mercoledì 29 giugno 2011

Economia, Idv presenta la sua contromanovra economica.



L'Italia deiValori ha presentato, in una conferenza stampa alla Camera dei deputati, la sua contromanovra economica. Un piano da 40 miliardi, ha detto il presidente del partito Antonio Di Pietro, “necessario” e pensato per rimettere a posto i conti pubblici. Ce lo chiede l’Europa, ma ancor prima “la matematica”.

Una manovra, quella illustrata da Di Pietro, che prevede l'azzeramento del deficit italiano entro il 2014 ma supportata con una crescente riduzione dei carichi fiscali concepiti per equilibrare i tagli.

La proposta dell’Italia dei valori, si concentra su tre settori di intervento per ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni e per recuperare i finanziamenti necessari al fine di ridurre il carico fiscale che grave sulle imprese e, soprattutto, sulle famiglie. Primo, la riduzione dei costi della politica; secondo, la riduzione delle spese ordinarie della pubblica amministrazione; terzo, le misure fiscali.

Interventi decisi ed efficaci, quelli dell’Idv, studiati per non far pesare tutto lo sforzo sulle solite categorie di cittadini. Ovvero dipendenti, pensionati, famiglie numerose.

Obiettivo, l'azzeramento del deficit con una scala di importi che va dai 20mld nel 2012 ai 26 per il 2013, 40mld per il 2014 e altrettanti nel 2015. La riduzione dei carichi fiscali su imprese e famiglie è prevista in 8.285 milioni per il 2012, 12.274 per il 2013, 13.204 per il 2014 e 18.054 per il 2015.

Secondo il piano dell’Italia dei valori, queste somme dovranno essere utilizzate in due direzioni: 1) sopprimere dall'imponibile Irap il costo del lavoro; 2) introdurre il 'fattore famiglia' per elevare la No tax area per i contribuenti che hanno coniuge e figli a carico, prevedendo inoltre un incremento degli assegni familiari per i contribuenti con carichi familiari ma fiscalmente incapienti.

Tra le misure per la riduzione dei costi della politica, l'eliminazione del vitalizio per i parlamentari nazionali e regionali, il dimezzamento del numero dei parlamentari, l'eliminazione dei rimborsi parlamentari ai partiti, eliminazione dei contributi all'editoria, abolizione delle province, riduzione delle auto blu e dei voli di stato.

Per la riduzione della spesa della pubblica amministrazione, il piano Idv prevede, la razionalizzazione della spesa sanitaria, la soppressione dei finanziamenti per il ponte sullo stretto di Messina, la riduzione delle spese militari e delle missioni all’estero, la riduzione delle spese per i sistemi d'arma.

Sul fronte delle tasse, la manovra si concentra anzitutto su un deciso contrasto all'evasione fiscale e all’elusione: nuovo redditometro, sanatoria per gli immigrati, tassazione del 20% per le rendite finanziare (esclusi i titolo di Stato), riduzione della deducibilità per le banche, aumento dei canoni di concessione, aliquota unica per il prelievo erariale unico (Preu) pari al 15%, riduzione delle agevolazioni fiscali con l'esclusione di quelle relative a casa, famiglia, lavoro e pensioni.

La manovra Idv non trascura le liberalizzazioni, prevedendo un piano che si ispira alla relazione annuale svolta dal presidente antitrust Catricalà. Auspicando, in sostanza, liberalizzazioni nel campo degli ordini professionali, dei servizi postali, fino all’apertura del trasporto ferroviario passeggeri, alle gestioni autostradali e servizi aeroportuali, ai servizi bancari e finanziari.

http://www.italiadeivalori.it/interna/6157-manovra-idv-presenta-la-sua-contromanovra-economica


Patto di stabilità e no tasse, la Lega vince la manovra ma deve cedere sul decreto rifiuti. - di Davide Vecchi.

Il Carroccio incassa la modifica del Patto di stabilità per i comuni virtuosi (quasi tutti al nord). Quindi annuncia che firmerà il decreto sulla monnezza per risolvere l'emergenza in sei mesi. Sorride anche Tremonti che ha ottenuto di non abbassare le imposte. E il Cavaliere ottiene di spalmare i 47 miliardi. Risultato: la stangata vera sarà affare di chi governerà nel 2013.

