referendarie. Il "giusto" pagato dai settimila ribelli ha portato nelle casse del Comune un milione di euro, base da cui ripartire per ripubblicizzare l'acquedotto.Domenica e lunedì, il Comitato acqua pubblica di Aprilia metterà a disposizione un'auto per accompagnare ai seggi le persone anziane.

Ad Arezzo, prima privatizzazione d'Italia (società Nuove Acque controllata da Acea e dai francesi di Gdf Suez), si pagano le terze tariffe più care d'Italia: in dieci anni sono raddoppiate. Ad Agrigento dal 2007 governa la Girgenti Acque spa: dopo due anni i sindaci hanno chiesto la rescissione del contratto di gestione. Erano arrivate bollette decuplicate, in alcune zone i comuni avevano dovuto far arrivare l'acqua con autobotti d'emergenza.

Non è certo che il ritorno al pubblico nei servizi idrici, auspicato dai referendari, possa restitutire acqua di qualità e a prezzo equo ai cittadini lasciando le casse degli enti locali in ordine. Di certo, il sistema misto, pubblico-privato, in Italia ha fallito. I sindaci si dichiarano impotenti, lasciando il governo dell'acqua ad amministratori spesso lontani dal territorio, e si accontentano di ricevere dividendi e piazzare uomini graditi nel sottogoverno delle società municipalizzate. I cittadini privatizzati sono furiosi: nel 2010 gli aumenti medi, ha testato la Federconsumatori, sono stati del 6,85 per cento con punte del 30 per cento a Carrara, Massa e Rieti. In dieci anni gli aumenti sono arrivati al 63 per cento, il triplo dell'inflazione.

Sisma Giappone, Nisa raddoppia stime radiazioni Fukushima.


Tokyo (Giappone) – L'agenzia governativa giapponese per la sicurezza nucleare (Nisa) ha raddoppiato le stime sulla quantità di radiazioni rilasciate nell'aria dalla centrale nucleare di Fukushima, aggiungendo che i danni ai reattori sono stati peggiori di quanto si pensasse in precedenza. In un rapporto pubblicato oggi, la Nisa sostiene che il combustibile nucleare in tre dei reattori della centrale di Fukushima Daiichi si è fuso non solo all'interno dei noccioli, ma è anche fuoriuscito dalle vasche di contenimento. La quantità di radiazione rilasciata sarebbe pari a un quinto delle radiazioni fuoriuscite durante il disastro di Chernobyl. Gli analisti Nisa hanno usato per le rilevazioni un diverso metodo rispetto a quello usato lo scorso mese dalla Tepco, che si ritiene "rifletta meglio la realtà".



giovedì 9 giugno 2011

Prideaux e l’uomo che ha fregato l’Italia. - di Andrea Valdambrini


Ecco il mio incontro-intervista con John Prideaux, autore del rapporto speciale dell’Economist sull’Italia.

“Per quanto mi possa sforzare, non riesco a trovare nessun settore in cui Berlusconi abbia giovato all’Italia. Non nell’economia, che in questi ultimi anni è rimasta al palo e non ha beneficiato di alcuna riforma strutturale. Non nella fiducia verso le istituzioni, che è stata danneggiata forse irreparabilmente dal premier. Neppure nella politica estera, che ha pericolosamente oscillato tra la vicinanza alla Libia di Gheddafi o alla Russia di Putin e Medvedev”. John Prideaux, 35 anni, è l’autore del “rapporto Italia”, quasi 20 pagine di articolo – unico firmato, in una pubblicazione dagli articoli tradizionalmente anonimi – che comparirà nel prossimo numero dell’Economistin uscita l’11 giugno. Il testo è frutto di quasi due mesi di lavoro tra Torino, Milano (anche se prima delle comunali), e infine Roma alla ricerca di un quadro complessivo del nostro Paese. A 150 anni dalla sua nascita, Berlusconi ancora – e per quanto ancora? – “regnante”.

Qualche giorno fa abbiamo incontrato Prideaux nella sede dell’Economist, chiedendogli di sintetizzare per il Fatto le conclusioni della sua lunga e dettagliata analisi.

