Il tam tam crea una «massa critica». E ogni elettore diventa attivista Astensione Online anche i gruppi sostenitori dell'astensione: uso strumentale, bisogna disertare i seggi Strategie Inviti alla mobilitazione, offerte, regali, scambi di confidenze: il ruolo della Rete nella campagna per spingere il Paese a «riscoprire» l'istituto del referendum.
MILANO - Per il sì oppure per il no o ancora per l'astensione, fate come volete ma fatelo sapere. Twitter. Le email. Facebook. I blog. Dicono gli esperti che i manifesti elettorali nelle strade sono superati e gli spot televisivi nemmeno più considerati. Da Obama alle rivoluzioni nordafricane fino alla vittoria del sindaco Pisapia a Milano, è Internet che racconta. E spinge, insiste, (s)muove.
Del resto non deriva forse, referendum, dal verbo latino che significa riferire, riportare? Ieri s'è cominciato presto. Maurizio Simonetto informava su Facebook: «Ore 8.35 fatto». E da lì in avanti apriti Rete. Una via l'altro. Sempre e comunque. Alessandra Pizzuto: «Ore 12.30 dopo messa il voto». Leonardo Mastroleo: «Dopo il mare 16.40 missione compiuta». E nel mentre consigli ripetuti («Non sovrapponete le schede, la carta è copiativa»), offerte promozionali (sconti nei negozi, biglietti aerei a prezzi ridotti, e da ultima in Versilia «se ti presenti con il certificato elettorale timbrato ti danno ombrellone sdraio + merenda») e un'infinità, davvero un'infinità di incoraggiamenti. Da corridore all'ultimo tornante. In un senso e nell'altro. «Andate a votare!», «Dai dai dai», «Mandate mail ai vostri conoscenti!», «Citofonate al vicino», e anche naturalmente «se avete dignità votate no», «boicottateli», «state a casa». Come andrà a finire? Antonio Sestomino, classe '91, da Gioia del Colle postava: «Se il quorum viene raggiunto è merito di Facebook». Chiedetegli l'amicizia e magari aggiungerà altro.
Fu molto online la campagna elettorale di Obama. Un'arma vincente. Spiegò Sam Graham-Felsen, «chief blogger» del presidente americano, che il segreto è stato trattare gli utenti d'Internet come parte dello staff. Non censurarli. Piuttosto ascoltare le loro storie. Dar voce, fiato e spazio. Un'operazione rischiosa, per carità. Ha ammesso Roberto Basso, a capo della campagna pro Pisapia, impostata proprio su Internet, che la «Rete non perdona». Nel senso che «ti scruta, esamina. E se necessario ti sbugiarda. Senza pietà». Ha raccontato Carlo Massarini, giornalista e fra i primi a credere in Internet, che è davvero cambiata l'aria. «La maggior parte delle persone sotto i 40 anni non si informa più attraverso la tv. Facebook ha assunto un ruolo chiave. E chi non lo capisce è in posizione di difficoltà».
Su Internet non basta esserci. Bisogna viverci. Per l'occasione sono stati modificati perfino nomi e cognomi. Nei profili sempre su Facebook una si è trasformata in Emanuela referendumquattrosì Giovannini e un altro in Marco antinucleare Galullo. Identificarsi. Per esempio in chi la pensa diversamente. Ecco nascere in Rete un giochino: compilare una lista di persone che probabilmente non voterebbero dopodiché contattarli in tutti i modi e accertarsi che prendano la via del seggio. Non sappiamo se saranno riusciti con Patti Fiorini, che voce forte d'un gruppo pro astensione insisteva: «Non vado a votare per l'uso strumentale e politico dei referendum. Su questioni serie si deve discutere nel modo più condiviso».
Domanda: ma quanti saranno? Nelle ultime settimane centinaia di migliaia di persone hanno usato la Rete per creare una «massa critica». Democrazia 2.0 è una forma di partecipazione diretta del cittadino alla politica. Si realizza grazie a Internet 2.0, piattaforme create per condividere rendendo il navigatore-elettore un protagonista. Sì, dite bene: come con Obama. «Da noi è un trend cominciato con le scorse elezioni amministrative» sostiene Marco Cacciotto, docente di Marketing politico alla Statale di Milano. Video creati dai cittadini, fotomontaggi, elaborazioni grafiche d'ogni sorta. «La creatività diventa un grandissimo strumento di mobilitazione. E sono gli stessi utenti che mandano agli amici link e generano opinione». Ma il vero ingrediente è l'ironia. «Far sorridere è tutto». Perché per la prima volta è cambiata la maniera di far campagna. E il suo pubblico. «Per molti anni», prosegue il professor Cacciotto, «si è pensato che si vince sfruttando gli anziani. Adesso è fondamentale investire su una generazione per anni messa da parte. I giovani». I giovani. I quali, vero, non scendono più in piazza. Quanta poca gente, almeno rispetto alle attese, l'altro giorno a Roma in piazza del Popolo per la chiusura della campagna a favore dei referendum. Drappelli anziché un esercito per un motivo preciso. È stata scelta la piazza virtuale. Dopo Facebook (17,8 milioni di utenti in Italia), Twitter comincia a piacere. E proprio ieri, le parole iohovotato e referendum2011 erano le più inviate. A spedirle politici, attori, cantanti. Un mare di appelli «a prescindere dalla preferenza».
Resta fin troppo ovvio che la Rete non fa miracoli, la realtà è un'altra cosa, e quelli siamo. Avviso ai naviganti di Paola Verdat: «Votato alle 11 io e mia madre... 80 anni... si è dovuta fare le scale a piedi, xkè il seggio era al primo piano... ma ascensore guasto...».