Umberto Bossi ha dovuto cedere sui rifiuti di Napoli, ma ha incassato ciò che neanche immaginava: la modifica del Patto di stabilità per i comuni virtuosi. Silvio Berlusconi è riuscito a convincere Giulio Tremonti a scaglionare i 47 miliardi di manovra così da farli pesare sostanzialmente su 2013 e 2014. Infine, il ministro dell’Economia l’ha spuntata sul taglio delle tasse: non ci sarà. Non ora almeno. E anche buona parte degli altri provvedimenti previsti nella manovra non saranno attuati nell’immediato, ma solo a decorrere dal 2012-2013. Insomma, tutti sconfitti e tutti vincitori. Il vertice di maggioranza è servito sostanzialmente a sancire un patto (comunque precario) di non belligeranza intorno al premier e a confezionare una polpetta avvelenata al governo che verrà dopo l’attuale. Chi siederà a Palazzo Chigi dal 2013 erediterà la manovra pensata da Tremonti. Basta guardare gli scaglioni per rendersi conto dell’allegro scaricabarile affidato ai posteri: dei 47 miliardi previsti, due riguardano l’anno in corso, cinque il 2012, mentre per gli anni 2013 e 2014 sono previsti per la correzione dei conti i restanti 40 miliardi suddivisi in due trance da 20 miliardi ciascuno. E così i tanto sbandierati tagli ai privilegi dei parlamentari, l’aumento dell’età pensionabile per le donne, il congelamento degli stipendi della pubblica amministrazione e tutti i correttivi decisamente impopolari. Tutto rimandato a partire dal 2013 o dal 2014.

La bozza giovedì arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri e, salvo imprevisti, sarà licenziata senza sorprese dall’esecutivo così come è stata confezionata oggi. Il pericolo vero, quella Lega (a parole) sul piede di guerra e pronta ad abbandonare Berlusconi, è stato reso inoffensivo con la concessione della modifica del Patto di stabilità per i Comuni virtuosi. Per lo più, inutile dirlo, amministrazioni del nord. Bossi ha incassato volentieri, quasi sorpreso, ma ha dovuto cedere sul decreto per l’emergenza rifiuti a Napoli. Il senatùr ha dato la disponibilità temporanea ad aprire “i confini” delle regioni del nord ai camion carichi di spazzatura campana. Sei mesi, non di più. Con la base la giustificazione è pronta: serviva un atto di responsabilità perché la Ue ha minacciato di multare l’Italia se non risolve a breve il problema. Per buona pace di Roberto Calderoli che, dopo aver suggerito al governatore Stefano Caldoro di accordarsi solo con le regioni del Sud, adesso dovrà inserire la marcia indietro. Non è la prima volta, non sarà di certo l’ultima. Soltanto ieri aveva minacciato: “O nel decreto c’è scritto che i rifiuti potranno essere portati solo nelle regioni confinanti alla Campania, in modo che restino lì, oppure quel decreto non passerà”. Anche il dl d’emergenza sarà approvato senza grosse difficoltà al Consiglio dei ministri di giovedì. Bossi vuole chiudere subito.

“Fin quando non sarà approvata la manovra il governo rimane a rischio”, ha detto il leader del Carroccio. Anche perché Tremonti ha garantito che la bozza può essere modificata, “sono ben accetti i contributi di tutti”, ha detto il titolare di via XX Settembre durante il vertice. Ed è stato Berlusconi a insistere affinché si chiuda giovedì, senza far slittare il Cdm a settimana prossima, come invece chiesto da alcuni ministri. Unica concessione è stata quella di portare il Consiglio dei ministri dal mattino al pomeriggio di giovedì. Il premier si è detto soddisfatto del risultato del vertice. “Una presa in giro, una farsa drammatica” ha invece gridato Pierluigi Bersani. “La manovra così è soltanto una presa in giro per l’Italia”, ha detto il segretario del Pd criticando in particolar modo la suddivisione in scaglioni. Con lui la levata di scudi si è levata dall’intero Partito Democratico. E dall’Idv. “Il rinvio dei tagli è una furbata vetero-democristiana”, ha tuonato Antonio Di Pietro. La bozza della manovra pare dunque trovare tutti d’accordo su un unico punto: dal 2013 al governo molto probabilmente ci sarà l’attuale opposizione.