“Sono andato in Italia senza pregiudizi. E certo, il primo elemento che è emerso è quanto la situazione economica sia allarmante”. Come osservatore certamente super partes Prideaux ammette che sia la destra che la sinistra tirano acqua al loro mulino, dipingendo la prima una situazione non terribile, la seconda addossando invece ogni colpa all’attuale governo. “Ho incontrato molti imprenditori, anche importanti, del nord industriale. Ho visto voglia di fare, e realtà anche molto dinamiche e interessanti”. Ma tutto questo si infrange contro un’amara realtà. “Ho conosciuto tantissimi italiani giovani qui in Gran Bretagna, negli Stati Uniti. Ce ne sono ovunque nelle organizzazioni internazionali come nelle università più prestigiose, e tutti preferiscono non tornare. La risposta che mi sono dato è che non lo faranno finché questo sistema bloccato non cambia. È molto triste”.

Contatti con il governo ne ha avuti, ma con estrema difficoltà. “Sono riuscito a intervistare solo il ministro Gelmini. In altri Paesi sono gli stessi politici che cercano contatti con noi per chiarire la loro posizione, ma in Italia sembra ci sia molta diffidenza nei confronti della stampa estera, o forse nel confronti proprio dell’ Economist”. Sarà mica per la critica a Berlusconi, inadatto a guidare l’Italia, come titolaste anni fa? Sarà mica perché il premier pensa che siete comunisti? Prideaux non trattiene un sorriso: “Tempo fa Berlusconi era a un incontro con la stampa estera, a Roma. Incontra un giornalista inglese e gli chiede per chi scrive. ‘Per il Guardian, risponde il corrispondente. Ma anche per l’Economist. Nessuno è perfetto’, scherza. Berlusconi lo fredda: ‘Infatti, lo dice lei stesso’.

Altra figura chiave è quella di Gianfranco Fini. “Lasciamo da parte le questioni personali tra lui e il premier, la rivalità e l’ambizione. In ogni caso penso che un grande merito ce l’abbia”. Prideaux affonda il coltello in una della realtà del panorama politico italiano meno comprensibili ad un britannico, abituato ad una ordinata, persino noiosa, politica bi-tripartitica, in cui le parole della politica non hano perso tatalmente di significato. “Immagino di essere un conservatore italiano, che vuole la libertà economica e che crede nelle istituzioni. Come posso essere rappresentato da un populista come Berlusconi? Le uniche riforme liberali, negli ultimi anni, le ha fatte Bersani, con le cui politiche un cittadino di destra potrebbe tranquillamente identificarsi”.

E conclude tornando a Fini: “Penso che il leader di Fli abbia aperto la possibilità di una destra nuova. Indipendentemente da dove il suo gesto condurrà, gliene va dato atto”.



Spinoza. Maltempo si spera.


Referendum, si voterà il 12 e il 13 giugno. Ma solo nei seggi elettorali che aderiscono all’iniziativa.

(Quattro sì per dire no. Un referendum a misura di donna)

I referendum riguarderanno Berlusconi e l’uso del nucleare. Ma sono due quesiti diversi.

Tra i quesiti c’è quello dove si è chiamati a decidere se non fare le centrali nucleari o protestare dopo per non averle vicino casa.

Questi referendum potrebbero avere implicazioni terribili. Tipo doversi leggere i quesiti.

Gli italiani saranno di nuovo chiamati a esprimersi sul nucleare. Finché non daranno la risposta giusta.

Sul nucleare pesa la questione delle scorie: vengono ammassate a tempo indeterminato in attesa dello smaltimento, la gente ne ha paura, nessuno le vuole e spesso finiscono in fondo al mare. Dov’è il problema? Con gli immigrati funziona.

I primi due quesiti riguardano l’acqua. Chiamato alle urne il 65% di ogni avente diritto.

Bossi: “Il quesito sull’acqua è attraente”. Il fascino dell’ignoto.

Si parla pochissimo del legittimo impedimento. È che non ci sembra vero poter parlare anche d’altro.

Si voterà anche per abrogare il legittimo impedimento del presidente del Consiglio. Ma voi per semplicità immaginate che sulla scheda ci sia scritto “Vuoi che Berlusconi vada in galera?“

Berlusconi ricorre alla Consulta tentando di bloccare il referendum. Comincia già a sentire la punta.

Il referendum sul nucleare si farà anche grazie ad Adriano Celentano. O almeno lui è convinto così.

La decisione della Cassazione è giunta a sorpresa. Ormai non si parlava nemmeno più di Fukushima.