Denunciò il racket, ora lo sfrattano «Mi darò fuoco alle 9 davanti casa». - di Alessandro Chetta


Drammatica lettera dell'ex imprenditore Luigi Orsino:
lo Stato tradisce le vittime della camorra, la faccio finita.

NAPOLI - «Davanti all’ultimo insulto mi cospargerò di benzina e mi darò fuoco». La minaccia di Luigi Orsino va purtroppo presa molto seriamente. L'ex imprenditore che si dice «tradito dallo Stato» dopo aver denunciato la camorra, domani, mercoledì 29, verrà sfrattato dalla sua abitazione di viale delle Acacie a San Sebastiano al Vesuvio. L'insano proposito di farla finita è affidato ad una lettera. Si legge: «Cari amici, purtroppo devo dire che la burocrazia di questo Stato malato ha deciso di recarmi l’estrema offesa. Domani (mercoledì 29, ndr) alle ore 9 l’ufficiale giudiziario accompagnato dalla forza pubblica mi getterà in strada. Non avendo dove andare - prosegue - e non avendo disponibilità economiche dovrò restare per strada».

PIGNORAMENTO - Orsino fa riferimento al corto circuito burocratico in base al quale non essendosi ancora chiuse le indagini sul suo caso, in atto da circa due anni, ora si procede al pignoramento della casa, più volte rimandato nel corso degli ultimi mesi. Immobile che sarà messo all'asta per debiti che Orsino non riesce a ripianare dopo il dissanguamento del patrimonio causato proprio - racconta - dalle richieste estorsive.

CONTO ALLA ROVESCIA - La missiva innesca un disperato conto alla rovescia fino all'arrivo dell'ufficiale giudiziario, domattina. Si conclude così: «Si sequestrano i beni dei camorristi non quelli delle vittime che a rischio della vita hanno denunciato i malavitosi. Siete tutti invitati ad assistere alla mia fine, senza nuocere a nessuno se non a me stesso, davanti all’ultimo insulto mi cospargerò di benzina e mi darò fuoco».

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2011/28-giugno-2011/denuncio-racket-ora-sfrattanomi-daro-fuoco-9-casa-190973479865.shtml


martedì 28 giugno 2011

Dite la verità al Paese. - di Emanuele Macaluso.


Il clima politico è diventato veramente torbido. Domenica Il Riformista ha fatto un titolo, che qualcuno ha definito “criptico”. Diceva: «A giovedì». Era semmai allusivo, ma chiaro.
Giovedì si riunisce il Consiglio dei ministri e noi, nella nota che supportava il titolo, mettevamo in forte evidenza il fatto che in quella occasione il ministro Giulio Tremonti avrebbe posto tre temi: la manovra di 45 miliardi; la bozza della legge delega sul fisco; la nomina del governatore della Banca d’Italia.
Osservavamo che il ministro avrebbe chiesto una deliberazione complessiva su tutto il pacchetto, come un voto di fiducia sul suo operato. Non abbiamo sbagliato se leggiamo bene quel che è successo tra domenica e lunedì. Anzitutto, l’incredibile e brutale sortita del sottosegretario Guido Crosetto, ex responsabile economico di Forza Italia, uomo di fiducia di Silvio Berlusconi: «La manovra del ministro Tremonti è roba da psichiatria». Il portavoce del presidente del Consiglio dice che si è trattato di «un’uscita a titolo personale». Ridicolo.
La verità è quella che ormai tutti sanno, anche nel Pdl: Berlusconi è nel pallone. Nella stessa giornata loda l’operato del suo ministro (tiene i conti pubblici sotto controllo) e conferma la necessità della manovra, poi dice, o fa dire dai suoi uomini, il contrario.
Oggi, prima del Consiglio dei ministri, è stata convocata una riunione della maggioranza e, udite! udite!, il Pdl e la Lega, con il contorno di Scilipoti, hanno finalmente scoperto la collegialità, nel tentativo maldestro (l’ha ben capito la Marcegaglia) di cambiare le carte in tavola.
Sulla cosiddetta riforma fiscale c’è silenzio. Sia chiaro, il paese è con le spalle al muro, e ieri è stato toccato un nuovo record per lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi: la differenza tra i due andamenti si attesta a 222 punti base, otto in più rispetto a venerdì. Nuovo record. Ed è con le spalle al muro sul terreno sociale: non c’è sviluppo economico e le nuove generazioni sembrano tagliate fuori dai processi produttivi.
La responsabilità di questa situazione va ricercata in un fatto incontrovertibile: il governo racimola la fiducia alle Camere, ma non ha forza politica per governare. La guerriglia all’interno della maggioranza coinvolge interessi generali, come quelli che emergono nella Napoli ancora sepolta dai rifiuti. Tutto si svolge solo sul terreno del potere tra persone e gruppi violentemente contrapposti. Anche la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia è giocata su questo terreno. E vi partecipano attivamente anche gruppi editoriali e persone che non sono nella maggioranza.
Per fortuna la cosiddetta P4 di Bisignani non è in grado di mobilitarsi, ma altre lobbies, meno chiassose e più potenti, sono, come in altre occasioni, in campo.
Su un giornale di destra, “Il Tempo”, dove si leggono anche analisi e ragionamenti, si parla di un «Pdl balcanizzato». La Lega non è da meno. Il problema però riguarda tutti. Una maggioranza e un governo balcanizzati possono governare un paese in crisi che ha bisogno di una guida forte e autorevole?
Una risposta seria dovrebbe darla non solo l’opposizione, ma coloro che nella maggioranza sono ancora in grado di dire la verità a se stessi e al paese.




Vignali non molla, Comune assediato Lancio di uova: cariche della polizia.


Ancora proteste, ancora la richiesta di dimissioni del sindaco che non ha più una maggioranza. E' saltato il numero legale della seduta, ma lui scrive una lettera alla città: "Non è per restare attaccato alla poltrona, ma devo portare a termine una serie di lavori. E devo ottenere nuovi finanziamenti"

Un ciclone che ha travolto tutto e tutti. Una bufera dopo la quale una città intera, Parma, stenta a riprendere fiato. Oggi sono tornate in piazza trecento persone, ancora una volta un raduno quasi spontaneo sotto ai portici dove ha sede il Comune. Pare non ci sia niente da fare. Il sindaco Pietro Vignali non molla.

Nonostante si sia ripetuta la scena di venerdì: la polizia che carica la folla che vuole salire in Comune. Una situazione che ormai ha raggiunto il limite, una guerra tra Vignali e una parte della sua città che non lo vuole più come sindaco. Anche a costo di farsi arrestare.

L’ex pr delle discoteche, berlusconiano di ferro, conoscente di Nadia Macrì Sara Tommasi, continua però a ribadire di non pensarci nemmeno a mollare. Resta lì, nel suo ufficio. Non importa se con l’operazione Green money atto secondo sono finiti in manette tre dirigenti comunali e il comandante della polizia municipale. Non importa se la tangentopoli ha fatto dimettere due assessori e spaccato la maggioranza (dato che Pdl e Parma civica hanno dettato le proprie condizioni per sostenere ancora la giunta Vignali) lui continua a guardare avanti a schiena dritta. Non importa se il Comune è oberato dai debiti, 500 milioni e passa, e dalle inchieste giudiziarie. Il Titanic affonda, ma il comandante fa finta di niente. Neppure suona l’allarme.