Berlusconi: “Il referendum sull’acqua è demagogico, quello sul nucleare è inutile”. Allora mi dia solo quello divertente.

Il premier sembra intenzionato a lasciare libertà di voto. Uno prima di morire le vuol provare tutte.

“Ai nostri elettori daremo libertà di coscienza”. E in euro quanto fa?

Alla vigilia del voto Berlusconi promette tagli alle tasse. Un colpo di scena del genere non si vedeva dai tempi di Titanic.

Giornalista del Tg1 sbaglia la data dei referendum. Poi si dice contrario al divorzio.

Pronta la rettifica dell’edizione serale: non è un giornalista.

In vista del voto si temono brogli: il rischio è quello di migliaia di astensioni false.

Enel, rubate informazioni segrete sul programma nucleare. Giusto per ribadire il concetto di sicurezza.

Veronesi: “Senza il nucleare l’Italia muore”. Umberto, quella è l’acqua.

Anche Margherita Hack è d’accordo sul nucleare. Conosce gli atomi personalmente.

Vasco Rossi: “La Francia ha il nucleare, tanto vale che ce l’abbiamo anche noi”. Anche se questa frase un senso non ce l’ha.

(Vasco è favorevole al nucleare. Con un po’ di fortuna gli eviterà di dover lavorare a un altro album)

Dopo il Tg1, anche il Tg2 sbaglia la data del referendum. Ora è di nuovo giusta.

I principali tg pubblici sbagliano le date dei referendum. Poi rimediano con un appello di Alessandro Natta.

Molti andranno al mare. Hanno saputo che si vota anche sull’acqua.

Il Pdl detta la linea ai suoi elettori: “Non fate il bagno dopo mangiato”.

Sul nucleare pesa l’incognita degli italiani all’estero: potrebbero vendicarsi.

Berlusconi prepara un viaggio a Sidney nella data del referendum. Per le prossime politiche pensa a Caracas.

Bossi: “Non andrò a votare”. Teme di finire come la sora Lella.

Il Papa dice no alla convivenza e alle coppie di fatto. Gli annulleranno la scheda.

“Non dobbiamo politicizzare i referendum” ha dichiarato Pierluigi Bersani, 59 anni, casalinga.

http://www.spinoza.it/2011/06/09/maltempo-si-spera/



Palermo si organizza per il Referendum Quattro SI per colpirli al quorum. - di Giuseppe Pipitone



"Il 12 e il 13 giugno il mare è chiuso. I seggi no!" è stato lo slogan del comitato referendario siciliano "2 sì per l'acqua bene comune". E' per convincere la gente ad andare a votare per la consultazione referendaria c'è anche chi fa il 20 per cento di sconto.

Comunque vada sarà una consultazione referendaria che passerà alla storia come una triste pagine di estrema lontananza tra la classe dirigente e il paese reale. Dopo aver tentato tutte le carte per affossare il referendum (compresa quella di porre la fiducia sul decreto Omnibus) il Governo ha scelto semplicemente di non parlarne. O parlarne male. E' toccato quindi ai movimenti di liberi cittadini cercare di pubblicizzare la consultazione referendara del 12 e 13 giugno. Con il quorum fissato al 50 per cento più uno degli elettori italiani (oltre 25 milioni di voti) l'impresa di coinvolgimento al voto è ardua ma non impossibile. "Il 12 e il 13 giugno il mare è chiuso. I seggi no!" è stato lo slogan del comitato referendario siciliano "2 sì per l'acqua bene comune". Gli appartenenti al comitato si sono spinti fin sulle spiagge di Mondello per convincere la gente ad andare alle urne e votare contro la privatizzazione dell'acqua.

"Fissare la data del referendum- scrive il comitato palermitano n un nota - nell'ultima domenica disponibile è stato senza dubbio un gesto che va nella direzione di scoraggiare la partecipazione democratica. Allora - concludono - noi chiederemo un gesto di responsabilità ai cittadini per non rinunciare ai loro diritti e difendere la democrazia".