Vignali, non cede: ha deciso di andare avanti. Seppur acciaccato e perdendo pezzi per strada, vuole portare a termine il suo mandato. Nel pomeriggio ci doveva essere anche un consiglio comunale, ma è mancato il numero legale. Carabinieri e polizia antisommossa sono costretti a garantire l’incolumità dei consiglieri. Ogni riunione finisce per essere (oppure neppure cominciare, come oggi) blindata.

Non importa nemmeno che a ogni avvenimento pubblico che comportasse la presenza del primo cittadino si sia dovuto annullare, in quanto avrebbe comportato proteste e rivolte più o meno civili. No, Vignali vuole andare avanti. Per il bene della città, dice. Per concludere quello che è in piedi a metà e tirare fuori Parma dai debiti.

Per giustificare la sua scelta ai cittadini, sempre più infuriati (basta aprire Facebook per leggere tormentoni ironici sulla sua famosa affermazione dopo gli 11 arresti per corruzione Non sapevo), scrive una lettera a tutti i giornali. “Se rimango ancora in carica, non è per l’attaccamento alla poltrona o per la mia carriera politica, ma soltanto per ottenere i finanziamenti e approvare i piani industriali che sono necessari per pagare le imprese, per non lasciare a metà i cantieri di opere fondamentali su cui sono stati già spesi milioni di euro, per mettere definitivamente in sicurezza il sistema delle società partecipate – spiega -. Diversamente tutto questo sarebbe a rischio. Sto parlando di pochi passaggi amministrativi che sono il frutto di un lunghissimo lavoro con le banche, con il territorio, con il Governo, che sarebbe irresponsabile abbandonare ora. Lasciare oggi sarebbe la soluzione più facile, almeno personalmente. Ma la peggiore per la città. Spero che tutti, la città, il consiglio comunale, la maggioranza e l’opposizione, lo comprendano. La mia maggioranza ha dato indicazioni precise e responsabili in questo senso, sottolineando la necessità di un percorso condiviso con le forze sociali ed economiche e con la stessa opposizione consiliare. Esiste la loro disponibilità a condividere un’agenda di fondamentali priorità? Certo, non avrei mai pensato di dover dire queste parole per parlare della mia esperienza di amministratore”.

Un appello che suona quasi come un invito ai poteri forti di Parma di lasciarlo lavorare per l’ultimo anno. A tutti non è scappato che il vento, in città, è cambiato e che anche gli industriali che l’hanno sempre sostenuto hanno lasciato il sindaco da solo con le sue gatte da pelare. Così come molti della sua squadra, dimissionari o comunque decisi a prendere le distanze da un progetto politico che si è dimostrato un fallimento. E in cambio di un po’ di tranquillità, per concludere i progetti iniziati senza causare morti e feriti per strada, Vignali promette di sparire per sempre: “Sento il dovere in queste ore, dopo i fatti che hanno scosso e sbigottito tutti noi, di rivolgermi ai parmigiani per dire checonsidero in dirittura d’arrivo la mia vicenda di amministratore di questa città: nel 2012 non mi ricandiderò alla carica di sindaco. Ne sono profondamente addolorato. Essere sindaco, però non è soltanto un onore, ma anche una grande responsabilità a cui non intendo sottrarmi e lasciare oggi senza guida questa città avrebbe conseguenze gravissime. Un’esperienza che ha assorbito completamente più di dieci anni della mia vita. Ci ho messo anima e corpo, tutto il mio impegno, tutte le mie capacità prima come assessore e poi come sindaco. Lo voglio dire: non mi sono risparmiato, e sono convinto di aver anche lavorato bene. Ci siamo trovati in mezzo al fiume mentre arrivava la piena di una crisi economia pesantissima, con le finanze pubbliche svuotate, in uno scenario politico sempre più deteriorato. Ma con le famiglie e le imprese che guardavano a noi per essere aiutate e sostenute. Allora mi sono reso conto che era necessario invertire la rotta, che quell’idea di città che avevamo tutti perseguita, non era più sostenibile in un mondo completamente cambiato. Innanzitutto mi sono reso conto che era impossibile realizzare la metropolitana, e che era molto difficile, ma ormai imprescindibile, riprendere il controllo di una mole di investimenti che il Comune aveva già programmato negli anni precedenti la crisi, ma che rischiavano, in questo nuovo contesto, di trascinare come una zavorra il Comune a fondo. Nonostante quello che si continua a dire la situazione finanziaria del Comune, di STT, Parma Infrastrutture sono sotto controllo. Manca solo l’ultimo passo”.

Vignali insiste anche sul fatto di non aver avuto assolutamente sentore di quando stava succedendo e di cosa stessero facendo i suoi dirigenti con i soldi pubblici: “Ci sono stati errori? Certamente sì. I fatti di questi giorni lo dimostrano. Non ne sapevo nulla e ho provato a dirlo alla città. Ma mi rendo conto che oggi c’è il rischio che si faccia di tutta l’erba un fascio, e che quindi sia lesa la credibilità dell’intera amministrazione, e compromesso il lavoro della mia giunta e dei dipendenti di questo Comune che in questi anni hanno lavorato tanto e bene. Ritengo pertanto che sia giusto fare un passo indietro, ma non scappare davanti alle responsabilità. La città era in mezzo a un guado pericoloso, ora siamo a un passo dalla riva. Voglio portarla su quella riva, poi lascerò”.

(r.p.)

Precedenti di questo articolo



Dramma rifiuti, Ue pronta a multe salate La Cei: Sud discarica del Nord. Ora solidarietà De Magistris: niente elemosine dalla Lega.

Il sindaco: hanno una posizione ideologica inaccettabile
Discariche, ancora proteste a Chiaiano, a Terzigno
e a Roma davanti alla Camera con slogan, sacchetti e bandiere.


NAPOLI - Non basta l'emergenza. Ora sul fronte rifiuti rischia di scoppiare un'altra grana onerosissima, quella delle sanzioni Ue. La Commissione Ue infatti è «molto preoccupata perché sono stati compiuti pochi progressi, se non alcuno, dal 2007 quando è stata obbligata ad aprire una procedura di infrazione contro l'italia».
Con queste parole il commissario europeo all'ambiente Janez Potocnik interviene sul disastro dell'immondizia a Napoli. «Ciò che sta accadendo mostra che le autorità italiane non hanno fatto ciò che è necessario per una soluzione definitiva dei problemi». Bruxelles «è incoraggiata dagli impegni del nuovo sindaco di Napoli», ma «occorrono miglioramenti reali» senza i quali la Commissione non potrà che proseguire la procedura di infrazione «che potrebbe portare a sanzioni finanziarie imposte dalla corte di giustizia».

I Vescovi. Il problema dei rifiuti a Napoli «è una questione nazionale» e per questo è venuto il momento che si attivi «la solidarietà dell'Italia settentrionale, che per decenni ha utilizzato non poche regioni meridionali per lo smaltimento dei rifiuti» mentre è urgente uscire da «logiche corporative o micro-settoriali».

Il monito. È questo il monito lanciato oggi in una nota dal Sir, l'agenzia stampa della Conferenza episcopale, che suona come chiara risposta alle polemiche e agli ostacoli avanzati dalla Lega e in particolare dal ministro Calderoli. «L'immondizia straripa. E non è una metafora» si legge nel testo, «dunque è tempo di soluzioni, al di là delle promesse, degli slogan, delle campagne elettorali. Che sono finite, anche se in realtà siamo sempre in campagna elettorale, un modo per scansare le responsabilità. Non possiamo però permettercelo oltre.

Con due premesse - si afferma nella nota - la prima è che, quando si supera un certo livello di intromissioni di interessi, di tutti i generi e, in particolare, di quelli in senso lato malavitosi nelle politiche pubbliche, non solo una città, ma un intero sistema-Paese rischia il declassamento e il degrado».

«Tanto più in tempi di crisi - si spiega - quando non possiamo più finanziare a debito, cioè scaricare in avanti le nostre magagne. I conti non tornano e tutto si corrompe. Sono costi che nessuno si può permettere, in un mondo sempre più competitivo.