Nel capoluogo palermitano anche alcuni negozi hanno deciso d'impegnarsi attivamente nelle operazioni di sensibilizzazione per il referendum. E' il caso del Bar Libreria Garibaldi di via Paternostro dove il 13 e 14 giugno si ha diritto ad uno sconto del 20 per cento su libri e consumazioni al bar, presentando la tessere elettorale con il timbro del voto referendario. Tutto pur di colpire al quorum chi non vuole amministrare secondo il volere popolare.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=375

Come ti uccido un referendum: tutti i tentativi del Governo. - di Matteo Pucciarelli


Cosa non si fa per un referendum. Per sabotarlo, ovviamente. La storia della Repubblica è piena di tentativi mirati a uccidere nella culla i quesiti referendari “scomodi”. A volte riuscendoci, a volte no. Ma quanto fatto dal governo Berlusconi negli ultimi mesi è un record: mai così tanti ostacoli messi lì per far saltare il banco, e mai così tanti fallimenti. L’unica consolazione è stata quella di non consentire l’election-day, cioè far votare insieme amministrative e referendum: ma la vittoria del marzo scorso la maggioranza deve condividerla con l’opposizione, che allora le diede una bella mano.

Ma andiamo con ordine: il 12 gennaio di quest’anno parte l’allarme rosso per il governo. Infatti la Corte Costituzionale dà il via libera a quattro quesiti su sei. Quello che preoccupa di più è il quarto, che chiede l’abrogazione del legittimo impedimento. Tradotto in parole povere, niente scudo per Berlusconi. Fu un giorno di giubilo per Di Pietro, promotore n.1 della raccolta firme, che allora esclamò: “La resa dei conti con la giustizia per Silvio Berlusconi si avvicina. Anzi, è inevitabile ed inesorabile”. Il 3 febbraio arriva anche l’ok della Cassazione.

Parte la mobilitazione e le opposizioni paiono capire l’importanza della posta in gioca. Si comincia a ragionare sull’election-day il 29 maggio: un po’ perché accorpando amministrative e referendum si risparmierebbero 300 milioni di euro, che in tempo di recessione non sono pochi; e soprattutto perché arrivare al quorum sarebbe molto più facile. Il segretario del Pd Bersani punzecchia Di Pietro: “Noi non abbiamo bisogno di sollecitazioni, abbiamo presentato noi una mozione alla Camera per l'accorpamento del voto amministrativo e del referendum”. Come va a finire? Il 16 marzo la mozione non passa per un voto. Quale? Quello del radicale – eletto nelle liste del Pd, occorre sempre ricordarlo – Marco Beltrandi, che vota “no” all’accorpamento insieme al governo. Tirando fuori giustificazioni difficilmente comprensibili ai comuni mortali. Ma tant’è. Tra i banchi dell’opposizione, inoltre, mancavano due deputati Pd, due Idv e ben otto di Fli. I capogruppi di una maggioranza risicatissima avevano tirato per i capelli last minute tre o quattro onorevoli dei loro sorpresi a spasso nel Transatlantico invece di stare lì a votare: un po’ di fortuna, e un po’ di aiuto esterno, ecco che la missione era riuscita. Ma è stata l’unica.

Il 19 aprile, dopo la catastrofe di Fukushima, il governo teme che l’effetto Chernobyl possa spingere molta più gente a votare contro il nucleare e fa un’improvvisa retromarcia. Con una modifica al decreto omnibus che sospendeva il programma nucleare. Non per sempre, ma per un anno. Ottima idea per far saltare il quesito forse più sentito del referendum. E depotenziando, così, anche il quesito sul legittimo impedimento, of course. E ancora: dopo il nucleare, perché non fare fuori anche quelli sull’acqua? Il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, il 22 aprile, annuncia la necessità di un “approfondimento legislativo ad hoc” anche su quello. Ma sull’acqua la maggioranza non si mette d’accordo, anche Bossi fa capire che la questione non va trattata con leggerezza e la soluzione ventilata da Romani va a monte.

La corsa contro il tempo per il governo va avanti, il 24 maggio viene posta la fiducia sul dl. Il decreto passa e sembra fatta. Lo scippo, come in quei giorni lo chiamano tutti, è riuscito. E invece no. Perché l’1 giugno la Cassazione rileva le incongruenze del dl omnibus e conferma il referendum. E anche se Berlusconi fa sapere di non temere il referendum, le resistenze del centrodestra non finiscono qui: in fretta e furia, con una mossa disperata, viene presentato ricorso alla Consulta, ma anch’essa – con decisione unanime – conferma il quesito sul nucleare.