La seconda premessa, che naturalmente consegue, è che la questione napoletana è una questione nazionale». In questo senso «la vicenda dell'immondizia diventa una spia, un campanello d'allarme. Se non siamo in grado di affrontarla significa che siamo ormai avvitati nella spirale del degrado».
Il governatore Caldoro ha rivolto parole di ringraziamento alla Cei, spronando le istituzioni a collaborare

Il vertice. Molto si deciderà nel vertice di Governo previsto nel pomeriggio: Berlusconi tenterà di ammorbidire le posizioni dela Lega in vista del varo del decreto, giovedì, che potrebbe sbloccare il flusso dei rifiuti verso le discariche esterne alla provincia e alla regione.

La protesta. Una questione cruciale che porta al tema drammatico delle discariche, indispensabili ma che nessuno vuole. Tanto che la protesta si è spostata anche a Roma. Buste dell'immondizia in mano e con sopra scritti i nomi di diversi esponenti leghisti, da Borghezio a Zaia fino a Bossi, e tanti cartelli contro il partito del carroccio. Così un centinaio di
cittadini di Napoli e provincia ha anifestato n piazza Montecitorio per a questione rifiuti. «Napoli diventerà un enorme immondezzaio - ha detto n manifestante del presidio antidiscarica di Chiaiano - e Berlusconi è
l'unico responsabile. A Napoli non c'è mai stata una vera e propria eergenza ma è stata creata ad arte dai lobbisti degli inceneritori e delle discariche che sono tutti gestiti dalla camorra». «Siamo qui - ha spiegato un'altra manifestante - per chiedere un piano alternativo che ci permetta di uscire dalla logica dell'emergenza. Un piano che punti sulla raccolta differenziata e sull'impianti di trattamento meccanico-manuale che oltre ad essere utili servono a creare
occupazione sul territorio». La Lega, il bersaglio preferito degli slogan portati davanti la Camera dei
deputati: tra i cartelli «odio la lega! sud ribelle», «Bossi, Maroni, Calderoli, Borghezio, gente di bassa lega», «la camorra 'lega' bene con gli affari del nord». Ma non sono mancate critiche a ministri e al governo Berlusconi: «ministra Prestigiacomo - si
legge su un cartello - nel suo ruolo non si è mai 'ambientatà. La sua disinformazione nuoce gravemente alla salute», «a Napoli la spazzatura è
in strada - è scritto su un altro - a Montecitorio è chiusa nelle aule».

Ma la presa di posizione del sindaco di Napoli è netta: «Io non voglio l'elemosina della Lega, il governo decida che fare, prendiamo atto che finora non hanno fatto nulla ma non aspettiamo loro, sia ben chiaro», ha detto De Magistris, intervenuto a '24 Mattino' su Radio 24. «Sono assolutamente contrario allo stato di emergenza - ha proseguito - Il governo deve fare un decreto che consenta di portare i rifiuti nelle regioni disponibili. Nessuna della Lega è toccata, ecco perchè la loro posizione è strumentale. Ci sarebbero la Toscana, l'Emilia, le Marche, la
Puglia, la Liguria che hanno mostrato sensibilità».
«La Lega ha una posizione ideologica. Il loro - ha aggiunto il sindaco di Napoli - è un veto politico inaccettabile. È una posizione ideologica, che
rispetto, ma è molto grave perchè è in un'ottica secessionista. Loro sono convinti che Napoli sia la parte scadente del Paese, io da sindaco darò
una prova d'orgoglio ai leghisti e tra un po' si accorgeranno di che capacità di forza ha la mia città».
Sul fronte amministrativo De Magistris annuncia una ricapitalizzazione dell'Asìa

Ma intanto a Napoli e in provincia continua l'emergenza

Proteste a Chiaiano e Terzigno. Infatti c'è meno spazzatura in strada, ma continuano le proteste. Ieri a manifestare non sono stati, però, i teppisti che nei giorni scorsi hanno bloccato il traffico, sparso i rifiuti in strada e rivoltato i cassonetti per chiedere la rimozione dei cumuli, ma i cittadini e i comitati antidiscarica a Chiaiano e a Terzigno e venti lavoratori dell'ex bacino 5 e i disoccupati bros nel centro della città. La situazione, quindi, resta esplosiva. Ieri a terra c'erano in città 1560 tonnellate di spazzatura a fronte delle 1720 di domenica. E questo significa che i mezzi dell'Asia stanno continuando senza sosta a raccogliere la spazzatura per portarla agli impianti Stir e ai siti di trasferenza.