C’è poi tutto il caos relativo al voto degli italiani all’estero, oltre tre milioni di persone interessate. Una faccenda dove approssimazione e dolo si legano tutt’uno. C’è chi non ha ricevuto la scheda, chi ne ha ricevute due, chi ha votato sulla vecchia scheda – quella col quesito originario sul nucleare, prima della modifica della Cassazione a seguito dell’intervento del governo con dl omnibus. Insomma, una storia densa di punti interrogativi, col Viminale che sta in silenzio e non ha preso una decisione: quei tre milioni verranno conteggiati oppure no? Perché se sì, l’asticella del quorum si alza e non di poco. E sarebbero tre milioni di voti praticamente “rubati” a favore dell’astensionismo. A oggi, tutto è ancora avvolto nel mistero.

Naturalmente non va dimenticata l’opera di scientifica disinformazione della Rai, che del referendum ha parlato poco, in orari impossibili, e male (vedi Tg1 e Tg2 che sbagliano ripetutamente le date della consultazione). E per questo motivo la tv pubblica ha ricevuto il richiamo dell’Agcom. Se la Rai, come dice Berlusconi, è in mano ai comunisti, anche stavolta non se n’è accorto nessuno. A parte lui.



The man who screwed an entire country. (the economist)



The Berlusconi era will haunt Italy for years to come

Silvio Berlusconi ha molto da sorridere. Nei suoi 74 anni, ha creato un impero mediatico che lo ha reso l'uomo più ricco d'Italia. Ha dominato la scena politica dal 1994 e ora è il ministro più longevo d'Italia dal primo Mussolini. Egli è sopravvissuto a innumerevoli previsioni della sua imminente partenza. Eppure, nonostante i suoi successi personali, è stato un disastro come un leader nazionale in tre modi.

Due di loro sono ben noti. Il primo è la saga lurida della sua "Bunga Bunga" parti del sesso, una delle quali ha portato lo spettacolo poco edificante di un primo ministro di essere messi sotto processo a Milano con l'accusa di pagare per fare sesso con una minorenne. Il processo Rubygate non ha infangato solo Berlusconi, ma anche il suo paese.

Tuttavia il vergognoso scandalo sessuale è stato, il suo impatto sulle prestazioni del signor Berlusconi come uomo politico è stato limitato, per cui questo giornale ha in gran parte ignorato. Abbiamo, tuttavia, a lungo protestato per il suo secondo difetto: i suoi imbrogli finanziari. Nel corso degli anni, è stato provato più di una dozzina di volte per frode, falso in bilancio o di corruzione. I suoi difensori sostengono che non è mai stato condannato, ma questo è falso. Diversi casi hanno visto condanne, solo per loro di essere annullata in quanto il procedimento contorto ha portato alla sperimentazione è scaduta da una prescrizione, almeno due volte perché lo stesso onorevole Berlusconi ha cambiato la legge. Ecco perché questo giornale ha affermato nell'aprile del 2001 che era inadatto a governare l'Italia.

Abbiamo visto alcun motivo per cambiare questo verdetto. Ma è ormai chiaro che né il sesso né la storia dodgy commerciali di dubbia deve essere la ragione principale per gli italiani guardare indietro su Berlusconi come un disastro, anche maligne, insufficienza. Di gran lunga peggiore è stato terzo difetto: il suo totale disprezzo per la condizione economica del suo paese. Forse a causa della distrazione dei suoi grovigli legale, ha fallito in quasi nove anni come primo ministro per porre rimedio o anche realmente a riconoscere in Italia gravi carenze economiche. Come risultato, si lascerà dietro di sé un paese in difficoltà.

Una malattia cronica, non un acuto uno

Tale conclusione cupa potrebbe sorprendere gli studenti della crisi dell'euro. Grazie alla rigorosa politica di bilancio del ministro delle Finanze di Berlusconi, Giulio Tremonti, l'Italia ha finora sfuggito ira dei mercati '. L'Irlanda non, in Italia, è la I nel PIGS (Portogallo, Grecia e Spagna). L'Italia ha evitato una bolla immobiliare, le banche non vanno in fallimento. L'occupazione ha resistito: il tasso di disoccupazione è dell'8%, rispetto a oltre il 20% in Spagna. Il disavanzo di bilancio nel 2011 sarà al 4% del PIL, contro il 6% in Francia.