Padova: "Giusto lapidare le adultere" Bufera sul mediatore culturale del Comune

Maher Selmi

La dichiarazione fatta qualche giorno fa da Maher Selmi, esponente dell’associazione Rahma che collabora con il Comune, fa scoppiare le polemiche e finisce in Parlamento. Souad Sbai, deputato Pdl: «Lo denuncerò»

PADOVA. «Lapidazione? Giusta per le adultere, ma...»: è un'intervento che fa discutere quello di Maher Selmi, 30 anni, laureato in Lingua e letteratura italiana a Tunisi, portavoce dell'associazione Rahma. Un intervento pubblicato on line qualche giorno fa, ma che diventa tragicamente di stretta attualità dopo il delitto di via Maroncelli, in cui un marocchino ha accoltellato e ucciso la moglie perché geloso. Una nota avverte che il testo dell'intervista è stato rivisto da Maher prima della pubblicazione.

LE DICHIARAZIONI. «Io sono musulmano - afferma Selmi, che si mantiene insegnando italiano ai figli degli immigrati arrivati in Italia - e in quanto tale seguo le regole prescritte da Dio. Se Dio dice che chi commette adulterio deve essere punito con la lapidazione, io sono d'accordo con Lui. La cosa vale sia per le donne che per gli uomini». Però, avverte Maher, «occorre anche ragionare sulla lapidazione: Dio dice che essa è la pena da infliggere agli adulteri, ma dice anche che per infliggerla devono concorrere alcuni criteri, quali, per esempio, la testimonianza perfettamente coincidente di quatro persone che abbiano assistite all'adulterio. Qualora ciò non avvenga, la pena non può essere inflitta».

LA CONFERMA. Le dichiarazioni sono state sostanzialmente confermate ieri sera da Maher Salmi. Raggiunto telefonicamente, Selmi ricorda che, in realtà, «in 1500 anni di Islam le persone che sono state veramente lapidate non sono più di 5».

LA POLEMICA. Souad Sbai è indignata. Oggi invierà una lettera-denuncia alla Procura della Repubblica e presenterà alla Camera un'interrogazione al ministro dell'Interno Roberto Maroni. «Le affermazioni del mediatore culturale di Padova, che definisce giusta la lapidazione delle adultere - afferma la parlamentare Pdl, presidente di Acmid Donna, associazione delle donne marocchine in Italia - sono gravissime. Io chiedo che questo signore ne risponda davanti a un giudice».

L'ASSESSORE.
Tra i primi a notare l'intervista anche l'assessore provinciale alla Sicurezza Enrico Pavanetto. «Come amministratore, padre e uomo - afferma Pavanetto - ritengo che difendere i diritti delle donne immigrate sia, in questo momento e nel nostro territorio, una delle priorità civili e morale».

IL DEPUTATO PDL. Pavanetto fa di più. Si mette in contatto con Souad Sbai, deputata Pdl, marocchina di nascita, cittadina italiana dal 1981, giornalista. «Le affermazioni di quel mediatore culturale di Padova sono veramente allucinanti - afferma la Sbai - A pochi giorni dal processo per Begm Shnez, lapidata in casa, arriva l'omicidio agghiacciante di Fatima Chabani, 33 anni, uccisa a coltellate dal marito. Mentre accadono questi fatti, leggo che un mediatore culturale maghrebino di Padova si permette di elogiare la lapidazione e di riconoscere solo la legge islamica. Questa è apologia di reato e a breve questo signore ne risponderà davanti a un giudice».

REAZIONE UDC. «E' scandaloso - aggiunge Antonio De Poli, portavoce nazionale Udc - elogiare la lapidazione. Sono parole che uccidono un'altra volta la voglia di libertà legittima di Fatima».