Eppure questi numeri rassicuranti sono ingannevoli. economico di malattia l'Italia non è il tipo acuto, ma una malattia cronica che rode lentamente a vitalità. Quando le economie europee strizzacervelli, in Italia si restringe più: quando crescono, cresce di meno. Come il nostro rapporto speciale in tema di punti di questa settimana fuori, solo Zimbabwe e ad Haiti era minore crescita del PIL che in Italia nel decennio fino al 2010. In realtà il PIL pro capite in Italia è sceso in realtà. La mancanza di crescita significa che, nonostante Tremonti, il debito pubblico è ancora al 120% del PIL, del mondo ricco terzo più grande.Ciò è tanto più preoccupante dato il rapido invecchiamento della popolazione in Italia.

Bassa travestimenti medio di disoccupazione alcune variazioni taglienti. Un quarto dei giovani, molto più in alcune parti del sud-depressi sono senza lavoro. Il tasso di partecipazione femminile nella forza lavoro è del 46%, il più basso in Europa occidentale.Un mix di bassa produttività e alti salari sta erodendo la competitività: mentre la produttività è aumentato di un quinto in America e un decimo della Gran Bretagna nel decennio fino al 2010, in Italia è sceso del 5%. L'Italia è 80a nella Banca Mondiale "Doing Business" indice, sotto la Bielorussia e Mongolia, e 48a nella classifica del World Economic Forum di competitività, dietro l'Indonesia e Barbados.

La Banca d'Italia governatore uscente, Mario Draghi, le cose scritte di recente in un discorso d'addio incisiva (prima di prendere in mano le redini della Banca centrale europea). Ha insistito sul fatto che l'economia ha disperatamente bisogno di grandi riforme strutturali. Ha individuato la produttività stagnante e attaccato le politiche del governo che "non riescono ad incoraggiare, e spesso ostacolano, di sviluppo [in Italia]", come i ritardi nel sistema civile-giustizia, università poveri, la mancanza di concorrenza nei servizi pubblici e privati, a due mercato del lavoro di secondo livello con insiders protetti e outsider a vista e grandi imprese troppo pochi.

Tutte queste cose stanno iniziando ad influenzare la qualità giustamente acclamato d'Italia di vita. L'infrastruttura è sempre più sciatto. I servizi pubblici sono allungati.L'ambiente è la sofferenza. redditi reali sono, nel migliore stagnante. Ambiziosi i giovani italiani sono smettere il loro paese in massa, lasciando il potere nelle mani di un anziano e out-of Elite-touch. Pochi europei disprezzano i loro politici viziati tanto quanto gli italiani fanno.

Eppur Muove SI

Quando il primo giornale ha denunciato Berlusconi, molti imprenditori italiani hanno risposto che solo il suo malizioso, faccia tosta imprenditoriale offerto alcuna possibilità di modernizzare l'economia. Nessuno sostiene che ora. Invece essi offrono la scusa che la colpa non è sua, ma è il loro paese irriformabile's.

Eppure l'idea che il cambiamento è impossibile, non è solo disfattista, ma anche sbagliato.Nella metà degli anni 1990 successivi governi italiani, disperato per non essere lasciato fuori l'euro, spinto attraverso alcune riforme impressionante. Anche Berlusconi ha di tanto in tanto sono riuscito a passare alcune misure di liberalizzazione nella lotta tra i tribunali: nel 2003 la legge Biagi sul mercato del lavoro tagliato il nastro rosso in basso, aumentando l'occupazione, e molti economisti hanno lodato in Italia la riforma delle pensioni. Avrebbe potuto fare molto di più se avesse usato il suo vasto potere e popolarità per fare qualcosa di diverso da tutelare i propri interessi. Imprenditoriale Italia pagherà a caro prezzo per i suoi piaceri.

E se Berlusconi successori sono i negligenti, come sta? La crisi dell'euro sta obbligando Grecia, Portogallo e Spagna per far passare le riforme enorme nei denti di protesta popolare. A breve termine, questo farà male, nel lungo periodo, essa dovrebbe dare economie periferiche zip nuovo. Alcuni sono anche suscettibili di ridurre l'onere del debito da parte di ristrutturazione. Un non riformata e stagnante in Italia, con un debito pubblico fermo al oltre il 120% del PIL, sarebbe poi trovarsi esposta come il più grande backmarker nell'euro. Il colpevole? Berlusconi, che saranno senza dubbio sorridere ancora.

http://www.economist.com/node/18805327

(traduzione di Google)